N. 66 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 giugno 2005
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1° giugno 2005 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Statuto regionale - Regione Emilia-Romagna - Deliberazione statutaria impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale e dichiarata costituzionalmente illegittima (con sentenza n. 379/2004) limitatamente all'art. 45, comma 2, terzo periodo - Promulgazione e pubblicazione come statuto regionale con espunzione della disposizione dichiarata incostituzionale - Ricorso del Governo della Repubblica - Denunciata mancata approvazione da parte del Consiglio regionale, con doppia deliberazione a maggioranza assoluta, del testo statutario emendato dalla Corte costituzionale (o di un nuovo testo «assestato» in sede consiliare) - Inosservanza del dovere di pubblicazione notiziale del nuovo testo per l'eventuale proposta di referendum confermativo - Compromissione della liberta' di voto e dei diritti politici degli elettori - Lesione del principio di effettivita' della sovranita' popolare - Illegittima promulgazione di testo difforme da quello deliberato dall'organo rappresentativo - Violazione dell'iter procedimentale formativo dello Statuto regionale - Lesione dei canoni di coerenza e ragionevolezza - Contrasto con la normativa regionale disciplinante il referendum confermativo - Inosservanza (deliberata dal Consiglio regionale con risoluzione amministrativa a maggioranza semplice) del parere espresso dal Consiglio di Stato su richiesta della medesima Regione. - Legge della Regione Emilia-Romagna 31 marzo 2005, n. 13 («Statuto della Regione Emilia-Romagna»). - Costituzione, artt. 1, 3, 48, 117, primo comma, 123, 127 e 134; legge della Regione Emilia-Romagna 25 [recte: 27] ottobre 2000, n. 29, art. 2, commi 1 e 2.(GU n.24 del 15-6-2005 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12 e' domiciliato; Nei confronti della Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente della giunta regionale per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale (della legge regionale 31 marzo 2005 n. 13 «Statuto della Regione Emilia-Romagna», pubblicata nel Bollettino ufficiale della regione il 1° aprile 2005, in relazione agli articoli 123, 117, comma 1, 127, 134, 1, 3, 48 della Costituzione. La delibera statutaria della Regione Emilia-Romagna, approvata dal consiglio regionale in prima deliberazione il 1° luglio 2004 ed in seconda deliberazione il 14 settembre 2004, veniva pubblicata nel Bollettino ufficiale della regione in data 16 settembre 2004 n. 23. A pag. 17 dello stesso Bollettino, in calce alla delibera statutaria, veniva pubblicato l'avvertimento che entro tre mesi dalla pubblicazione sarebbe stato possibile chiedere di procedere a referendum popolare ai sensi dell'art. 123, comma terzo, Cost. e della legge regionale 25 ottobre 2000 n. 29 (recante disciplina del referendum sulle leggi regionali di revisione statutaria ai sensi dell'art. 123 Cost.). Con ricorso notificato il 15 ottobre 2004, depositato il 21 ottobre successivo, il Governo della Repubblica promuoveva dinanzi alla Corte costituzionale questione di legittimita' costituzionale in ordine ad alcune norme della delibera statutaria. Con sentenza n. 379 depositata il 6 dicembre 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 15 dicembre 2004, la Corte costituzionale, respinte alcune censure e dichiarate altre censure inammissibili, dichiarava l'illegittimita' costituzionale dell'art. 45, comma 2, terzo periodo, dell'anzidetta delibera statutaria. Sul Bollettino ufficiale del 1° aprile 2005 veniva pubblicata la legge regionale 31 marzo 2005 n. 13 «Statuto della Regione Emilia-Romagna» con la seguente formula «Il consiglio regionale ha approvato; nessuna richiesta di referendum e' stata presentata; il presidente della giunta regionale promulga...». Il testo della legge pubblicato non coincide con quello delle delibere statutarie 1° luglio-14 settembre 2004, oggetto della precedente pubblicazione 16 settembre 2004, risultando omesso il terzo periodo del comma 2 dell'art. 45, dichiarato incostituzionale. Nello stesso Bollettino, in calce alla legge, sotto la dicitura «Lavori preparatori» e dopo la citazione degli estremi del ricorso governativo avverso le delibere statutarie e della sentenza della Corte costituzionale, risulta la seguente testuale indicazione: «presa d'atto della sentenza della Corte costituzionale n. 379 del 29 novembre 2004, con deliberazione del consiglio regionale n. 638 del 18 gennaio 2005». La legge 31 marzo 2005 n. 13, giusta delibera del Consiglio dei ministri 20 maggio 2005, viene denunziata per illegittimita' costituzionale per le ragioni che seguono. 1. - La questione che si sottopone all'esame della Corte attiene ai rapporti tra la proposizione della questione di legittimita' costituzionale dello statuto regionale da parte del Governo e la promozione del referendum popolare sullo statuto, i cui termini, rispettivamente di trenta giorni e di tre mesi secondo le previsioni dei commi 2 e 3 dell'art. 123 Cost., decorrono entrambi dalla pubblicazione notiziale dello statuto medesimo deliberato in seconda lettura dal consiglio regionale. In particolare, nel quadro costituzionale delineato dall'art. 123 Cost., si pone il problema di quali siano gli effetti sul termine e sul procedimento referendario della sentenza della Corte costituzionale che accolga (in tutto o in parte) il ricorso governativo. Al riguardo appare obbligata la risposta che qualunque dichiarazione di illegittimita' della delibera statutaria, anche se limitata ad alcune disposizioni, determina comunque (in dipendenza dell'annullamento parziale) una modifica di questa, con la conseguente necessita' di un nuovo esame del consiglio regionale per definire compiutamente, attraverso due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi, il testo dello statuto che si intende definitivamente varare: il testo risultante dall'intervento della Corte costituzionale ovvero un testo eventualmente «assestato» dal consiglio dopo la pronunzia della Corte. Salva dunque, in quest'ultima ipotesi, l'eventualita' di un nuovo concorso governativo, deve in ogni caso formare oggetto di una doppia lettura conforme del consiglio regionale l'esatto testo dello statuto da sottoporre a referendum, con conseguente termine ex novo di tre mesi per la proposizione di questo a decorrere dalla pubblicazione notiziale di tale esatto testo. Non e' di contro possibile ritenere, come sembra pretendere la Regione Emilia-Romagna, che siano configurabili casi di non obbligatorieta' di una nuova doppia deliberazione del consiglio regionale e che comunque non occorra una nuova pubblicazione del testo statutario modificato. Cio' per un duplice ordine di ragioni. Le varie disposizioni statutarie formano un unico ed inscindibile contesto - particolarmente per quanto concerne il contenuto necessario dello statuto attinente alla forma di governo ed ai principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della regione - che deve ritenersi coordinato in un sistema in se' coerente, rispondente all'equilibrio determinato dalle soluzioni normative adottate in relazione ai principi e valori avuti a riferimento. L'eliminazione anche di una sola norma impone dunque una verifica che l'equilibrio voluto non risulti alterato e, comunque, una valutazione circa la necessita/non necessita' ovvero l'opportunita/non opportunita' di rivedere i nessi che legavano la norma elisa ad altre disposizioni suscettibili di essere incise nella loro valenza proprio dalla rimozione di essa ab extra (per ragioni di legittimita' e non di merito). Verifica e valutazione che non possono che competere al Consiglio regionale e che debbono trovare espressione in deliberati assunti con le maggioranze e secondo le regole proprie dello speciale procedimento statutario. In particolare, come l'effetto sostanziale prodotto dall'eliminazione della norma deve essere valutato anche al di la' delle ragioni specifiche che l'hanno determinata, cosi' anche la decisione di lasciare immutato il testo statutario risultante dalla declaratoria di illegittimita' della Corte costituzionale e' frutto di una valutazione politico legislativa, sulla conformazione dello statuto, che non puo' che seguire le forme proprie dell'adozione di questo. Per quanto concerne il caso di specie, si consideri che l'eliminazione della disposizione del terzo periodo del comma 2 dell'art. 45 del testo statutario, che statuiva l'incompatibilita' della carica di componente della giunta con quella di consigliere regionale - disposizione intesa a salvaguardare il ruolo di controllo (realmente indipendente e privo di condizionamenti) sull'attivita' della giunta spettante ai consiglieri in una forma di governo presidenzialista -, ben avrebbe potuto portare alla riconsiderazione, per alcuni aspetti, delle previsioni sui poteri dell'Esecutivo ovvero sulle attribuzioni dello stesso consiglio regionale, i cui rapporti ricevono una diversa disciplina con la rimozione della disposizione anzidetta, per assicurare comunque, a livello di sistema statutario, la garanzia dei valori avuti a riferimento. La scelta di mantenere invariate tali previsioni, rimettendosi alle future determinazioni della fonte competente alla disciplina delle incompatibilita' (la legge regionale) non esonerava certo il consiglio dall'onere di una deliberazione legislativa conforme, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, secondo le previsioni del comma 2 dell'art. 123 Cost. Sotto un secondo aspetto viene in rilievo l'esigenza di salvaguardia della garanzia costituzionale del libero esercizio del diritto pubblico soggettivo di richiedere il referendum popolare. In quanto la sentenza della Corte costituzionale di accoglimento (sia pur parziale) del ricorso governativo comporta un'oggettiva modificazione del testo dello statuto gia' deliberato dal consiglio regionale, e' necessario che il testo normativo definitivamente fatto proprio dal consiglio - risultante dall'intervento caducatorio della Corte costituzionale e dall'eventuale successivo assestamento deliberato dal consiglio stesso - formi comunque oggetto di una specifica pubblicazione notiziale che segni la decorrenza del termine di tre mesi per la proposizione del referendum, dovendo accordarsi agli elettori (ed ai componenti del consiglio regionale) tutto il tempo che la Costituzione ritiene necessario per valutare - in ordine a tale diverso testo - l'opportunita' dell'iniziativa referendaria ed organizzarsi ai conseguenti fini. Diversamente opinando si realizzerebbe un'inammissibile modificazione delle procedure e dei tempi garantiti dalla Costituzione, con palese compromissione dei diritti politici degli elettori. Ed invero l'art. 123 Cost. fa decorrere il termine di tre mesi dalla pubblicazione dello «statuto» da sottoporre al giudizio popolare e tale e' il testo risultante da tutte le modifiche intervenute nel corso del procedimento sul quale gli elettori dovranno esprimersi. La pubblicazione notiziale del testo effettivo sul quale il corpo elettorale puo' essere chiamato ad esprimere il suo giudizio, in sede di partecipazione al procedimento di produzione normativa (statutaria), e' imposta anche dal fondamentale principio della chiarezza, univocita' e trasparenza del quesito referendario, elaborato dalla giurisprudenza costituzionale, di valenza generale ed assoluta, che esclude la possibilita' di ricavare il quesito referendario concernente un corpus normativo organico da interventi ortopedici o manipolatori del tessuto normativo, risultanti dalla combinazione di fonti diverse, suscettibili di compromettere la chiara comprensione dell'insieme di norme (e quindi del quesito) soggetto alla valutazione degli elettori. Nella specie, ritenere che il referendum si sarebbe potuto proporre senza la pubblicazione notiziale del testo integrale voluto come definitivo dal consiglio regionale dopo la pronunzia di parziale dichiarazione di illegittimita' della Corte costituzionale (in ordine al quale il consiglio avrebbe dovuto esprimersi con una doppia deliberazione a maggioranza assoluta dei suoi componenti, nel concreto mancata), significa ritenere che il referendum «approvativo» si sarebbe dovuto svolgere in base alla pubblicazione a suo tempo eseguita di un testo statutario non interamente coincidente con quello suscettibile in realta' di essere promulgato, con palese compromissione della liberta' del voto (art. 48 Cost.) e vulnerazione del principio di effettivita' della sovranita' popolare (art. 1 Cost.). Il procedimento di formazione delle leggi regionali statutarie ha carattere unitario: il testo normativo in ordine al quale esprime la sua approvazione prima l'organo rappresentativo poi, eventualmente, il corpo elettorale, deve conservare la propria identita' dalla prima deliberazione consiliare alla promulgazione. Discende da quanto considerato l'illegittimita' della promulgazione della legge statutaria de qua operata, in violazione dell'art. 123 e vulnerando il principio di legalita' costituzionale espresso anche dall'art. 117, comma 1, Cost., prima del compimento del relativo iter procedimentale costituzionalmente stabilito, non essendo intervenute, dopo la sentenza di accoglimento parziale del ricorso governativo di cui alla sentenza n. 379/2004 della Corte costituzionale - che aveva eliminato alcune disposizioni dello statuto approvato in seconda deliberazione il 14 settembre 2004 -, ne' le conformi delibere successive a maggioranza assoluta del consiglio regionale ne', comunque, la pubblicazione del testo definitivo dello statuto da proporre come oggetto dell'eventuale richiesta referendaria, con conseguente compromissione dei diritti politici degli elettori costituzionalmente garantiti (artt. 1, 48, 123 Cost.) e violazione dei canoni fondamentali di coerenza e ragionevolezza (art. 3 Cost.). 2. - E' singolare poi come la Regione Emilia-Romagna abbia agito in palese violazione delle norme da lei stessa stabilite con la l.r. n. 29/2000. In particolare, nella situazione determinatasi, non sarebbe stato possibile rispettare le chiare prescrizioni dell'art. 2, comma 1, della citata l.r. che, ai fini di una corretta richiesta di referendum, impongono di indicare in modo preciso e puntuale la data «dell'approvazione finale» del testo dello statuto da parte del consiglio regionale e la data di pubblicazione di tale testo; illegittimo sarebbe stato il riferimento alle date di deliberazione e pubblicazione di un testo parzialmente diverso. Allo stesso modo il quesito referendario, dopo la sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale, non avrebbe mai potuto concernere l'approvazione del testo quale deliberato in seconda lettura il 14 settembre e sarebbe stato impossibile esprimere il quesito secondo la formula correttamente prescritta dell'art. 2, comma 2, della ripetuta legge regionale - che postula la rinnovazione del procedimento dopo una sentenza di illegittimita' costituzionale - stante l'impossibilita' di fare riferimento ad una deliberazione e comunque ad una pubblicazione di un testo suscettibile di approvazione da parte del corpo elettorale e di conseguente promulgazione nella sua identita'. La decettiva formula della promulgazione omette qualsiasi riferimento al giudizio di costituzionalita' ed al suo esito, che ha modificato il testo approvato dal consiglio regionale. E' ancora da sottolineare che, con la risoluzione amministrativa 18 gennaio 2005 del consiglio regionale, che non risulta neppure approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, di presa d'atto della sentenza della Corte costituzionale, si sono totalmente ed inspiegabilmente disattese le indicazioni, circa il modus procedendi nella specie, fornite dal Consiglio di Stato nel parere reso su richiesta della regione medesima. In particolare il Consiglio di Stato (Sez. I, parere 12 gennaio 2005 n. 12036/04), sulla base delle precise prescrizioni dell'art. 123 Cost., aveva testualmente affermato che: «la consultazione referendaria, per generale principio, non puo' svolgersi su un testo anche solo parzialmente diverso da quello di cui si chiede l'approvazione»; «la dichiarazione di illegittimita' costituzionale di parte del testo approvato dal consiglio regionale ne' compromette irreparabilmente la identita', interrompe la linearita' e la intrinseca coerenza del procedimento e ne determina la definitiva interruzione, in quanto il testo normativo residuo non corrisponde a quello espresso dall'organo rappresentativo con le modalita' prescritte dall'art. 123 della Costituzione. E, sotto tale profilo sono irrilevanti la portata della norma rimossa e le ragioni giustificative della pronunzia di illegittimita' costituzionale»; la «esplicita espunzione di una norma statutaria, in se' non riducibile a mera valenza formale e, nella complessiva struttura organica e funzionale del testo, elemento spesso significativo ben al di la' di contingenti valutazioni soggettive»; in ogni caso sono richieste valutazioni rimesse «alla speciale considerazione e votazione di cui all'art. 1 della legge regionale (29/2000)» cioe' alla doppia delibera conforme, a distanza di almeno due mesi, a maggioranza assoluta dei componenti del consiglio regionale; «l'approvazione di un testo privo della norma dichiarata non conforme a Costituzione richiede un procedimento integralmente nuovo». La violazione del quadro costituzionale relativo al procedimento formativo dello statuto regionale e l'illegittimita' del modo di procedere della regione sono state quindi riconosciute anche dal Consiglio di Stato nell'esercizio del suo ministero di consulenza neutrale ed oggettiva a tutela dell'ordinamento giuridico generale.
P. Q. M. Si conclude, perche' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge regionale 13/2005, «Statuto della Regione Emilia-Romagna», per le ragioni e come sopra precisato. Si producono: delibera statutaria in BUR 16 settembre 2004; estratto verbale delibera 20 maggio 2005 Consiglio dei ministri e richiamata relazione; parere Cons. Stato Sez. I/12036/2004. Roma, addi' 25 maggio 2005 L'Avvocato dello Stato: Giorgio D'Amato 05C0649