N. 219 SENTENZA 6 - 8 giugno 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Giudizio  di  legittimita' costituzionale in via principale - Ricorso
  che  solleva  una  pluralita' di questioni - Trattazione separata -
  Riserva di separate pronunce.
Lavoro  e  occupazione  -  Lavori socialmente utili - Finanziamento -
  Convenzioni  stipulate  dal  Ministro  del  lavoro  con  i Comuni -
  Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna  -  Incidenza su materie di
  competenza  legislativa regionale in difetto di esigenze unitarie e
  senza  intesa  con  le  Regioni  - Illegittimita' costituzionale in
  parte qua - Assorbimento di altri profili di censura.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, commi 76 e 82.
- Costituzione, artt. 117 (118 e 119).
Lavoro  e  occupazione  -  Lavori socialmente utili - Finanziamento -
  Convenzioni  stipulate  dal  Ministro  del  lavoro  con  i Comuni -
  Proroga  per  il  2004  -  Ricorso  della  Regione Emilia-Romagna -
  Denunciata  lesione  delle  prerogative  regionali - Non fondatezza
  della questione.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 77.
- Costituzione, artt. 117, 118 e 119.
(GU n.24 del 15-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 76, 77
e  82,  della  legge  24 dicembre  2003,  n. 350 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2004), promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna,
notificato  il 24 febbraio 2004, depositato in cancelleria il 4 marzo
successivo ed iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2004.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 2005 il giudice relatore
Franco Bile;
    Uditi  gli  avvocati  Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e
Luigi  Manzi  per  la Regione Emilia-Romagna e l'avvocato dello Stato
Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  depositato  il  4 marzo 2004 e notificato il
24 febbraio 2004, la Regione Emilia-Romagna ha impugnato - unitamente
ad  altre  disposizioni  -  l'art. 3,  commi 76, 77 e 82, della legge
24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  - legge finanziaria 2004), per
violazione   degli   artt. 117,   118  e  119,  quarto  comma,  della
Costituzione.
    In  particolare,  il  comma 76  ha  autorizzato  il  Ministro del
lavoro,   nel   limite  di  47,063  milioni  di  euro,  a  prorogare,
limitatamente    all'esercizio   2004,   le   convenzioni   stipulate
direttamente  con  i  comuni,  anche in deroga alla normativa vigente
relativa ai lavori socialmente utili, per lo svolgimento di attivita'
di  questo  tipo e per l'attuazione, nel limite complessivo di 20,937
milioni  di  euro,  di misure di politica attiva del lavoro, riferite
sia  a  lavoratori  impiegati in tali attivita' in possesso di alcuni
requisiti,  sia  ad  altri  soggetti  specificamente  individuati. Il
successivo  comma 77 ha prorogato, in presenza di queste convenzioni,
al  31 dicembre  2004 il termine di cui all'art. 78, comma 2, alinea,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388; e questo articolo, a sua volta,
prorogava al 30 giugno 2001 il termine previsto dall'art. 8, comma 3,
del  decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, come quello fino al
quale  i  costi  dei  lavori  socialmente  utili erano, in tutto o in
parte,  a  carico  del Fondo per l'occupazione. Infine il comma 82 ha
autorizzato  il  Ministero  del lavoro a stipulare direttamente con i
comuni  nuove  convenzioni, nel limite di un milione di euro e per il
solo  esercizio  2004,  per  lo  svolgimento di attivita' socialmente
utili  e  per  l'attuazione  di  misure di politica attiva del lavoro
riferite  a  lavoratori impegnati in queste attivita', in possesso di
alcuni requisiti.
    Secondo  la ricorrente, le norme impugnate violano gli artt. 117,
terzo  comma,  e  118  della  Costituzione, in quanto - nella materia
della  «tutela  del  lavoro»,  attribuita alla competenza concorrente
dello  Stato  e delle Regioni - attribuiscono al Ministero del lavoro
la  funzione  amministrativa di prorogare le vecchie convenzioni e di
stipularne  di  nuove, in difetto di esigenze unitarie e senza alcuna
intesa  con  le  Regioni.  A  suo  avviso,  gia'  prima della riforma
costituzionale  del  2001,  il d.lgs. 1° dicembre 1997, n. 469, aveva
conferito  alle  Regioni  e  agli  enti  locali  «funzioni  e compiti
relativi  al  collocamento e alle politiche attive del lavoro», ed in
particolare  aveva  attribuito  alle  Regioni  compiti di «indirizzo,
programmazione e verifica dei lavori socialmente utili ai sensi delle
normative  in  materia»  (art. 2,  comma  l,  lettera f).  A  maggior
ragione,  nel  contesto  del nuovo Titolo V della seconda Parte della
Costituzione, la legge statale deve, in materia di tutela del lavoro,
limitarsi alla statuizione dei principi fondamentali.
    Inoltre  -  secondo  la  ricorrente - la gestione della «politica
attiva  del lavoro» rientra nella competenza legislativa regionale, e
allo  Stato  compete  solo  di finanziare «integralmente» le funzioni
regionali  (art. 119, quarto comma, della Costituzione), non certo di
impegnare  direttamente  risorse  per  esercitare compiti ad esso non
spettanti.
    2.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  si  e'  costituito
deducendo  l'inammissibilita' e comunque l'infondatezza del ricorso e
riservandosi  di depositare memoria per l'udienza. In tale memoria ha
ricordato  i  precedenti  immediati delle norme impugnate e sostenuto
che  esse  prevedono  in  sostanza  interventi speciali riconducibili
all'art. 119,   quinto   comma,   della   Costituzione  a  favore  di
determinati   comuni  e  dei  lavoratori  ivi  residenti  addetti  ad
attivita' socialmente utili.
    3. - Anche la Regione ricorrente ha depositato una memoria, nella
quale  ribadisce le argomentazioni svolte nel ricorso, insistendo per
il suo accoglimento.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La questione posta dalla Regione ricorrente - nel contesto
di  una  pluralita'  di altre questioni della legge 24 dicembre 2003,
n. 350  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2004), che la Corte
decide con separate pronunzie - e' se i commi 76, 77 e 82 dell'art. 3
della  medesima legge, recanti norme in tema di convenzioni stipulate
dal  Ministro del lavoro direttamente con i comuni per lo svolgimento
di  attivita'  socialmente  utili  e per l'attuazione di misure volte
all'impiego   e   alla  stabilizzazione  occupazionale  dei  soggetti
utilizzati  in  tali  attivita',  violino  gli  artt. 117 e 118 della
Costituzione,   sotto   il   profilo  dell'incidenza  su  materie  di
competenza  legislativa  regionale  e  dell'attribuzione  di funzioni
amministrative  al  Ministero  del  lavoro,  in  difetto  di esigenze
unitarie  e  senza  intesa con le Regioni; nonche' l'art. 119, quarto
comma, della Costituzione, sotto il profilo del finanziamento statale
di specifiche funzioni regionali.
    2. - Il ricorso e' fondato, nei limiti appresso indicati.
    3.  -  Inizialmente il finanziamento dei lavori socialmente utili
e' stato previsto a carico del Fondo per l'occupazione (decreto-legge
20 maggio  1993, n. 148, convertito in legge 19 luglio 1993, n. 236).
In  particolare l'art. 14 del d.l. 16 maggio 1994, n. 299, convertito
in  legge  19 luglio  1994,  n. 451,  ha  stabilito  (comma  7) che i
relativi  progetti sono finanziati dal Fondo nei limiti delle risorse
preordinate  allo  scopo,  e  ha  demandato (comma 9) al Ministro del
lavoro la ripartizione di tali risorse «su base regionale in funzione
della gravita' degli squilibri dei mercati locali del lavoro».
    Successivamente,  il decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468
-  nel quadro di una revisione organica della materia - ha modificato
il  criterio  di  ripartizione  in  senso proporzionale al numero dei
disoccupati  o  soggetti  in  cerca  di  prima  occupazione, rilevato
dall'ISTAT  nell'anno  precedente in ciascuna Regione, ed ha previsto
che  la  ripartizione  sia  effettuata  dal  Ministro d'intesa con la
Conferenza   permanente   per   i  rapporti  Stato-Regioni  (art. 11,
comma 1).
    Di  recente,  l'art. 8,  comma 1,  del  d.lgs.  28 febbraio 2000,
n. 81,  recante  integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori
socialmente   utili,  ha  ulteriormente  modificato  il  criterio  di
ripartizione,  ancorandolo alle somme erogate dall'INPS nel corso del
1999   per   assegni  e  sussidi  ai  soggetti  impegnati  in  lavori
socialmente utili per progetti di competenza regionale.
    La  medesima  disposizione  ha  previsto poi che nel 2000 - sulla
base  di  apposite  convenzioni  tra  Ministero  del lavoro e Regioni
interessate,  sentiti  gli  enti  locali  -  le  risorse in questione
possono  essere  impiegate  per lo svolgimento di misure di politiche
attive  per l'impiego e la stabilizzazione occupazionale dei soggetti
utilizzati in lavori socialmente utili.
    L'art. 8   ha   poi   previsto   al  comma 2  -  per  «situazioni
straordinarie»  di Regioni con problemi occupazionali piu' acuti, che
non   consentano   programmi   definitivi  di  stabilizzazione  -  la
possibilita'   di   accordi   trilaterali   tra   Ministero,  Regione
interessata ed ente utilizzatore dei lavoratori, quale puo' essere il
comune. In seguito, l'art. 78, comma 2, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388, recante la legge finanziaria per il 2001, ha recuperato anche
per  questi  casi  lo  strumento  della  convenzione  bilaterale  tra
Ministero e singola Regione, escludendo gli utilizzatori.
    3.1.  -  Dopo la revisione del Titolo V della seconda Parte della
Costituzione   (legge   costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3),  il
legislatore   statale  ha  ripetutamente  previsto  finanziamenti  di
specifici programmi di lavori socialmente utili, mediante convenzioni
dirette  fra  Stato  e  comune  interessato,  senza  il tramite della
Regione.
    In  particolare,  l'art. 41 della legge 27 dicembre 2002, n. 289,
recante  la legge finanziaria per il 2003, ha autorizzato il Ministro
del  lavoro  a  prorogare  per  il 2003 le convenzioni di questo tipo
stipulate  «anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori
socialmente  utili»  (tale  normativa  prevedeva  infatti  il diverso
modulo  della  convenzione  fra  Stato e Regione), ed ha nel contempo
provveduto al relativo rifinanziamento.
    3.2. - Le norme impugnate si collocano nella stessa prospettiva.
    Il  comma 76  dell'art. 3  della  legge  finanziaria  per il 2004
autorizza   il   Ministro   del  lavoro  a  prorogare  per  il  2004,
rifinanziandole, le convenzioni gia' stipulate con i comuni, anche in
deroga  alla  normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili,
per  lo svolgimento di attivita' di questo tipo e per l'attuazione di
misure  di  politica attiva del lavoro in favore dei soggetti in esse
utilizzati.
    Il comma 77 completa questa disciplina, prorogando al 31 dicembre
2004,  in  presenza  di  tali  convenzioni, il termine previsto dalla
legislazione  previgente come limite temporale entro il quale i costi
dei lavori socialmente utili erano, in tutto o in parte, a carico del
Fondo per l'occupazione.
    Il  comma 82  autorizza  poi  il  Ministero  a stipulare nel 2004
direttamente  con  i  comuni  nuove convenzioni (e contestualmente le
finanzia)  «per  lo  svolgimento di attivita' socialmente utili e per
l'attuazione  di  misure  di  politica  attiva  del lavoro riferite a
lavoratori  impegnati in attivita' socialmente utili»; al riguardo un
successivo atto amministrativo di carattere generale ha apprestato un
procedimento  selettivo,  all'esito  del quale e' stata approvata una
graduatoria di comuni destinatari dei finanziamenti.
    Di  recente,  questa  tendenza legislativa e' stata ripresa dalla
legge  30 dicembre  2004,  n. 311,  legge  finanziaria per il 2005: i
commi 262 e 263 dell'art. 1 hanno esteso al 2005 la disciplina posta,
rispettivamente,   dagli   impugnati   commi 76   e  82  della  legge
finanziaria  del  2004;  ed  il  comma 264  ha assicurato il relativo
rifinanziamento.
    4.  - La disciplina dei lavori socialmente utili - concernendo la
tutela del lavoro e le politiche sociali, nel contesto di particolari
rapporti  intersoggettivi  di  prestazione  di attivita' - si colloca
all'incrocio  di  varie  competenze  legislative,  di  cui  ai  commi
secondo, terzo e quarto dell'art. 117 della Costituzione.
    Essa   infatti,   in   quanto   mira   ad   agevolare   l'accesso
all'occupazione,  attiene  in senso lato al collocamento, e quindi si
inscrive   nella   tutela  del  lavoro  attribuita  dal  terzo  comma
dell'art. 117  della  Costituzione  alla competenza concorrente dello
Stato  e delle Regioni. Al riguardo la sentenza di questa Corte n. 50
del  2005  ha  affermato che «quale che sia il completo contenuto che
debba  riconoscersi  alla materia «tutela e sicurezza del lavoro» non
si dubita che in essa rientri la disciplina dei servizi per l'impiego
ed in specie quella del collocamento».
    La normativa in esame tende del resto ad alleviare le difficolta'
di  inserimento  nel  mondo del lavoro e a fronteggiare situazioni di
bisogno  conseguenti  alla  perdita  dell'occupazione,  prevedendo la
corresponsione  ai  soggetti impiegati in lavori socialmente utili di
somme  di danaro (prima «sussidio»: art. 14, comma 4, del d.l. n. 299
del  1994;  poi  «assegno»:  art. 8,  comma 3,  del d.lgs. n. 468 del
1997),  che  ben  possono  essere  accostate,  sotto il profilo della
natura latamente previdenziale, all'indennita' di disoccupazione o di
mobilita' o al trattamento di integrazione salariale. E pertanto essa
evoca  sia  la  materia  delle  politiche sociali, di sicuro compresa
nella   competenza   regionale  residuale  di  cui  al  quarto  comma
dell'art. 117   (sentenza   n. 427   del   2004),  sia  quella  della
«previdenza  sociale»,  attribuita  invece  alla competenza esclusiva
dello Stato dal secondo comma, lettera o), dello stesso articolo.
    Infine  la competenza residuale regionale e' coinvolta pure sotto
l'ulteriore  profilo  della  «formazione  professionale» dei soggetti
assegnati  a  lavori  socialmente utili, nella misura in cui siffatta
assegnazione   persegua  anche  finalita'  formative  (cfr.  art. 14,
comma 2, del d.l. n. 299 del 1994).
    5.   -  Per  le  ipotesi  in  cui  ricorra  una  «concorrenza  di
competenze», la Costituzione non prevede espressamente un criterio di
composizione  delle  interferenze.  In  tal  caso  -  ove, come nella
specie,  non  possa  ravvisarsi  la sicura prevalenza di un complesso
normativo   rispetto  ad  altri,  che  renda  dominante  la  relativa
competenza  legislativa  -  si  deve ricorrere al canone della «leale
collaborazione»,   che  impone  alla  legge  statale  di  predisporre
adeguati  strumenti  di  coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia
delle loro competenze (sentenza n. 50 del 2005).
    Cosi'  non ha fatto la normativa censurata. Infatti, mentre prima
della revisione costituzionale del 2001 la legislazione in materia di
lavori  socialmente  utili  prevedeva convenzioni tra Stato e Regione
interessata,  dopo la riforma, e quindi in un contesto di accresciute
competenze  legislative  regionali,  le  disposizioni  in  esame  (in
particolare  i commi 76 e 82 dell'art. 3 della legge n. 350 del 2003)
ammettono  solo  convenzioni stipulate dallo Stato direttamente con i
comuni ed escludono del tutto le Regioni.
    6.  -  Le  argomentazioni formulate dall'Avvocatura dello Stato a
sostegno della tesi dell'infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale non sono fondate.
    In primo luogo, essa invoca il principio di sussidiarieta' di cui
all'art. 118  della Costituzione, nella lettura che ne ha dato questa
Corte con la sentenza n. 303 del 2003.
    Tale  decisione ritiene che non si possano «svalutare oltremisura
istanze  unitarie  che  pure  in  assetti  costituzionali  fortemente
pervasi  da  pluralismo  istituzionale  giustificano,  a  determinate
condizioni,  una  deroga alla normale ripartizione di competenze»; ed
afferma  che  «quando l'istanza di esercizio unitario trascende anche
l'ambito regionale, la funzione amministrativa puo' essere esercitata
dallo Stato» secondo regole poste dalla legge statale. Ma le funzioni
amministrative   relative   all'assegnazione  di  soggetti  a  lavori
socialmente   utili   ed   alla  loro  stabilizzazione  -  lungi  dal
trascendere  l'ambito  regionale  -  si  collegano  al  contrario  ad
esigenze decisamente locali, di dimensioni addirittura comunali.
    7.  -  In  secondo  luogo,  l'Avvocatura  dello Stato richiama il
quinto  comma  dell'art. 119  della Costituzione, in base al quale lo
Stato  puo'  destinare «risorse aggiuntive» ed effettuare «interventi
speciali» in favore (anche) di «determinati comuni».
    Ma  la  normativa  in esame non si riferisce a particolari comuni
nel   cui   territorio   specifiche  situazioni  di  disagio  sociale
suggeriscano  il  finanziamento  di  lavori  socialmente  utili. Essa
invece  -  attraverso il combinato disposto dei tre commi censurati -
utilizza  in  una  manovra unitaria sia le proroghe delle convenzioni
gia'  stipulate  dallo  Stato con i comuni, sia l'autorizzazione alla
stipula  di  nuove  convenzioni  dello stesso tipo, per instaurare un
sistema   generale   di   finanziamento,   cui  potenzialmente  tutti
indistintamente i comuni italiani possano accedere nel 2004 (peraltro
il  sistema e' gia' stato esteso al 2005 dalla legge n. 311 del 2004:
cfr. supra, n. 3.1.).
    8.  -  In  conclusione,  i  commi 76 e 82 dell'art. 3 della legge
n. 350  del  2003  -  in quanto prevedono convenzioni stipulate dallo
Stato  direttamente  con  i  comuni  per  il finanziamento statale di
attivita'  rientranti  (anche)  in  materie di competenza legislativa
regionale  -  contrastano  con  i  parametri costituzionali evocati e
devono  quindi essere dichiarati costituzionalmente illegittimi nella
parte  in  cui  non prevedono alcuno strumento idoneo a garantire una
leale collaborazione fra Stato e Regioni. A tal fine l'individuazione
della  tipologia  piu'  congrua  compete  alla  discrezionalita'  del
legislatore,  il  quale  peraltro  - nelle varie fasi dell'evoluzione
normativa  prima  ricordata  -  ha gia' fatto ricorso sia alla previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni,
sia alla convenzione fra Stato e Regione interessata.
    L'accertata   esistenza  di  tale  vizio  di  incostituzionalita'
determina  l'assorbimento  degli  altri  profili di censura formulati
dalla ricorrente.
    Quanto   al   comma 77  dello  stesso  art. 3,  che  completa  la
disciplina  del  comma 76  prorogando  il termine di cui all'art. 78,
comma 2,  della legge n. 388 del 2000, esso - letto in riferimento al
medesimo  comma 76,  cosi'  come  risulta dalla presente decisione di
parziale   incostituzionalita'   -   non  attenta  di  per  se'  alle
prerogative  regionali,  onde  nei  suoi  riguardi  la  questione  di
legittimita' costituzionale deve essere dichiarata non fondata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservata  a  separate  pronunce  ogni  decisione sulle ulteriori
questioni  di  legittimita'  costituzionale  della  legge 24 dicembre
2003,  n. 350  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato  - legge finanziaria 2004), sollevate dalla
Regione Emilia-Romagna con il ricorso in epigrafe:
        a) dichiara l'illegittimita' costituzionale dei commi 76 e 82
dell'art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2004), nella parte in cui non prevedono alcuno strumento
idoneo a garantire una leale collaborazione fra Stato e Regioni;
        b) dichiara   non   fondata   la  questione  di  legittimita'
costituzionale   del   comma 77   dell'art. 3  della  medesima  legge
24 dicembre 2003, n. 350.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2005.
                        Il Presidente: Contri
                         Il redattore: Bile
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria l'8 giugno 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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