N. 220 SENTENZA 6 - 8 giugno 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Ordinamento  giudiziario  - Giudici onorari aggregati - Indennita' di
  funzione  -  Riduzione  del  50 per cento in presenza di reddito da
  pensione superiore a 5 milioni lordi mensili - Irragionevolezza per
  mancata considerazione dell'intera situazione reddituale risultante
  dalla  dichiarazione  dei redditi - Illegittimita' costituzionale -
  Assorbimento delle censure ulteriori.
- Legge 22 luglio 1997, n. 276, art. 8, comma 3.
- Costituzione, art. 3 (art. 53).
(GU n.24 del 15-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge
22 luglio   1997,   n. 276   (Disposizioni  per  la  definizione  del
contenzioso  civile  pendente:  nomina di giudici onorari aggregati e
istituzione  delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari), promosso
con  ordinanza  dell'11 aprile  2003  dal  Tribunale  di  Ancona  nel
procedimento  civile  vertente tra Santoro Amedeo contro il Ministero
della  giustizia  ed altro, iscritta al n. 748 del registro ordinanze
2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, 1ª
serie speciale, dell'anno 2003.
    Visti  l'atto di costituzione di Santoro Amedeo nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 2005 il giudice relatore
Annibale Marini;
    Uditi  l'avv.  Gilberto  Gualandi per Santoro Amedeo e l'avvocato
dello  Stato  Antonio  Palatiello per il Presidente del Consiglio dei
ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il Tribunale di Ancona, con ordinanza dell'11 aprile 2003,
ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 8  della legge
22 luglio   1997,   n. 276   (Disposizioni  per  la  definizione  del
contenzioso  civile  pendente:  nomina di giudici onorari aggregati e
istituzione  delle  sezioni  stralcio  nei tribunali ordinari), nella
parte in cui dispone, al comma 3, che l'indennita' fissa, prevista in
lire  20 milioni  annui dal precedente comma 2, e' ridotta del 50 per
cento  «qualora  il  giudice  aggregato  onorario  sia titolare di un
reddito  da  lavoro  autonomo,  da  lavoro  subordinato o da pensione
superiore a lire 5 milioni lordi mensili».
    Il giudizio a quo trae origine dalla domanda svolta da un giudice
onorario  aggregato,  titolare  di un reddito da pensione superiore a
lire  5  milioni  lordi  mensili,  nei  confronti del Ministero della
giustizia  e  del  Ministero  del  tesoro,  per  il  pagamento  della
differenza    tra    l'intera   indennita'   e   quella,   decurtata,
effettivamente  corrispostagli  o,  in subordine, per il pagamento di
uguale somma a titolo di arricchimento senza causa.
    Premessa  l'evidente  rilevanza  della  questione  ai  fini della
decisione,  in  quanto  la  domanda  dovrebbe  essere  rigettata alla
stregua  del  citato art. 8, comma 3, della legge n. 276 del 1997, il
rimettente  ritiene  non  manifestamente  infondato  il  sospetto  di
illegittimita'  costituzionale  della norma, prospettato dall'attore,
con riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.
    In  relazione  al  primo  dei  due  parametri  evocati,  la norma
impugnata   introdurrebbe  -  ad  avviso  del  giudice  a quo  -  una
irragionevole  disparita'  di  trattamento tra funzionari onorari che
svolgono  le  medesime mansioni, prendendo in considerazione, ai fini
della   decurtazione   dell'indennita'  fissa,  un  elemento,  quello
reddituale,  che  non  rispecchia la reale consistenza del patrimonio
complessivo  dell'avente  diritto,  con  la iniqua conseguenza che il
diritto  al pagamento dell'indennita' nella misura piena spetta anche
a  chi,  essendo  privo  di redditi da lavoro o da pensione, si trovi
tuttavia  in  una  situazione  patrimoniale  molto  piu'  agiata  del
titolare di un reddito da pensione di poco superiore a lire 5 milioni
lordi    mensili,   il   quale   invece   subisce   la   decurtazione
dell'indennita'.
    L'irragionevolezza  della  disposizione  risulterebbe, poi, ancor
piu'  evidente  considerando  che,  nell'indennita' di cui si tratta,
sarebbe  dato  di  ravvisare  - secondo il rimettente - «sfumature di
carattere  retributivo», desumibili in particolare dalla disposizione
del comma 5 dello stesso art. 8, secondo cui, con riguardo ai giudici
onorari  aggregati  nominati  tra  gli  avvocati iscritti al relativo
albo,  l'indennita'  e'  da  considerarsi  a  tutti gli effetti quale
reddito professionale.
    La  medesima  norma  -  ad  avviso,  ancora,  del giudice a quo -
violerebbe   poi   il   criterio   di   progressivita'  che,  sancito
dall'art. 53   della  Costituzione  con  specifico  riferimento  alla
materia  tributaria,  dovrebbe  tuttavia  considerarsi, nella specie,
«specifico  corollario del principio di ragionevolezza». La rigidita'
della  previsione,  secondo  cui  l'indennita'  e' ridotta del 50 per
cento  per  effetto  del mero superamento, anche di poche lire, della
soglia   reddituale  di  lire  5  milioni  mensili,  sarebbe  infatti
suscettibile  di  produrre  conseguenze irragionevoli, che potrebbero
essere evitate «prevedendo un numero maggiore di scaglioni di reddito
di riferimento per la decurtazione».
    2.  -  Si  e'  costituito  in giudizio Santoro Amedeo, attore nel
giudizio  a  quo,  concludendo  per la declaratoria di illegittimita'
costituzionale della norma.
    In  aggiunta  alle argomentazioni svolte dal rimettente, la parte
costituita sottolinea quale ulteriore elemento di irragionevolezza la
circostanza che la norma impugnata consideri esclusivamente i redditi
da lavoro e da pensione e non anche quelli derivanti da altre fonti.
    Osserva, sotto altro aspetto, che la norma appare ispirata ad una
ratio  contraddittoria  ed  opposta rispetto a quella - pacificamente
propria  dell'intera  legge - di incentivare particolari categorie di
professionisti a svolgere l'attivita' di giudici aggregati e che essa
in  ogni  caso introduce una ingiustificata disparita' di trattamento
tra i giudici onorari aggregati e tutti gli altri funzionari onorari,
per i quali non sono dettate disposizioni analoghe.
    La   parte   privata   evidenzia   da  ultimo  che  l'intervenuta
abolizione,  con  l'art. 44  della  legge  27 dicembre  2002,  n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria  2003), del divieto di cumulo tra
pensione  e redditi da lavoro rende «ancor piu' illogico ed ingiusto»
il disposto della norma impugnata.
    3.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di  non  fondatezza della
questione.
    Premesso  che  la  norma  non incide sul compenso per l'attivita'
concretamente svolta, la cui misura unitaria rimane uguale per tutti,
ma  solo  sull'indennita' fissa, correlata all'impegno generico della
funzione,  l'Avvocatura  rileva che proprio la natura non retributiva
di  tale  indennita'  la  rende compatibile con differenze di livello
determinate  da  caratteristiche soggettive degli aventi diritto. Non
vi  sarebbe,  dunque,  alcun prelievo forzoso bensi' la previsione di
una  duplice  misura di indennita' in funzione della diversita' delle
situazioni. Ne' potrebbe d'altro canto censurarsi in questa sede - ad
avviso  dell'Avvocatura - il piu' favorevole trattamento riservato ai
percettori di redditi diversi da quelli di lavoro o di pensione.

                       Considerato in diritto

    1. - Il Tribunale di Ancona dubita, in riferimento agli artt. 3 e
53 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 8,
comma 3,  della  legge  22 luglio  1997,  n. 276 (Disposizioni per la
definizione  del  contenzioso  civile  pendente:  nomina  di  giudici
onorari  aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali
ordinari),  secondo  cui  l'indennita'  fissa  attribuita  ai giudici
onorari  aggregati  e'  ridotta  del  50 per cento qualora il giudice
onorario  aggregato  sia  titolare  di  un  reddito da pensione (o da
lavoro) superiore a lire 5 milioni lordi mensili.
    La  norma  - ad avviso del rimettente - sarebbe irragionevolmente
discriminatoria  nei  confronti dei titolari di redditi da pensione o
da  lavoro  superiori alla soglia mensile indicata, in quanto prevede
in  loro  danno  la  decurtazione  dell'indennita'  facendo esclusivo
riferimento  ad  un  parametro, quello appunto reddituale, inidoneo a
rappresentare   l'effettiva   situazione   patrimoniale   dell'avente
diritto.
    La  rigidita'  del  limite di reddito mensile, al cui superamento
consegue  la  riduzione del 50 per cento dell'indennita', si porrebbe
poi  in  contrasto  con  il principio di progressivita' che - seppure
enunciato  dall'art. 53  della Costituzione con esclusivo riferimento
alla  materia  tributaria  -  dovrebbe  tuttavia assumersi a generale
criterio di ragionevolezza, con particolare riguardo alla fattispecie
in esame.
    2. - La questione e' fondata nei termini di seguito precisati.
    Muovendo  dalla  premessa  - pacifica sia nella giurisprudenza di
questa  Corte  sia  nella giurisprudenza ordinaria - della natura non
retributiva  della  indennita'  eventualmente  spettante  ai  giudici
onorari,  puo'  certamente riconoscersi al legislatore la facolta' di
ancorare    siffatta   indennita',   entro   i   limiti   della   non
irragionevolezza,  a  parametri  indipendenti da quelli, propri della
retribuzione, connessi alla qualita' e quantita' del lavoro svolto.
    Non  c'e' dubbio, in particolare, che la modulazione della misura
dell'indennita'  in  funzione inversa rispetto al reddito dell'avente
diritto  non e' di per se' lesiva dell'art. 3 della Costituzione, ne'
sotto   il  profilo  della  ragionevolezza  ne'  con  riferimento  al
principio  di  eguaglianza, essendo quello reddituale elemento di per
se'  idoneo  a  diversificare  le  situazioni soggettive degli aventi
diritto ad una prestazione economica di natura indennitaria.
    La  norma  impugnata risulta tuttavia irragionevole in quanto non
considera,  al fine della determinazione di tale indennita', l'intera
situazione  reddituale risultante dalla dichiarazione dei redditi dei
giudici  onorari  aggregati,  ma  solo quella riferibile a redditi da
lavoro  o  da  pensione,  in  tal modo rendendosi non coerente con la
ratio,  ad essa evidentemente sottesa, di garantire una indennita' di
importo maggiore solo a chi gia' non goda di altri redditi di livello
adeguato,   ben  potendo  il  superamento  della  soglia  reddituale,
discrezionalmente  individuata  dal legislatore, conseguire al cumulo
dei  redditi  da  lavoro  o  da  pensione con redditi di altro genere
ovvero essere determinata esclusivamente da questi ultimi.
    3.   -  Ne  consegue  l'accoglimento  della  questione,  restando
assorbite le ulteriori censure sollevate dal rimettente.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 8, comma 3,
della  legge  22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione
del  contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati
e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                        Il redattore: Marini
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria l'8 giugno 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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