N. 222 SENTENZA 6 - 8 giugno 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Giudizio  di  legittimita' costituzionale in via principale - Ricorso
  che  solleva  una  pluralita' di questioni - Trattazione separata -
  Riserva di separate pronunce.
Trasporto pubblico - Trasporto pubblico locale - Fondo ministeriale -
  Ripartizione  della dotazione - Adozione con decreto del Presidente
  del Consiglio dei ministri sentita la Conferenza unificata anziche'
  previa  intesa con la stessa - Ricorso della Regione Emilia-Romagna
  -  Lesione  della  competenza residuale nella materia del trasporto
  pubblico   locale   e  dell'autonomia  finanziaria  delle  Regioni,
  violazione  del  principio di leale collaborazione - Illegittimita'
  costituzionale in parte qua.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 157.
- Costituzione, artt. 117, 118 e119.
(GU n.24 del 15-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di   legittimita'   costituzionale  dell'articolo 4,
comma 157,  della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2004), promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna,
notificato  il 24 febbraio 2004, depositato in cancelleria il 4 marzo
2004 ed iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2004.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2005 il giudice relatore
Ugo De Siervo;
    Uditi    l'avvocato    Giandomenico   Falcon   per   la   Regione
Emilia-Romagna   e  l'avvocato  dello  Stato  Franco  Favara  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso notificato il 24 febbraio 2004, depositato il
26 febbraio  2004  e iscritto al n. 33 del registro ricorsi del 2004,
la  Regione  Emilia-Romagna  ha impugnato - tra gli altri - l'art. 4,
comma 157,  della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2004),  in  riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost.,
nonche' al principio di leale collaborazione.
    Tale  disposizione  -  premette  la  ricorrente  -  prevede,  tra
l'altro,   che  «per  il  conseguimento  dei  risultati  di  maggiore
efficienza  e produttivita' dei servizi di trasporto pubblico locale,
e'   istituito   un   apposito   fondo   presso  il  Ministero  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti»,  che  «la dotazione del fondo per
l'anno 2004  e' fissata in 33 milioni di euro» e che «con decreto del
Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,  sentita  la  Conferenza
unificata  di  cui  all'articolo 8  del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, sono stabilite le modalita' di riparto delle risorse di
cui al presente comma».
    Secondo   la  Regione  Emilia-Romagna,  tale  disciplina  sarebbe
costituzionalmente illegittima anzitutto per il fatto di istituire un
Fondo  ministeriale separato e con destinazione vincolata, in materia
di  competenza  residuale  delle  Regioni.  A  sostegno della propria
doglianza  la  ricorrente  richiama la giurisprudenza di questa Corte
(in  particolare,  le  sentenze  n. 49  e n. 16 del 2004 e n. 370 del
2003), secondo cui - nel nuovo sistema della finanza regionale di cui
all'art. 119  Cost.  - per il finanziamento delle normali funzioni di
Regioni ed enti locali lo Stato non potrebbe proseguire nella pratica
di trasferimento diretto di risorse per scopi determinati dalla legge
statale, in base a criteri stabiliti, nell'ambito della stessa legge,
dall'amministrazione dello Stato.
    La  ricorrente  formula,  inoltre,  specifica  censura avverso la
previsione  secondo  la  quale  le modalita' di riparto delle risorse
contemplate nella disposizione impugnata dovrebbero essere decise con
d.P.C.m.,   «sentita   la   Conferenza   unificata»;  tale  strumento
collaborativo  non  corrisponderebbe  infatti  alle «ben piu' intense
modalita'  di  leale  collaborazione» che sarebbero state indicate da
questa  Corte  nella  sentenza  n. 16  del  2004, dove si richiama la
necessita'  -  per  il caso in cui i trasferimenti non possano essere
disposti  senza  vincoli  di  destinazione  specifica  -  di  passare
attraverso «il filtro dei programmi regionali, coinvolgendo dunque le
Regioni interessate nei processi decisionali concernenti il riparto e
la destinazione dei fondi».
    La  Regione conclude precisando che l'impugnazione «non coinvolge
i  contributi  disposti  dal  terzo  periodo  del comma impugnato, in
quanto essi costituiscono rimborso di contributi non dovuti».
    2.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  si e' costituito in
giudizio  affermando  di  voler  resistere  nei confronti di tutte le
doglianze  esposte  nel ricorso introduttivo, riservandosi tuttavia -
quanto  a quella in questa sede presa in considerazione - di proporre
le relative argomentazioni in una successiva memoria.
    In  data  24 dicembre  2004, l'Avvocatura generale dello Stato ha
depositato  una memoria nella quale rileva, anzitutto, che le censure
proposte  dalla ricorrente sembrerebbero escludere la disposizione di
cui  al  quarto  periodo  del  comma 157  impugnato,  e  non al terzo
periodo,  come  -  forse erroneamente - indicato nel ricorso. I dieci
milioni  di  euro  di  cui  al quarto periodo non sarebbero del resto
destinati  al «fondo» ed al relativo riparto tra aziende di trasporto
pubblico  locale  come  invece  dovrebbe  ritenersi  per  i  restanti
ventitre' milioni.
    L'Avvocatura  riferisce  che il decreto ministeriale previsto nel
terzo  periodo  non  e'  stato  ancora  emanato  e  che  non potrebbe
escludersi,  «previa  modifica legislativa», che il riparto del fondo
segua  la  medesima procedura prevista per il finanziamento destinato
al  rinnovo  del  contratto  collettivo  per il settore del trasporto
pubblico  locale  e disposto dall'art. 23, comma 1, del decreto-legge
24 dicembre 2003, n. 355 (Proroga di termini previsti da disposizioni
legislative),  convertito  in  legge,  con modificazioni, dalla legge
27 febbraio  2004,  n. 47;  finanziamento  gia' ripartito «sentita la
Conferenza  unificata»  ed  anche  gia' erogato senza contestazioni o
controversie,  come risulterebbe dai documenti depositati in allegato
alla memoria.
    La  difesa erariale osserva che l'importo di ventitre' milioni di
euro  sarebbe  ben  poco  rilevante in rapporto all'ingente flusso di
finanza  derivata  dedicata al trasporto pubblico locale e al pesante
fabbisogno   delle   oltre   mille   aziende   coinvolte;   tuttavia,
l'interruzione  o  anche  il  semplice  «turbamento»  di  tale flusso
finanziario  «farebbe  emergere  dissesti e potrebbe produrre persino
interruzioni  di  pubblici  servizi».  Ad  avviso dell'Avvocatura, le
doglianze  della ricorrente sarebbero state «stimolate» dall'utilizzo
di un linguaggio un po' troppo tradizionale da parte del legislatore,
il  quale,  anziche'  fare riferimento all'istituzione di un apposito
fondo presso il Ministero, avrebbe potuto piu' semplicemente disporre
lo  stanziamento  di  risorse,  evitando cosi' di «dare la sensazione
della   "appropriazione"   di   una   funzione,   di  una  competenza
amministrativa,   laddove  invece  v'e'  solo  l'apporto  di  risorse
finanziarie».  Infatti,  la  disposizione censurata dovrebbe soltanto
consentire   di   far   affluire   risorse   finanziarie   aggiuntive
direttamente  a  determinate  aziende di trasporto pubblico locale in
maggiore difficolta', da individuare sentita la Conferenza unificata;
il riferimento costituzionale corretto sarebbe dunque il quinto comma
e non il terzo comma dell'art. 119 Cost.
    A  tale  proposito,  la  difesa  erariale  si  sofferma su alcune
considerazioni  di carattere generale, osservando, anzitutto, che gli
interventi   speciali  di  cui  al  quinto  comma  dell'art. 119  non
dovrebbero  risultare,  in  base  alla  lettera  della Costituzione e
contrariamente  a  quanto  affermato  da questa Corte con la sentenza
n. 16 del 2004, condizionati all'esercizio in concreto di «compiti di
programmazione  e  di  riparto  dei  fondi»  da  parte  delle Regioni
allorche'  siano coinvolti ambiti di competenza regionale. In secondo
luogo,   secondo   l'Avvocatura,   il   divieto  di  finanziamenti  a
destinazione   vincolata   dovrebbe  valere  soltanto  per  il  fondo
perequativo   di   cui   al   terzo  comma  dell'art. 119  Cost.,  in
considerazione  del  fatto  che soltanto in quest'ultima disposizione
sarebbe rinvenibile tale divieto, di per se' insuscettibile di essere
esteso  a qualsiasi trasferimento dallo Stato alle autonomie. Infine,
quanto  specificamente  al  quinto comma dell'art. 119 Cost., sarebbe
indubbio   che  esso  consente  interventi  speciali  dello  Stato  e
stanziamenti di risorse aggiuntive nel bilancio statale in ambiti che
non  sono  attribuiti  alla  competenza  legislativa «naturale» dello
Stato,  dal  momento che - a ritenere che il riparto delle competenze
legislative   dovesse   segnare   anche  il  confine  dell'ambito  di
applicazione  di  tale norma - questa risulterebbe del tutto inutile.
Il  quinto comma dell'art. 119 Cost. evidenzierebbe il riconoscimento
del primato del Parlamento e della legge dello Stato anche in materie
devolute  ai  legislatori  regionali;  primato  che troverebbe limite
unicamente  nel requisito del perseguimento di una delle finalita' di
interesse   generale   menzionate   -   in   termini  molto  ampi  ed
essenzialmente politici - nella stessa disposizione.
    Sulla  base  di  tali considerazioni, la difesa erariale conclude
per  «l'incongruita' metodologica dell'impostare l'impugnazione delle
leggi    statali    ad   opera   di   ricorrenti   Regioni   partendo
dall'elencazione  contenuta  nell'art. 117,  secondo  comma,  Cost.»,
nonche'  per  «la non condivisibilita' dell'opinione secondo la quale
sussisterebbe  uno  stretto  collegamento  tra competenze legislative
dello  Stato  e  possibilita' di flussi finanziari diretti, cioe' non
tramite la finanza regionale, dallo Stato alle autonomie locali».
    3. - Anche la Regione Emilia-Romagna, in prossimita' dell'udienza
pubblica, ha depositato una memoria, nella quale ribadisce le proprie
doglianze  replicando  agli  argomenti  formulati  dalla  difesa  del
Presidente del Consiglio dei ministri.
    Secondo  la  ricorrente,  la  disposizione censurata prevederebbe
l'ennesimo  Fondo  ministeriale separato e con destinazione vincolata
in  materia  di  competenza residuale delle Regioni e cio' renderebbe
ragione   dell'evidente   «imbarazzo»  dell'Avvocatura  erariale  nel
difenderla,   sia   richiamando   «il   linguaggio   un   po'  troppo
tradizionale»  con  cui la disposizione sarebbe formulata (come se la
riforma  del  Titolo V della Costituzione non fosse intervenuta), sia
cadendo nella contraddizione di affermare, da un lato, che il decreto
ministeriale non sarebbe stato ancora emanato e d'altronde le risorse
da  ripartire  sarebbero  di  assai  scarso  rilievo,  dall'altro che
l'interruzione  o  il  turbamento  dei flussi finanziari necessari al
settore  del  trasporto  pubblico  locale  determinerebbe conseguenze
gravissime anche sui diritti dei cittadini.
    La  Regione  sottolinea  il fatto che i trasporti pubblici locali
sarebbero senza dubbio materia di competenza residuale delle Regioni,
rappresentando peraltro un servizio pubblico di cui lo Stato dovrebbe
definire - attraverso le adeguate procedure collaborative tante volte
richiamate  da  questa  Corte  - i «livelli essenziali» e per i quali
dovrebbe  assicurare il finanziamento integrale in base all'art. 119,
quarto  comma, Cost., in quanto funzioni fondamentali delle autonomie
locali.  Nella  suddetta  materia,  pertanto,  non potrebbero trovare
alcuno  spazio  ne'  interventi  finanziari  diretti  dello Stato nei
confronti  degli  enti locali, ne' trasferimenti vincolati, ne' fondi
«trattenuti»  dal  Ministero,  ne'  interventi  finanziari  diretti a
favore  di  soggetti  privati,  mentre  in  relazione agli interventi
speciali  di cui all'art. 119, quinto comma, della Costituzione, essi
non  soltanto  dovrebbero essere aggiuntivi rispetto al finanziamento
integrale  delle  funzioni  spettanti  ai  comuni o agli altri enti e
riferirsi  alle  finalita'  di  perequazione  e di garanzia enunciate
dalla  norma costituzionale (o, comunque, a scopi diversi dal normale
esercizio   delle  funzioni),  ma  dovrebbero  essere  indirizzati  a
determinati   comuni  o  categorie  di  comuni  (o  Province,  Citta'
metropolitane,   Regioni);   inoltre,   quando   tali   finanziamenti
riguardino  ambiti  di  competenza  delle  Regioni,  queste - in nome
dell'esigenza   di   rispettare   il   riparto  costituzionale  delle
competenze  -  dovrebbero  essere  chiamate  ad esercitare compiti di
programmazione  e  di  riparto  dei  fondi  all'interno  del  proprio
territorio.  A sostegno di tale ricostruzione, la ricorrente richiama
la  giurisprudenza  di  questa  Corte  e, in particolare, le sentenze
numeri 424, 423, 320, 49 e n. 16 del 2004 e 370 del 2003.
    In  conclusione,  la  Regione afferma l'impossibilita' di fondare
nell'attuale  Titolo  V  della Costituzione l'ipotesi che il Governo,
con  il  solo  onere della forma meno intensa di leale collaborazione
(il  parere),  possa  scegliere  -  come interpreta l'Avvocatura - le
aziende   di   trasporto   pubblico   locale  a  cui  favore  erogare
direttamente finanziamenti aggiuntivi.

                       Considerato in diritto

    1.   -   Con   il   ricorso  indicato  in  epigrafe,  la  Regione
Emilia-Romagna ha proposto questione di legittimita' costituzionale -
tra gli altri - dell'art. 4, comma 157, della legge 24 dicembre 2003,
n. 350  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  legge finanziaria 2004), in riferimento
agli  artt. 117,  118  e  119  Cost.,  nonche'  al principio di leale
collaborazione.  Peraltro, la Regione ha precisato che l'impugnazione
«non  coinvolge  i  contributi  disposti  dal terzo periodo del comma
impugnato,  in  quanto  essi costituiscono rimborso di contributi non
dovuti».
    La disposizione impugnata prevede la costituzione di «un apposito
fondo  presso  il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti» per
il  generico  fine  di  assicurare  il conseguimento di «risultati di
maggiore efficienza e produttivita' dei servizi di trasporto pubblico
locale»  e  la  sua  ripartizione tramite «decreto del Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  sentita  la  Conferenza  unificata  di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281».
    Secondo   la   Regione   ricorrente,   tale   disciplina  sarebbe
costituzionalmente illegittima anzitutto per il fatto di istituire un
Fondo  ministeriale  separato e con destinazione vincolata in materia
di competenza residuale delle Regioni.
    In  ogni  caso, sarebbe comunque contrastante con il principio di
leale  collaborazione la previsione secondo la quale il riparto delle
risorse previste sia effettuato con d.P.C.m., dopo aver semplicemente
sentito la Conferenza unificata.
    2.  -  Per  ragioni  di  omogeneita'  di materia, le questioni di
legittimita'   costituzionale   indicate   devono   essere   trattate
separatamente  dalle  altre  concernenti  la  legge n. 350 del 2003 e
sollevate con il medesimo ricorso, oggetto di distinte decisioni.
    3.  -  Il ricorso e' parzialmente fondato, nei termini di seguito
esposti.
    4.  -  Non  vi  e'  dubbio  che la materia del trasporto pubblico
locale  rientra  nell'ambito delle competenze residuali delle Regioni
di  cui al quarto comma dell'art. 117 Cost., come reso evidente anche
dal  fatto  che,  ancor  prima  della  riforma  del  Titolo  V  della
Costituzione,   il   decreto  legislativo  19 novembre  1997,  n. 422
(Conferimento  alle Regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti
in  materia  di  trasporto  pubblico  locale,  a  norma  dell'art. 4,
comma 4,  della  legge  15 marzo  1997,  n. 59)  aveva ridisciplinato
l'intero  settore,  conferendo  alle  Regioni  ed  agli  enti  locali
funzioni  e compiti relativi a tutti i «servizi pubblici di trasporto
di interesse regionale e locale con qualsiasi modalita' effettuati ed
in  qualsiasi forma affidati» ed escludendo solo i trasporti pubblici
di interesse nazionale (cfr., in particolare, gli artt. 1 e 3).
    In  questo  stesso  testo  normativo  l'art. 20, comma 5, prevede
espressamente  che  le  risorse  statali  di  finanziamento  relative
all'espletamento  delle  funzioni conferite alle Regioni ed agli enti
locali siano «individuate e ripartite» tramite decreti del Presidente
del   Consiglio   dei  ministri  «previa  intesa  con  la  Conferenza
permanente  tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento
e di Bolzano».
    5.  -  Questa Corte ha ripetutamente affermato che il legislatore
statale  non  puo'  porsi  «in contrasto con i criteri e i limiti che
presiedono  all'attuale  sistema  di autonomia finanziaria regionale,
delineato  dal  nuovo art. 119 della Costituzione, che non consentono
finanziamenti  di scopo per finalita' non riconducibili a funzioni di
spettanza  statale» (sentenza n. 423 del 2004): nell'ambito del nuovo
Titolo  V  della  Costituzione non e' quindi di norma consentito allo
Stato  prevedere  propri  finanziamenti in ambiti di competenza delle
Regioni  (cfr. sentenze numeri 160 e 77 del 2005, 320 e 49 del 2004),
ne'  istituire  fondi  settoriali  di  finanziamento  delle attivita'
regionali (cfr. sentenze n. 16 del 2004 e n. 370 del 2003).
    Le  eccezioni  a questo divieto sono possibili solo nell'ambito e
negli stretti limiti di quanto previsto negli artt. 118, primo comma,
Cost.,  119,  quinto  comma,  (cfr. sentenze n. 49 e n. 16 del 2004),
117, secondo comma, lettera e), Cost. (cfr. sentenze n. 77 del 2005 e
n. 14 del 2004).
    Nel  caso in esame l'Avvocatura generale dello Stato si riferisce
espressamente a quanto previsto dal quinto comma dell'art. 119 Cost.,
che  riconoscerebbe  il  «primato  del Parlamento e della legge dello
Stato anche in materie devolute ai legislatori regionali; primato che
trova  limite  unicamente  nel  «requisito»  del perseguimento di una
delle  finalita'  di  interesse  generale  menzionate  -  in  termini
peraltro molto ampi ed essenzialmente «politici» - nello stesso comma
quinto   («promuovere   lo  sviluppo  economico,  la  coesione  e  la
solidarieta' sociale», etc.)».
    Tuttavia,   il   quinto   comma   dell'art. 119  Cost.  autorizza
semplicemente  lo  Stato,  per conseguire le molteplici finalita' ivi
espressamente  indicate,  ad attuare due specifiche e tipizzate forme
di intervento finanziario nelle materie di competenza delle Regioni e
degli enti locali: o l'erogazione di risorse aggiuntive rispetto alla
ordinaria autonomia finanziaria regionale o locale (modalita' questa,
pero',  che  presuppone  che  lo  Stato  abbia dato previa attuazione
legislativa  a quanto previsto dai primi quattro commi dell'art. 119,
cosi'  garantendo  a  Regioni,  Province e comuni che le loro entrate
finanzino  «integralmente  le  funzioni  pubbliche loro attribuite»);
oppure  la  realizzazione  di  «interventi  speciali»  «in favore di:
determinati  comuni,  Province, Citta' metropolitane e Regioni» (cfr.
sentenza n. 16 del 2004).
    Peraltro, l'art. 4, comma 157, della legge n. 350 del 2003 non e'
riconducibile  a  quest'ultima  particolare tipologia di intervento a
sostegno della finanza regionale o locale, non essendo predeterminato
alcun  intervento  speciale,  ne'  individuato alcun particolare ente
destinatario.
    Nella   perdurante   situazione   di   mancata  attuazione  delle
prescrizioni   costituzionali  in  tema  di  garanzia  dell'autonomia
finanziaria  di entrata e di spesa delle Regioni e degli enti locali,
e  del  vigente  finanziamento  statale  nel  settore  del  trasporto
pubblico locale, la disciplina di riferimento e' contenuta nel citato
art. 20  del  d.lgs.  n. 422  del  1997, il cui comma 5 stabilisce le
modalita'  di  trasferimento  delle  risorse  erogate dallo Stato. Il
fondo  previsto  dall'art. 4, comma 157, della legge n. 350 del 2003,
risulta sostanzialmente analogo al meccanismo di finanziamento appena
richiamato  e  cio'  appare,  al  momento, sufficiente a giustificare
l'intervento  finanziario  dello  Stato  e la sua relativa disciplina
legislativa.
    Tuttavia,  proprio  perche'  tale  finanziamento interviene in un
ambito  di  competenza  regionale,  la  necessita'  di  assicurare il
rispetto  delle  attribuzioni  costituzionalmente  riconosciute  alle
Regioni  impone  di  prevedere  che  queste  ultime  siano pienamente
coinvolte  nei  processi decisionali concernenti il riparto dei fondi
(sentenze  numeri  49 e 16 del 2004); cio' tenendo altresi' conto del
«limite  discendente  dal  divieto  di  procedere  in senso inverso a
quanto  oggi  prescritto dall'art. 119 della Costituzione, e cosi' di
sopprimere  semplicemente,  senza sostituirli, gli spazi di autonomia
gia'  riconosciuti  dalle leggi statali in vigore alle Regioni e agli
enti  locali,  o  di  procedere  a configurare un sistema finanziario
complessivo   che  contraddica  i  principi  del  medesimo  art. 119»
(sentenza n. 37 del 2004).
    Da questo punto di vista, va ritenuto insufficiente il meccanismo
previsto dalla disposizione censurata, che - ai fini della emanazione
del  d.P.C.m.  per la ripartizione del fondo e a differenza di quanto
previsto  dall'art. 20,  comma 5,  del  d.lgs.  n. 422  del 1997 - si
limita  a  richiedere  che  sia  «sentita»  la  Conferenza  unificata
Stato-Regioni di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997, riducendo
in  tal  modo  gli  spazi  di autonomia riconosciuti alle Regioni nel
complessivo  sistema  di finanziamento del trasporto pubblico locale.
E'  invece  costituzionalmente  necessario,  al fine di assicurare in
modo  adeguato  la  leale collaborazione fra le istituzioni statali e
regionali,  che  il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
cui  fa riferimento la disposizione impugnata sia adottato sulla base
di  una  vera  e  propria  intesa  con la Conferenza unificata di cui
all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservata  a  separate  pronunzie  la  decisione  sulle ulteriori
questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate  nei confronti
della  legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2004) con il ricorso indicato in epigrafe,
    Dichiara la illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 157,
della  predetta  legge  24 dicembre  2003, n. 350, nella parte in cui
prevede  che  la dotazione del fondo venga ripartita «con decreto del
Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,  sentita  la  Conferenza
unificata  di  cui  all'articolo 8  del decreto legislativo 28 agosto
1997,  n. 281»,  anziche'  stabilire  che  tale  decreto sia adottato
previa intesa con la Conferenza stessa.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria l'8 giugno 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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