N. 229 ORDINANZA 6 - 8 giugno 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Circolazione  stradale  -  Ricorso  giurisdizionale  avverso sanzione
  amministrativa  -  Preclusione  in assenza di cauzione - Infrazione
  compiuta da cittadino straniero su veicolo immatricolato all'estero
  -  Fermo  amministrativo  del  veicolo  in  assenza  di  cauzione -
  Denunciata compressione della tutela giurisdizionale, disparita' di
  trattamento  in  base  al  reddito,  trattamento  differenziato  in
  relazione  alla  nazionalita'  e  al  luogo di immatricolazione del
  veicolo,  violazione  dei diritti dell'uomo, lesione del diritto di
  difesa    -    Sopravvenuta    dichiarazione    di   illegittimita'
  costituzionale  della  cauzione preclusiva del corso del giudizio -
  Sopravvivenza  della  cauzione  a  pena  di  fermo del veicolo, non
  preclusiva,  isolatamente  considerata, del giudizio - Restituzione
  degli atti al giudice rimettente.
- D.Lgs.    30 aprile    1992,   n. 285,   art. 204-bis,   introdotto
  dall'art. 4,  comma 1-septies,  del  d.l.  27 giugno 2003,  n. 151,
  convertito,  con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214,
  e art. 207.
- Costituzione, artt. 2, 3, 10 e 24.
(GU n.24 del 15-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 204-bis del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada),  introdotto  dall'art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge
27  giugno 2003,  n. 151  (Modifiche  ed integrazioni al codice della
strada),  convertito,  con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003,
n. 214,  nonche'  del  successivo  articolo 207  del  medesimo d.lgs.
n. 285  del 1992, promosso con ordinanza del 5 marzo 2004 dal Giudice
di  pace di Cesena nel procedimento civile vertente tra Harris Graham
John  e  il Prefetto di Forli-Cesena, iscritta al n. 588 del registro
ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 26, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 20 aprile 2005 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
    Ritenuto  che il Giudice di pace di Cesena ha sollevato questione
di legittimita' costituzionale - per contrasto con gli articoli 2, 3,
10  e  24  della  Costituzione  -  dell'articolo 204-bis  del decreto
legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della strada),
introdotto   dall'art. 4,   comma 1-septies,   del  decreto-legge  27
giugno 2003,  n. 151  (Modifiche  ed  integrazioni  al  codice  della
strada),  convertito,  con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003,
n. 214,  nonche'  del  successivo  articolo 207  del  medesimo d.lgs.
n. 285 del 1992;
        che  le  due  disposizioni  sono  censurate, rispettivamente,
«nella  parte  in  cui prevedono» - la prima - «che il ricorrente, di
qualunque Stato sia, debba comunque procedere al deposito del ricorso
previo  versamento  nella  cancelleria del giudice di pace, a pena di
inammissibilita'  del  ricorso»,  di  «una  somma pari alla meta' del
massimo  edittale  della  sanzione inflitta dall'organo accertatore»;
nonche'  -  la  seconda - che «all'atto della contestazione immediata
dell'infrazione   a  cittadino  straniero  su  veicolo  immatricolato
all'estero»  questi  «debba  versare  una cauzione pari al doppio del
minimo  edittale  qualora  voglia far valere le proprie ragioni nelle
opportune  sedi  di legge, a pena di ritiro della patente e sequestro
del mezzo»;
        che   il  giudice  rimettente  -  nel  premettere  di  essere
investito  della  «opposizione a sanzione amministrativa» proposta da
un   cittadino   britannico,  al  quale  «era  stata  contestata  una
contravvenzione  per  avere  violato  il  dettato di cui all'art. 148
comma 12  e  16»  del  codice della strada - deduce che il ricorrente
avrebbe  assunto  la descritta iniziativa giudiziale «pur avendo gia'
corrisposto  la sanzione amministrativa in misura del minimo edittale
previsto  per  la violazione de qua a mani degli agenti intervenuti a
rilevare  il  sinistro dal quale ha preso abbrivio la contestazione»,
giacche', «servendogli il motore a bordo del quale avrebbe violato il
codice  della  strada,  non poteva permettersi il sequestro del mezzo
stante l'imminente rientro in patria»;
        che  costituitasi nel giudizio a quo la Prefettura di Forli',
prosegue   il   rimettente,   questa   eccepiva   «l'improcedibilita'
dell'opposizione  ex  art. 204-bis, comma 1» del codice della strada,
non  avendo  il  ricorrente provveduto al versamento della «cauzione»
prevista da tale articolo di legge;
        che  effettivamente,  evidenzia il Giudice di pace di Cesena,
il  ricorso  in  questione  risulta  «depositato in cancelleria (...)
senza  il  versamento  (...)  della somma richiesta, ovvero pari alla
meta'  del  massimo  edittale  della  sanzione  inflitta  dall'organo
accertatore»   (con   violazione,   dunque,   di   quanto  prescritto
dall'art. 204-bis, comma 3, del codice della strada);
        che,  per  contro, risulterebbe effettuata «la corresponsione
della  sanzione amministrativa determinata nel minimo», conformemente
a  quanto  stabilito  dall'art. 207  del  medesimo codice (recte: dal
comma 2-bis  di  tale  articolo),  disposizione  in base alla quale -
assume  il  rimettente  - «chi commette una violazione amministrativa
con  un  veicolo  immatricolato  in  uno  Stato  comunitario,  se non
effettua  immediatamente  il  pagamento  in misura ridotta nelle mani
dell'agente accertatore, deve versare, a pena di ritiro della patente
o di fermo amministrativo del veicolo, una cauzione di ammontare pari
alla  meta'  del  massimo  della sanzione prevista» (recte: al minimo
edittale, giusto il disposto dal predetto comma 2-bis);
        che,   peraltro,   ambedue   le   disposizioni  summenzionate
contrasterebbero  con  la Costituzione, di talche' il Giudice di pace
di  Cesena  ha  sollevato  la  questione  di  legittimita'  di cui in
premessa,  la  cui  rilevanza  e  non manifesta infondatezza e' dallo
stesso cosi' motivata;
        che,  segnatamente,  quanto alla «rilevanza della questione»,
il  giudice  rimettente  osserva che nel caso sottoposto al suo esame
«appare  del tutto evidente» il «collegamento giuridico e non gia' di
mero  fatto»  intercorrente  tra la res iudicanda e le norme ritenute
incostituzionali;
        che,  difatti,  il  rigetto  della  questione di legittimita'
costituzionale  comporterebbe  che  «il  ricorso  andrebbe dichiarato
inammissibile»,  mentre  nell'ipotesi  di  accoglimento  «la suddetta
opposizione dovra' essere esaminata nel merito»;
        che  in  ordine,  invece,  alla  «non manifesta infondatezza»
della  questione,  il giudice a quo deduce innanzitutto la violazione
degli articoli 2, 3 e 10 della Costituzione;
        che,  in  particolare,  l'art. 204-bis  del d.lgs. n. 285 del
1992 contrasterebbe con l'art. 3 della Carta fondamentale, ponendo «i
soggetti  abbienti  e  non abbienti su un piano di disuguaglianza tra
loro», permettendo «esclusivamente al soggetto che sia in possesso di
una  somma  di  danaro  addirittura  doppia rispetto a quella che gli
consentirebbe  di  definire  la pendenza mediante pagamento in misura
ridotta,  di  potere  tutelare i propri diritti proponendo ricorso al
giudice di pace»;
        che,    inoltre,   ad   escludere   l'ipotizzata   violazione
costituzionale  non  potrebbe addursi il rilievo che per il «soggetto
non  abbiente  sarebbe  comunque  possibile  presentare il ricorso al
prefetto»  (atteso  che  «tale procedura non prevede il versamento di
alcuna   cauzione»),   giacche'   cio'   trasformerebbe   il  ricorso
all'autorita'   giudiziaria   «in   un   mezzo  di  tutela  riservato
esclusivamente ai soggetti piu' facoltosi»;
        che  secondo  il  rimettente  il  medesimo art. 204-bis «lede
altresi' l'art. 2 Cost. che sancisce il valore assoluto della persona
umana, frustrando uno dei diritti fondamentali dell'individuo», dando
vita,  peraltro,  ad  una  violazione  del  tutto  «analoga  a quella
dell'imposizione  del  pagamento  in  misura  ridotta  a carico dello
straniero»;
        che,  difatti,  anche  l'art. 207  del  codice  della strada,
secondo   il   rimettente,   «implica   una   palese   disparita'  di
trattamento»,  e  cio'  «a  dispetto  del  principio  di  conformita'
dell'ordinamento italiano a quello straniero»;
        che   siffatta   discriminazione   risulterebbe  «tanto  piu'
evidente»,  ove  si consideri che in base all'art. 10, secondo comma,
della  Costituzione  «la  condizione  giuridica  dello straniero deve
essere regolata dalla legge in conformita' delle norme e dei trattati
internazionali»  (cosi'  l'art. 16  delle disposizioni preliminari al
codice  civile e gli articoli 3 e seguenti del codice penale), mentre
nel  caso  di  specie «tale trattamento disparitario e' il frutto del
venir  meno  dell'Italia  agli  obblighi  ad ella incombenti in forza
dell'art. 6  del  Trattato  CE  (divenuto,  in  seguito  a  modifica,
l'art. 12  Ce)»,  come  riconosciuto  dalla  Corte di giustizia delle
Comunita' europee nella sentenza 19 marzo 2002, n. 224;
        che,  invero,  tale  sentenza  - prosegue il rimettente - «ha
ritenuto   che   l'art. 207  del  codice  della  strada  comporti  un
trattamento  differenziato  e non proporzionato dei trasgressori alle
norme   della   circolazione   stradale  in  relazione  al  luogo  di
immatricolazione   del  veicolo  e,  quindi  in  ultima  analisi,  in
relazione alla loro residenza»;
        che  la disciplina italiana, difatti, «muta sensibilmente ove
il  trasgressore  commetta la violazione con un veicolo immatricolato
all'estero  (per quello che interessa agli odierni fini, in uno Stato
comunitario)   e   tale  violazione  sia  accertata  immediatamente»,
differente  essendo,  invece,  il  trattamento «in caso di infrazione
commessa  con  un veicolo immatricolato in Italia», posto che in tale
ipotesi  «il  trasgressore  dispone di un termine di sessanta giorni,
decorrenti dalla contestazione o dalla notificazione dell'infrazione,
per il pagamento del minimo edittale»;
        che,  per  contro,  ai  sensi  dell'art. 207 del codice della
strada  -  secondo  il rimettente - «in caso di infrazione commessa a
bordo  di  un  veicolo  immatricolato  all'estero  o  targato  EE, il
trasgressore  deve  versare immediatamente il minimo edittale oppure,
in   particolare   se  intende  contestare  l'infrazione  davanti  al
prefetto,  costituire una cauzione pari al doppio del minimo» (ovvero
pari al minimo edittale, quando si tratti di un veicolo immatricolato
in un Stato comunitario), e cio' «a pena di ritiro della patente o di
fermo  amministrativo del veicolo» (ma, in realta', e' la sola misura
del  fermo  quella  prevista dal comma 3 dell'articolo de quo «quando
non sia adempiuto il predetto onere»);
        che  circa,  poi, le «ragioni obbiettive tali da giustificare
l'esistenza  della  norma di che trattasi», il rimettente osserva che
le  stesse  debbono  essere identificate nella «mancanza di strumenti
internazionali   o   comunitari   che  assicurino  che  una  sanzione
pecuniaria  per una infrazione al codice della strada irrogata in uno
Stato  membro possa essere eseguita, eventualmente, in un altro Stato
membro»  dell'Unione  europea,  e,  dunque,  nella  «esistenza  di un
concreto  rischio che la sanzione non sia riscossa», anche in ragione
della  «carenza  di  reciprocita' tra la Repubblica italiana ed altri
Stati  membri»  dell'Unione,  oltre  che dell'assenza di «convenzioni
bilaterali atte ad assicurare tale esecuzione»;
        che,  tuttavia,  secondo  il  giudice  di  pace,  «l'identico
concreto   obiettivo»   assicurato   dalla   norma  de  qua  «sarebbe
altrettanto agevolmente perseguito anche attraverso la corresponsione
di  una  cifra  pari  al  minimo edittale con eventuale incameramento
della  stessa  ad  opera  dell'autorita'  italiana  alla scadenza del
termine  di  sessanta giorni previsto dall'art. 202» del codice della
strada;
        che  quanto premesso, pertanto, evidenzierebbe - conclude sul
punto  il  giudice  di  pace  rimettente - «la violazione dei diritti
costituzionali    dell'uomo    sotto   il   profilo   dell'osservanza
dell'eguaglianza  ex  art. 10  Cost.  e  del  diritto di difendersi»,
giacche',  sebbene  la  norma  costituzionale  richiamata non imponga
«l'assimilazione   della  posizione  dello  straniero  a  quella  del
cittadino»,  la  «condizione  di reciprocita» quanto al godimento dei
diritti    civili   sarebbe   «conforme   tanto   alla   consuetudine
dell'ordinamento internazionale quanto a quello costituzionale»;
        che   quanto   alla  dedotta  violazione  dell'art. 24  della
Costituzione,  il  giudice  a  quo evidenzia come dalla «sola lettura
della  norma  costituzionale»  appaia «palese il netto contrasto» tra
questa e «l'art. 24-bis» (recte: 204-bis) del codice della strada;
        che,  difatti,  l'articolo  in  questione  -  nell'imporre il
previo   pagamento   di   una   «cauzione»,   quale   condizione   di
ammissibilita'   del  ricorso  giurisdizionale  -  «non  assicura  la
possibilita' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed
interessi   legittimi   a  coloro  i  quali  non  dispongono  di  una
sufficiente  agiatezza  economica,  in tal modo ledendo gravemente il
diritto  di  difesa»,  considerato, oltretutto, che tale disposizione
scoraggia  il soggetto non abbiente dall'utilizzare «l'unico mezzo di
tutela (...) soggetto al principio della soccombenza», costringendolo
o  comunque  inducendolo  «a  presentare  ricorso  al prefetto per la
tutela  dei  propri  diritti,  sede  in  cui  in caso di accoglimento
dell'opposizione  il  ricorrente  non  viene  affatto rifuso non solo
delle    eventuali   spese   sostenute   per   l'assistenza   ad   un
professionista, ma neppure delle spese vive sostenute».
    Considerato  che  il  Giudice  di  pace  di  Cesena  ha sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  -  per contrasto con gli
articoli 2, 3, 10 e 24 della Costituzione - dell'articolo 204-bis del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada),  introdotto  dall'art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge
27  giugno 2003,  n. 151  (Modifiche  ed integrazioni al codice della
strada),  convertito,  con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003,
n. 214,  nonche'  del  successivo  articolo 207  del  medesimo d.lgs.
n. 285 del 1992;
        che  le  due disposizioni sono censurate, rispettivamente, la
prima,  nella  parte  in cui prevede «che il ricorrente, di qualunque
Stato  sia,  debba  comunque procedere al deposito del ricorso previo
versamento   nella  cancelleria  del  giudice  di  pace,  a  pena  di
inammissibilita'  del  ricorso»,  di  «una  somma pari alla meta' del
massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore»; la
seconda,   nella   parte  in  cui  stabilisce  che,  «all'atto  della
contestazione  immediata  dell'infrazione  a  cittadino  straniero su
veicolo immatricolato all'estero», questi «debba versare una cauzione
pari  al  doppio  del  minimo edittale» qualora «voglia far valere le
proprie ragioni nelle opportune sedi di legge, a pena di ritiro della
patente e sequestro del mezzo»;
        che,  in  sostanza,  il rimettente denuncia la illegittimita'
costituzionale delle predette disposizioni in quanto precluderebbero,
in   assenza  del  versamento  delle  cauzioni  suddette,  la  tutela
giurisdizionale  per  lo  straniero  che abbia contravvenuto a regole
della circolazione stradale con veicolo immatricolato all'estero;
        che,  tuttavia,  con sentenza n. 114 del 2004 questa Corte ha
dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 204-bis sopra
richiamato,   affermando   che   l'imposizione  dell'onere  economico
prevista  da  tale  articolo finisce «con il pregiudicare l'esercizio
dei  diritti  che  l'art. 24 della Costituzione proclama inviolabili,
considerato  che il mancato versamento comporta un effetto preclusivo
dello    svolgimento    del    giudizio,    incidendo    direttamente
sull'ammissibilita' dell'azione esperita»;
        che,  in tale situazione, non sussiste piu' alcun ostacolo di
ordine  processuale  che  impedisca  al  rimettente di dare ulteriore
corso  al  giudizio  a  quo,  essendo  stata eliminata la preclusione
derivante  dalla  disposizione contenuta nell'art. 204-bis del codice
della strada;
        che  l'art. 207,  comma 3,  dello  stesso  codice  non  pone,
difatti,  alcuna  (ulteriore) preclusione d'ordine processuale, ma si
limita  a  disporre  che, «in mancanza del versamento della cauzione»
(di  cui  ai  precedenti  commi 2  e 2-bis), venga disposto «il fermo
amministrativo  del  veicolo fino a quando non sia stato adempiuto il
predetto  onere  e,  comunque,  per  un  periodo  non  superiore a 60
giorni»;
        che,  dunque,  tale norma, isolatamente considerata, non pone
alcun   impedimento   all'ulteriore  corso  del  giudizio,  anche  in
considerazione  della  circostanza  che, all'atto della contestazione
dell'infrazione, l'interessato ha provveduto al versamento nelle mani
degli  agenti  della  somma  corrispondente  al minimo della sanzione
prevista per l'infrazione stessa;
        che, pertanto, gli atti devono essere restituiti al giudice a
quo  perche' valuti se, all'esito della sopravvenienza della sentenza
di  questa  Corte  n. 114  del  2004,  sussista  ancora, in relazione
all'art. 207  del  codice  della strada, la rilevanza della questione
agli effetti del giudizio innanzi a se' incardinato.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Ordina la restituzione degli atti al Giudice di pace di Cesena.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                       Il redattore: Quaranta
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria l'8 giugno 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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