N. 230 ORDINANZA 6 - 8 giugno 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo   penale   -   Custodia   cautelare  in  carcere  -  Obbligo
  dell'interrogatorio di garanzia - Esecuzione della misura cautelare
  nella fase dibattimentale - Obbligo di procedere all'interrogatorio
  di  garanzia  anche  per  il  giudice  del  dibattimento  - Mancata
  previsione  -  Denunciata  disparita'  di trattamento e lesione del
  diritto di difesa - Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. pen., artt. 294, comma 1, e 302.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.24 del 15-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici: Guido NEPPI MODONA, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 294,
comma 1, e 302 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza
del  14 maggio  2004 dal Tribunale di Torino sull'appello proposto da
R.E.,  iscritta  al  n. 903  del registro ordinanze 2004 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 46, 1ª serie speciale,
dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 maggio 2005 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che il Tribunale di Torino, sezione per le impugnazioni
dei  provvedimenti  cautelari,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 3  e  24,  secondo  comma,  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 294,  comma 1,  e  302 del
codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in  cui  non  prevedono
l'obbligo di interrogare la persona in stato di custodia cautelare in
carcere  non  oltre  cinque  giorni dall'inizio dell'esecuzione della
custodia, anche dopo l'apertura del dibattimento;
        che  a  tal  riguardo il tribunale rimettente puntualizza che
nei  confronti  di un imputato era stata emessa il 25 settembre 2002,
da  parte  del giudice per le indagini preliminari, una ordinanza con
la  quale  veniva  disposta  la  misura  della  custodia cautelare in
carcere; ma che tale misura, a causa della lunga latitanza, era stata
eseguita  soltanto  il  15 marzo  2004,  quando il processo era ormai
pervenuto   alla   fase   dibattimentale,   con  varie  udienze  gia'
celebratesi;
        che,  a  questo  punto,  la difesa dell'imputato, non essendo
stato  questi  interrogato  entro  il  termine  di  cui all'art. 294,
comma 1,  cod.  proc.  pen.,  formulava  al  giudice del dibattimento
richiesta di scarcerazione a norma dell'art. 302 dello stesso codice:
richiesta  che  peraltro  veniva respinta, sul rilievo che - a tenore
del  richiamato  art. 294,  comma 1,  del  codice  di  rito  - non e'
previsto  l'obbligo,  per  il  giudice del dibattimento, di procedere
all'interrogatorio  cosiddetto  di  garanzia  della  persona  nei cui
confronti  sia  stata eseguita in quella fase processuale l'ordinanza
applicativa della misura custodiale;
        che,  avverso  tale  ordinanza,  la difesa proponeva, dunque,
appello  davanti  all'odierno rimettente, «eccependo l'illegittimita'
costituzionale  degli artt. 294, comma 1, e 302 c.p.p., per contrasto
con  gli  artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui il primo non prevede
l'obbligo  da  parte  del  giudice del dibattimento di interrogare la
persona  nei  cui confronti e' stata eseguita l'ordinanza di custodia
cautelare  in  carcere,  ed il secondo non prevede l'estinzione della
custodia per omesso interrogatorio in tale fase»;
        che,   nel   delibare   favorevolmente   la   non   manifesta
infondatezza  della proposta eccezione - oggetto del gravame devoluto
al  giudice  a  quo  -  il  tribunale rimettente rammenta come questa
Corte,  con  sentenza  n. 77  del  1997,  avesse  gia'  avuto modo di
intervenire  sulle  medesime  norme,  dichiarando  la  illegittimita'
costituzionale  degli  artt. 294,  comma 1,  e  302, cod. proc. pen.,
nella  parte  in  cui  -  secondo  il  testo  allora  vigente  -  non
prevedevano   il   dovere   del  giudice  di  procedere  al  suddetto
interrogatorio  fino  alla  trasmissione  degli  atti  al giudice del
dibattimento;
        che,  con la successiva sentenza n. 32 del 1999, questa Corte
aveva   nuovamente   dichiarato   costituzionalmente  illegittime  le
medesime   norme,  nella  parte  in  cui  non  prevedevano  l'obbligo
dell'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare fino
alla  apertura  del  dibattimento,  avuto  riguardo alla identita' di
ratio rispetto al precedente decisum: «tanto piu' che» - puntualizzo'
la  citata  sentenza  - «l'intervallo di tempo fra trasmissione degli
atti  ed  inizio  del  dibattimento puo' essere contrassegnato da una
estensione  maggiore  rispetto  a  quello  che  va dalla richiesta di
rinvio  a  giudizio all'espletamento dell'udienza preliminare; con la
conseguenza di rendere, in via di principio, ancor piu' irragionevole
la diversita' di trattamento rispetto alla previsione gia' dichiarata
costituzionalmente illegittima»;
        che,  con il d.l. 22 febbraio 1999, n. 29 (Nuove disposizioni
in materia di competenza della corte di assise e di interrogatorio di
garanzia),  convertito,  con  modificazioni, in legge 21 aprile 1999,
n. 109,  il legislatore, adeguandosi alle pronunce dianzi richiamate,
ha  modificato  il  comma 1 dell'art. 294 cod. proc. pen., estendendo
l'obbligo  dell'interrogatorio  «fino  alla dichiarazione di apertura
del dibattimento»;
        che  peraltro  -  sottolinea  il  tribunale  rimettente  - le
esigenze di garanzia, poste a fondamento delle richiamate pronunce di
questa  Corte,  permarrebbero  anche  per la fase dibattimentale, dal
momento  che,  ove  l'esecuzione della misura cautelare avvenga in un
momento in cui il dibattimento e' sospeso, viene meno la possibilita'
per  il  giudice  di  quella  fase  di  verificare tempestivamente la
legittimita'  della  misura  ed  il permanere delle condizioni che ne
hanno  determinato  l'adozione: con la conseguenza di generare quella
stessa  ingiustificata  compromissione  del  diritto  di  difesa  che
indusse questa Corte ad adottare le citate pronunce di illegittimita'
costituzionale;   e   cio'   avuto   anche  riguardo  all'obbligo  di
conformazione  del  nostro  sistema  processuale ai principi sanciti,
rispettivamente,  dall'art. 5  della  Convenzione per la salvaguardia
dei  diritti  dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma
il  4 novembre  1950  e  resa  esecutiva  con la legge 4 agosto 1955,
n. 484  (secondo il quale «ogni persona arrestata o detenuta ... deve
essere  tradotta  al  piu'  presto  innanzi a un giudice o a un altro
magistrato   autorizzato   dalla  legge  ad  esercitare  le  funzioni
giudiziarie»),  e  dall'art. 9  del  Patto internazionale relativo ai
diritti civili e politici, adottato a New York il 19 settembre 1966 e
reso  esecutivo  in  Italia  con  la  legge  25 ottobre  1977, n. 881
(secondo  il  quale «chiunque sia arrestato o detenuto in base ad una
accusa  di  carattere  penale  deve  essere  tradotto  al piu' presto
dinanzi  ad  un  giudice o ad altra autorita' competente per legge ad
esercitare funzioni giudiziarie»);
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile o
infondata.
    Considerato  che  il Tribunale di Torino, chiamato a pronunciarsi
in tema di appello de libertate, solleva, in riferimento agli artt. 3
e  24,  secondo  comma, della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale   degli  artt. 294,  comma 1,  e  302  del  codice  di
procedura   penale,  nella  parte  in  cui  non  prevedono  l'obbligo
dell'interrogatorio  di  garanzia  della persona in stato di custodia
cautelare anche dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento;
        che,  a  tal  proposito, il giudice a quo ritiene estensibile
anche  alla  fase  dibattimentale  la  ratio posta a fondamento delle
sentenze  di  questa  Corte,  con  le  quali  l'obbligo  di procedere
all'interrogatorio  dell'imputato  in  vinculis  entro  cinque giorni
dalla  esecuzione della ordinanza applicativa della misura carceraria
-  originariamente previsto solo nel corso delle indagini preliminari
- fu dapprima esteso fino alla trasmissione degli atti al giudice del
dibattimento  (sentenza n. 77 del 1997) e, successivamente, fino alla
apertura del dibattimento (sentenza n. 32 del 1999): e cio' in quanto
le  esigenze di tempestivita', che devono caratterizzare la verifica,
da  parte  del giudice, del permanere dei presupposti della cautela -
le quali rappresenterebbero l'in se dell'interrogatorio di garanzia -
ben  potrebbero  essere frustrate dalle diluizioni temporali che puo'
subire la celebrazione del dibattimento;
        che  in tale prospettiva - sottolinea il tribunale rimettente
-  e' ben vero che questa Corte, nella piu' volte richiamata sentenza
n. 32  del  1999,  ha  espressamente  sottolineato come l'obbligo del
tempestivo  interrogatorio  dell'imputato  presupponga  che  «non sia
stata  ancora  instaurata  la  fase  del  giudizio  che,  per  i suoi
caratteri   essenziali   di   pienezza   del  contraddittorio  e  per
l'immanente   presenza  dell'imputato,  assorbe  la  stessa  funzione
dell'interrogatorio   previsto   dall'art. 294,   comma 1»;   ma   e'
altrettanto   vero  -  puntualizza  il  giudice  a  quo  -  che  tale
«immanenza»  «nella  maggioranza  dei  casi  (...)  non  si verifica,
perche' il nostro sistema processuale non sempre consente l'immediato
contatto  della  persona  sottoposta  a  misura  con  il  giudice del
dibattimento»;
        che,  alla  stregua di tali considerazioni, dunque, le stesse
problematiche di fatto, cui ha inteso far fronte la giurisprudenza di
questa  Corte,  potrebbero insorgere anche nella fase dibattimentale,
rendendo  cosi'  vulnerabili  sul  piano costituzionale le previsioni
normative oggetto di censura;
        che un simile assunto, peraltro, si rivela erroneo, in quanto
il  legislatore  -  nell'intervenire  con  il  d.l.  n. 29  del 1999,
convertito,  con  modificazioni, in legge n. 109 del 1999, in stretta
aderenza alla lettera ed allo spirito delle menzionate pronunce - non
ha  affatto  ecceduto  dai  confini  di un corretto e ragionevole uso
della   discrezionalita'  normativa,  essendo  principio  piu'  volte
affermato  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte quello secondo il
quale   il   diritto   di   difesa  ben  puo'  ammettere  modulazioni
differenziate,  tanto  in rapporto alla peculiare struttura dei riti,
che  in funzione delle differenze che possono caratterizzare le varie
fasi del processo (cfr., ad esempio, le ordinanze n. 287 e n. 257 del
2003);
        che,    in    particolare,    e    proprio    sul    versante
dell'interrogatorio «di garanzia» della persona sottoposta a custodia
cautelare,  e'  evidente  come  un  simile atto presenti connotazioni
difensive  ben diverse, non soltanto a seconda dello stadio raggiunto
dal  procedimento  -  e,  con  esso,  del  corrispondente  «tasso  di
cristallizzazione»  della  accusa e del relativo materiale di prova -
ma  anche  in  rapporto  alle  specifiche  «attribuzioni» del giudice
chiamato   ad   intervenire   in   quello  specifico  «segmento»  del
procedimento;
        che,  in  una  simile  prospettiva,  con  la dichiarazione di
apertura  del  dibattimento,  non  soltanto si introduce un sensibile
mutamento  strutturale  e  finalistico  degli  atti,  che  assumono i
connotati tipici di quelli esperibili nella istruzione probatoria; ma
anche  una  significativa  mutatio  circa la sfera delle attribuzioni
giurisdizionali,  che si realizza, appunto, attraverso la devoluzione
al   giudice   della   cognizione   piena  del  merito:  con  l'ovvia
conseguenza,   pertanto,   di  rendere  pienamente  (e  naturalmente)
compenetrata   in   essa  l'intera  gamma  delle  varie  attribuzioni
«incidentali»,  fra  le  quali  -  innanzi  tutto - proprio quelle di
natura cautelare;
        che  tutto  cio'  sta  quindi  a  significare che, proprio in
virtu'  di tale fisiologica coesistenza e assorbimento delle funzioni
cautelari  in  quelle  di  merito  -  nel  che  sta  quel  valore  di
«immanenza»  richiamato  dalla sentenza n. 32 del 1999 -, si realizza
appieno  il  costante controllo sulla indispensabilita' del permanere
della  misura,  che  l'interrogatorio (atto, per di piu', eccentrico,
rispetto  a  quelli  tipici della sede dibattimentale) dovrebbe - per
se'  solo  -  assicurare:  e'  infatti  evidente  che «il giudice del
dibattimento,   quale  giudice  che  «attualmente»  potra'  procedere
all'esame dell'imputato in vinculis su ogni elemento dell'imputazione
e  sulle  condizioni  legittimanti  lo  status  custodiae, ha in ogni
momento  della fase la possibilita' di verificare sia la legittimita'
dello  status,  sia  la permanenza delle condizioni che determinarono
l'adozione  della  misura  custodiale»  (v. sentenza n. 32 del 1999);
ferma restando, ovviamente, la possibilita' per l'imputato di rendere
dichiarazioni  in  ogni stato del dibattimento, a norma dell'art. 494
cod. proc. pen., o di attivare i rimedi impugnatori de libertate, con
il correlativo contraddittorio camerale;
        che,   pertanto,   avuto   riguardo   alle  peculiarita'  che
caratterizzano  la  fase  del  dibattimento  ed  alla adeguatezza del
livello  di  garanzie de libertate apprestato in esso dal sistema, la
questione proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 294,  comma 1,  e  302 del
codice  di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e
24,  secondo  comma,  della Costituzione, dal Tribunale di Torino con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2005.
                        Il Presidente: Contri
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria l'8 giugno 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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