N. 309 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 febbraio 2005
Ordinanza emessa il 1° febbraio 2005 dal Consiglio di Stato di Roma sul ricorso proposto da Gjok Leknikaj contro Ministero dell'interno ed altra Straniero e apolide - Straniero in posizione irregolare - Espulsione amministrativa - Possibilita' di regolarizzazione in base a circostanze obiettive attestanti l'avvenuto inserimento sociale - Mancata previsione - Ingiustificato eguale trattamento dello straniero lavoratore espulso in quanto in posizione irregolare rispetto allo straniero espulso per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato. - Legge 9 ottobre 2002, n. 222, art. 1, comma 8, lett. a) (recte: D.L. 9 settembre 2002, n. 195, art. 1, comma 8, lett. a), convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2002, n. 222). - Costituzione, art. 3.(GU n.25 del 22-6-2005 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunicato la presente ordinanza nella Camera di consiglio del 1° febbraio 2005. Visto l'art. 33, commi terzo e quarto, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dalla legge 21 luglio 2000, n. 205; Visto l'appello proposto da Gjok Leknikaj rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Dinato con domicilio eletto in Roma, Lungotevere Flaminio, 46 presso Gian Marco Grez. Contro Ministero dell'interno rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12; Prefettura di Varese non costituitasi; per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della sentenza del Tribunale amministrativo regionale Lombardia - Milano: Sezione I 7980/2003, resa tra le parti, concernente emersione da lavoro irregolare. Visti gli atti e documenti depositati con l'appello; Vista la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza appellata, presentata in via incidentale dalla parte appellante. Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno; Udito il relatore cons. Giancarlo Montedoro; Nessuno e' comparso per le parti; Ritenuto in punto di fatto che il ricorrente, in sede di appello cautelare, chiede la sospensione di un provvedimento di rigetto della dichiarazione per la «legalizzazione» del lavoro irregolare presentata a termini dalla normativa di cui al d.l. 195/2002 (conv. in legge 222/2002) dal suo datore di lavoro, presso la Prefettura di Varese; Rilevato che la ragione del diniego risiede nell'esistenza di un decreto di espulsione eseguito dalla Questura di Bari mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica in data 2 luglio 2001; Ritenuto che la soprarichiamata norma dell'art. 1, ottavo comma, lettera a) della legge 9 ottobre 2002, n. 222 («Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari») - statuente che «le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro riguardanti lavoratori extracomunitari nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale; la revoca ... non puo' essere in ogni caso disposta nell'ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo... ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo ...» della forza pubblica - suscita seri dubbi circa la sua conformita' all'art. 3, primo comma, della Carta costituziona1e sostanzialmente denunciata dalla parte appellante; Ritenuto che il Collegio intende, quindi, sollevare la questione di legittimita' costituzionale, in parte qua, dell'art. 1, ottavo comma, lettera a) della legge 9 ottobre 2002, n. 222, poiche' lo stesso sembra porsi in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione - che, notoriamente, vieta anche al legislatore di trattare in modo eguale situazioni soggettive profondamente diverse - nella misura in cui sbrigativamente equipara, ai fini dell'aprioristica esclusione dalla «regolarizzazione») (precludendo la possibilita' di attribuire rilievo all'esistenza di circostanze obiettive attestanti l'avvenuto inserimento sociale dello straniero), la ben differente posizione dell'extracomunitario che sia stato destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o perche' ritenuto socialmente pericoloso, con quella del lavoratore extracomunitario che (come di consueto avviene) si sia semplicemente trattenuto nel territorio dello Stato italiano oltre il termine di quindici giorni fissato nell'intimazione scritta di espulsione o sia entrato clandestinamente nel territorio dello Stato privo di un valido documento di identita', non commettendo reati e senza rendersi in alcun modo concretamente pericoloso per la sicurezza pubblica; Ritenuto quindi che in tal modo, la norma appare porsi anche in contrasto con il generale precetto, desumibile dallo stesso articolo 3 della Costituzione, che impone la ragionevolezza delle scelte legislative; Ritenuto infine che la sollevata questione di legittimita' costituzionale appare rilevante - gia' nella fase cautelare del presente giudizio - in quanto, da un lato, in base alla delibazione sommaria tipica della trattazione dell'incidente di sospensione, le censure prospettate nel ricorso al di la' della questione di costituzionalita', appaiono prive di pregio giuridico in quanto l'impugnato decreto costituisce - come detto mera applicazione della soprariportata disposizione normativa e, dall'altro, l'esecuzione degli atti amministrativi gravati sarebbe suscettibile di provocare l'irreversibile e gravissimo pregiudizio delle posizioni giuridiche soggettive del ricorrente; Ritenuto, in conclusione, che la presente fase cautelare della controversia, ad avviso del Collegio, non puo' essere definita indipendentemente dalla risoluzione della sollevata questione di legittimita' costituzionale (che, per le ragioni sinteticamente indicate, appare non manifestamente infondata), dal momento che l'istanza di sospensione dell'efficacia dei provvedimenti impugnati dovra' essere definitivamente accolta oppure respinta, a seconda che la disposizione normativa denunciata sara' o meno dichiarata incostituzionale (in parte qua) nella sede competente, ma che, nella pendenza del giudizio, puo' essere accolta, ad tempus, l'istanza di cautela;
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, Ritenuta la rilevanza e la non manifestata infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale; Ordina la sospensione dell'ulteriore corso del giudizio iniziato con il ricorso inidcato in epigrafe e deferisce alla Corte costituzionale la definizione della costituzionalita', in parte qua, dell'art. 1, ottavo comma, lettera a), della legge 9 ottobre 2002, n. 222, in relazione all'art. 3 della Carta costituzionale; Accoglie l'istanza cautelare e, per l'effetto, sospende l'efficacia della sentenza impugnata fino alla definizione del giudizio innanzi alla Corte costituzionale; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della segretaria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Roma, addi' 1° febbraio 2005. Il Presidente: Schinaia L'estensore: Montedoro 05C0671