N. 315 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 marzo 2005

Ordinanza  emessa il 15 marzo 2005 dal tribunale di Busto Arsizio nel
procedimento penale a carico di Airoldi Giancarlo ed altri.

Processo penale - Udienza preliminare - Atti introduttivi - Avviso di
  fissazione   dell'udienza   contenente,   a   pena   di   nullita',
  l'indicazione  all'imputato  della  possibilita'  di  richiedere il
  giudizio  abbreviato  o  l'applicazione  della  pena su richiesta -
  Mancata   previsione   -   Disparita'   di   trattamento   rispetto
  all'imputato tratto in giudizio con citazione diretta - Lesione del
  diritto  di  difesa - Violazione del principio secondo cui la legge
  assicura  che  l'imputato  disponga  del  tempo  e delle condizioni
  necessarie per preparare la sua difesa.
- Cod. proc. pen., art. 419, comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111, comma terzo.
(GU n.25 del 22-6-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Sciogliendo  la riserva assunta all'udienza del 3 marzo 2005, nel
procedimento   penale  n. 58/05  r.g.  Trib.,  a  carico  di  Airoldi
Giancarlo piu' altri, ha pronunciato la seguente ordinanza.
    All'udienza  del  3 marzo  2005  il  difensore  di  fiducia degli
imputati,  in  via  preliminare,  eccepiva la nullita' dell'avviso di
fissazione  dell'udienza  preliminare  ex art. 178, comma 1, lett. c)
c.p.p.  ovvero  in  alternativa  richiedeva al tribunale di sollevare
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 419,  comma 1,
c.p.p., in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui
non  prevede  l'avviso all'imputato della facolta' di richiedere riti
alternativi  e la conciata sanzione di nullita' in caso di mancato od
inesatto avviso.
    Osservava il difensore che alla luce degli interventi legislativi
(legge  n. 51/1998,  479/1999, 144/2000 e 248/2002) la struttura e la
funzione dell'udienza preliminare risultano profondamente modificate,
nel  senso  che  la stessa ha affiancato ai tradizionali caratteri di
«filtro»   per  il  successivo  dibattimento,  quelli  di  potenziale
giudizio sul merito della contestazione mossa all'imputato.
    Conferma  di  cio', si ricava, secondo l'esponente, dalla recente
sentenza delle s.u. della Corte di cassazione 9 luglio 2003 n. 35358,
Ferrara,  la  quale  ha affermato il carattere di vocatio in iudicium
dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare.
    Cio' premesso veniva evidenziata la disparita' di trattamento tra
la  previsione dell'art. 552, comma 1, lett. f) c.p.p., che prevede a
pena  di  nullita' l'avviso all'imputato della facolta' di richiedere
riti  alternativi  al  dibattimento  e  quella dell'art. 419, comma 1
c.p.p.,  che  non prevede la necessita' di tale avvertimento, nonche'
la  lesione derivante dalla mancata previsione di tale adempimento al
diritto  di  difesa,  rimarcando come secondo la giurisprudenza della
Corte  costituzionale  (sent.  n. 497/1995)  l'avviso  de  quo  debba
ritenersi  «funzionale  al tempestivo esercizio del diritto di difesa
rispetto  al  quale  non puo' ritenersi sufficiente la garanzia della
difesa tecnica sancita dalla lettera f) della disposizione censurata»
(disposizione  che nella fattispecie era l'abrogato art. 555 relativo
al rito pretorile).
    Rileva  il  difensore  come  anche  recentemente (con la sentenza
interpretativa  di rigetto (n. 148/2004), la Corte ha evidenziato che
«l'effettivo  esercizio della facolta' di chiedere i riti alternativi
costituisce  infatti  una  delle  piu' incisive forme di "intervento"
dell'imputato,   cioe'   di   partecipazione  "attiva"  alle  vicende
processuali,  con  la conseguenza che ogni illegittima menomazione di
tale  facolta',  risolvendosi  nella  violazione  del diritto sancito
dall'art. 24  comma  2  Cost.  integra la nullita' di ordine generale
sanzionata dall'art. 178, comma 1, lettera c), c.p.p.».
       La   denunciata   ingiustificata   disparita'  di  trattamento
apparirebbe  ancor  piu' evidente in considerazione del fatto che sia
nell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare che nel decreto di
citazione diretta avanti al giudice monocratico deve essere contenuto
l'avvertimento  all'imputato che non comparendo, egli sara' giudicato
in  contumacia,  ma  soltanto  nel  secondo caso egli riceve adeguata
informazione   delle  conseguenze  processuali  (la  decadenza  dalla
facolta'  di  optare  per  un  rito  alternativo) della scelta di non
comparire.
    Cio'   premesso   a  parere  del  difensore  deve  ritenersi  che
l'omissione   nell'avviso   di  fissazione  dell'udienza  preliminare
dell'avvertimento  della  facolta'  di richiesta di riti alternativi,
dia  luogo, quanto meno, ad una nullita' di ordine generale ovvero in
alternativa alla illegittimita' costituzionale dell'art. 419, comma 1
c.p.p.  nella  parte  in  cui  tale avvertimento non e' previsto, per
violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost.
    La   questione   appare  in  primo  luogo  rilevante,  in  quanto
l'eccezione   di  nullita'  dell'avviso  di  fissazione  dell'udienza
preliminare  (sollevata  in  giudizio  dal  difensore, in alternativa
all'eccezione  di illegittimita' costituzionale dell'art. 419 c.p.p.)
deve  rigettarsi proprio in considerazione del fatto che quest'ultima
disposizione  non  prevede la necessita' che l'avviso stesso contenga
il   descritto  avvertimento  e  che  pertanto  non  sussiste  alcuna
violazione cui ricollegare la pretesa nullita'.
    Il   rigetto   dell'eccezione   di   nullita',  conseguentemente,
presuppone   l'applicazione   della   norma   di   cui   si  denuncia
l'incostituzionalita'.
    Quanto  al  profilo  della  non manifesta infondatezza si osserva
quanto segue.
    Ai  fini  di  valutare  l'eventuale  violazione dell'art. 3 della
Costituzione,  occorre  richiamare  brevemente la disposizione di cui
all'art. 552  c.p.p. indicata come parametro di comparazione rispetto
a   quella   di   cui,   con   l'eccezione   difensiva,  si  denuncia
l'illegittimita' costituzionale.
    Nel   procedimento   a   citazione   diretta  avanti  al  giudice
monocratico  la  facolta'  di scelta dei riti alternativi puo' essere
utilmente   esercitata   sino  alla  dichiarazione  di  apertura  del
dibattimento.
    E'  quindi  evidente  che in tal caso il margine per la scelta di
cui si tratta risulta piu' ristretto rispetto a quello previsto per i
procedimenti con udienza preliminare, laddove la stessa facolta' puo'
esercitarsi  fino  alla  presentazione  delle conclusioni di cui agli
artt. 421  e 422 c.p.p. (v. artt. 438, comma 2 c.p.p. e 446, comma 1,
c.p.p.,  per  il  giudizio abbreviato e per l'istanza di applicazione
della pena).
    E'  vero d'altro lato che il tennine minimo che deve intercorrere
tra  la notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare e
l'udienza   stessa  e'  sensibilmente  inferiore  rispetto  a  quello
stabilito  tra  la  notifica  del  decreto  di  citazione e l'udienza
dibattimentale  avanti al giudice monocratico (dieci giorni nel primo
caso  art.  419,  comma  4  c.p.p.,  contro  i  sessanta  del secondo
art. 552, comma 3, c.p.p.).
    L'esigenza  di un termine piu' lungo si giustifica certo anche in
considerazione  del fatto che le conseguenze di un giudizio di merito
possono rivelarsi notevolmente piu' gravi, per l'imputato, rispetto a
quelle  suscettibili di scaturire da un'udienza preliminare (la quale
per definizione non puo' concludersi con la condanna del prevenuto, a
meno  che  sia  proprio  questi  a  scegliere  un rito alternativo di
definizione del giudizio).
    Tuttavia  il termine in parola, attesa la necessaria presenza nel
decreto  di  citazione  dell'avvertimento  riguardante la facolta' di
scelta   dei   riti  speciali,  adempie  altresi'  alla  funzione  di
assicurare  all'imputato  un  periodo minimo di riflessione anche con
riguardo a questo profilo delle proprie scelte difensive.
    Il  legislatore  ha evidentemente ritenuto che la possibilita' di
contattare  il  proprio  difensore  e  di ricevere da questi adeguate
informazioni  circa  la  facolta'  di  scelta  di  riti alternativi -
possibilita'  garantita  dal non breve periodo di tempo intercorrente
tra  la  notifica  del  decreto  di  citazione  e  la  prima  udienza
dibattimentale  -  non  fosse  sufficiente  a  garantire  un  pieno e
consapevole  esercizio  del  diritto di difesa ed ha conseguentemente
optato   per   il   necessario   inserimento,  a  pena  di  nullita',
dell'avvertimento in parola nel decreto di citazione a giudizio.
    Tale   diversa   disciplina   potrebbe   concretizzarsi   in  una
ingiustificata  disparita' di trattamento anche in considerazione del
fatto  che sia nell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare che
nel  decreto  di citazione diretta avanti al giudice monocratico deve
essere contenuto l'avvertimento all'imputato che non comparendo, egli
sara'  giudicato  in  contumacia,  ma  soltanto nel secondo caso egli
riceve   adeguata  informazione  delle  conseguenze  processuali  (la
decadenza  dalla  facolta'  di  optare per un rito alternativo) della
scelta di non comparire.
    Quanto  alla  potenziale  lesione  del diritto di difesa (art. 24
Cost.) e, in particolare, alla necessita' che l'imputato disponga del
tempo  e  delle  condizioni  necessari  per  preparare  la sua difesa
(art. 111,   comma   3,   Cost.),  si  rileva  che  la  stessa  Corte
costituzionale,  nella  recente  pronuncia  interpretativa di rigetto
gia'  citata  (n. 148/2004),  nello statuire che la sanzione connessa
alla  violazione  di  detto avviso nel decreto di giudizio immediato,
ancorche'  non  prevista testualmente nello stesso art. 456 c.p.p. e'
da  ritenersi quella della nullita' ex artt. 178 e 180 c.p.p. (omesso
intervento   dell'imputato),   ha   osservato   che  «la  mancanza  o
l'insufficienza del relativo avvertimento puo' determinare la perdita
irrimediabile   della   facolta'  di  accedere  a  tali  procedimenti
speciali.  La  violazione della regola processuale che impone di dare
all'imputato  (esatto)  avviso  della  sua  facolta' comporta percio'
anche in questo caso la violazione del diritto di difesa».
    Piu'  in  generale,  la  Corte  ricorda che «la richiesta di riti
alternativi  costituisce  una  modalita'  di esercizio del diritto di
difesa  (cfr.,  tra  molte,  oltre  alla sentenza n. 497 del 1995, le
sentenze  n. 76, n. 101 e n. 214 del 1993, n. 265 del 1994, n. 70 del
1996,  tutte  nel  senso  che  sarebbe  lesivo  del diritto di difesa
precludere  all'imputato  l'accesso  ai riti speciali per un errore a
lui  non  imputabile)»  e che l'effettivo esercizio di detta facolta'
costituisce   «una   delle   piu'   incisive  forme  di  "intervento"
dell'imputato,   cioe'   di   partecipazione  "attiva"  alle  vicende
processuali,  con  la conseguenza che ogni illegittima menomazione di
tale  facolta',  risolvendosi  nella  violazione  del diritto sancito
dall'art.  24,  comma 2, Cost. integra la nullita' di ordine generale
sanzionata dall'art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p.».
    Cio'  posto, l'argomento principale che puo' opporsi al dubbio di
costituzionalita'  (con riferimento sia all'art. 3, che agli artt. 24
e  111  Cost.),  e'  quello  in  base al quale il margine temporale e
processuale  accordato  secondo  il  codice  all'imputato  in sede di
udienza preliminare per effettuare la scelta di un rito altemativo e'
idoneo  a garantirgli un consapevole esercizio del proprio diritto di
difesa  e,  conseguentemente, anche della facolta' in parola, in modo
tale  da  «compensare»  il  mancato avvertimento riguardo alla stessa
all'atto del ricevimento dell'avviso di fissazione dell'udienza.
    Effettivamente, soprattutto nei casi in cui l'udienza preliminare
si  riveli  di  particolare  complessita'  o  durata,  anche  per  la
necessita'  di  procedere  nel suo ambito ad attivita' delle indagini
(art. 421-bis  c.p.p.) o probatoria (art. 422 c.p.p.), la discussione
puo'  svolgersi  anche  in  tempi considerevolmente distanti rispetto
all'inizio  dell'udienza  stessa;  inoltre  proprio in conseguenza di
nuovi  elementi  scaturiti  da  un  eventuale supplemento istruttorio
ovvero  delle  richieste finali della pubblica accusa all'esito della
discussione   l'imputato,   assistito  dal  proprio  difensore,  puo'
determinarsi ad una scelta processuale che in precedenza poteva avere
escluso.
    Tali   argomenti   appaiono   in  linea  di  principio  logici  e
sostenibili.
    Militano  tuttavia  in  senso  contrario,  oltre  a  quelle  gia'
richiamate, le seguenti considerazioni.
    Chiamate  a  comporre  un  dissidio interpretativo riguardante il
tipo   di   nullita'   derivante  dall'omessa  notifica  all'imputato
dell'avviso  di fissazione dell'udienza preliminare, le sezioni unite
della  Corte  di cassazione, in una recente decisione, hanno ritenuto
di  ravvisare  in detta violazione un'ipotesi di nullita' assoluta ed
insanabile   ex   art. 179,   comma   1   c.p.p.   (omessa  citazione
dell'imputato),   sul   presupposto   che   l'avviso  in  parola  sia
assimilabile  appunto  ad  una  citazione (Cass. pen., s.u., 9 luglio
2003, n. 35358).
    L'avviso  di  fissazione  dell'udienza  preliminare,  infatti  da
notificarsi  all'imputato  unitamente  alla  richiesta  di  rinvio  a
giudizio del p.m. - la quale racchiude l'imputazione (art. 417 c.p.p)
ed  indica  i  mezzi  di  prova - risulta finalizzato a consentire la
partecipazione   della   parte   personalmente   all'udienza  con  la
possibilita'  di  esplicare  la  propria  difesa,  anche  nella forma
diretta,  in  ordine  agli addebiti a suo carico formulati e presenta
pertanto i caratteri sostanziali e contenutistici di una citazione.
    Il  giudice di legittimita' non manca di richiamare, nella citata
decisione,   le   intervenute   modifiche   legislative   che   hanno
«determinato   sotto   il  profilo  delle  garanzie  processuali  una
progressiva   equiparazione   dell'udienza   preliminare   a   quella
dibattimentale  ed hanno reso piu' pregnante il controllo del giudice
sulla  consistenza  dell'accusa»,  rilievo  questo  che  contribuisce
ulteriormente   a   riconoscere   funzione  di  vocatio  in  iudicium
all'avviso di fissazione dell'udienza medesima.
    Orbene  la  considerazione dell'avviso di fissazione dell'udienza
preliminare   come   atto   di  citazione,  potrebbe  legittimare  il
convincimento che attraverso il medesimo il destinatario debba essere
informato  di  tutte le facolta' esercitabili personalmente a pena di
decadenza davanti al g.u.p.
    Si  sottolinea  a  tal riguardo che la facolta' di scelta di riti
alternativi non rientra nel concetto di difesa tecnica, ma presuppone
una determinazione personale dell' imputato.
    In mancanza di tale avvertimento, l'avviso di fissazione (che nel
testo  modificato  a  seguito  del  d.l.  n. 82/2000  deve  contenere
l'avvertimento  all'imputato  che  non  comparendo sara' giudicato in
contumacia)   potrebbe   indurre   quest'ultimo   a  non  presenziare
all'udienza preliminare anche in base dell'erroneo presupposto di non
avere alternative allo svolgimento ordinario dell'udienza stessa.
    D'altro  canto,  lo  svolgimento  dell'udienza preliminare, cosi'
come  puo' nei casi sopra ricordati rivelarsi particolarmente lungo e
complesso,  in  altri potrebbe invece risultare piu' breve; la stessa
discussione  infine  (che  il  giudice  dichiara  aperta conclusi gli
accertamenti  relativi  alla costituzione delle parti: art. 421 comma
1, c.p.p.) puo' risolversi in una assai sintetica illustrazione delle
rispettive richieste.
    In  conclusione,  le  addotte ragioni di conflitto dell'art. 419,
comma  1 c.p.p. nella vigente formulazione con gli artt. 3, 24 e 111,
comma  3 Cost., pur suscettibili di essere contrastate in forza degli
elementi fondanti l'opposta convinzione, sono tali da far ritenere la
questione   di   legittimita'   costituzionale   non   manifestamente
infondata.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134  Cost. e 23, legge n. 87/1953, dichiara non
manifestamente  infondata  e rilevante ai fini del decidere questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 419,  comma  1 c.p.p. per
contrasto  con  gli  artt. 3,  24  e 111, comma 3 della Costituzione,
nella   parte   in   cui  non  prevede  che  l'avviso  di  fissazione
dell'udienza   preliminare   debba   contenere  a  pena  di  nullita'
l'avvertimento  che,  qualora  ne ricorrano i presupposti l'imputato,
nei  termini previsti dagli artt. 438, comma 2 c.p.p. e 446, comma 1.
c.p.p.,  possa  presentare  le  richieste di giudizio abbreviato e di
applicazione della pena.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale.
    Sospende il giudizio in corso.
    Dispone  che  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  e al Presidente del Consiglio dei ministri e
sia  comunicata  ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica.
        Busto Arsizio, addi' 15 marzo 2005.
                       Il Presidente: Chionna
05C0677