N. 231 SENTENZA 8 - 16 giugno 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Pluralita'  di questioni - Trattazione e decisione separata in ordine
  ad  alcune  delle  questioni  proposte - Riserva di decisione sulle
  restanti questioni.
Istruzione   pubblica   -   Istituzione  del  Servizio  nazionale  di
  valutazione  del  sistema  di  istruzione - Previsione del relativo
  finanziamento  nell'ambito  di un piano programmatico di interventi
  ministeriali  adottati  previa intesa con la Conferenza unificata -
  Mancata   predisposizione   del   piano  -  Ricorso  della  Regione
  Emilia-Romagna   -   Asserita   illegittimita'   del  finanziamento
  settoriale  unilateralmente  disposto  dallo  Stato  in  materia di
  competenza  concorrente  - Finanziamento avente una fonte normativa
  autonoma  rispetto  alla  disposizione  impugnata  - Non fondatezza
  della questione.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 92, lettera d).
- Costituzione, artt. 119 e (117).
Istruzione  pubblica  - Previsione di finanziamenti nell'ambito di un
  piano  programmatico  di  interventi  ministeriali  adottati previa
  intesa  con  la  Conferenza unificata - Mancata predisposizione del
  piano  -  Autorizzazione  di spesa per lo sviluppo delle tecnologie
  multimediali, per l'orientamento contro la dispersione scolastica e
  per  lo  sviluppo  dell'istruzione e formazione tecnica superiore e
  dell'educazione degli adulti - Ricorso della Regione Emilia-Romagna
  -    Asserita    illegittimita'    dei   finanziamenti   settoriali
  unilateralmente  disposti  dallo  Stato  in  materia  di competenza
  concorrente  -  Interpretazione  della  disposizione  impugnata  in
  armonia  con  i  principi  costituzionali - Autorizzazione di spesa
  subordinata  all'approvazione  del piano programmatico, a sua volta
  condizionata   all'intesa   con   la  Conferenza  unificata  -  Non
  fondatezza della questione.
- Legge  24 dicembre  2003, n. 350, art. 3, comma 92, lettere a), b),
  c).
- Costituzione, artt. 119 e (117).
Lavoro  -  Partecipazione  dei lavoratori nelle imprese - Istituzione
  presso  il  Ministero  del  lavoro  e delle politiche sociali di un
  fondo   speciale   per  il  sostegno  di  programmi  finalizzati  a
  valorizzare  tale  partecipazione - Monitoraggio della gestione del
  fondo da parte di un Comitato di esperti che redige annualmente una
  relazione  da  inviare  al  Ministro  del  lavoro e delle politiche
  sociali,  alle  competenti Commissioni parlamentari ed al Consiglio
  nazionale  dell'economia  e  del  lavoro  -  Ricorso  della Regione
  Emilia-Romagna  -  Asserita illegittimita' della costituzione di un
  fondo  per  finanziare  interventi  diretti da parte dello Stato in
  materia  di competenza concorrente - Normativa incidente su materie
  in parte di competenza esclusiva dello Stato («ordinamento civile»)
  e  in  parte  di  competenza  concorrente  («tutela  del lavoro») -
  Legittimazione  dello Stato a dettare norme primarie istitutive del
  fondo  -  Sostanziale coerenza dello strumento del monitoraggio con
  l'istituzione del fondo - Non fondatezza della questione.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, commi 112 e 115.
- Costituzione, artt. 117, 118 e 119.
Lavoro  -  Partecipazione  dei lavoratori nelle imprese - Istituzione
  presso  il  Ministero  del  lavoro  e delle politiche sociali di un
  fondo   speciale   per  il  sostegno  di  programmi  finalizzati  a
  valorizzare  tale partecipazione - Previsione della costituzione di
  un  Comitato  di  esperti  in  rappresentanza del Ministero e delle
  associazioni sindacali - Previsione di decreti ministeriali recanti
  i  criteri fondamentali di gestione del fondo - Modificabilita' dei
  criteri   con   successivi   decreti   -   Ricorso   della  Regione
  Emilia-Romagna   -  Assenza  del  necessario  coinvolgimento  delle
  Regioni  nella  gestione  di un fondo incidente anche su materia di
  competenza   concorrente   -  Violazione  del  principio  di  leale
  collaborazione    -    Discrezionalita'   del   legislatore   nella
  predisposizione   delle   concrete   modalita'  del  coinvolgimento
  regionale - Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, commi 113 e 114.
- Costituzione, artt. 117, 118 e 119.
(GU n.25 del 22-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA,
Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 92,
e  4,  commi 112, 113, 114 e 115 della legge 24 dicembre 2003, n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria  2004),  promosso  dalla  Regione
Emilia-Romagna   con   ricorso   notificato  il  24 febbraio  2004  e
depositato  in  cancelleria  il 4 marzo 2004 ed iscritto al n. 33 del
registro ricorsi 2004.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 5 aprile 2005 il giudice relatore
Francesco Amirante;
    Uditi    l'avvocato    Giandomenico   Falcon   per   la   Regione
Emilia-Romagna   e  l'Avvocato  dello  Stato  Franco  Favara  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso notificato il 24 febbraio 2004 e depositato il
4 marzo  2004,  la  Regione  Emilia-Romagna  ha  sollevato molteplici
questioni  di  legittimita'  costituzionale  della  legge 24 dicembre
2003,  n. 350  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato - legge finanziaria 2004), tra le quali, in
particolare,  quelle relative agli artt. 3, comma 92, e 4, commi 112,
113, 114 e 115.
    1.1.  -  L'art.  3,  comma 92,  dispone che «per l'attuazione del
piano  programmatico di cui all'art. 1, comma 3, della legge 28 marzo
2003,  n. 53,  e'  autorizzata,  a decorrere dall'anno 2004, la spesa
complessiva di 90 milioni di euro per i seguenti interventi:
        a) sviluppo delle tecnologie multimediali;
        b) interventi   di   orientamento   contro   la   dispersione
scolastica  e  per  assicurare  il  diritto-dovere  di  istruzione  e
formazione;
        c) interventi  per  lo  sviluppo dell'istruzione e formazione
tecnica superiore e per l'educazione degli adulti;
        d) istituzione  del  Servizio  nazionale  di  valutazione del
sistema di istruzione».
    La  disposizione  impugnata  -  osserva la ricorrente - integra e
parzialmente  modifica  l'art. 1, comma 3, della legge 28 marzo 2003,
n. 53,  con cui il Governo veniva delegato ad emanare «norme generali
sull'istruzione e sui livelli essenziali delle prestazioni in materia
di  istruzione  e  formazione professionale», nell'ambito delle quali
veniva   altresi'   previsto   che   il   Ministro   dell'istruzione,
dell'universita'  e della ricerca predisponesse, entro novanta giorni
dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge medesima, un piano
programmatico   di   interventi   finanziari,  articolato  in  undici
obiettivi  da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei ministri,
previa   intesa  con  la  Conferenza  unificata  di  cui  al  decreto
legislativo 28 agosto 1997 n. 281 la cui provvista finanziaria veniva
rinviata alle leggi finanziarie degli anni successivi.
    Rileva la Regione che la censurata previsione finanzia un piano -
non  ancora  approvato - di specifici interventi che selezionano solo
alcuni  degli  obiettivi  fissati  dalla legge di delega e toccano le
attribuzioni  regionali,  nelle  quali  ricadono,  «per esempio», gli
interventi  di  orientamento  contro  la dispersione scolastica e per
assicurare  la  realizzazione  del  diritto-dovere  di  istruzione  e
formazione   (lettera b)   e   gli   interventi   per   lo   sviluppo
dell'istruzione  e  formazione  tecnica  superiore e per l'educazione
degli  adulti  (lettera c).  Di qui l'illegittimita' della norma che,
invece  di  assegnare  i relativi fondi alle Regioni nel quadro delle
regole  di  cui all'art. 119 Cost., finisce per finanziare interventi
settoriali diretti ed unilateralmente decisi in materia di competenza
concorrente,  in  contrasto  con  il  Titolo  V  della Parte II della
Costituzione.
    1.2. - L'art. 4, commi 112, 113, 114 e 115 della legge n. 350 del
2003   istituisce   un  fondo  speciale  per  l'incentivazione  della
partecipazione  dei lavoratori nelle imprese, per sostenere programmi
finalizzati  alla  partecipazione  dei lavoratori ai risultati o alle
scelte  gestionali  delle  imprese medesime. La gestione del fondo e'
affidata  ad  un  Comitato  composto da esperti nominati in parte dal
Ministero e in parte dalle associazioni sindacali.
    Secondo  la  ricorrente  la  materia  nel  cui ambito, usando «un
criterio   di   prevalenza»,  sembrano  ricadere  gli  interventi  in
questione  e'  la  «tutela  e  sicurezza del lavoro», che l'art. 117,
terzo comma, Cost. assegna alla potesta' concorrente.
    Osserva  la  Regione  che  in  materie non esclusive dello Stato,
anche   qualora   possano   configurarsi  esigenze  unitarie  che  ne
giustifichino  l'intervento  legislativo, il nuovo Titolo V vieta che
lo  Stato  istituisca  fondi  speciali, anziche' destinare le risorse
alla  finanza  regionale secondo i principi dell'art. 119 Cost. Ancor
piu'  illegittimo  sarebbe  il  fatto  che il fondo sia affidato alla
gestione  statale, in tal modo violandosi sia la potesta' legislativa
regionale  -  che  non avrebbe ovviamente modo alcuno di esplicarsi -
sia  la  potenziale  titolarita'  delle  funzioni  amministrative  in
capo alla Regione stessa.
    Se  pure  un'eccezionale  gestione unitaria fosse giustificata da
interessi  indivisibili (che peraltro non sono neppure affermati), la
normativa   risulterebbe   comunque   illegittima   per   il  mancato
coinvolgimento  delle  Regioni,  secondo  le  modalita' richieste dal
principio  di leale collaborazione, con la conseguente violazione del
principio stesso.
    1.3.  -  Tali  prospettazioni  sono state ribadite in una memoria
depositata   nell'imminenza   dell'udienza,   in   cui  si  qualifica
l'impugnato  art. 3, comma 92, come «lo strumento attraverso il quale
viene  sconvolto  il  meccanismo  programmatorio previsto dalla legge
n. 53  del  2003».  Cio'  sarebbe  dimostrato  dal fatto che il Piano
programmatico  e' ritenuto dal Governo un elemento che non condiziona
gli  interventi  finanziari,  disposti  attraverso  norme  che - come
quella   impugnata   -   non   seguono   l'itinerario   della   leale
collaborazione,  ma  vengono  assunte  unilateralmente, quali opzioni
relative  alle priorita' da perseguire e quali linee di finanziamento
tra   il   Ministero  e  le  sue  articolazioni  periferiche  (uffici
scolastici regionali).
    Quanto  all'impugnativa  dei  commi  da 112 a 115 dell'art. 4, la
Regione  osserva  che  si  tratta  di  un  fondo settoriale, affidato
esclusivamente   alla   gestione   statale,  pur  essendone  evidente
l'appartenenza  alla  «tutela e sicurezza del lavoro» (restando «alla
periferia»  eventuali  riflessi civilistici della disciplina e quindi
la  materia  dell'ordinamento  civile),  non  essendovi dubbio che il
sostegno  di programmi finalizzati alla partecipazione dei lavoratori
nell'impresa  non  serva  tanto  ad  incrementare  il  patrimonio  di
quest'ultima,   quanto   piuttosto  a  migliorare  le  condizioni  di
espletamento  del  lavoro,  consentendo  ai dipendenti di svolgere un
ruolo   piu'   adeguato   all'interno   dell'impresa.  In  ogni  caso
risulterebbe anche qui violato il principio di leale collaborazione.
    2.  -  E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo  la  declaratoria d'inammissibilita', ovvero d'infondatezza
del ricorso.
    In   particolare,   quanto   alla  questione  relativa  al  piano
programmatico,  si osserva come la norma censurata rechi soltanto una
autorizzazione  di  spesa,  in  riferimento ad alcuni degli obiettivi
sanciti   dall'art. 1,   comma 3,   della   legge   n. 53  del  2003,
disposizione  non impugnata ma nei confronti della quale la doglianza
sarebbe sostanzialmente diretta.
    L'Avvocatura  intervenuta conferma poi la circostanza del mancato
raggiungimento  dell'intesa  relativamente  al piano programmatico in
sede  di  Conferenza unificata, aggiungendo che, in conseguenza della
mancata  intesa,  una  parte  cospicua  dei  90  milioni  di  euro in
discussione  non e' stata spesa. In particolare, 21.270.000 euro sono
stati  destinati  a  «compensare  la funzione tutoriale dei docenti»,
comportando  quindi  un aumento delle spese correnti per il personale
docente della scuola, mentre 7.306.000 euro sono stati utilizzati per
finanziare  l'Istituto  nazionale  per  la  valutazione  del  sistema
educativo  di  istruzione e di formazione (INVALSI), «ente statale di
ricerca»  che,  oltre  ad  avere fondamento in una autonoma e diversa
disposizione,  non  sarebbe  inseribile  nella  materia  controversa;
l'importo per l'istruzione post-secondaria e degli adulti, ipotizzato
in  euro 42.628.000, e' rimasto non utilizzato. Secondo l'Avvocatura,
la  materia del contendere dovrebbe residuare soltanto in riferimento
a  quest'ultimo aspetto, attesa la diversa destinazione impressa agli
altri stanziamenti.
    Nel  merito  la non fondatezza conseguirebbe alla mancanza di una
invasione  della  sfera  di competenza delle Regioni. Per di piu', la
competenza  esclusiva  dello  Stato  in  tema  di «determinazione dei
livelli  essenziali  delle  prestazioni» dovrebbe comportare anche le
correlate possibilita' di intervento finanziario.
    Quanto poi alla questione relativa al Fondo per la partecipazione
dei  lavoratori  nelle  imprese,  l'Avvocatura  intervenuta  richiama
anzitutto  la  normativa  comunitaria  citata  nel preambolo del d.m.
4 novembre  2004,  costitutivo  del  Comitato paritetico (di cui alla
norma  impugnata),  osservando  come il legislatore abbia chiamato le
parti  sociali  a  cogestire  attivamente  le incentivazioni e quindi
l'avvio di ogni programma di partecipazione dei lavoratori, visto che
il  comma 113  coinvolge  le  associazioni  sindacali confederali dei
lavoratori  nella  «gestione»  delle incentivazioni e il comma 112 le
ancora a «programmi predisposti per l'attuazione di accordi sindacali
o  (di)  statuti  societari».  Secondo  l'Avvocatura  l'intervento in
questione rientrerebbe nella materia «ordinamento civile», alla quale
sarebbe  riconducibile  tutto  cio'  che  attiene alla disciplina dei
rapporti  tra  datori  di  lavoro  e  lavoratori,  compreso quanto e'
prodotto  da  contratti collettivi o comunque da accordi tra le parti
sociali. Inoltre la partecipazione dei lavoratori ai risultati o alle
scelte  gestionali  delle  imprese  incide  in  misura  piu'  o  meno
consistente  sui  rapporti  societari,  cosi'  ricadendo nel predetto
ambito materiale ed esulando da quello lavoristico.

                       Considerato in diritto

    1. - La Regione Emilia-Romagna ha impugnato numerose disposizioni
della  legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2004),  e,  tra  queste, in riferimento all'art. 119 Cost., l'art. 3,
comma 92  e, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, 118 e 119
Cost., l'art. 4, commi 112, 113, 114, 115.
    La  prima delle suindicate disposizioni e' formulata nel modo che
segue:
    «Per  l'attuazione  del  piano  programmatico  di cui all'art. 1,
comma 3,   della  legge  28 marzo  2003,  n. 53,  e'  autorizzata,  a
decorrere  dall'anno 2004, la spesa complessiva di 90 milioni di euro
per i seguenti interventi:
        a) sviluppo delle tecnologie multimediali;
        b) interventi   di   orientamento   contro   la   dispersione
scolastica  e  per  assicurare  il  diritto-dovere  di  istruzione  e
formazione;
        c) interventi  per  lo  sviluppo dell'istruzione e formazione
tecnica superiore e per l'educazione degli adulti;
        d) istituzione  del  Servizio  nazionale  di  valutazione del
sistema di istruzione».
    La  ricorrente  premette che l'art. 1, comma 3, della legge n. 53
del  2003  prevedeva,  tra  l'altro,  la  predisposizione di un piano
programmatico   di   interventi  finanziari  da  parte  del  Ministro
dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca,  da sottoporre
all'approvazione  del  Consiglio  dei  ministri, previa intesa con la
Conferenza  unificata  di  cui al decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, per il sostegno di undici interventi, indicati come obiettivi
del  piano.  La  ricorrente  espone che il piano programmatico non e'
stato  predisposto,  sicche' la disposizione censurata autorizza: «il
finanziamento  di  specifici  interventi, che selezionano solo alcuni
degli  obiettivi fissati dalla legge di delega, e sicuramente toccano
le  attribuzioni  regionali  (nelle  quali ricadono, per esempio, gli
interventi  di  orientamento  contro  la dispersione scolastica e per
assicurare  il diritto-dovere di istruzione e formazione, lett. b), e
gli  interventi  per lo sviluppo dell'istruzione e formazione tecnica
superiore  e per l'educazione degli adulti, lett. c)». Ne consegue, a
dire  della  ricorrente,  la  illegittimita'  della  disposizione «in
quanto,  anziche'  assegnare i relativi fondi alle Regioni nel quadro
delle   regole   di   cui  all'art. 119  Cost.,  finanzia  interventi
settoriali  diretti  -  ed  oltretutto  unilateralmente  decisi  - in
materia di competenza «concorrente», vietati dal nuovo Titolo V» come
questa Corte ha ripetutamente affermato.
    I suindicati commi dell'art. 4 prevedono l'istituzione, presso il
Ministero  del lavoro e delle politiche sociali, di un fondo speciale
per   l'incentivazione  della  partecipazione  dei  lavoratori  nelle
imprese  che  intervenga  in  sostegno  di programmi, predisposti per
l'attuazione  di accordi sindacali o statuti societari, finalizzati a
valorizzare  la  partecipazione  dei  lavoratori  ai risultati o alle
scelte  gestionali delle imprese medesime (comma 112). E' prevista la
costituzione,  con decreto ministeriale, di un Comitato - composto di
esperti  in rappresentanza in parte del Ministero, in parte e in modo
paritario  delle  associazioni sindacali di datori e di prestatori di
lavoro  -  il  quale  tra  l'altro  ha  il  compito  di  redigere  il
regolamento  per  il  proprio  funzionamento,  mentre  con  lo stesso
decreto   ministeriale  sono  stabiliti  i  criteri  fondamentali  di
gestione del fondo (comma 113).
    Con  successivi  decreti  possono  essere modificati i criteri di
gestione   sulla   base   del   recepimento   di   eventuali  accordi
interconfederali  o  di  avvisi  comuni delle parti sociali, anche in
attuazione degli indirizzi dell'Unione europea (comma 114).
    Infine,  il Comitato annualmente redige una relazione, da inviare
al  Ministro  del  lavoro  e delle politiche sociali, alle competenti
Commissioni  parlamentari  ed  al Consiglio nazionale dell'economia e
del lavoro (comma 115).
    La  Regione sostiene che le norme prevedono la costituzione di un
fondo per finanziare interventi diretti da parte dello Stato i quali,
in  quanto concernono la materia della tutela e sicurezza del lavoro,
di competenza legislativa concorrente, sono illegittimi.
    L'Avvocatura  dello  Stato  afferma  invece  che  i finanziamenti
attengono  ai rapporti di lavoro ed agli assetti societari dei datori
di lavoro e rientrano quindi nella materia «ordinamento civile».
    2.  -  Mentre  altre disposizioni impugnate con lo stesso ricorso
(n. 33  del  ruolo  2004)  sono oggetto di separati provvedimenti, le
questioni  appena  enunciate,  che  vengono  decise  con  la presente
sentenza,  in quanto non sono omogenee e attengono a materie diverse,
in  relazione  alle quali sono evocati parametri in parte differenti,
devono essere distintamente scrutinate.
    3.  -  Riguardo  alla  questione  avente  ad  oggetto il comma 92
dell'art. 3   le  censure  si  appuntano  piu'  specificamente  sulle
disposizioni  sub  b)  e  c),  mentre  per  quelle  sub a) e d), esse
sostanzialmente  si  limitano all'affermazione del loro contrasto con
l'art. 119  Cost.,  anche  se per tutte le norme impugnate, pur senza
evocare espressamente il parametro dell'art. 117, terzo comma, Cost.,
la  ricorrente denuncia la violazione delle regole di riparto in tema
di materie rientranti nella competenza legislativa concorrente.
    Si  rileva anzitutto che la istituzione del Servizio nazionale di
valutazione  del  sistema  educativo di istruzione e di formazione e'
stata  disposta,  insieme  con il riordino dell'Istituto nazionale di
valutazione  del  sistema dell'istruzione, con il decreto legislativo
19 novembre  2004, n. 286, il cui art. 15 ne prevede il finanziamento
mediante l'utilizzazione di «quota parte dell'autorizzazione di spesa
di cui all'art. 3, comma 92, della legge 24 dicembre 2003, n. 350».
    Il  finanziamento,  pertanto, per quanto riguarda la finalita' di
cui  alla lettera d) del comma 92 impugnato, ha la sua autonoma fonte
normativa  nell'art. 15  citato, non impugnato dalla Regione; da cio'
consegue l'infondatezza della questione sotto tale profilo, in quanto
l'eventuale  violazione  della  competenza regionale non deriva dalla
disposizione censurata.
    Anche per la restante parte la questione non e' fondata.
    Si  premette  che il finanziamento di cui si tratta, le finalita'
cui esso e' predisposto e la sua attuazione mediante iscrizione nella
legge  finanziaria,  senza  indicazione di somme e con salvezza della
compatibilita' con i vincoli di finanza pubblica, erano gia' previsti
dall'art. 1,  commi 3  e 4, e dall'art. 7, comma 6, della legge n. 53
del  2003, norme non impugnate. Ed, infatti, la Regione ricorrente si
duole  soprattutto  del  fatto che le disposizioni della legge n. 350
del  2003 si siano discostate dalle statuizioni della legge n. 53 del
2003. Ma tale difformita' puo' essere efficacemente censurata solo in
quanto  essa comporti una lesione della sfera di competenza regionale
costituzionalmente  garantita,  lesione  che  l'interpretazione della
normativa in argomento consente viceversa di escludere.
    La  ricorrente censura le disposizioni suindicate soprattutto per
aver  autorizzato la spesa pur in assenza del piano programmatico, la
cui  approvazione,  secondo  quanto  stabilito  dalla legge n. 53 del
2003,  comporta l'intesa con la Conferenza unificata di cui al d.lgs.
n. 281 del 1997.
    La   disposizione   quindi   lederebbe   il  principio  di  leale
collaborazione  per  la cui attuazione nel caso in esame era prevista
la forma piu' pregnante dell'intesa.
    Senonche'  la  norma  puo'  e  deve essere letta in armonia con i
principi  costituzionali.  Essa,  infatti,  richiama espressamente il
piano programmatico di cui all'art. 1, comma 3, della legge n. 53 del
2003  e  quindi  anche  le  modalita'  della  sua  approvazione. Cio'
comporta  che  l'autorizzazione  alla spesa, oggetto della censura e'
pur   sempre   subordinata,  per  quanto  concerne  la  sua  concreta
attuazione,  all'approvazione  del  piano,  a  sua volta condizionata
all'intesa con la Conferenza.
    Dal riconoscimento alla disposizione censurata di tale contenuto,
conforme  alla  sua  formulazione letterale ed al suo scopo, consegue
l'inesistenza del vizio di illegittimita' costituzionale denunciato.
    Si  soggiunge  che  l'Avvocatura nella memoria ha riferito, senza
essere  smentita  dalla  difesa della Regione, che nel corso del 2004
l'autorizzazione   alla   spesa   in  esame  non  ha  avuto  concreta
attuazione.
    4.-  La questione concernente l'art. 4, commi 112, 113, 114 e 115
della  legge  n. 350  del  2003  e'  fondata  nei  limiti  e  per  le
considerazioni che seguono.
    Secondo  un  principio  piu'  volte applicato da questa Corte, la
legittimita'  delle  norme  statali  istitutive  di  nuovi  fondi  e'
condizionata di norma, per quanto riguarda la competenza ad emanarle,
alla  inerenza della destinazione dei finanziamenti a opere e servizi
rientranti  in  materie  di competenza statale. La finalizzazione dei
finanziamenti  a  scopi rientranti in materie di competenza residuale
delle   Regioni   o  anche  di  competenza  concorrente  comporta  la
illegittimita'  costituzionale  delle  norme statali (sentenze n. 51,
n. 77, n. 107, n. 160 del 2005).
    Tuttavia, come pure e' stato gia' rilevato, la complessita' della
realta'  sociale  da regolare comporta che di frequente le discipline
legislative  non  possano  essere  attribuite  nel  loro  insieme  ad
un'unica   materia,   perche'   concernono   posizioni  non  omogenee
ricomprese  in  materie  diverse  sotto  il  profilo della competenza
legislativa  (materie  di  competenza  esclusiva statale e materie di
competenza  residuale  regionale,  materie  di  competenza  esclusiva
statale  e  materie  di  competenza concorrente). In siffatti casi di
concorso di competenze questa Corte ha fatto applicazione, secondo le
peculiarita'   dell'intreccio   di  discipline,  del  criterio  della
prevalenza  di  una  materia  sull'altra  e  del  principio  di leale
cooperazione (sentenze n. 370 del 2003 e n. 50 del 2005).
    Cio'  premesso,  al  fine di identificare la materia o le materie
cui  le  disposizioni  censurate  attengono  occorre  tener conto del
contesto storico-sistematico in cui s'inseriscono.
    Esse  sul  piano  interno trovano il loro fondamento nell'art. 46
Cost.  e,  quindi,  nel  riconoscimento  del diritto dei lavoratori a
collaborare,  nei  modi  e  nei  limiti  stabiliti  dalle leggi, alla
gestione  delle  aziende. In riferimento al diritto comunitario - cui
il  comma 114 fa espresso anche se generico richiamo - dette norme si
ricollegano  ad  una  serie  di provvedimenti susseguitisi nel tempo,
menzionati  nella  relazione illustrativa presentata al Parlamento in
sede  di  discussione ed anche nell'epigrafe del decreto del Ministro
del  lavoro  e delle politiche sociali del 4 novembre 2004, emesso in
esecuzione  dell'impugnato  comma 113;  tra  questi,  anzitutto, alla
direttiva  94/45/CE  del  Consiglio  del  22 settembre 1994, relativa
all'istituzione  di  un Comitato aziendale europeo o di una procedura
per  l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese o
nei  gruppi  di  imprese  di  dimensioni  comunitarie, attuata con il
decreto  legislativo 2 aprile 2002, n. 74. Le disposizioni in oggetto
si  connettono anche alla direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo
e  del Consiglio dell'11 marzo 2002, istitutiva di un quadro generale
relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori.
    Ritiene  la  Corte  che  i  finanziamenti  predisposti  sul fondo
istituito con il comma 112, in quanto finalizzati a progetti inerenti
alla  costituzione  di organi o alla regolamentazione di procedure di
informazione  o di mera consultazione dei lavoratori sulla vita delle
aziende  e sulle scelte di massima da compiere, attengano alla tutela
del lavoro, esaurendosi essi nell'ambito di un rafforzato svolgimento
delle  relazioni  industriali,  senza  modificare  gestioni o assetti
imprenditoriali e senza direttamente incidere sul rapporto di lavoro.
    Le  norme  impugnate  ed  i  progetti da esse previsti, pero', si
ricollegano  anche ad atti comunitari che concernono lo statuto della
societa'  europea, con la previsione di organi decisionali e non solo
destinatari  di  informazione  o  autori  di  atti consultivi (v., in
particolare  il  regolamento  CE  dell'8 ottobre  2001  n. 2157/2001,
relativo allo statuto della societa' europea, nonche' la direttiva in
pari  data  concernente  il  completamento  dello  statuto per quanto
riguarda il coinvolgimento dei lavoratori).
    Sotto   tale   angolo   visuale   i   progetti   concernenti   il
coinvolgimento  dei lavoratori nella gestione delle aziende finiscono
per   riguardare,   da  un  lato,  le  strategie  ed  alcuni  profili
strutturali   delle   imprese,   dall'altro,  con  l'attribuzione  ai
lavoratori  componenti di determinati organi di garanzie assimilabili
a   quelle   riconosciute  ai  rappresentanti  sindacali,  la  stessa
disciplina  del  rapporto  di lavoro. Ne consegue che le disposizioni
censurate  non  esauriscono  la  loro  efficacia  nella materia della
tutela  del  lavoro ma attengono anche - e in misura non secondaria -
all'ordinamento civile.
    Da quanto detto consegue che il complesso normativo oggetto della
impugnazione viene a collocarsi all'incrocio di materie rispetto alle
quali  la  competenza  legislativa  e'  diversamente attribuita dalla
Costituzione:  esclusiva  dello  Stato in tema di ordinamento civile,
concorrente  in  materia di tutela del lavoro. Se la prima giustifica
la  legittimazione  dello  Stato  a  dettare  norme primarie e quindi
l'emanazione del decreto attuativo e di quelli successivi (comma 114)
sotto  il profilo dell'esigenza di un progetto unitario di disciplina
della  societa' europea, l'esistenza della seconda rende illegittima,
anche  ai  sensi  dell'art. 119  Cost., l'esclusione delle Regioni da
ogni   coinvolgimento,   in   violazione   del   principio  di  leale
collaborazione.  E'  su  questo piano e in questi limiti che le norme
censurate  presentano un profilo di illegittimita' costituzionale cui
occorre porre rimedio.
    Premesso  che  il  principio  di leale collaborazione puo' essere
diversamente  modulato  poiche'  nella  materia  in  oggetto  non  si
riscontra   l'esigenza   di  specifici  strumenti  costituzionalmente
vincolati  di  concretizzazione  del  principio  stesso,  deve essere
rimessa  alla  discrezionalita' del legislatore la predisposizione di
regole che comportino il coinvolgimento regionale.
    In  conclusione,  ferma  restando  la  sostanziale coerenza della
previsione  dello  strumento  di monitoraggio di cui al comma 115 con
l'istituzione   del   fondo  e  la  sua  compatibilita',  alle  dette
condizioni  di  gestione  concertata,  con  gli evocati parametri, va
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 4, commi 113 e
114  della  legge  n. 350  del  2003 in quanto non e' previsto alcuno
strumento  volto  a  garantire  la  leale  collaborazione tra Stato e
Regioni (v. sentenze n. 51 e n. 162 del 2005).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservata   ogni   decisione   sulle   ulteriori   questioni   di
legittimita'  costituzionale  della  legge  24 dicembre  2003, n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria  2004),  sollevate  dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso in epigrafe;
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 113 e
114,  della  legge  n. 350  del  2003,  in  quanto non prevede alcuno
strumento  volto  a  garantire  la  leale  collaborazione tra Stato e
Regioni;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli artt. 3, comma 92, e 4, commi 112 e 115, della legge n. 350 del
2003,  sollevate,  in  riferimento  agli  artt. 117,  118 e 119 della
Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in
epigrafe.
        Cosi'  deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2005.
                      Il Presidente: Capostosti
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 16 giugno 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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