N. 241 ORDINANZA 8 - 16 giugno 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Agricoltura  -  Regime  comunitario  di  produzione lattiera - «Quote
  latte»  -  Previsione,  per  i  periodi  di produzione lattiera dal
  1995-1996  al  1998-1999 compresi, della possibilita' per l'AIMA di
  determinare,   ora   per  allora,  i  quantitativi  individuali  di
  riferimento  e  di  esigere, tramite i primi acquirenti, i relativi
  prelievi  supplementari  -  Asserita  incidenza  sul  principio  di
  liberta'  d'iniziativa  economica  privata,  per la quantificazione
  retroattiva  dei  limiti  alla produzione - Asserita violazione del
  principio  di legalita', per l'introduzione retroattiva di sanzione
  amministrativa  non  giustificata da motivi di estrema necessita' -
  Preteso contrasto con il principio d'imparzialita' e buon andamento
  della  P.A.,  per l'imposizione «a posteriori» della programmazione
  nel  settore  -  Asserita  violazione  del  principio  di capacita'
  contributiva,  in considerazione della indipendenza del reddito del
  produttore  dalla  eccedenza  della  produzione  -  Sopravvenienza,
  successivamente  all'emanazione  dell'ordinanza  di rimessione, del
  decreto-legge  28 marzo  2003,  n. 49,  che  ha  abrogato  gli atti
  legislativi  censurati  e  dichiarati  estinti  d'ufficio i giudizi
  pendenti  -  Sopravvenienza,  in  materia, della pronuncia, in data
  25 marzo  2004,  della Corte di giustizia delle Comunita' europee -
  Necessita'  di  una  valutazione  sulla persistente rilevanza della
  questione - Restituzione degli atti al giudice a quo.
- D.L. 1° dicembre 1997, n. 411, convertito, con modificazioni, nella
  legge   27 gennaio   1998,  n. 5  e  d.l.  1°  marzo  1999,  n. 43,
  convertito, con modificazioni, nella legge 27 aprile 1999, n. 118.
- Costituzione, artt. 25, 41, 53, 97.
(GU n.25 del 22-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  del  decreto-legge
1° dicembre  1997,  n. 411  (Misure  urgenti  per gli accertamenti in
materia  di  produzione lattiera), convertito con modificazioni nella
legge 27 gennaio 1998, n. 5 (Conversione in legge, con modificazioni,
del  decreto-legge  1° dicembre  1997, n. 411, recante misure urgenti
per  gli  accertamenti  in  materia  di  produzione  lattiera), e del
decreto-legge  1° marzo  1999,  n. 43  (Disposizioni  urgenti  per il
settore  lattiero-caseario), convertito con modificazioni nella legge
27 aprile  1999, n. 118 (Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge  1° marzo 1999, n. 43, recante disposizioni urgenti per
il  settore  lattiero-caseario), promosso con ordinanza del 31 maggio
1999  dal Tribunale di Pordenone nel procedimento civile vertente tra
Azienda   Agricola   Ivano  e  Massimiliano  Tesan  ed  altri  contro
Cooperativa  Agricola  Medio Tagliamento Spilimbergo s.r.l., iscritta
al  n. 654  del  registro  ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 36, 1ª serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 maggio 2005 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
    Ritenuto  che il Tribunale di Pordenone ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  -  in  riferimento  agli  artt. 41,  45
(recte:  25),  53  e  97  Cost. - del decreto-legge 1° dicembre 1997,
n. 411  (Misure urgenti per gli accertamenti in materia di produzione
lattiera),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 27 gennaio
1998,  n. 5,  e  del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43 (Disposizioni
urgenti   per   il   settore   lattiero-caseario),   convertito,  con
modificazioni, nella legge 27 aprile 1999, n. 118;
        che   entrambi   gli  atti  legislativi  sono  censurati  dal
rimettente nella parte in cui consentono all'Azienda di Stato per gli
interventi  nel mercato agricolo (AIMA), «per i periodi di produzione
lattiera  dal  1995-1996  al 1998-1999 compresi», di «determinare ora
per  allora  i  quantitativi  individuali  di  riferimento ed esigere
tramite i primi acquirenti i relativi prelievi»;
        che  il  giudice a quo premette di essere stato adito, in via
d'urgenza,  dalla  «Azienda  agricola Ivano e Massimiliano Tesan», la
quale ricorreva ai sensi dell'art. 700 del codice di procedura civile
-  «unitamente ad otto altre aziende agricole» - «nei confronti della
Cooperativa  Medio  Tagliamento»  e  della  «Latteria  cooperativa di
Valvasone s.r.l.»;
        che  i  predetti  ricorrenti  hanno  dedotto «di essere tutti
imprenditori  agricoli  produttori di latte bovino, e di vendere tale
loro produzione alle societa' resistenti», le quali ultime, pertanto,
«vanno  qualificate  «primi  acquirenti»  ai  sensi e per gli effetti
della disciplina delle c.d. «quote latte»»;
        che  il  Tribunale  di  Pordenone,  previamente  riassunto il
quadro  della  disciplina  suddetta,  prevista  a  livello  di Unione
europea  (incentrata,  al  fine  «di  limitare la produzione di latte
bovino da parte degli Stati membri», sulla assegnazione di «un limite
massimo  quantitativo  di  produzione  annua»,  limite  ulteriormente
suddiviso  da  ogni Stato «fra i vari produttori nazionali», mediante
determinazione,   per  ciascuno  di  essi,  di  un  «quantitativo  di
riferimento  individuale», dal quale costoro non possono discostarsi,
pena  altrimenti  l'assoggettamento  ad  «un  disincentivo  economico
denominato  "prelievo  supplementare"»),  illustra  i tratti salienti
anche della normativa nazionale vigente in materia;
        che tale normativa, in origine, era quella recata dalla legge
26 novembre    1992,    n. 468    (Misure    urgenti    nel   settore
lattiero-caseario) e dal d.P.R. 23 dicembre 1993, n. 569 (Regolamento
di  esecuzione  della  legge  26 novembre  1992,  n. 468, concernente
misure  urgenti  nel  settore lattiero-caseario), entrambi, peraltro,
abrogati  - successivamente all'adozione dell'ordinanza di rimessione
da parte del giudice a quo - dall'art. 10, comma 47, lettere a) e b),
del  decreto-legge  28 marzo  2003, n. 49 (Riforma della normativa in
tema di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte
e  dei  prodotti  lattiero-caseari),  convertito,  con modificazioni,
nella legge 30 maggio 2003, n. 119;
        che  ai  sensi di tale disciplina era previsto, innanzitutto,
che l'AIMA provvedesse a pubblicare, in appositi bollettini, entro il
31 gennaio  di  ogni  anno,  «gli  elenchi  aggiornati dei produttori
titolari  di  quota  e dei quantitativi ad essi spettanti nel periodo
avente inizio il 1 aprile successivo» (cosi', testualmente, l'art. 4,
comma 2, della citata legge n. 468 del 1992), stabilendo altresi' che
i  c.d.  «primi  acquirenti» (cioe' a dire quanti acquistano il latte
bovino direttamente dai produttori) trattenessero, dal prezzo erogato
quale  corrispettivo  della  vendita,  l'importo  -  da versare, poi,
all'AIMA  -  del prelievo supplementare dovuto da ogni produttore che
non avesse rispettato la quota individuale stabilita a suo carico (in
tal senso l'art. 5 della medesima legge n. 468 del 1992);
        che   era   stabilito,   infine,   che  l'AIMA  procedesse  -
nell'ipotesi in cui, per ciascun anno, il latte bovino effettivamente
prodotto  fosse  inferiore  al  quantitativo globale garantito - alla
«compensazione  nazionale»,  cioe'  alla  ridistribuzione, tra i vari
produttori,  della  differenza  tra  il  suddetto  quantitativo  e la
produzione reale;
        che  secondo  il  Tribunale di Pordenone il sistema delineato
dalla  legge  n. 468  del  1992  e'  rimasto,  in  sostanza, privo di
attuazione,  «in quanto l'AIMA non e' mai riuscita a pubblicare entro
il  termine  previsto  i  bollettini»  di  cui  sopra  (contenenti  i
«quantitativi  di  riferimento  individuale»),  cio' che pero' non ha
impedito  ai  «primi  acquirenti»  di  effettuare  - quantunque sulla
scorta  dei bollettini tardivamente emessi, e quindi «necessariamente
a posteriori» - «i prelievi supplementari»;
        che  -  sempre secondo il giudice a quo - il legislatore, per
ovviare  a  tale  situazione,  e'  intervenuto nuovamente in materia,
dettando  -  con  i gia' citati decreti-legge n. 411 del 1997 e n. 43
del  1999  -  «una  diversa  disciplina,  volta,  nell'intenzione,  a
raggiungere  retroattivamente  i  risultati  sin  dall'origine dovuti
nell'ambito CE»;
        che  il  legislatore,  pertanto,  ha stabilito - nel prendere
atto  che  l'AIMA  non  ha provveduto a determinare i quantitativi di
riferimento  individuale «per i periodi dal 1995-1996 al 1998-1999» -
che  «i  prelievi supplementari per ciascuno dei periodi in questione
rimangono  dovuti», continuando inoltre «ad aver vigore il meccanismo
di   trattenuta   del  prelievo  supplementare  ad  opera  dei  primi
acquirenti,  solo temperato nella parziale e provvisoria restituzione
di  alcune  delle  somme  relative ai periodi 1996-1997», precisando,
tuttavia,  che  «tali  prelievi,  a suo tempo effettuati in forza dei
bollettini tardivi, si intendono pero' "salvo conguaglio"»;
        che,  difatti,  e'  stato  previsto  «che,  per  ciascuno dei
periodi  in  questione,  l'AIMA  debba  operare,  ora  per allora, la
«compensazione  nazionale»», la quale presuppone, a sua volta, che la
predetta  Azienda  accerti  il quantitativo di latte prodotto in ogni
periodo, e quindi aggiorni il quantitativo di riferimento individuale
di   ciascun   produttore,   cosi'   determinando   «il   surplus  da
assoggettare, retroattivamente, a prelievo supplementare»;
        che  il  giudice  a quo, dopo aver ricostruito il complessivo
quadro   normativo   di   riferimento,  ha  illustrato  il  contenuto
dell'iniziativa  assunta  dai  ricorrenti nel procedimento cautelare,
evidenziando che essi hanno richiesto - sul presupposto dell'avvenuta
impugnazione,    «nella    competente   sede   amministrativa»,   del
provvedimento  di  rideterminazione  dei  quantitativi di riferimento
individuale,  adottato  dall'AIMA in forza della normativa suddetta -
di   «ordinare   alle   resistenti   la   restituzione  del  prelievo
supplementare  fino  ad  ora  trattenuto»,  nonche'  di inibire loro,
nell'ordine,  «di  escutere  le  relative  garanzie»,  di «effettuare
ulteriori   trattenute   a   titolo   di  superprelievo»  (ovvero  di
«richiedere  ulteriori  garanzie  per il pagamento di esso»), nonche'
«di  riversare  all'AIMA ogni prelievo supplementare, il tutto per le
campagne relative dal 1995-1996 al 1999-2000»;
        che  i  ricorrenti,  infine,  hanno  precisato  come siffatta
domanda  cautelare  sia  «prodromica  ad  una  azione di accertamento
negativo  degli  obblighi  suddetti  e  di condanna alla restituzione
delle somme e ai danni»;
        che  il  tribunale  rimettente - prima di illustrare i motivi
che   denoterebbero   la   rilevanza  della  sollevata  questione  di
legittimita'   costituzionale,   nonche'   la   sua   non   manifesta
infondatezza   -  si  e'  soffermato  sulle  ragioni  della  «propria
giurisdizione   sulla  controversia  propostagli»,  oltre  che  della
«competenza della Corte» in ordine all'indicato thema decidendum;
        che,  quanto  al  primo  di tali profili, il giudice a quo ha
sottolineato  come  il  rapporto  intercorrente  tra il produttore di
latte  bovino  ed  il  primo  acquirente  non  sia  altro se non «una
compravendita   di  diritto  civile»,  esclusivamente  caratterizzata
dall'esistenza  di  «un  obbligo di compensazione» tra l'obbligazione
relativa  al  pagamento del prezzo di acquisto «e quella, ex lege, di
pagare   al   primo   acquirente   (...)   l'importo   del   prelievo
supplementare»,  di talche' la circostanza che il presupposto di tale
obbligazione  ex  lege sia un provvedimento amministrativo (quello di
determinazione  del  quantitativo  di  riferimento  individuale)  non
escluderebbe   affatto   la   giurisdizione  del  giudice  ordinario,
ricorrendo  uno  dei  casi  tipici  in cui questi «ha i poteri di cui
all'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E»;
        che,  in  relazione  al  secondo  dei  profili  suddetti,  il
tribunale  rimettente  ha escluso che quello ipotizzabile nel caso di
specie sia «un mero contrasto tra la normativa comunitaria (...) e la
normativa  nazionale»,  come  confermato,  ancorche'  implicitamente,
dalla  sentenza di questa Corte n. 398 del 1998, atteso che la stessa
ebbe  a  decidere  «sulla  questione  di legittimita' della normativa
sostituita  da  quella  qui  censurata,  non  rifiutando in limine di
esaminare la questione»;
        che   circa,   invece,   la   rilevanza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  il giudice a quo ha evidenziato che, se
le  norme censurate venissero dichiarate incostituzionali, la domanda
cautelare  dovrebbe essere accolta, venendo a mancare ogni titolo per
esigere  i  prelievi  supplementari per i periodi contestati, mentre,
«nell'ipotesi  opposta,  e'  ragionevole ritenere che, allo stato, il
ricorso andrebbe respinto»;
        che,  infine,  la  non manifesta infondatezza della questione
sarebbe  resa evidente dal fatto che, mentre la disciplina in origine
prevista  nella  materia  de  qua si caratterizzava in quanto ciascun
produttore  di  latte bovino - in condizione di conoscere in anticipo
il  quantitativo  di riferimento individuale a lui assegnato - poteva
liberamente  scegliere  «se  rispettarlo  o  pagare  il disincentivo»
(cosi',  dunque,  «programmando  i  propri  investimenti e la propria
attivita»),  per converso, la normativa denunciata andrebbe «in senso
opposto», in violazione dell'art. 41 Cost;
        che,  difatti, in base ai provvedimenti legislativi censurati
il  produttore  di latte bovino - secondo il giudice a quo - «non e',
per  definizione,  stato  messo  in grado di conoscere in anticipo il
proprio  limite  di  produzione»,  non  potendo prevedere «se e quali
somme»  potranno  essergli  richieste,  trovandosi invece costretto a
pagarle «dopo che tutta la produzione e' stata realizzata»;
        che  in tal modo «si e' fuori del concetto di programmazione»
dell'attivita'  imprenditoriale, vale a dire del solo limite che puo'
essere  legittimamente  imposto  -  in  forza  di quanto previsto dal
combinato  disposto dei commi primo e terzo dell'art. 41 Cost. - alla
liberta' di iniziativa economica privata;
        che,  difatti,  nel caso di specie «l'imposizione retroattiva
del   disincentivo   economico»   avrebbe   potuto   essere   evitata
dall'imprenditore  «solo  uscendo dal mercato», cio' che appare pero'
contrastare  con  quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza
costituzionale, secondo cui «i limiti imposti all'attivita' economica
devono  essere  razionali  e  non  tali  da  renderla  impossibile  o
estremamente  difficile»,  ovvero,  addirittura, «da sopprimerla» (si
richiamano le sentenze n. 301 del 1983 e n. 78 del 1970);
        che,   secondo  il  giudice  a  quo,  ricorrerebbe  anche  la
violazione  dell'art. 97  Cost.,  giacche'  la  disciplina  censurata
sarebbe   strutturata  in  modo  tale  che  «l'inadeguatezza  tecnica
dell'AIMA»   a   stabilire   in  via  preventiva  i  quantitativi  di
riferimento   individuale   finirebbe   per   «essere   subita  dagli
amministrati»,  i  quali  -  per  previsione  della legislazione, sia
statale  che  comunitaria - dovrebbero invece «poter contare» sul suo
operato;
        che  secondo  il tribunale rimettente, infine, «l'imposizione
retroattiva del prelievo supplementare» - indipendentemente dal fatto
che  sia  «qualificata  tributo  ovvero  sanzione  amministrativa»  -
contrasterebbe   con  la  Costituzione,  giacche',  nel  primo  caso,
«sarebbe  violato  il  principio  di  capacita'  contributiva  di cui
all'art. 53»,  atteso  che  la  pregressa  produzione di latte bovino
eccedente  un certo quantitativo «nulla dice sul reddito dell'impresa
che lo produce», mentre, nella seconda ipotesi, se e' certamente vero
che «una sanzione amministrativa retroattiva non contrasta di per se'
con  l'art. 25 Cost.» (sentenza n. 68 del 1984), e' pur vero che tale
evenienza  rimane, nondimeno, «qualcosa di eccezionale», da prevedere
«nei  soli  casi di estrema necessita» (sentenza n. 118 del 1957), ai
quali non potrebbe essere ricondotto, pero', quello contemplato dalla
normativa impugnata;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato;
        che  la  difesa  erariale,  in  via  preliminare, contesta il
presupposto  dal  quale  muove  il  giudice  rimettente nella propria
ricostruzione,  e  cioe'  la  «natura  tardiva  o  retroattiva  della
determinazione del quantitativo di riferimento individuale»;
        che,  difatti,  i  provvedimenti  legislativi impugnati «sono
stati  adottati  al  fine  di  accertare, a causa delle contestazioni
insorte,  la quantita' effettiva di latte prodotto e commercializzato
nei  periodi  in questione e la titolarita' delle relative quote», di
talche',  nel caso di specie, non si tratta di «attribuzione di nuove
quote,   ma   dell'accertamento   dei   quantitativi  individuali  di
riferimento,  tenendo  conto  delle  istanze  di  riesame a suo tempo
presentate,   dei   trasferimenti   intervenuti,   delle   correzioni
effettuate,  come  si  evince  testualmente dall'art. 2, comma 3, del
d.l.  n. 411  del  1997,  presupposto  del  successivo d.l. n. 43 del
1999»;
        che   non   ricorre,  dunque,  una  «attribuzione  tardiva  o
retroattiva,  trattandosi solo di una verifica straordinaria di tutte
le  quote  assegnate  (oltre  che delle produzioni commercializzate),
richiesta  dagli  interessati,  al  fine  di  garantire trasparenza e
chiarezza  nel  settore», verifica svolta sulla base delle risultanze
di apposita commissione governativa istituita ad hoc;
        che,  pertanto,  «non sussiste violazione dell'art. 41 Cost.,
non  potendo  fondarsi  aspettative  protette sulla base di eventuali
pendenti  illegittimita»,  atteso  che  ogni  singolo  produttore ben
conosceva  (o comunque poteva conoscere) «la propria reale situazione
di titolarita»;
        che, del pari, e' da escludere - secondo la difesa erariale -
la  denunciata  violazione  tanto  dell'art  97 Cost., «non incidendo
eventuali  disfunzioni  operative  sulla  legittimita'  della legge»,
quanto  quella  degli  artt. 53  e  25 della Carta fondamentale, «non
trattandosi  di  imposizione tributaria (in realta' il prelievo e' la
trattenuta  del  prezzo  della  cessione),  ne'  di  sanzione  vera e
propria»;
        che su tali basi, pertanto, l'Avvocatura generale dello Stato
ha  concluso  affinche'  «la  Corte dichiari non fondata la questione
sollevata»,  subordinatamente segnalando - atteso che «della medesima
problematica   e'  stata  investita»  la  Corte  di  giustizia  delle
comunita'   europee   -  l'opportunita'  di  attendere  «l'esito  del
giudizio» appena indicato;
        che,  con  memoria  depositata nell'imminenza della camera di
consiglio,  fissata  per la discussione della illustrata questione di
legittimita'  costituzionale,  l'Avvocatura  generale  dello Stato ha
dato atto delle sopravvenienze normative intervenute nella materia de
qua;
        che,  in  particolare,  ha  posto  in  luce  come  l'art. 10,
comma 47, del citato d.l. n. 49 del 2003 abbia previsto l'abrogazione
degli impugnati atti legislativi;
        che,   inoltre,  risulta  medio  tempore  sopravvenuta  anche
l'«attesa  statuizione  della  Corte  di  giustizia  delle  comunita'
europee,   chiamata   dal   Tar   Lazio  a  pronunciarsi  su  quesiti
riguardanti,  in  sostanza, se ed in quali limiti dovessero pagare il
prelievo  supplementare»  i produttori di latte che avessero superato
il tetto individuale di produzione;
        che  la  predetta  Corte  di  giustizia,  con tre sentenze di
pressoche'  identico contenuto (pronunciate dalla sez. VI il 25 marzo
2004,  rispettivamente,  nelle cause riunite C-231/2000, C-303/2000 e
C-451/2000,  nonche'  nelle  cause  riunite  C-480/2000,  C-481/2000,
C-484/2000,    C-489/2000,    C-490/2000,   C-491/2000,   C-497/2000,
C-498/2000  e  C-499/2000,  ed infine nella causa C-495/2000), ha, in
primo   luogo,   individuato  l'esatta  interpretazione  delle  norme
comunitarie  che  costituiscono  il suddetto prelievo supplementare e
che stabiliscono le sue modalita' di applicazione;
        che,   secondo  il  giudice  comunitario,  tali  norme  vanno
interpretate  nel  senso  di non impedire «che a seguito di controlli
uno Stato membro rettifichi i quantitativi di riferimento individuali
attribuiti ad ogni produttore e conseguentemente ricalcoli, a seguito
di  rassegnazione  dei  quantitativi  di  riferimento inutilizzati, i
prelievi supplementari dovuti, successivamente al termine di scadenza
del pagamento per la campagna lattiera interessata»;
        che  si  e',  inoltre,  riconosciuto  come  le predette norme
comunitarie  debbano  essere  intese  «nel  senso  che l'assegnazione
iniziale  dei  quantitativi di riferimento individuali», nonche' ogni
loro  «modificazione  successiva»,  siano  «comunicate  ai produttori
interessati dalle autorita' nazionali competenti»;
        che,  infine,  in  relazione  a quello che appariva «il punto
principale  di  contrasto»  (concernente  «i  modi  e  i tempi» della
comunicazione  suddetta), la Corte di giustizia ha recepito l'opzione
ermeneutica   proposta  dal  Governo  italiano,  affermando  che  «e'
sufficiente  una  pubblicita'  secondo  le norme del diritto interno,
purche'  sia  adeguata»  (e  cioe'  idonea  a  porre  «in  grado  gli
interessati  di  conoscere  la  portata  dei  loro diritti e dei loro
obblighi»),  in  particolare  precisando  - con cio' disattendendo le
doglianze   in   proposito   formulate   dalle   aziende  produttrici
ricorrenti,  le  quali  ipotizzavano  una  «violazione  dei  principi
generali di proporzionalita' e di tutela del legittimo affidamento» -
che  «non  e'  escluso  che  una  comunicazione  dei  quantitativi di
riferimento  individuali  a mezzo di una pubblicazione in bollettini,
quale  quella  controversa  nella  causa principale, possa soddisfare
tale condizione»;
        che  alla  luce,  dunque,  di  tale mutato quadro normativo e
giurisprudenziale,  la  difesa  erariale  ha concluso nel senso della
sostanziale cessazione della materia del contendere.
    Considerato  che il Tribunale di Pordenone ha sollevato questione
di legittimita' costituzionale - in riferimento agli artt. 41, 25, 53
e  97  Cost.  -  del  decreto-legge  1° dicembre 1997, n. 411 (Misure
urgenti  per  gli  accertamenti  in  materia di produzione lattiera),
convertito,  con  modificazioni, nella legge 27 gennaio 1998, n. 5, e
del  decreto-legge  1° marzo 1999, n. 43 (Disposizioni urgenti per il
settore  lattiero-caseario),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 27 aprile 1999, n. 118;
        che    successivamente   all'emanazione   dell'ordinanza   di
rimessione  e'  intervenuto  il  decreto-legge  28 marzo  2003, n. 49
(Riforma  della  normativa  in  tema  di  applicazione  del  prelievo
supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari),
convertito, con modificazioni, nella legge 30 maggio 2003, n. 119;
        che   l'art. 10  del  decreto-legge  suddetto  non  solo,  al
comma 47,  lettere n)  e  r),  ha  disposto  l'abrogazione degli atti
legislativi  censurati  dal  rimettente, ma ha altresi' stabilito, al
comma 36-bis,  che tutti i «giudizi pendenti alla data del 1° gennaio
2004   innanzi  agli  organi  giurisdizionali  amministrativi  ovvero
ordinari,  aventi  ad  oggetto  gli  importi  imputati e non pagati a
titolo di prelievo supplementare per i periodi di commercializzazione
compresi  tra gli anni 1995-1996 e 2001-2002, sono estinti d'ufficio,
con    compensazione   delle   spese   tra   le   parti   a   seguito
dell'accoglimento   dell'istanza  di  rateizzazione  da  parte  della
regione  o  provincia  autonoma di appartenenza, da comunicare a cura
delle medesime al competente organo giurisdizionale»;
        che,  pertanto,  tali  circostanze  impongono la restituzione
degli atti al giudice rimettente, soluzione vieppiu' necessaria anche
in  ragione  della  sopravvenienza  della  gia'  menzionata sentenza,
pronunciata,  in  data  25 marzo 2004, dalla Corte di giustizia delle
comunita'  europee,  sez.  VI,  atteso  che  le decisioni dei giudici
comunitari, «nel risolvere la questione della conformita' della norma
censurata   al   diritto   comunitario»,   enunciano  «principi  che,
inserendosi direttamente nell'ordinamento interno, con valore di «ius
superveniens»,  condizionano  e  determinano  i  limiti in cui quella
norma  conserva  efficacia  e deve essere applicata anche dal giudice
nazionale», cio' che quindi «impone una valutazione sulla persistente
rilevanza  della  questione  sollevata»  (cosi'  ordinanza n. 125 del
2004; cfr. anche ordinanza n. 62 del 2003).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Pordenone.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                       Il redattore: Quaranta
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 16 giugno 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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