N. 26 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 13 giugno 2005
Ricorso per conflitto di attribuzione tra Poteri dello Stato depositato in cancelleria il 13 giugno 2005 (del Tribunale di Isernia) Parlamento - Immunita' parlamentari - Giudizio civile promosso dall'Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed s.r.l. nei confronti del senatore Alfredo D'Ambrosio ed altri - Deliberazione di insindacabilita' del Senato della Repubblica in relazione ai fatti attribuiti al parlamentare - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Tribunale di Isernia - Denunciata mancanza di nesso funzionale tra opinioni espresse ed attivita' parlamentari. - Deliberazione del Senato della Repubblica del 26 novembre 2003. - Costituzione, art. 68, primo comma. - Ricorrente: Tribunale di Isernia.(GU n.26 del 29-6-2005 )
Il Tribunale di Isernia, in composizione monocratica e nella persona del Giudice unico Italo Federici, letti gli atti del giudizio civile n. 498/2003 r.g.a.c. promosso dall'Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed S.r.l. contro D'Ambrosio Alfredo ed altri; espone quanto segue. F a t t o Con atto di citazione notificato in date 24-26 giugno 2003, l'Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Isernia il senatore della Repubblica Alfredo D'Ambrosio, la Radio Tele Molise S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Emanuela Petescia, Vincenzo Di Gaetano, Giovanni Di Tota, Gianni Tomeo e il Movimento Politico Iniziativa Democratica, in persona del suo legale rappresentante pro tempore. Deduceva la Societa' attrice che: in data 24 febbraio 2003 il Movimento Politico Iniziativa Democratica, di cui il sen. D'Ambrosio si assume essere il principale esponente, diramava un comunicato stampa, riportato il giorno successivo dal quotidiano «Oggi nuovo Molise», dal titolo «Conflitto di interessi, il Senatore D'Ambrosio chiede le dimissioni di Aldo Patriciello ed il Ricorso al Consiglio di Stato», con il quale, evidenziando gli stretti legami fra il vice presidente della Regione Molise Aldo Patriciello e la societa' attrice, denunciava favoritismi nei confronti di quest'ultima, ledendone gravemente l'immagine. In particolare si leggeva: «In sostanza ci chiediamo come sia possibile rappresentare l'Esecutivo regionale, in veste di Vice-presidente e, nello stesso tempo, avere forti interessi familiari diretti o indiretti nel mondo della Sanita' proprio nell'Istituto Neuromed e ricorrere al tribunale amministrativo contro gli interessi della regione. Chi rappresenta Patriciello: la Regione Molise o la Neuromed? E se rappresenta la Neuromed, come puo' chiedere i soldi alla regione?». il giorno 17 aprile 2003 il Movimento Iniziativa Democratica diramava un ulteriore comunicato stampa, nel quale sosteneva: «Il Direttore generale della Direzione generale V della Regione Molise, avv. Giovanni Di Renzo, quanto a solerzia e zelo professionale e' stato piu' veloce della luce. In questi ultimi tempi, l'avvocato Di Renzo si e' distinto, appunto, per l'incredibile celerita' con cui adotta determinazioni dirigenziali, come nel caso delle determinazioni n. 9 del 1° aprile 2003, assumendo impegno di spesa n. 368 del 1° aprile 2003 e mandato di pagamento n. 980 del 3 aprile 2003 per complessivi Euro 3.920.000,00, con la solita «velocita' della luce» ... cio' che piu' inquieta, quindi, e' l'impegno e la regolarita' che spinge questo dirigente ad adottare simili atti... infatti se dovesse rispondere al vero quanto sopra riportato, tutto cio' configurerebbe abuso di ufficio o comunque illecito contabile... sembra ancor piu' inquietante la circostanza che tale velocita' amministrativa abbia riguardato un atto destinato alla Neuromed (con pagamento contante di circa otto miliardi delle vecchie lire) a fronte delle tantissime richieste prioritarie e urgenti nel campo dei servizi molisani, richieste impossibili da evadere per mancanza di liquidita'... la questione chiama dunque di nuovo in causa prepotentemente il problema del Conflitto di interessi del Vice Presidente della giunta regionale Aldo Patriciello»; il giorno successivo l'emittente Telemolise, nel corso delle diverse edizioni del telegiornale, mandava in onda un servizio di Enzo Di Gaetano, il quale, dopo aver riproposto le tesi sostenute nel comunicato stampa sopra riportato, intervistava sulla vicenda il senatore D'Ambrosio. Questi dichiarava: «Un problema del genere non si puo' ignorare. Questo dirigente tra l'altro non e' la prima volta. In passato Di Renzo aveva autorizzato dei posti letto a favore della struttura di Salcito, quando la stessa struttura con la gestione S. Francesco di Assisi per anni non c'era riuscita. Cambia la gestione entra Neuromed e subito rilascia una autorizzazione per 60 posti letto. A seguito di questo fatto produce un'altra determina di circa 8 miliardi delle vecchie lire in un capitolo inesistente, dove non c'e' copertura. In assenza di un OK, un parere dell'assessore alla Sanita' e quello del Bilancio e Personale. La magistratura deve metterci le mani per fare chiarezza. Se dovesse essere cosi', ed io so che e' cosi', credo che il dirigente deve essere allontanato da quel settore. Qui ci troviamo di fronte ad illecito contabile e abuso di ufficio...». in data 19 aprile 2003 il quotidiano Oggi Nuovo Molise pubblicava in prima pagina un articolo nel quale si sosteneva che «il direttore dell'ASL di Campobasso, avv. Di Renzo avrebbe provveduto un fulmineo provvedimento ignorando la lunga lista dei creditori non ancora soddisfatti dalla stessa ASL, un'erogazione di otto miliardi di vecchie lire in favore della Neuromed. Peraltro la delibera assunta, secondo quanto afferma il senatore D'Ambrosio dalla ASL di Campobasso non aveva voce di copertura nel bilancio della stessa ASL», ipotizzando poi gli estremi del reato di abuso di ufficio; in data 24 aprile 2003 l'emittente Telemolise (della quale Manuela Petescia e' direttrice responsabile e Radio Telemolise S.r.l. e' editrice) trasmetteva il programma «Figaro», nel corso del quale il conduttore Enzo Di Gaetano si rivolgeva al sen. D'Ambrosio, affermando «Lei con un comunicato stampa aveva parlato di scenari inquietanti, ma non tutti ne hanno parlato... ma quale e' il contenuto di questo comunicato stampa?». Il senatore cosi' rispondeva: «il Dirigente Generale della Sanita' aveva previsto il pagamento di 8 miliardi di vecchie lire in favore della Neuromed... non ha fatto il suo dovere... mi ha impressionato la celerita' di questo dirigente... mentre tutti gli altri attendono, una struttura che ha il rappresentante a livello regionale riesce ad avere cio' che chiede»; il giorno 9 maggio 2003 il giornalista di Telemolise Giovanni Di Tota, nell'edizione del telegiornale delle ore 14, dichiarava: «il senatore D'Ambrosio avrebbe inoltrato due lettere alla Procura della Repubblica di Campobasso e di Isernia... in quella inviata alla Procura della Repubblica di Campobasso, D'Ambrosio avrebbe chiesto di conoscere la correttezza della procedura amministrativa con la quale la regione avrebbe pagato diversi milioni di euro per competenze arretrate all'istituto Neuromed di Pozzilli». Tanto premesso, l'Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed S.r.l. denunciava una campagna diffamatoria nei suoi confronti, posta in essere dai convenuti, resa ancor piu' evidente da talune circostanze non richiamate negli episodi su riportati. In particolare chiariva, da un lato, che il pagamento della somma di euro 3.920.000,00 (mandato n. 980 del 3 aprile 2003) rappresentava l'adempimento dell'ordinanza n. 25/2003, provvisoriamente esecutiva, emessa ex art. 2l legge n. l034/1971 dal TAR Molise nei confronti della Regione Molise, dall'altro, che l'on. Aldo Patriciello non era mai stato socio ne' amministratore della Neuromed. Conseguentemente chiedeva, previa declaratoria di responsabilita' ex art. 2049 c.c. per i fatti oggetto di causa, la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni sofferti, patrimoniali e non, al pagamento di una somma a titolo di riparazione pecuniaria, alla pubblicazione della sentenza di condanna su due quotidiani di tiratura nazionale e su due a tiratura regionale per due giorni consecutivi, oltre a spese di giudizio. Con comparsa del 4 dicembre 2003 si costituiva il sen. D'Ambrosio, il quale chiedeva, in via preliminare, l'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 3 legge n. 140/2003, per essere state, le affermazioni ritenute diffamatorie, rese nell'esercizio dell'attivita' politica di Senatore della Repubblica; nel merito, il rigetto della domanda perche' infondata. In particolare produceva in giudizio, dapprima, la relazione della Giunta delle Elezioni e delle Immunita' Parlamentari del Senato (doc. IV-quater n. 19 comunicata alla Presidenza il 19 novembre 2003), la quale proponeva «... a maggioranza di dichiarare che i fatti oggetto del procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni e ricadono pertanto nell'ipotesi di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione»; eppoi, all'udienza di precisazione delle conclusioni del 20 gennaio 2004, il resoconto sommario e stenografico della seduta pubblica n. 496 del 26 novembre 2003 del Senato della Repubblica, contenente l'approvazione della proposta della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari. Sul punto parte attrice eccepiva l'illegittimita' di tale delibera e, conseguentemente, chiedeva che l'organo giudicante adito proponesse ricorso per conflitto di attribuzione fra Poteri dello Stato innanzi alla Corte costituzionale. Con ordinanza del 12 marzo 2004 il giudice unico, ritenuta la necessita', ai fini della definizione del giudizio, di sollevare conflitto di attribuzione nei confronti del Senato della Repubblica innanzi alla Corte costituzionale avverso la deliberazione suddetta, rimetteva la causa sul ruolo e sospendeva il giudizio ex art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87. D i r i t t o Ad avviso di questo giudice la deliberazione del Senato della Repubblica in data 26 novembre 2003, avendo erroneamente ritenuto, con riferimento ai fatti di causa, l'insindacabilita' delle opinioni espresse dal senatore D'Ambrosio nell'esercizio delle sue funzioni, eccede la sfera delle attribuzioni dell'organo legislativo ed integra illegittimo esercizio del potere parlamentare in relazione all'art. 68 Cost., per violazione dei relativi presupposti applicativi, cosi' da determinare l'ingiusta menomazione della sfera delle attribuzioni costituzionalmente assegnate al potere giurisdizionale, inibendo, nella specie, l'esame di una domanda di tutela risarcitoria civile ritualmente proposta. E' noto che l'insindacabilita' sancita dall'art. 68 Cost. individua una garanzia a tutela della liberta' e dell'indipendenza della funzione parlamentare, configurando in capo a coloro, i quali hanno ricevuto il mandato parlamentare, un'immunita' sostanziale (e non meramente processuale) per le opinioni espresse «nell'esercizio delle loro funzioni». Il collegamento, anche indiretto, con l'attivita' parlamentare svolta rimuove gia' sul piano obiettivo l'antigiuridicita' del comportamento tenuto, giacche' costituisce causa di giustificazione dell'eventuale lesione di interessi altrui. Non si tratta, pertanto, di una causa personale di esclusione della punibilita', ma dell'esercizio di un diritto di critica, per taluni «qualificato», che tutela l'intera assemblea parlamentare prima ancora del singolo eletto e che costituisce esplicazione del principio della libera manifestazione del pensiero contenuto nell'art. 21 della nostra Carta fondamentale. Il richiamo alla funzione parlamentare, tuttavia, costituisce al contempo sia la ratio della disposizione costituzionale sia un limite all'applicazione della stessa, la quale, qualora ne prescindesse, si trasformerebbe in norma di privilegio anzicche' di garanzia. Va, pertanto, condiviso il rigore con il quale la giurisprudenza costituzionale ha inteso tale presupposto. L'iter argomentativo seguito sul punto dalla Corte parte dalla riflessione sul significato del termine «funzione», che nel linguaggio e nel sistema della Costituzione non indica «... generiche finalita', ma riguarda ambiti e modi giuridicamente definiti: e questo vale anche per la funzione parlamentare, ancorche' essa si connoti per il suo carattere non «specializzato» (Corte cost. n. 375 del 1997, richiamata anche da Corte cost. n. 10 del 2000). L'insindacabilita', dunque, non puo' riguardare l'intera attivita' politica svolta dal parlamentare, ma soltanto quella connessa, anche solo indirettamente, allo svolgimento di attivita' parlamentare. In tal senso e' chiarissima Corte cost. n. l0 del 2000: il nesso funzionale deve qualificarsi non come «semplice collegamento di argomento o di contesto fra attivita' parlamentare e dichiarazione, ma come identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare» (ed ancora piu' esplicitamente «l'interpretazione del primo comma dell'art. 68 porta infatti ad escludere, per non trasformare la prerogativa in privilegio personale, che sia compresa nella insindacabilita' tutta la complessa attivita' politica che il singolo membro del Parlamento pone in essere, rientrandovi invece soltanto quella che si manifesta attraverso l'esercizio delle funzioni parlamentari»). Ne' si puo' contestare la perdurante validita' di tali conclusioni all'indomani dell'entrata in vigore della legge n. 140 del 20 giugno 2003. Sul punto, infatti, il quadro normativo non e' mutato. La recente legge appena richiamata ha precisato con forza quanto, peraltro, gia' acquisito dalla dottrina e giurisprudenza costituzionale in ordine all'irrilevanza, ai fini dell'applicazione dell'art. 68, del luogo nel quale le dichiarazioni del parlamentare vengono pronunciate (nel 2000, ben tre anni prima dell'entrata in vigore della legge n. 140/2003, la Corte costituzionale, con sent. n. 11, aveva definito «... Superata ormai, in ragione dei fattori di trasformazione della comunicazione politica nella societa' contemporanea, la tradizionale interpretazione che considerava compiuti nell'esercizio delle funzioni parlamentari - e quindi coperti dall'immunita' che appunto garantisce l'immunita' delle Camere - i soli atti svolti all'interno dei vari organi parlamentari o anche paraparlamentari...»), ma non ha in alcun modo inciso sulla disciplina dell'immunita' (se non per gli aspetti processualistici) ed in particolare sul requisito del «nesso funzionale» (comunque richiamato al comma 1 dell'art. 3) che tuttora giustifica l'immunita' sostanziale del parlamentare. Ne' avrebbe potuto, stante la sua natura di legge ordinaria, che non consente certo di modificare precetti costituzionali. In proposito la giunta ha sostenuto che «dalla Corte costituzionale vengono antichi precetti interpretativi, che inducono a non valutare i principi costituzionale in un vuoto pneumatico, bensi' alla luce proprio del contesto ordinamentale e della legislazione attuativa: essa rappresenta un inestimabile supporto ermeneutico, che prevedibilmente rendera' superati i "paletti,, che in altro contesto - di colpevole assenza di statuizioni di diritto positivo - furono dettati dalla Corte costituzionale nelle sentenze nn. 10 ed 11 del 2000». Ad avviso del ricorrente, tuttavia, tale affermazione merita una precisazione. Invero, non sussiste alcun dubbio sulla necessita' di un'interpretazione sistematica ed assiologica di una qualunque norma, anche costituzionale, ma l'intera operazione ermeneutica va sempre condotta nell'ambito di quel sistema di valori che nel nostro ordinamento trova un riscontro positivo proprio nella Costituzione repubblicana. Il che significa che e' anzitutto la legislazione ordinaria a dover essere interpretata sullo sfondo della legalita' costituzionale, la quale verrebbe sicuramente disattesa qualora si riconoscesse alla via interpretativa (di una specifica legge ordinaria!) una funzione surrogatoria del procedimento di revisione descritto dall'art. 138 della nostra Carta fondamentale. Venendo al caso di specie, la giunta delle elezioni e immunita' parlamentari del Senato, nel motivare l'insindacabilita' delle dichiarazioni rese dal senatore D'Ambrosio, ha ritenuto che tali espressioni «...sono l'estrinsecazione di un mandato politico di controllo sulla gestione pubblica, trattandosi di episodi che rientrerebbero nel contesto di "cattiva amministrazione,, contro cui la carriera pubblica e politica del senatore eletto nel collegio di Isernia si e' andata sviluppando»; «stabilire condizioni minime di trasparenza in ordine alla gestione della sanita' molisana...» sarebbe compito non solo degli attori istituzionali, ma, nell'ambito delle rispettive funzioni, di tutti gli attori politici locali. Le denunzie del senatore, peraltro, - continua la giunta - non avrebbero in alcun modo danneggiato l'immagine della societa' attrice, la quale, anzi, sarebbe stata messa in condizione di «precisare pubblicamente che nel pagamento delle prestazioni non ha mai beneficiato di favoritismi». In proposito appaiono, tuttavia, necessarie talune considerazioni. Preliminarmente va chiarito che non e' compito della Camera di appartenenza del parlamentare esprimere valutazioni in ordine alla potenzialita' diffamatoria delle dichiarazioni del suo membro. Ne' cio' costituisce oggetto del presente conflitto (Corte cost., sent. n. 11 del 2000: «In questa sede non spetta invero alla Corte di accertare la sussistenza o meno delle responsabilita' dedotte in giudizio, ma piuttosto di accertare, trattandosi di un conflitto per menomazione, se vi sia stata una illegittima interferenza nella sfera del potere ricorrente, verificando l'eventuale sussistenza di vizi del procedimento, ovvero l'omessa o erronea valutazione delle condizioni e dei presupposti richiesti dall'art. 68, primo comma, della Costituzione»). Alla Camera spetta, invero, la sola valutazione in ordine alla riconducibilita' di tali dichiarazioni alla funzione parlamentare concretamente espletata (e non ad una astrattamente espletabile) dal suo membro. Trattasi, come ampiamente chiarito, di una valutazione, che, lungi da ogni arbitrio, deve attenersi alla normativa costituzionale vigente, cosi' come interpretata dalla oramai consolidata giurisprudenza costituzionale. Cio' comporta che le dichiarazioni espresse dal parlamentare debbono essere in qualche modo collegate ad un'attivita' «parlamentare» specificamente svolta dallo stesso, non essendo sufficiente la ricorrenza di un generico contesto politico ne' la rilevanza pubblica dell'argomento trattato. Da un tale collegamento, seppure ad atti lato sensu parlamentari, prescinde del tutto il pronunciamento della giunta, la quale si limita ad un generico richiamo alla «carriera pubblica e politica del senatore». Manca, in altri termini, l'indicazione della concreta attivita' parlamentare rispetto alla quale porre in connessione le dichiarazioni del senatore di cui si assume l'insindacabilita'. La necessita' di una tale indicazione trova, peraltro, conferma implicita nella stessa linea difensiva del parlamentare, il quale in comparsa di costituzione ha rappresentato che «... sui medesimi fatti, come tra l'altro espressamente riconosciuto dall'attore, e' stata esperita anche, in data 24 marzo 2003, interrogazione urgente, contraddistinta dal Prot. n. 1796 (doc. V)». Sennonche', dall'esame degli atti prodotti in giudizio e' emerso che tale interrogazione (il cui numero di protocollo e', peraltro, il 1786) e' stata si' presentata, ma al Presidente della Giunta Regionale del Molise (e non al Senato) e, comunque, dal consigliere regionale Di Pasquale (e non dal convenuto). Nessuna attivita' parlamentare, pertanto, risulta compiuta dal senatore in ordine ai fatti oggetto di causa; neppure una mera richiesta di interrogazione e' stata mai presentata al Presidente del Senato, la quale, come statuito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 379 del 2003, sarebbe stata di per se' sufficiente, quand'anche non ammessa dal Presidente, per ritenere esercitata la funzione parlamentare, pur non costituendone atto tipico. Il che comprova, ad avviso del ricorrente, la violazione e l'erronea applicazione dell'art. 68 Cost. da parte del Senato, la cui illegittima deliberazione, pertanto, nel sottrarre ingiustamente alla tutela giudiziaria civile la pretesa risarcitoria di un soggetto che si assume leso dal comportamento del senatore D'Ambrosio, lede le prerogative costituzionali di garanzia dei diritti assegnate alla giurisdizione. Non si puo', in definitiva, condividere l'interpretazione estensiva del «nesso funzionale» proposta dalla giunta, perche' ne svuoterebbe la portata «selettiva» rispetto all'ambito di applicazione dell'art. 68, ponendolo in insanabile contrasto con quei principi individualizzanti del nostro ordinamento giuridico espressi dagli articoli 3, 24 e 101 Costituzione. Nessuna tutela, invero, verrebbe riconosciuta ad un soggetto comune nei confronti di un parlamentare che si potrebbe servire dello «scudo immunitario» anche per attivita' non riconducibili alla sua funzione parlamentare, cosi' indossando le vesti di soggetto privilegiato piuttosto che garantito, con grave menomazione delle attribuzioni del Potere giudiziario cosi' come individuate dall'impianto costituzionale vigente.
P. Q. M. Il Tribunale di Isernia, visti gli articoli 134 Cost., 37 legge 11 marzo 1953, n. 87, 26 delibera della Corte costituzionale 16 marzo 1956 e 3 legge 20 giugno 2003, n. 140; Solleva conflitto di attribuzione avverso la deliberazione adottata dal Senato della Repubblica nella seduta del 26 novembre 2003, con la quale e' stato ritenuto applicabile l'art. 68, comma 1, della Costituzione nei confronti del senatore Alfredo D'Ambrosio in relazione ai fatti dedotti nel giudizio civile n. 498/2003 r.g.a.c., e Chiede che l'ecc.ma Corte adita voglia, previo giudizio di ammissibilita', dichiarare che non spettava al Senato della Repubblica la valutazione di insindacabilita' della condotta attribuita al senatore Alfredo D'Ambrosio, in quanto estranea alla previsione dell'art. 68, comma 1, Cost., e, per l'effetto, annullare la deliberazione sopra citata. Dispone che la cancelleria in sede provveda: all'immediata trasmissione degli atti del processo in copia conforme e al deposito, unitamente al presente ricorso, nella cancelleria della Corte costituzionale, nonche' alla comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; in esito alla decisione preliminare di ammissibilita', alla notifica del ricorso, in uno all'ordinanza di ammissibilita', agli organi interessati secondo quanto sara' disposto dalla Corte costituzionale ed al successivo deposito del ricorso notificato, con la prova delle avvenute notificazioni, nella cancelleria della Corte, entro venti giorni dall'ultima notificazione. Isernia, addi' 12 marzo 2004 Il giudice: Federici Avvertenza L'ammissibilita' del presente conflitto e' stata decisa con ordinanza n. 178/2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª serie speciale, n. 19 dell'11 maggio 2005. 05C0693