N. 26 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 13 giugno 2005

Ricorso   per  conflitto  di  attribuzione  tra  Poteri  dello  Stato
depositato  in  cancelleria  il  13  giugno  2005  (del  Tribunale di
Isernia)
Parlamento  -  Immunita'  parlamentari  -  Giudizio  civile  promosso
  dall'Istituto   Neurologico   Mediterraneo   Neuromed   s.r.l.  nei
  confronti  del senatore Alfredo D'Ambrosio ed altri - Deliberazione
  di  insindacabilita'  del  Senato  della Repubblica in relazione ai
  fatti  attribuiti  al  parlamentare - Conflitto di attribuzione tra
  poteri  dello Stato sollevato dal Tribunale di Isernia - Denunciata
  mancanza  di  nesso  funzionale  tra opinioni espresse ed attivita'
  parlamentari.
- Deliberazione del Senato della Repubblica del 26 novembre 2003.
- Costituzione, art. 68, primo comma.
- Ricorrente: Tribunale di Isernia.
(GU n.26 del 29-6-2005 )
    Il  Tribunale  di  Isernia,  in  composizione monocratica e nella
persona del Giudice unico Italo Federici, letti gli atti del giudizio
civile   n. 498/2003   r.g.a.c.  promosso  dall'Istituto  Neurologico
Mediterraneo  Neuromed  S.r.l.  contro  D'Ambrosio  Alfredo ed altri;
espone quanto segue.

                              F a t t o

    Con  atto  di  citazione  notificato  in  date 24-26 giugno 2003,
l'Istituto  Neurologico  Mediterraneo Neuromed S.r.l., in persona del
legale  rappresentante  pro tempore, conveniva in giudizio innanzi al
Tribunale di Isernia il senatore della Repubblica Alfredo D'Ambrosio,
la Radio Tele Molise S.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore,  Emanuela  Petescia,  Vincenzo Di Gaetano, Giovanni Di Tota,
Gianni  Tomeo  e  il  Movimento  Politico  Iniziativa Democratica, in
persona del suo legale rappresentante pro tempore.
    Deduceva la Societa' attrice che:
        in  data  24  febbraio  2003 il Movimento Politico Iniziativa
Democratica, di cui il sen. D'Ambrosio si assume essere il principale
esponente,   diramava  un  comunicato  stampa,  riportato  il  giorno
successivo  dal quotidiano «Oggi nuovo Molise», dal titolo «Conflitto
di  interessi,  il  Senatore  D'Ambrosio chiede le dimissioni di Aldo
Patriciello  ed  il  Ricorso  al  Consiglio  di Stato», con il quale,
evidenziando  gli stretti legami fra il vice presidente della Regione
Molise Aldo Patriciello e la societa' attrice, denunciava favoritismi
nei  confronti  di  quest'ultima, ledendone gravemente l'immagine. In
particolare  si leggeva: «In sostanza ci chiediamo come sia possibile
rappresentare  l'Esecutivo  regionale, in veste di Vice-presidente e,
nello  stesso  tempo,  avere  forti  interessi  familiari  diretti  o
indiretti  nel  mondo  della Sanita' proprio nell'Istituto Neuromed e
ricorrere  al  tribunale  amministrativo  contro  gli interessi della
regione.   Chi  rappresenta  Patriciello:  la  Regione  Molise  o  la
Neuromed?  E  se  rappresenta la Neuromed, come puo' chiedere i soldi
alla regione?».
        il  giorno 17 aprile 2003 il Movimento Iniziativa Democratica
diramava  un  ulteriore  comunicato  stampa, nel quale sosteneva: «Il
Direttore  generale  della Direzione generale V della Regione Molise,
avv. Giovanni  Di  Renzo,  quanto  a solerzia e zelo professionale e'
stato  piu'  veloce della luce. In questi ultimi tempi, l'avvocato Di
Renzo  si  e'  distinto, appunto, per l'incredibile celerita' con cui
adotta    determinazioni    dirigenziali,   come   nel   caso   delle
determinazioni  n. 9  del  1° aprile 2003, assumendo impegno di spesa
n. 368  del 1° aprile 2003 e mandato di pagamento n. 980 del 3 aprile
2003  per  complessivi  Euro  3.920.000,00,  con la solita «velocita'
della  luce»  ...  cio'  che piu' inquieta, quindi, e' l'impegno e la
regolarita'  che  spinge  questo dirigente ad adottare simili atti...
infatti  se  dovesse rispondere al vero quanto sopra riportato, tutto
cio' configurerebbe abuso di ufficio o comunque illecito contabile...
sembra  ancor  piu'  inquietante  la  circostanza  che tale velocita'
amministrativa  abbia riguardato un atto destinato alla Neuromed (con
pagamento  contante  di  circa  otto  miliardi  delle vecchie lire) a
fronte delle tantissime richieste prioritarie e urgenti nel campo dei
servizi  molisani,  richieste  impossibili da evadere per mancanza di
liquidita'...   la   questione   chiama  dunque  di  nuovo  in  causa
prepotentemente  il  problema  del  Conflitto  di  interessi del Vice
Presidente della giunta regionale Aldo Patriciello»;
        il  giorno successivo l'emittente Telemolise, nel corso delle
diverse  edizioni  del  telegiornale,  mandava in onda un servizio di
Enzo Di Gaetano, il quale, dopo aver riproposto le tesi sostenute nel
comunicato  stampa  sopra  riportato,  intervistava  sulla vicenda il
senatore  D'Ambrosio.  Questi dichiarava: «Un problema del genere non
si puo' ignorare. Questo dirigente tra l'altro non e' la prima volta.
In  passato Di Renzo aveva autorizzato dei posti letto a favore della
struttura  di  Salcito, quando la stessa struttura con la gestione S.
Francesco  di  Assisi per anni non c'era riuscita. Cambia la gestione
entra  Neuromed  e  subito  rilascia  una autorizzazione per 60 posti
letto.  A seguito di questo fatto produce un'altra determina di circa
8  miliardi  delle  vecchie lire in un capitolo inesistente, dove non
c'e'  copertura.  In  assenza di un OK, un parere dell'assessore alla
Sanita'  e  quello  del  Bilancio  e  Personale. La magistratura deve
metterci  le  mani per fare chiarezza. Se dovesse essere cosi', ed io
so  che  e'  cosi', credo che il dirigente deve essere allontanato da
quel settore. Qui ci troviamo di fronte ad illecito contabile e abuso
di ufficio...».
          in  data  19  aprile  2003  il quotidiano Oggi Nuovo Molise
pubblicava in prima pagina un articolo nel quale si sosteneva che «il
direttore dell'ASL di Campobasso, avv. Di Renzo avrebbe provveduto un
fulmineo  provvedimento  ignorando  la  lunga lista dei creditori non
ancora  soddisfatti  dalla stessa ASL, un'erogazione di otto miliardi
di  vecchie  lire  in  favore  della  Neuromed.  Peraltro la delibera
assunta,  secondo  quanto afferma il senatore D'Ambrosio dalla ASL di
Campobasso  non  aveva  voce  di  copertura nel bilancio della stessa
ASL», ipotizzando poi gli estremi del reato di abuso di ufficio;
        in  data  24  aprile 2003 l'emittente Telemolise (della quale
Manuela Petescia e' direttrice responsabile e Radio Telemolise S.r.l.
e'  editrice)  trasmetteva il programma «Figaro», nel corso del quale
il  conduttore  Enzo  Di  Gaetano  si  rivolgeva  al sen. D'Ambrosio,
affermando  «Lei  con  un  comunicato stampa aveva parlato di scenari
inquietanti,  ma  non  tutti  ne  hanno  parlato...  ma  quale  e' il
contenuto   di   questo   comunicato   stampa?».  Il  senatore  cosi'
rispondeva:  «il  Dirigente  Generale della Sanita' aveva previsto il
pagamento  di  8 miliardi di vecchie lire in favore della Neuromed...
non  ha  fatto  il  suo dovere... mi ha impressionato la celerita' di
questo  dirigente...  mentre tutti gli altri attendono, una struttura
che ha il rappresentante a livello regionale riesce ad avere cio' che
chiede»;
        il giorno 9 maggio 2003 il giornalista di Telemolise Giovanni
Di Tota, nell'edizione del telegiornale delle ore 14, dichiarava: «il
senatore  D'Ambrosio avrebbe inoltrato due lettere alla Procura della
Repubblica  di  Campobasso  e  di  Isernia...  in quella inviata alla
Procura della Repubblica di Campobasso, D'Ambrosio avrebbe chiesto di
conoscere  la correttezza della procedura amministrativa con la quale
la  regione  avrebbe  pagato  diversi  milioni di euro per competenze
arretrate all'istituto Neuromed di Pozzilli».
    Tanto  premesso,  l'Istituto  Neurologico  Mediterraneo  Neuromed
S.r.l. denunciava una campagna diffamatoria nei suoi confronti, posta
in   essere  dai  convenuti,  resa  ancor  piu'  evidente  da  talune
circostanze non richiamate negli episodi su riportati. In particolare
chiariva,   da  un  lato,  che  il  pagamento  della  somma  di  euro
3.920.000,00   (mandato  n. 980  del  3  aprile  2003)  rappresentava
l'adempimento  dell'ordinanza n. 25/2003, provvisoriamente esecutiva,
emessa  ex  art. 2l  legge  n. l034/1971 dal TAR Molise nei confronti
della  Regione Molise, dall'altro, che l'on. Aldo Patriciello non era
mai stato socio ne' amministratore della Neuromed.
    Conseguentemente chiedeva, previa declaratoria di responsabilita'
ex  art. 2049  c.c.  per  i  fatti  oggetto di causa, la condanna dei
convenuti  al risarcimento dei danni sofferti, patrimoniali e non, al
pagamento  di  una  somma  a  titolo  di riparazione pecuniaria, alla
pubblicazione  della  sentenza  di  condanna  su  due  quotidiani  di
tiratura  nazionale  e  su  due  a  tiratura regionale per due giorni
consecutivi, oltre a spese di giudizio.
    Con   comparsa   del   4   dicembre   2003   si   costituiva   il
sen. D'Ambrosio,    il    quale   chiedeva,   in   via   preliminare,
l'applicabilita'  dell'art. 68,  primo  comma, della Costituzione, ai
sensi  e  per  gli  effetti dell'art. 3 legge n. 140/2003, per essere
state,  le  affermazioni  ritenute  diffamatorie, rese nell'esercizio
dell'attivita'  politica di Senatore della Repubblica; nel merito, il
rigetto  della domanda perche' infondata. In particolare produceva in
giudizio,  dapprima, la relazione della Giunta delle Elezioni e delle
Immunita'  Parlamentari  del  Senato (doc. IV-quater n. 19 comunicata
alla  Presidenza  il  19  novembre  2003),  la quale proponeva «... a
maggioranza  di  dichiarare  che  i  fatti  oggetto  del procedimento
concernono   opinioni   espresse   da   un   membro   del  Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni e ricadono pertanto nell'ipotesi di
cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione»; eppoi, all'udienza
di  precisazione  delle conclusioni del 20 gennaio 2004, il resoconto
sommario  e stenografico della seduta pubblica n. 496 del 26 novembre
2003  del  Senato  della  Repubblica, contenente l'approvazione della
proposta della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari.
    Sul   punto  parte  attrice  eccepiva  l'illegittimita'  di  tale
delibera  e, conseguentemente, chiedeva che l'organo giudicante adito
proponesse  ricorso  per  conflitto  di attribuzione fra Poteri dello
Stato innanzi alla Corte costituzionale.
    Con  ordinanza  del  12  marzo 2004 il giudice unico, ritenuta la
necessita',  ai  fini  della  definizione  del giudizio, di sollevare
conflitto  di  attribuzione nei confronti del Senato della Repubblica
innanzi  alla Corte costituzionale avverso la deliberazione suddetta,
rimetteva  la  causa  sul  ruolo  e sospendeva il giudizio ex art. 23
legge 11 marzo 1953, n. 87.

                            D i r i t t o

    Ad  avviso  di  questo  giudice la deliberazione del Senato della
Repubblica  in  data  26 novembre 2003, avendo erroneamente ritenuto,
con  riferimento ai fatti di causa, l'insindacabilita' delle opinioni
espresse  dal  senatore D'Ambrosio nell'esercizio delle sue funzioni,
eccede la sfera delle attribuzioni dell'organo legislativo ed integra
illegittimo   esercizio   del   potere   parlamentare   in  relazione
all'art. 68   Cost.,   per   violazione   dei   relativi  presupposti
applicativi,  cosi' da determinare l'ingiusta menomazione della sfera
delle    attribuzioni    costituzionalmente   assegnate   al   potere
giurisdizionale,  inibendo,  nella  specie, l'esame di una domanda di
tutela risarcitoria civile ritualmente proposta.
    E'   noto   che  l'insindacabilita'  sancita  dall'art. 68  Cost.
individua  una  garanzia  a tutela della liberta' e dell'indipendenza
della  funzione  parlamentare, configurando in capo a coloro, i quali
hanno  ricevuto  il mandato parlamentare, un'immunita' sostanziale (e
non  meramente  processuale) per le opinioni espresse «nell'esercizio
delle   loro   funzioni».   Il  collegamento,  anche  indiretto,  con
l'attivita'  parlamentare  svolta  rimuove  gia'  sul piano obiettivo
l'antigiuridicita'  del  comportamento  tenuto,  giacche' costituisce
causa  di giustificazione dell'eventuale lesione di interessi altrui.
Non  si  tratta, pertanto, di una causa personale di esclusione della
punibilita',  ma  dell'esercizio di un diritto di critica, per taluni
«qualificato»,  che  tutela  l'intera  assemblea  parlamentare  prima
ancora   del  singolo  eletto  e  che  costituisce  esplicazione  del
principio   della   libera   manifestazione  del  pensiero  contenuto
nell'art. 21 della nostra Carta fondamentale.
    Il  richiamo alla funzione parlamentare, tuttavia, costituisce al
contempo sia la ratio della disposizione costituzionale sia un limite
all'applicazione  della stessa, la quale, qualora ne prescindesse, si
trasformerebbe  in  norma  di  privilegio  anzicche' di garanzia. Va,
pertanto,   condiviso  il  rigore  con  il  quale  la  giurisprudenza
costituzionale  ha  inteso  tale  presupposto.  L'iter  argomentativo
seguito sul punto dalla Corte parte dalla riflessione sul significato
del  termine  «funzione»,  che  nel  linguaggio  e  nel sistema della
Costituzione  non indica «... generiche finalita', ma riguarda ambiti
e  modi  giuridicamente definiti: e questo vale anche per la funzione
parlamentare,  ancorche'  essa  si  connoti  per il suo carattere non
«specializzato»  (Corte  cost.  n. 375  del 1997, richiamata anche da
Corte  cost.  n. 10  del  2000). L'insindacabilita', dunque, non puo'
riguardare  l'intera  attivita'  politica svolta dal parlamentare, ma
soltanto quella connessa, anche solo indirettamente, allo svolgimento
di  attivita'  parlamentare.  In tal senso e' chiarissima Corte cost.
n. l0  del  2000:  il  nesso  funzionale  deve  qualificarsi non come
«semplice  collegamento  di  argomento  o  di  contesto fra attivita'
parlamentare   e   dichiarazione,  ma  come  identificabilita'  della
dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare» (ed
ancora   piu'   esplicitamente  «l'interpretazione  del  primo  comma
dell'art. 68  porta  infatti  ad  escludere,  per  non trasformare la
prerogativa   in   privilegio   personale,  che  sia  compresa  nella
insindacabilita' tutta la complessa attivita' politica che il singolo
membro  del  Parlamento  pone in essere, rientrandovi invece soltanto
quella   che  si  manifesta  attraverso  l'esercizio  delle  funzioni
parlamentari»).  Ne'  si  puo'  contestare la perdurante validita' di
tali  conclusioni  all'indomani  dell'entrata  in  vigore della legge
n. 140  del  20  giugno 2003. Sul punto, infatti, il quadro normativo
non  e'  mutato.  La recente legge appena richiamata ha precisato con
forza   quanto,   peraltro,   gia'   acquisito   dalla   dottrina   e
giurisprudenza  costituzionale  in  ordine  all'irrilevanza,  ai fini
dell'applicazione  dell'art. 68, del luogo nel quale le dichiarazioni
del  parlamentare  vengono  pronunciate (nel 2000, ben tre anni prima
dell'entrata   in   vigore   della   legge   n. 140/2003,   la  Corte
costituzionale,  con sent. n. 11, aveva definito «... Superata ormai,
in ragione dei fattori di trasformazione della comunicazione politica
nella  societa'  contemporanea,  la  tradizionale interpretazione che
considerava  compiuti  nell'esercizio delle funzioni parlamentari - e
quindi  coperti  dall'immunita'  che  appunto  garantisce l'immunita'
delle  Camere  -  i  soli  atti  svolti  all'interno  dei vari organi
parlamentari  o  anche paraparlamentari...»), ma non ha in alcun modo
inciso  sulla  disciplina  dell'immunita'  (se  non  per  gli aspetti
processualistici)   ed   in  particolare  sul  requisito  del  «nesso
funzionale»  (comunque richiamato al comma 1 dell'art. 3) che tuttora
giustifica  l'immunita'  sostanziale  del  parlamentare.  Ne' avrebbe
potuto,  stante  la  sua  natura di legge ordinaria, che non consente
certo  di  modificare precetti costituzionali. In proposito la giunta
ha sostenuto che «dalla Corte costituzionale vengono antichi precetti
interpretativi, che inducono a non valutare i principi costituzionale
in  un  vuoto  pneumatico,  bensi'  alla  luce  proprio  del contesto
ordinamentale  e  della  legislazione  attuativa: essa rappresenta un
inestimabile   supporto  ermeneutico,  che  prevedibilmente  rendera'
superati i "paletti,, che in altro contesto - di colpevole assenza di
statuizioni   di  diritto  positivo  -  furono  dettati  dalla  Corte
costituzionale nelle sentenze nn. 10 ed 11 del 2000».
    Ad  avviso del ricorrente, tuttavia, tale affermazione merita una
precisazione.  Invero,  non sussiste alcun dubbio sulla necessita' di
un'interpretazione sistematica ed assiologica di una qualunque norma,
anche  costituzionale,  ma  l'intera operazione ermeneutica va sempre
condotta  nell'ambito  di  quel  sistema  di  valori  che  nel nostro
ordinamento  trova  un  riscontro positivo proprio nella Costituzione
repubblicana.  Il  che  significa  che  e'  anzitutto la legislazione
ordinaria  a  dover  essere interpretata sullo sfondo della legalita'
costituzionale,  la  quale  verrebbe sicuramente disattesa qualora si
riconoscesse   alla   via  interpretativa  (di  una  specifica  legge
ordinaria!)  una  funzione surrogatoria del procedimento di revisione
descritto dall'art. 138 della nostra Carta fondamentale.
    Venendo  al  caso di specie, la giunta delle elezioni e immunita'
parlamentari   del  Senato,  nel  motivare  l'insindacabilita'  delle
dichiarazioni  rese  dal  senatore  D'Ambrosio,  ha ritenuto che tali
espressioni  «...sono  l'estrinsecazione  di  un  mandato politico di
controllo   sulla  gestione  pubblica,  trattandosi  di  episodi  che
rientrerebbero  nel contesto di "cattiva amministrazione,, contro cui
la  carriera  pubblica e politica del senatore eletto nel collegio di
Isernia  si  e'  andata sviluppando»; «stabilire condizioni minime di
trasparenza  in  ordine  alla  gestione  della  sanita'  molisana...»
sarebbe  compito non solo degli attori istituzionali, ma, nell'ambito
delle  rispettive  funzioni,  di tutti gli attori politici locali. Le
denunzie del senatore, peraltro, - continua la giunta - non avrebbero
in  alcun  modo  danneggiato  l'immagine  della  societa' attrice, la
quale,   anzi,  sarebbe  stata  messa  in  condizione  di  «precisare
pubblicamente   che  nel  pagamento  delle  prestazioni  non  ha  mai
beneficiato di favoritismi».
    In    proposito    appaiono,    tuttavia,    necessarie    talune
considerazioni.  Preliminarmente va chiarito che non e' compito della
Camera  di  appartenenza  del  parlamentare  esprimere valutazioni in
ordine  alla  potenzialita'  diffamatoria delle dichiarazioni del suo
membro.  Ne'  cio'  costituisce oggetto del presente conflitto (Corte
cost.,  sent.  n. 11 del 2000: «In questa sede non spetta invero alla
Corte  di  accertare  la  sussistenza  o  meno  delle responsabilita'
dedotte  in  giudizio,  ma  piuttosto di accertare, trattandosi di un
conflitto   per   menomazione,   se  vi  sia  stata  una  illegittima
interferenza   nella   sfera   del   potere  ricorrente,  verificando
l'eventuale  sussistenza  di vizi del procedimento, ovvero l'omessa o
erronea  valutazione  delle  condizioni  e  dei presupposti richiesti
dall'art. 68,  primo comma, della Costituzione»). Alla Camera spetta,
invero,  la  sola valutazione in ordine alla riconducibilita' di tali
dichiarazioni  alla  funzione parlamentare concretamente espletata (e
non  ad una astrattamente espletabile) dal suo membro. Trattasi, come
ampiamente chiarito, di una valutazione, che, lungi da ogni arbitrio,
deve  attenersi  alla  normativa  costituzionale  vigente, cosi' come
interpretata  dalla oramai consolidata giurisprudenza costituzionale.
Cio'  comporta che le dichiarazioni espresse dal parlamentare debbono
essere  in  qualche  modo  collegate  ad  un'attivita' «parlamentare»
specificamente  svolta  dallo  stesso,  non  essendo  sufficiente  la
ricorrenza di un generico contesto politico ne' la rilevanza pubblica
dell'argomento  trattato.  Da  un  tale collegamento, seppure ad atti
lato  sensu parlamentari, prescinde del tutto il pronunciamento della
giunta,  la  quale  si  limita ad un generico richiamo alla «carriera
pubblica   e   politica  del  senatore».  Manca,  in  altri  termini,
l'indicazione  della  concreta  attivita'  parlamentare rispetto alla
quale  porre  in  connessione le dichiarazioni del senatore di cui si
assume  l'insindacabilita'.  La  necessita'  di  una tale indicazione
trova,  peraltro, conferma implicita nella stessa linea difensiva del
parlamentare,  il  quale in comparsa di costituzione ha rappresentato
che   «...   sui  medesimi  fatti,  come  tra  l'altro  espressamente
riconosciuto  dall'attore,  e' stata esperita anche, in data 24 marzo
2003, interrogazione urgente, contraddistinta dal Prot. n. 1796 (doc.
V)». Sennonche', dall'esame degli atti prodotti in giudizio e' emerso
che tale interrogazione (il cui numero di protocollo e', peraltro, il
1786)  e'  stata  si'  presentata,  ma  al  Presidente  della  Giunta
Regionale  del  Molise (e non al Senato) e, comunque, dal consigliere
regionale  Di  Pasquale  (e  non  dal  convenuto).  Nessuna attivita'
parlamentare,  pertanto,  risulta  compiuta dal senatore in ordine ai
fatti  oggetto di causa; neppure una mera richiesta di interrogazione
e'  stata  mai  presentata  al  Presidente del Senato, la quale, come
statuito  dalla  Corte  costituzionale  con sentenza n. 379 del 2003,
sarebbe  stata  di  per  se' sufficiente, quand'anche non ammessa dal
Presidente, per ritenere esercitata la funzione parlamentare, pur non
costituendone atto tipico.
    Il  che  comprova,  ad  avviso  del  ricorrente,  la violazione e
l'erronea applicazione dell'art. 68 Cost. da parte del Senato, la cui
illegittima deliberazione, pertanto, nel sottrarre ingiustamente alla
tutela  giudiziaria civile la pretesa risarcitoria di un soggetto che
si  assume  leso  dal  comportamento del senatore D'Ambrosio, lede le
prerogative  costituzionali  di  garanzia  dei diritti assegnate alla
giurisdizione.
    Non   si   puo',  in  definitiva,  condividere  l'interpretazione
estensiva  del  «nesso  funzionale» proposta dalla giunta, perche' ne
svuoterebbe   la   portata   «selettiva»   rispetto   all'ambito   di
applicazione dell'art. 68, ponendolo in insanabile contrasto con quei
principi  individualizzanti del nostro ordinamento giuridico espressi
dagli  articoli  3,  24  e  101 Costituzione. Nessuna tutela, invero,
verrebbe  riconosciuta  ad  un  soggetto  comune  nei confronti di un
parlamentare  che si potrebbe servire dello «scudo immunitario» anche
per attivita' non riconducibili alla sua funzione parlamentare, cosi'
indossando le vesti di soggetto privilegiato piuttosto che garantito,
con grave menomazione delle attribuzioni del Potere giudiziario cosi'
come individuate dall'impianto costituzionale vigente.
                              P. Q. M.
    Il  Tribunale  di Isernia, visti gli articoli 134 Cost., 37 legge
11 marzo 1953, n. 87, 26 delibera della Corte costituzionale 16 marzo
1956 e 3 legge 20 giugno 2003, n. 140;
    Solleva   conflitto  di  attribuzione  avverso  la  deliberazione
adottata  dal  Senato  della  Repubblica nella seduta del 26 novembre
2003,  con la quale e' stato ritenuto applicabile l'art. 68, comma 1,
della  Costituzione  nei confronti del senatore Alfredo D'Ambrosio in
relazione  ai fatti dedotti nel giudizio civile n. 498/2003 r.g.a.c.,
e
    Chiede  che  l'ecc.ma  Corte  adita  voglia,  previo  giudizio di
ammissibilita',   dichiarare   che   non  spettava  al  Senato  della
Repubblica   la   valutazione   di  insindacabilita'  della  condotta
attribuita  al  senatore  Alfredo D'Ambrosio, in quanto estranea alla
previsione  dell'art. 68, comma 1, Cost., e, per l'effetto, annullare
la deliberazione sopra citata.
    Dispone che la cancelleria in sede provveda:
        all'immediata  trasmissione  degli atti del processo in copia
conforme  e  al  deposito,  unitamente  al  presente  ricorso,  nella
cancelleria della Corte costituzionale, nonche' alla comunicazione ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento;
        in  esito  alla decisione preliminare di ammissibilita', alla
notifica  del  ricorso,  in uno all'ordinanza di ammissibilita', agli
organi   interessati   secondo  quanto  sara'  disposto  dalla  Corte
costituzionale  ed al successivo deposito del ricorso notificato, con
la prova delle avvenute notificazioni, nella cancelleria della Corte,
entro venti giorni dall'ultima notificazione.
    Isernia, addi' 12 marzo 2004
                        Il giudice: Federici
Avvertenza
    L'ammissibilita'  del  presente  conflitto  e'  stata  decisa con
ordinanza n. 178/2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª serie
speciale, n. 19 dell'11 maggio 2005.
05C0693