N. 242 SENTENZA 20 - 24 giugno 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Giudizio  di  legittimita' costituzionale in via principale - Ricorso
  che  solleva  una  pluralita' di questioni - Trattazione separata -
  Riserva di separate pronunce.
Impresa - Interventi finanziari statali di potenziamento del capitale
  delle  imprese  medio-grandi  -  Istituzione  di  un fondo rotativo
  nazionale  gestito  dalla  Societa' Sviluppo Italia - Ricorso della
  Regione   Emilia-Romagna  -  Denunciata  lesione  delle  competenze
  legislative  e  amministrative  e  dell'autonomia finanziaria delle
  Regioni - Non fondatezza delle questioni.
- Legge  24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, commi 106, 107, 108, 109 e
  111.
- Costituzione, artt. 117, 118 e 119.
Impresa - Interventi finanziari statali di potenziamento del capitale
  delle  imprese  medio-grandi - Approvazione da parte del CIPE delle
  condizioni  e  modalita'  degli  interventi - Ricorso della Regione
  Emilia-Romagna    -    Mancato    coinvolgimento    delle   Regioni
  nell'esercizio  di funzioni attratte allo Stato per il principio di
  sussidiarieta'  -  Lesione  del principio di leale collaborazione -
  Necessita'  di  integrare  la  norma con la previsione della previa
  intesa  con la Conferenza permanente Stato-Regioni - Illegittimita'
  costituzionale in parte qua.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 110.
- Costituzione, artt. 117 e 118.
(GU n.26 del 29-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 4, commi da
106  a 111, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2004), promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna,
notificato  il 24 febbraio 2004, depositato in cancelleria il 4 marzo
2004 ed iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2004.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 2005 il giudice relatore
Ugo De Siervo;
    Uditi  gli  avvocati  Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e
Luigi  Manzi  per  la Regione Emilia-Romagna e l'avvocato dello Stato
Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso notificato il 24 febbraio 2004, depositato il
4 marzo  2004  e  iscritto al n. 33 del registro ricorsi del 2004, la
Regione Emilia-Romagna ha impugnato - tra gli altri - l'art. 4, commi
da  106 a 111, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2004),  per  violazione degli artt. 117, 118 e 119 della
Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione.
    Tali  disposizioni  -  premette  la  ricorrente - sono volte alla
istituzione  e  alla  disciplina  di un Fondo rotativo nazionale «per
effettuare  interventi  temporanei  di  potenziamento del capitale di
imprese  medio-grandi  che  presentino  nuovi  programmi di sviluppo,
anche  attraverso  la  sottoscrizione  di quote di minoranza di fondi
immobiliari chiusi che investono in esse».
    Secondo   la  Regione  Emilia-Romagna,  la  disciplina  impugnata
sarebbe   viziata  da  illegittimita'  costituzionale  in  quanto  le
provvidenze  in  essa  previste non potrebbero essere giustificate in
base  al  titolo  di  intervento  statale  contemplato dall'art. 117,
secondo  comma, lettera e), della Costituzione, concernente la tutela
della  concorrenza,  secondo  la  configurazione che a tale titolo ha
conferito la sentenza di questa Corte n. 14 del 2004.
    In  particolare, «la relativa modestia delle risorse allocate per
l'esercizio  in  corso  e  i  vincoli  comunitari agli aiuti di Stato
(preluderebbero)  ad  un  intervento  di  modesto  rilievo,  tale  da
escludere [...] che esso possa essere classificato tra gli «strumenti
di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero Paese»,
«finalizzati ad equilibrare il volume di risorse finanziarie inserite
nel  circuito  economico»  e  giustificati  per  la  loro  «rilevanza
macroeconomica»».  Solo  in  tale quadro, infatti, la citata sentenza
n. 14  avrebbe  affermato  la  facolta'  dello Stato «di adottare sia
specifiche  misure  di rilevante entita', sia regimi di aiuto ammessi
dall'ordinamento  comunitario  (fra  i  quali  gli aiuti de minimis),
purche'  siano  in ogni caso idonei, quanto ad accessibilita' a tutti
gli  operatori  ed a impatto complessivo, ad incidere sull'equilibrio
economico generale».
    In  subordine,  secondo  la  Regione  ricorrente  -  anche ove la
disciplina  impugnata  dovesse  essere considerata esente dalle sopra
menzionate censure di legittimita' costituzionale - essa non potrebbe
che essere ritenuta costituzionalmente illegittima nella parte in cui
regola  «le  modalita'  di  gestione delle misure previste», le quali
sarebbero contrastanti con i precetti costituzionali a causa del loro
carattere  spiccatamente  «centralistico»,  «in  quanto pretermettono
totalmente  le  Regioni». Infatti, - in relazione alla programmazione
degli  interventi  -  risulterebbe  lesiva  del  principio  di  leale
collaborazione la attribuzione al CIPE del «compito di fissare, senza
alcun  concorso delle Regioni, i criteri generali di valutazione e la
durata  massima  di  essi».  Al  riguardo,  osserva la ricorrente, la
individuazione  del  titolo di intervento statale in una materia c.d.
«trasversale»  comporterebbe  la  circostanza  che tale intervento si
esplichi  anche in relazione ad ambiti materiali regionali: di qui la
necessita'  di  adeguati  «strumenti  di  concertazione  e  di  leale
collaborazione tra lo Stato e le Regioni».
    Dal  punto  di  vista della gestione degli interventi, del resto,
sarebbe «ingiustificata e lesiva delle attribuzioni riconosciute alla
Regione  dall'art. 117  Cost.» - in quanto non ragionevole, congrua e
proporzionata - «la concentrazione della gestione degli interventi in
Sviluppo  Italia  S.p.a.»:  «sia  il  riparto  di  competenze  che il
principio   di   sussidiarieta»,  infatti,  richiederebbero  «che  le
funzioni  di  gestione  ed attuazione degli interventi siano affidate
alla  Regione»,  la  quale vi dovrebbe provvedere attraverso i propri
strumenti di intervento.
    2. - Si e' costituito in giudizio, per il tramite dell'Avvocatura
generale  dello  Stato,  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
affermando  di  voler  resistere  nei confronti di tutte le doglianze
esposte  nel  ricorso  introduttivo, riservandosi tuttavia - quanto a
quella  in  questa  sede  presa  in  considerazione  - di proporre le
relative argomentazioni in una successiva memoria.
    3.  -  In  data  15 febbraio  2005,  l'Avvocatura  dello Stato ha
depositato  una  memoria nella quale svolge argomentazioni a sostegno
della richiesta della declaratoria di infondatezza avanzata nell'atto
di costituzione.
    Al  riguardo,  la  memoria afferma che «la finalita' indicata dal
comma 106»,  ossia  «favorire  la  crescita economica», sarebbe stata
«piu'  esplicitamente puntualizzata dalla delibera CIPE 7 maggio 2004
[...]   con   l'espressione   «ovviare   al   problema  della  scarsa
capitalizzazione delle imprese»».
    La  difesa  dello  Stato  segnala,  inoltre,  che  con  l'art. 1,
comma 257   (rectius:   252),   la  legge  30 dicembre  2004,  n. 311
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato - legge finanziaria 2005) avrebbe aumentato a 55 milioni
di euro lo stanziamento per l'anno in corso.
    Quanto alla «modestia» degli importi, affermata dal ricorso della
Regione, la difesa erariale sostiene che si tratterebbe di interventi
«volutamente  "di  minoranza"»,  dunque non di ingenti dimensioni, «e
pero'  non modesti». Da tale dato quantitativo non potrebbe desumersi
la   illegittimita'   costituzionale   della  normativa  oggetto  del
giudizio, in quanto - prescindendo dalla valutazione dell'impatto dei
singoli provvedimenti - non potrebbe «aprioristicamente ritenersi che
l'insieme  degli  interventi  consentiti  dai commi in esame sia, sol
perche'   singolarmente   non   giganteschi,   di   limitato  impatto
sull'economia nazionale, e percio' solo, da riservare alle Regioni».
    La  difesa  erariale, inoltre, individua l'effettivo motivo delle
doglianze regionali nella circostanza che il comma 107 attribuisca la
gestione degli interventi in questione alla S.p.a. Sviluppo Italia, a
totale  partecipazione  statale,  e  non alla ERVET, «verosimilmente»
(secondo  l'Avvocatura) controllata dalla Regione ricorrente. Secondo
la  memoria  depositata  dal Presidente del Consiglio, tale doglianza
apparterrebbe  ad  «un  terreno  [...] poco congruo ad un giudizio di
legittimita' costituzionale».
    A  cio'  la  difesa  erariale  aggiunge che la infondatezza della
questione discenderebbe dalla considerazione secondo la quale sarebbe
«paradossale»,  nonche'  «insostenibile», la tesi - che sola potrebbe
condurre  ad  una differente conclusione - che lo Stato avrebbe perso
la  possibilita'  di  acquistare,  con  strumenti di diritto privato,
partecipazioni  societarie,  del  resto al momento dallo Stato stesso
ampiamente  detenute.  Unico  limite  che  verrebbe in evidenza nella
materia  in questione sarebbe quello dell'impossibilita', per ciascun
ente  territoriale, di affidare a societa' commerciali o a fondazioni
di  diritto privato «lo svolgimento di attivita' [...] sostitutive di
(o  al  piu'  concorrenziali  con) attivita' svolte nell'esercizio di
competenza amministrativa o giurisdizionale» attribuita ad altro ente
territoriale.  Tale  limite  non  sarebbe  stato  violato nel caso in
questione,  poiche'  nelle  norme  impugnate  sarebbero previste solo
«normali    acquisizioni    mobiliari   che   qualsiasi   investitore
istituzionale  [...]  o  addirittura  qualsiasi risparmiatore privato
potrebbero fare».
    Inoltre,  la  difesa  erariale sottolinea la non riconducibilita'
della  fattispecie  de  qua  alla  figura  della sovvenzione. Cio' in
quanto  la  acquisizione  di  partecipazioni  mobiliari comporterebbe
l'inserimento  di  valori  nel  patrimonio dell'acquirente, mentre la
sovvenzione e' priva di contropartita.
    Conseguentemente,  nel  presente caso si sarebbe «del tutto al di
fuori dell'ambito dell'art. 117 Cost.».
    Da  ultimo,  la  memoria  dell'Avvocatura  dello  Stato  - in via
subordinata   -   afferma   la   riconducibilita'  degli  «interventi
temporanei e di minoranza» in questione «alla competenza esclusiva in
tema  di  politica  economica  generale  e  tutela  della concorrenza
prevista   dall'art. 117,   comma  secondo,  lettera e),  Cost.».  Al
riguardo,  andrebbe  considerato  anche  «il  carattere  rotativo del
fondo»,  che lo renderebbe «idoneo ad operare da volano per una serie
aperta di interventi successivi».
    4.   -  Nella  memoria  presentata  in  prossimita'  dell'udienza
pubblica   la  Regione  Emilia-Romagna  ribadisce  i  propri  rilievi
relativi  alle  disposizioni  impugnate ed in particolare sostiene la
tesi  che  se  anche  fosse riconosciuta la liceita' di un intervento
statale   in   nome   della   «tutela   della  concorrenza»,  non  si
giustificherebbe  «la  totale  estromissione delle Regioni nella fase
della   programmazione  degli  interventi».  Inoltre,  la  ricorrente
sostiene  che  la  asserita  violazione  dell'art. 119 Cost. dovrebbe
condurre  ad  una  sentenza non semplicemente demolitoria, ma di tipo
additivo.

                       Considerato in diritto

    1.  - La Regione Emilia-Romagna ha impugnato, in riferimento agli
artt. 117,  118  e  119  della  Costituzione, nonche' al principio di
leale  collaborazione,  l'art. 4,  commi  da  106  a 111, della legge
24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004).
    Secondo  la  ricorrente,  anzitutto, la normativa censurata - che
istituisce  e  disciplina  un  Fondo rotativo nazionale affidato alla
gestione  della  societa'  Sviluppo Italia «per effettuare interventi
temporanei  di potenziamento del capitale di imprese medio-grandi che
presentino   nuovi   programmi   di  sviluppo,  anche  attraverso  la
sottoscrizione  di quote di minoranza di fondi immobiliari chiusi che
investono in esse» - non troverebbe alcun fondamento nelle competenze
legislative  statali  individuate nell'art. 117 Cost. In particolare,
la  Regione  motiva  la  inapplicabilita'  al  caso  in oggetto della
giurisprudenza di questa Corte in tema di tutela della concorrenza di
cui  all'art. 117,  secondo  comma,  lettera e),  Cost.,  poiche'  la
relativa  modestia delle risorse previste escluderebbe che esso possa
essere  configurato  «tra  gli  «strumenti  di politica economica che
attengono   allo   sviluppo   dell'intero   Paese»,  «finalizzati  ad
equilibrare  il  volume  di risorse finanziarie inserite nel circuito
economico» e giustificati per la loro "rilevanza macroeconomica"».
    In  secondo  luogo, le disposizioni impugnate, nella parte in cui
regolano  «le modalita' di gestione delle misure previste», sarebbero
contrastanti con i precetti costituzionali a causa del loro carattere
spiccatamente «centralistico», «in quanto pretermettono totalmente le
Regioni».   Infatti,   -   in  relazione  alla  programmazione  degli
interventi   -   risulterebbe   lesiva   del   principio   di   leale
collaborazione la attribuzione al CIPE del «compito di fissare, senza
alcun  concorso delle Regioni, i criteri generali di valutazione e la
durata massima di essi».
    Dal  punto  di  vista della gestione degli interventi, del resto,
sarebbe «ingiustificata e lesiva delle attribuzioni riconosciute alla
Regione  dall'art. 117  Cost.» - in quanto non ragionevole, congrua e
proporzionata - «la concentrazione della gestione degli interventi in
Sviluppo  Italia  S.p.a.»:  «sia  il  riparto  di  competenze  che il
principio  di  sussidiarieta»,  infatti, richiederebbero - a giudizio
della  ricorrente  - «che le funzioni di gestione ed attuazione degli
interventi  siano  affidate  alla  Regione»,  la  quale  vi  dovrebbe
provvedere attraverso i propri strumenti di intervento.
    2.  -  Per  ragioni  di  omogeneita'  di materia, le questioni di
costituzionalita' indicate devono essere trattate separatamente dalle
altre,  sollevate  con  il  medesimo  ricorso,  oggetto  di  distinte
decisioni.
    3.  -  Le  questioni  sono  parzialmente  fondate, nei termini di
seguito esposti.
    4. - Va osservato, anzitutto, che appare irrilevante il fatto che
l'intervento  finanziario  previsto  dalla  disciplina  censurata sia
posto  in  essere  tramite  l'istituzione  di  un fondo affidato alla
gestione  di  un  soggetto  di  diritto privato incaricato di operare
nella  materia  dello  sviluppo  economico  attraverso l'acquisizione
temporanea di quote minoritarie del capitale di imprese produttive.
    Nel  caso  di  specie  -  per  di  piu'  - la societa' per azioni
Sviluppo  Italia e' stata istituita dal decreto legislativo 9 gennaio
1999,  n. 1  (Riordino  degli  enti  e delle societa' di promozione e
istituzione   della   societa'   «Sviluppo  Italia»,  a  norma  degli
articoli 11  e  14  della  legge 15 marzo 1997, n. 59), come societa'
interamente   partecipata  dallo  Stato  e  nella  quale  «i  diritti
dell'azionista»   sono   esercitati   «in  base  alle  direttive  del
Presidente  del  Consiglio dei ministri, dal Ministro del tesoro, del
bilancio  e  della programmazione economica, d'intesa con il Ministro
dell'industria,  del  commercio  e dell'artigianato e con il Ministro
per le politiche agricole» (art. 2, comma 6).
    5.  - La soluzione delle questioni poste dalla Regione ricorrente
impone  di  considerare  il  riparto di competenze di cui al Titolo V
della   seconda   parte   della  Costituzione,  tenendo  conto  dell'
orientamento   di   questa   Corte  secondo  il  quale  «il  tipo  di
ripartizione  delle  materie  fra Stato e Regioni di cui all'art. 117
Cost.,  vieta  comunque  che in una materia di competenza legislativa
regionale,  in  linea  generale,  si  prevedano interventi finanziari
statali   seppur   destinati   a   soggetti   privati,  poiche'  cio'
equivarrebbe   a   riconoscere  allo  Stato  potesta'  legislative  e
amministrative  sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle
rispettive  competenze»  (cosi'  le  sentenze n. 77 e n. 51 del 2005,
n. 423 e n. 320 del 2004).
    Ne'  puo'  essere  pretermessa, ai fini del presente giudizio, la
considerazione  del  quarto  comma dell'art. 119 Cost., che chiarisce
che  l'autonomia finanziaria delle Regioni deve essere configurata in
modo  tale  da  permettere  l'integrale  finanziamento delle funzioni
attribuite  alle Regioni, di modo che sarebbe - anche da questo punto
di  vista  -  costituzionalmente illegittimo un finanziamento statale
riferito  ad  attivita'  in  ambiti  spettanti  alla competenza delle
Regioni.
    6.  -  Tuttavia, questa Corte ha altresi' gia' avuto occasione di
affermare  nella  sentenza  n. 14 del 2004 (anch'essa successivamente
piu'  volte  confermata) che dal complessivo disegno di riparto delle
competenze  di  cui  al Titolo V della Costituzione ed in particolare
dagli    strumenti   statali   di   intervento   esclusivi   elencati
nell'art. 117  Cost., comma 2, lettera e), emerge «l'intendimento del
legislatore  costituzionale  del 2001 di unificare in capo allo Stato
strumenti   di   politica   economica  che  attengono  allo  sviluppo
dell'intero   paese»;   cio'   mentre   «appartengono,  invece,  alla
competenza  legislativa  concorrente  o  residuale  delle Regioni gli
interventi  sintonizzati  sulla  realta'  produttiva  regionale  tali
comunque  da  non  creare  ostacolo  alla  libera  circolazione delle
persone e delle cose fra le Regioni e da non limitare l'esercizio del
diritto  al  lavoro  in  qualunque  parte  del  territorio  nazionale
(art. 120, primo comma Cost.)».
    Cio'   significa   che   sussiste  in  generale  una  ineludibile
responsabilita'  degli  organi  statali in tema di scelte di politica
economica  di  sicura  rilevanza  nazionale,  anche  al  di la' della
specifica  utilizzabilita' dei singoli strumenti elencati nel secondo
comma dell'art. 117 Cost. (come appunto la «tutela della concorrenza»
nel  caso  affrontato  nella  sentenza  n. 14 del 2004); peraltro, in
questi  diversi  casi,  gli  organi  statali dovranno necessariamente
utilizzare  altri  poteri  riconosciuti allo Stato dal Titolo V della
Costituzione.
    Nel  caso  di specie non si opera nell'ambito della «tutela della
concorrenza»,  neppure  a  volerla  intendere  in senso dinamico, dal
momento    che   gli   interventi   previsti   appaiono   finalizzati
semplicemente  ad  agevolare  una maggiore capitalizzazione di alcune
imprese  medio-grandi,  con  un  evidente  ed  importante impatto sul
miglioramento   del   sistema   societario,   ma   con  una  ricaduta
necessariamente  limitata  e  solo indiretta sull'attivita' economica
nei   tanti   e   diversi  settori  produttivi  che  potranno  essere
interessati.
    Cio'  non  toglie,  peraltro,  che  il  legislatore statale possa
considerare  necessario che anche in materie affidate alla competenza
legislativa   residuale  o  concorrente  delle  Regioni,  si  possano
attrarre  a  livello  centrale  determinate  funzioni  amministrative
«sulla  base  dei  principi  di  sussidiarieta',  differenziazione ed
adeguatezza»  di  cui al primo comma dell'art. 118 Cost., dettando la
relativa disciplina della funzione amministrativa in questione.
    Cio' e' precisamente quanto avviene con la disciplina qui oggetto
di  censura,  la quale opera l'attribuzione al livello statale di una
funzione   amministrativa   di   temporaneo  sostegno  finanziario  a
determinate  imprese  produttive  per  evidenti finalita' di politica
economica.
    7.  -  Come  ben  noto, questa Corte ha piu' volte ammesso che la
legge  statale  «chiami in sussidiareta» alcune funzioni in ambiti di
normale   competenza   delle   Regioni,   peraltro  nel  rispetto  di
determinate condizioni.
    In  linea  generale, e' ammissibile una deroga al normale riparto
di   competenze  «solo  se  la  valutazione  dell'interesse  pubblico
sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato
sia  proporzionata»,  e «non risulti affetta da irragionevolezza alla
stregua  di  uno  scrutinio  stretto  di  costituzionalita» (sentenza
n. 303  del  2003).  Piu' precisamente, «perche' nelle materie di cui
all'art. 117,  terzo  e  quarto comma, Cost., una legge statale possa
legittimamente  attribuire funzioni amministrative a livello centrale
ed  al  tempo  stesso  regolarne  l'esercizio, e' necessario che essa
innanzi tutto rispetti i principi di sussidiarieta', differenziazione
ed  adeguatezza  nella  allocazione  delle  funzioni  amministrative,
rispondendo  ad  esigenze  di esercizio unitario di tali funzioni. E'
necessario,  inoltre, che tale legge detti una disciplina logicamente
pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni, e
che  risulti  limitata  a  quanto  strettamente indispensabile a tale
fine» (sentenza n. 6 del 2004).
    Per poter compiere tale valutazione nel caso di specie, dirimente
e' la considerazione dell'esplicita finalizzazione del Fondo rotativo
nazionale  alla  crescita  e  allo  sviluppo  del  tessuto produttivo
nazionale,  in  quanto per il raggiungimento di tale finalita' appare
strutturalmente   inadeguato   il   livello   regionale,   al   quale
inevitabilmente  sfugge una valutazione d'insieme. Cio' e' ancor piu'
avvalorato   dalla   considerazione   che  il  Fondo  previsto  dalle
disposizioni  impugnate si riferisce alle sole imprese medie e grandi
«come  qualificate  dalla normativa nazionale e comunitaria», nonche'
dall'affidamento  al Comitato interministeriale per la programmazione
economica  del  decisivo  potere  di  determinare «le condizioni e le
modalita'  di  attuazione  degli  interventi di cui ai commi da 106 a
109».  Si  tratta,  pertanto,  di  un  intervento  volto a realizzare
finalita'  di  politica  economica da attuare in contesti particolari
che   almeno   in  parte  sfuggono  alla  sola  dimensione  regionale
(l'intervento   tramite  Sviluppo  Italia  S.p.a.  prefigurato  dalla
disciplina  impugnata  non esclude quello analogo delle Regioni, come
reso   evidente   dallo  stesso  comma 106  dell'art. 4  della  legge
24 dicembre  2003,  n. 350,  la'  dove  prescrive che Sviluppo Italia
S.p.a.  intervenga  nei settori dei beni e dei servizi «con priorita'
per quelli cofinanziati dalle Regioni»).
    Tuttavia,  come  gia'  chiarito  da questa Corte, la «chiamata in
sussidiarieta»  di  funzioni  che  costituzionalmente  spettano  alle
Regioni   comporta   anche  la  necessita'  che  lo  Stato  coinvolga
sostanzialmente  le  Regioni stesse, «poiche' l'esigenza di esercizio
unitario   che   consente   di   attrarre,   insieme   alla  funzione
amministrativa, anche quella legislativa, puo' aspirare a superare il
vaglio  di  legittimita'  costituzionale  solo  in  presenza  di  una
disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le
attivita'  concertative  e di coordinamento orizzontale, ovverosia le
intese,  che  devono  essere condotte in base al principio di lealta»
(cfr., ancora, sentenza n. 303 del 2003).
    Su  questa  linea  si  e'  anche  ammesso che, ove non sussistano
ancora   adeguati   strumenti  di  partecipazione  delle  Regioni  ai
procedimenti legislativi statali, quanto meno debbano essere previsti
«adeguati  meccanismi  di cooperazione per l'esercizio concreto delle
funzioni   amministrative  allocate  in  capo agli  organi  centrali»
(sentenza n. 6 del 2004).
    Nel  caso in esame, mentre non appare configurabile alcun tipo di
coinvolgimento  delle  Regioni  nell'ambito  dell'attivita' meramente
gestoria  affidata a Sviluppo Italia S.p.a., il fondamentale ruolo di
tipo normativo in materia riconosciuto al CIPE e' senz'altro in grado
di  costituire la sede idonea per un coinvolgimento delle Regioni che
risulti  adeguato  ad equilibrare le esigenze di leale collaborazione
con   quelle   di  esercizio  unitario  delle  funzioni  attratte  in
sussidiarieta' al livello statale; cio' comporta, necessariamente, la
conseguenza  che il comma 110 dell'art. 4 della legge n. 350 del 2003
sia  integrato  dalla  previsione che i poteri del CIPE in materia di
determinazione delle condizioni e delle modalita' di attuazione degli
interventi   di   gestione  del  Fondo  rotativo  nazionale  per  gli
interventi  nel capitale di rischio possano essere esercitati solo di
intesa  con  la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservata  a separate pronunce la decisione delle altre questioni
di  legittimita'  costituzionale sollevate con il ricorso indicato in
epigrafe,
    Dichiara la illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 110,
della  legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2004), nella parte in cui non prevede che l'approvazione da parte del
CIPE   delle   condizioni  e  delle  modalita'  di  attuazione  degli
interventi  di  cui  ai  commi  da  106 a 109 dell'art. 4 della legge
n. 350  del 2003 debba essere preceduta dall'intesa con la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dei   commi 106,   107,  108,  109  e  111  dell'art. 4  della  legge
24 dicembre  2003,  n. 350, sollevate, in riferimento agli artt. 117,
118,  119 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione,
dalla Regione Emilia-Romagna, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2005.
                        Il Presidente: Contri
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 24 giugno 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
05C0705