N. 243 SENTENZA 20 - 24 giugno 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Regione  Veneto  -  Commercio  -  Deroghe  agli  orari degli esercizi
  commerciali   -   Citta'   d'arte   -   Delega  alle  Province  per
  l'individuazione  -  Denunciata  lesione della competenza esclusiva
  dello  Stato  nella materia della tutela della concorrenza, lesione
  del  principio  di  buon  andamento  e  di  proporzione dell'azione
  amministrativa,    disparita'    di    trattamento    tra   Comuni,
  irragionevolezza,  lesione  del  principio  di affidamento - Omessa
  motivazione   e   mancata   menzione   della  norma  censurata  nel
  dispositivo    dell'ordinanza    di    rimessione    -    Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Legge Regione Veneto 28 dicembre 1999, n. 62, art. 3.
- Costituzione, artt. 3, 97 e 117.
Regione  Veneto  -  Commercio  -  Deroghe  agli  orari degli esercizi
  commerciali - Comune ad economia prevalentemente turistica - Delega
  alle  Province  per  l'individuazione  -  Denunciata  lesione della
  competenza  esclusiva  dello Stato nella materia della tutela della
  concorrenza - Prospettazione contraddittoria di questione sollevata
  per finalita' interpretative - Inammissibilita' della questione.
- Legge Regione Veneto 28 dicembre 1999, n. 62, art. 2.
- Costituzione, art. 117.
Regione  Veneto  -  Commercio  -  Deroghe  agli  orari degli esercizi
  commerciali - Comune ad economia prevalentemente turistica - Delega
  alle  Province  per  l'individuazione  -  Denunciata  disparita' di
  trattamento  tra Comuni, irragionevolezza, lesione del principio di
  affidamento - Non fondatezza della questione.
- Legge Regione Veneto 28 dicembre 1999, n. 62, art. 2.
- Costituzione, art. 3.
Regione  Veneto  -  Commercio  -  Deroghe  agli  orari degli esercizi
  commerciali - Comune ad economia prevalentemente turistica - Delega
  alle   Province  per  l'individuazione  -  Denunciata  lesione  del
  principio   di   buon   andamento   e  di  proporzione  dell'azione
  amministrativa - Manifesta infondatezza della questione.
- Legge Regione Veneto 28 dicembre 1999, n. 62, art. 2.
- Costituzione, art. 97.
(GU n.26 del 29-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,  Guido  NEPPI MODONA, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 3 della
legge  della  Regione  Veneto 28 dicembre 1999, n. 62 (Individuazione
dei  comuni  a prevalente economia turistica e delle citta' d'arte ai
fini delle deroghe agli orari di vendita), promosso con ordinanza del
14 maggio  2003 dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto sui
ricorsi  riuniti  proposti da Consorzio Operatori Grand'Affi Shopping
Center ed altri contro la Provincia di Verona, iscritta al n. 678 del
registro  ordinanze  2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 37, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visti gli atti di costituzione del Consorzio Operatori Grand'Affi
Shopping  Center  ed  altra  e  del  comune di Affi ed altri, nonche'
l'atto di intervento della Regione Veneto;
    Udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 2005 il giudice relatore
Giovanni Maria Flick;
    Uditi  gli  avvocati  Luigi  Manzi  per  il  Consorzio  Operatori
Grand'Affi  Shopping Center ed altra, Mario Bertolissi e Andrea Manzi
per la Regione Veneto e Giovanni Sala per il comune di Affi ed altri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  l'ordinanza  in  epigrafe il Tribunale amministrativo
regionale  del Veneto ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e
117  della  Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale
degli  artt. 2 e 3 della legge della Regione Veneto 28 dicembre 1999,
n. 62  (Individuazione  dei  comuni a prevalente economia turistica e
delle citta' d'arte ai fini delle deroghe agli orari di vendita), che
stabiliscono  i  criteri  ed  i  requisiti per la individuazione - da
parte  delle  province,  cui  l'art. 1 della stessa legge attribuisce
tale  funzione  -  rispettivamente  dei comuni «a prevalente economia
turistica»  e delle «citta' d'arte», ai fini delle deroghe agli orari
degli   esercizi   commerciali   previste  dall'art. 12  del  decreto
legislativo  31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa
al  settore  del  commercio,  a norma dell'articolo 4, comma 4, della
legge 15 marzo 1997, n. 59).
    Il  giudice  a  quo  premette  di  essere investito dei ricorsi -
riuniti - proposti dai comuni di Affi, Castelnuovo del Garda, Cavaion
Veronese,   Costernano,  Pastrengo  e  Rivoli  Veronese,  nonche'  da
numerosi  operatori  commerciali,  aventi  ad oggetto la richiesta di
annullamento  della  deliberazione della Giunta provinciale di Verona
con la quale, sulla base delle norme impugnate, erano stati fissati i
«criteri per l'applicazione delle deroghe agli orari di vendita per i
comuni a economia prevalentemente turistica e citta' d'arte»; nonche'
della  determinazione  dirigenziale della medesima Provincia, con cui
era  stato  negato  ai  comuni  ricorrenti  il  riconoscimento  della
qualita'  di comuni «a prevalente economia turistica»: riconoscimento
che  avrebbe comportato la possibilita', per gli esercizi commerciali
ubicati  nel territorio dei predetti comuni, di effettuare l'apertura
per  la  vendita - nel periodo dal 15 marzo al 4 novembre - anche nei
giorni domenicali e festivi.
    A  fondamento  del  ricorso,  i ricorrenti avevano in particolare
dedotto  che  i  territori dei comuni interessati risultavano posti a
breve distanza dal lago di Garda, in zona divenuta punto di passaggio
obbligato   per   grandi   masse   di   turisti  diretti  verso  quel
comprensorio;   e   che   i   medesimi  territori  erano  gia'  stati
riconosciuti  «localita' ad economia turistica» con deliberazione del
Presidente   della  Giunta  regionale  del  1983,  sulla  base  della
disciplina  vigente  anteriormente  all'entrata in vigore della legge
regionale del Veneto n. 62 del 1999.
    Il  rimettente  riferisce,  altresi',  di  aver  gia'  sollevato,
nell'ambito  del medesimo giudizio, analoga questione di legittimita'
costituzionale,  con  riferimento,  tra l'altro, all'originario testo
dell'art. 117  Cost.:  questione  in  relazione alla quale, peraltro,
questa  Corte  aveva disposto la restituzione degli atti al giudice a
quo,  a  fronte  delle modifiche apportate al titolo V della Parte II
della  Costituzione dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
e della conseguente necessita' di un nuovo esame della questione alla
luce del sopravvenuto mutamento del quadro normativo.
    Riassunto  il  giudizio  da  alcuni  dei ricorrenti, la difesa di
questi  ultimi  aveva nuovamente proposto eccezione di illegittimita'
costituzionale,  anche  in  riferimento  al nuovo testo dell'art. 117
Cost.  introdotto  dalla  citata  legge  di  riforma  costituzionale:
questione che il giudice a quo ritiene rilevante e non manifestamente
infondata.
    Al  riguardo,  il  rimettente  muove  dalla considerazione che la
legge costituzionale n. 3 del 2001, riscrivendo - tra gli altri - gli
artt. 117  e  118  Cost.,  ha  impostato  su  basi del tutto diverse,
rispetto  all'assetto previgente, la distribuzione delle potesta' tra
Stato e Regioni, in particolare affidando alla competenza legislativa
residuale  -  e,  dunque,  esclusiva  -  delle seconde la materia del
commercio  (art. 117,  quarto  comma,  Cost.).  L'attuale  riparto di
competenze  -  che  pure  sembrerebbe «legittimare ex post» il potere
legislativo  esercitato  con  la  legge  regionale n. 62 del 1999, la
quale  era  stata sospettata di incostituzionalita', con l'originaria
censura,  sotto  il  profilo della carenza della potesta' legislativa
regionale  nella  predetta  materia  -  non  escluderebbe,  peraltro,
l'insorgenza  di nuovi e diversi dubbi di legittimita' costituzionale
della  medesima  legge  in  riferimento  all'art. 117  Cost.:  e cio'
segnatamente  in  rapporto  all'invasione  da  parte  del legislatore
regionale  di un ambito - quello della tutela della concorrenza - che
la  novellata  norma  costituzionale  riserva alla potesta' esclusiva
dello  Stato.  Porre  regole  e  limiti  in tema di orari e giorni di
apertura   degli   esercizi   commerciali  significherebbe,  difatti,
incidere   sulla  liberta'  di  iniziativa  economica:  liberta'  che
risulterebbe   ampliata   per   gli   esercizi   situati  nei  comuni
riconosciuti  «a prevalente economia turistica»; e ristretta, invece,
per  altri  soggetti  che  - pure operanti nel settore commerciale, e
dunque concorrenti - non possono godere delle medesime deroghe.
    In  proposito, ad avviso del rimettente, l'assunto secondo cui la
tutela  della  concorrenza  comunque  rileva,  allorquando  venga  in
considerazione  la  liberta'  di  iniziativa  economica, si fonda sul
presupposto  che  la tutela della concorrenza «e' materia soltanto da
un  punto di vista trasversale», nel senso che essa riguarda «diverse
altre  materie  in  senso  proprio, disciplinate da specifici assiemi
normativi».  Il  giudice  a  quo  aggiunge,  tuttavia, che detta tesi
«parrebbe  provare  troppo»,  in  quanto,  ragionando  in  tal  modo,
l'ambito   della   competenza  legislativa  esclusiva  delle  Regioni
verrebbe  notevolmente  ristretto,  «cosi'  riprendendosi  il sistema
buona  parte  di  quello  che  aveva  concesso».  Nonostante cio', la
questione  non  potrebbe dirsi manifestamente infondata, tenuto conto
segnatamente  dell'innegabile esigenza di «tracciare i confini tra le
varie  materie  concernenti il riparto della potesta' legislativa fra
Stato  e Regioni»; e tenuto conto del fatto «che comunque il Collegio
si  vede costretto a inviare nuovamente alla Corte gli atti», per gli
altri  profili  e  dubbi di costituzionalita', talche' «si ritiene di
sottoporle anche detto profilo».
    L'art. 2   della  legge  regionale  del  Veneto  n. 62  del  1999
contrasterebbe,  altresi',  con  il principio di buon andamento della
pubblica  amministrazione,  enunciato  dall'art. 97  Cost.,  e con il
principio  di  «proporzionalita' dell'azione amministrativa»: cio' in
quanto  la  competenza  legislativa  regionale sarebbe stata comunque
esercitata in modo irragionevole ed intrinsecamente incoerente.
    La  previsione del comma 1 del predetto articolo - in forza della
quale   possono   essere  individuati  come  «a  prevalente  economia
turistica»  solo  i comuni «situati in territorio montano, litoraneo,
lacuale,  termale  ...  con  almeno  millecinquecento  posti letto in
strutture   alberghiere  ed  extra  alberghiere»  -  si  tradurrebbe,
infatti,  in  uno  «sbarramento»  al riconoscimento della qualita' in
parola  del  tutto  irrazionale, e dunque lesivo, sotto vari profili,
anche  dell'art. 3  Cost.  Innanzitutto,  il requisito del numero dei
posti-letto   risulterebbe   eccessivo  ed  irragionevole:  tanto  in
assoluto;  quanto  in  relazione  al fatto che esso viene riferito al
territorio  di  ogni  singolo  comune,  e  non gia' ad un ambito piu'
vasto, quale il comprensorio territoriale di piu' comuni contigui. In
secondo   luogo,   il  legislatore  regionale  avrebbe  potuto,  piu'
ragionevolmente,  considerare  il requisito dei posti-letto non quale
condizione  imprescindibile,  ma  quale  semplice  «indicatore» della
qualita'  di  comune  ad  «economia  prevalentemente turistica», alla
stregua   di   altri  indici  (come,  ad  esempio,  il  rapporto  tra
popolazione residente e numero di presenze in esercizi alberghieri, o
quello tra imprese turistiche ed occupati nelle stesse), che i comuni
interessati  a  detta  qualificazione  sono  tenuti a documentare. In
terzo  luogo,  l'esclusione  della  prevalente  economia turistica in
ragione  della  sola  collocazione  del  territorio  comunale - e, in
particolare,  della  sua  collocazione in pianura - si tradurrebbe in
una   restrizione   incongrua   e  discriminatoria.  Il  tutto  senza
considerare  che,  nella specie, e' stata negata ai comuni ricorrenti
una qualita' loro riconosciuta da tempo sulla base della legislazione
previgente  e  sulla  quale,  quindi, essi riponevano un «ragionevole
affidamento ... anche per il futuro».
    2.  -  Si  sono  costituiti  nel giudizio di costituzionalita' il
Consorzio   operatori  «Grand'Affi  shopping  center»  e  l'operatore
commerciale  Le  Follie s.n.c., ricorrenti nel giudizio principale, i
quali  - condividendo le argomentazioni della ordinanza di rimessione
-   hanno   chiesto  che  la  questione  venga  accolta  nei  termini
prospettati  dal  giudice  a  quo.  In  particolare, nella memoria di
costituzione,  le  parti  private  insistono sulla circostanza che le
regole  ed i limiti in tema di orari e giorni di apertura di esercizi
commerciali  inciderebbero  sulla concorrenza tra i diversi operatori
commerciali;  e  che,  per  altro verso, i requisiti introdotti dalla
legge  regionale  censurata,  ai  fini  del riconoscimento piu' volte
richiamato,  risulterebbero  del  tutto  illogici  ed  irragionevoli.
Secondo  le  parti  private,  la  rigida  preclusione  posta  dai due
concorrenti    requisiti    sopra    indicati    introdurrebbe    una
discriminazione  per  quei  comuni  che,  privi  di  tali  requisiti,
risultino comunque sostenuti da un'economia fortemente dipendente dai
flussi turistici.
    3.  -  Anche  i  comuni  di  Affi,  Costermano, Pastrengo, Rivoli
Veronese,  Cavaion Veronese si sono costituiti nel presente giudizio,
con  una memoria nella quale svolgono argomentazioni adesive a quelle
contenute  nell'ordinanza  di  rimessione  ed analoghe a quelle delle
parti   private,   chiedendo   l'accoglimento   della  questione.  In
particolare,  i  comuni  -  premesso  di  aver stipulato tra loro una
convenzione  per  l'esercizio coordinato dell'attivita' di promozione
turistica  - evidenziano la «vocazione turistica» dei loro territori:
vocazione,   per   contro,   irragionevolmente  esclusa  dai  criteri
stabiliti   nella  legge  impugnata,  la  quale  assume  come  unico,
determinante    criterio,    per    l'individuazione    dell'economia
prevalentemente   turistica,   quello  del  numero  dei  posti-letto,
peraltro  irragionevolmente  riferito  non ad un comprensorio di piu'
comuni,  ma  al  territorio  di  uno  soltanto.  Infine,  gli enti in
questione  insistono  nel  censurare sia la disparita' di trattamento
tra  i  vari  comuni  - per il solo dato estrinseco dell'ubicazione -
scaturente    dall'applicazione    della    legge    censurata;   sia
l'irragionevolezza  di  una  modifica  in  senso  sfavorevole  di  un
beneficio  gia'  goduto  sulla  scorta  della  normativa  previgente:
modifica, questa, che contrasta con il principio dell'affidamento del
cittadino.
    4. - E' intervenuta la Regione Veneto, chiedendo che la questione
sia dichiarata inammissibile o infondata.
    La  difesa della Regione contesta, innanzitutto, l'ammissibilita'
della  questione  sollevata in relazione al nuovo testo dell'art. 117
Cost.:  cio'  in  quanto  il  giudice  a  quo  svolgerebbe le proprie
argomentazioni  in termini problematici, invocando l'intervento della
Corte «in modo essenzialmente perplesso» ed in relazione ad un dubbio
che origina, in realta', non dalla ritenuta incostituzionalita' della
disciplina  censurata,  ma  dalla  complessita'  e  delicatezza della
materia   in   questione.   Inoltre,  la  circostanza  -  evidenziata
nell'ordinanza  di  rimessione  -  che  la  disciplina  del commercio
rientri,  ai  sensi  del  quarto  comma  dell'art. 117  Cost.,  nella
potesta'   legislativa  delle  regioni,  dimostrerebbe  con  evidenza
l'inaccettabilita'  di  una  interpretazione la quale, esasperando la
competenza  statale sancita dall'art. 117, secondo comma, lettera e),
in  tema di concorrenza, renderebbe incompatibile con la Costituzione
ogni  normativa regionale avente un rilievo «nei rapporti tra imprese
o una ricaduta sul mercato».
    La questione prospettata sarebbe comunque infondata posto che per
«regole   generali  della  concorrenza»,  ai  fini  della  competenza
statale,   non   potrebbero   certo   intendersi   tutte   le  misure
regolamentari   ed  amministrative  che  incidono  su  una  attivita'
economica (in esse comprese le autorizzazioni o gli orari di apertura
e chiusura degli esercizi commerciali), pena la limitazione eccessiva
-  o,  meglio,  la  totale  compressione  -  della  stessa competenza
regionale esclusiva nella materia del commercio.
    Con  riferimento,  poi,  alle  censure di violazione dell'art. 97
Cost.,  la  difesa  della  Regione  Veneto  ne  rileva in primo luogo
l'inammissibilita',   giacche'   con   esse   il  rimettente  avrebbe
contestato   il   merito   della  scelta  discrezionale  operata  dal
legislatore  regionale,  piuttosto che la legittimita' costituzionale
di  essa.  Il  rimettente,  in  sostanza,  contrapporrebbe le proprie
valutazioni  a  quelle  del legislatore regionale, deducendo, in modo
del  tutto  generico,  l'irragionevolezza della disciplina censurata,
senza  tuttavia  pervenire  ad alcuna dimostrazione di essa: aspetto,
questo, imprescindibile per ipotizzare la violazione del principio di
buon andamento dell'amministrazione.
    Infine,  con  riferimento  alle censure di violazione dell'art. 3
della  Costituzione,  la Regione rileva l'impossibilita' di comparare
la  situazione  ambientale  dei  comuni montani, litoranei, lacuali e
termali  con  quella  degli  altri  comuni,  palese  essendo  che  la
diversita'  delle  caratteristiche  e' idonea a fondare la differente
disciplina   normativa.   Anche   per   tale   profilo,   la  pretesa
illegittimita'  costituzionale  si  tradurrebbe  in  una  censura «di
merito» sulla scelta legislativa, come tale inammissibile.
    5. - Con memorie depositate in prossimita' dell'udienza, le parti
e  la  Regione Veneto hanno richiamato e sviluppato le argomentazioni
precedentemente svolte.

                       Considerato in diritto

    1.  - Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto dubita, in
riferimento   agli  artt. 3,  97  e  117  della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 2  e  3  della legge della
Regione  Veneto  28 dicembre 1999, n. 62 (Individuazione dei comuni a
prevalente  economia  turistica  e  delle citta' d'arte ai fini delle
deroghe  agli  orari  di  vendita).  L'art. 2  fissa i criteri per la
individuazione  -  da  parte  delle  province,  cui  tale funzione e'
delegata  dall'art. 1  della  stessa  legge - dei comuni a prevalente
economia  turistica,  stabilendo,  in particolare, che possono essere
identificati  come  tali solo i comuni situati in territorio montano,
litoraneo,  lacuale, termale, con almeno millecinquecento posti letto
in strutture alberghiere ed extra alberghiere; analogamente, l'art. 3
stabilisce  i  requisiti  per  l'individuazione  delle citta' d'arte.
Entrambe  tali  qualificazioni  - comuni «ad economia prevalentemente
turistica» e «citta' d'arte» - risultano finalizzate all'applicazione
delle   deroghe  agli  orari  degli  esercizi  commerciali,  previste
dall'art. 12  del  decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma
della   disciplina   relativa  al  settore  del  commercio,  a  norma
dell'articolo 4,  comma 4,  della  legge  15 marzo  1997, n. 59); con
conseguente  possibilita', per gli esercizi commerciali ricadenti nel
territorio  di  tali comuni o citta', di effettuare l'apertura per la
vendita,  nel  periodo  dal  15 marzo al 4 novembre, anche nei giorni
domenicali e festivi.
    Secondo   il   giudice   a   quo,   le   disposizioni   censurate
contrasterebbero,  in primo luogo, con l'art. 117 Cost., in quanto la
fissazione  di  regole e limiti in tema di orari e giorni di apertura
di  esercizi  commerciali,  incidendo  sulla  liberta'  di iniziativa
economica,  verrebbe  ad  interferire su una materia, quale la tutela
della concorrenza, riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
    Le  medesime  disposizioni  violerebbero,  poi,  l'art. 97 Cost.,
giacche' i criteri previsti ai fini del riconoscimento della qualita'
di  comune  «ad  economia  prevalentemente turistica», risultando del
tutto  incongrui  ed irragionevoli, contrasterebbero con il principio
di  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione e con quello di
«proporzionalita' dell'azione amministrativa».
    Sarebbe  infine violato l'art. 3 Cost. sotto vari profili: per la
disparita'  di  trattamento  tra  comuni  ubicati  in  zone  montane,
litoranee,  lacuali  e  termali  e  tutti  gli  altri, che vedrebbero
preclusa  la  possibilita'  di  essere  individuati  quali  comuni ad
economia    prevalentemente    turistica;    per   la   irragionevole
impossibilita'  di riferire il requisito dei posti letto ad un ambito
territoriale  piu'  ampio  di  quello comunale; per la violazione del
principio  dell'affidamento, in quanto, dall'applicazione delle norme
censurate,  risulterebbe  pregiudicata la posizione di comuni che, in
precedenza  e  per  lungo  tempo, erano stati considerati territori a
prevalente  economia turistica ed i cui esercizi commerciali avevano,
pertanto,  beneficiato  della  deroga  dell'apertura  festiva e degli
orari.
    2.  -  Nessuno  specifico  argomento  e'  svolto  con riferimento
all'art. 3  della  legge  regionale  del  Veneto n. 62 del 1999: tale
norma  e',  infatti,  menzionata solo una volta nella motivazione - e
non  anche  nel  dispositivo - dell'ordinanza di rimessione, la quale
svolge argomenti esclusivamente in ordine all'impugnativa dell'art. 2
della  medesima  legge  regionale, in coerenza, d'altra parte, con il
contenuto  dei  ricorsi  oggetto  del  giudizio  a  quo. La questione
relativa   all'art. 3   di   detta   legge  deve  pertanto  ritenersi
manifestamente inammissibile.
    3.  - Anche la questione relativa all'art. 2 della medesima legge
e'  inammissibile,  con  riferimento al parametro di cui all'art. 117
Cost.
    Il   giudice   rimettente   prospetta   tale  questione  in  modo
contraddittorio,  ritenendo  possibili  due  distinte  e contrapposte
letture  del  parametro  costituzionale  considerato,  senza peraltro
risolvere   tale   antinomia   ermeneutica   attraverso   una  scelta
argomentata; ed, anzi, sollevando la questione essenzialmente ai fini
dello scioglimento dell'alternativa stessa.
    Per  un  verso,  infatti,  il giudice a quo afferma che la tutela
della  concorrenza  «viene  certamente  in  rilievo in relazione alla
liberta' di iniziativa economica», cosi' prospettando l'indissolubile
correlazione che legherebbe ogni fenomeno incidente sulla liberta' di
iniziativa  economica  alla  materia  della tutela della concorrenza,
nella  quale  lo  Stato  ha  potesta'  legislativa esclusiva, a norma
dell'art. 117,  secondo  comma, lettera e), Cost. Per un altro verso,
tuttavia,  lo stesso Tribunale rimettente asserisce, subito dopo, che
tale   tesi  «parrebbe  provare  troppo»,  implicando  una  eccessiva
restrizione dell'ambito della competenza residuale delle regioni.
    Tale    contrastante    quadro    interpretativo    deve   essere
necessariamente risolto dal giudice rimettente, assegnando un preciso
significato  non  soltanto alla norma di legge oggetto di censura, ma
anche  a  quella  di  rango costituzionale che si assume a parametro,
prima  di  prospettare  un  problema  di conformita' della prima alla
seconda.  La  questione  deve essere dichiarata pertanto in parte qua
inammissibile  per  carenza  dei requisiti di chiarezza ed univocita'
del relativo quesito.
    4.  -  La  questione  e'  poi  infondata  con riferimento ai vari
profili che evocano un contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    In   proposito,   giova  rilevare  come  la  normativa  regionale
censurata  tragga  origine  e fondamento dalla disposizione contenuta
nell'art. 12  del  d.lgs.  31 marzo 1998, n. 114, la quale stabilisce
che,  entro  centottanta  giorni  dalla  data di entrata in vigore di
esso,  le  regioni  «individuano i comuni ad economia prevalentemente
turistica,  le  citta'  d'arte o le zone del territorio dei medesimi»
nei  quali gli esercizi commerciali possono esercitare la facolta' di
determinare liberamente gli orari di apertura e di chiusura e possono
derogare    dall'obbligo    di    chiusura   domenicale   e   festiva
dell'esercizio.   La   Regione   Veneto,   in   attuazione   di  tale
prescrizione,  ha  emanato  la legge regionale oggetto della presente
questione,  prevedendo  in  essa (art. 1) la delega alle province per
l'individuazione  dei  comuni a prevalente economia turistica e delle
citta' d'arte, con le modalita' ed i criteri indicati negli artt. 2 e
seguenti della medesima legge.
    Cio'  premesso,  non  appare  fondata  la  censura  di violazione
dell'art. 3  Cost.  sotto  il profilo della disparita' di trattamento
tra  comuni  ubicati  in zone montane, litoranee, lacuali e termali e
quei  comuni  che,  pur  potendo vantare il carattere prevalentemente
turistico delle rispettive economie, si trovino diversamente ubicati.
In  proposito,  va  ribadito  che  rientra nella discrezionalita' del
legislatore la valutazione finalizzata a differenziare, sulla base di
criteri   generali,   la  composita  realta'  territoriale,  ai  fini
dell'attribuzione di specifiche qualificazioni della stessa, sia pure
con  il  consueto,  generale limite della non palese arbitrarieta' ed
irragionevolezza.   D'altra   parte,  «essendo  qualsiasi  disciplina
destinata,  per sua stessa natura, ad introdurre regole e, dunque, ad
operare   distinzioni,   qualunque  normativa  positiva  finisce  per
risultare  necessariamente  destinata  ad  introdurre,  nel  sistema,
fattori  di  differenziazione»  (v.  sentenza  n. 89  del  1996).  Ne
consegue  che l'apodittica censura circa la disparita' di trattamento
tra  comuni,  avanzata  dal  rimettente,  omette di considerare che i
criteri  dettati dalla norma - per il riferimento ad una collocazione
del  territorio  comunale  in  zone, quali quelle montane, litoranee,
lacuali e termali, certamente rivelatrici di una vocazione turistica;
nonche'  per  il  valore  attribuito,  nel  medesimo  senso,  ad  una
significativa  ricettivita'  alberghiera - non soltanto non risultano
discriminatori  o  arbitrari,  ma  neppure appaiono improntati ad una
intrinseca palese irragionevolezza. Peraltro, il Tribunale rimettente
-  piu'  che dimostrare l'asserita irragionevolezza della norma - nel
prospettare  la censura travalica in apprezzamenti che sconfinano nel
merito  delle opzioni legislative, contrapponendo, ai criteri dettati
nella   norma   censurata,   canoni   e   valutazioni   che  esulano,
evidentemente, da profili di legittimita' costituzionale.
    5.  -  La  questione  e' manifestamente infondata con riferimento
all'art. 97 Cost.
    Questa  Corte  ha  ripetutamente  affermato che la violazione del
principio   di   buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  -
richiamato   dal  rimettente  unitamente  a  quello,  di  non  chiara
prospettazione,  di  «proporzionalita'  dell'azione amministrativa» -
non  puo'  essere  invocato se non per l'arbitrarieta' e la manifesta
irragionevolezza  della  disciplina denunciata; sotto questo profilo,
l'art. 97 della Costituzione si combina con il riferimento all'art. 3
Cost.  ed  implica  lo  svolgimento  di un giudizio di ragionevolezza
sulla  legge  censurata (v. sentenze n. 63 e 306 del 1995; n. 250 del
1993).
    Il  Tribunale amministrativo regionale del Veneto, denunciando il
contrasto  della  disciplina  censurata  con  il  principio  di  buon
andamento dell'amministrazione, si limita ad addurre il difetto della
ragionevolezza   e  della  «coerenza  interna»  della  stessa,  senza
tuttavia  chiarire  come  tali  censure  -  illustrate, poi, sotto il
profilo  della  presunta  violazione dell'art. 3 della Costituzione -
finiscano  per rifluire, nel caso concreto, sul contenuto particolare
dell'organizzazione della pubblica amministrazione e sul principio di
buon  andamento  dell'azione  amministrativa che la ispira. Peraltro,
alla  luce  di  quanto  sopra  gia'  evidenziato, nel caso in esame i
limiti  imposti  alla  discrezionalita'  del legislatore dall'art. 97
Cost.  non  sono stati superati, atteso che la disciplina legislativa
denunciata non attribuisce un arbitrario privilegio ad alcuni comuni,
ne' appare manifestamente irragionevole.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    1) dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3  della  legge della Regione
Veneto   28 dicembre   1999,   n. 62  (Individuazione  dei  comuni  a
prevalente  economia  turistica  e  delle citta' d'arte ai fini delle
deroghe  agli  orari  di  vendita),  sollevata,  in  riferimento agli
artt. 3,  97  e  117 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale del Veneto, con l'ordinanza di cui in epigrafe;
    2)   dichiara   inammissibile   la   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'  art. 2 della medesima legge, sollevata, con la
citata ordinanza, in riferimento all'art. 117 della Costituzione;
    3)   dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale   del   medesimo   art. 2  sollevata,  con  la  citata
ordinanza, in riferimento all'art. 3 della Costituzione;
    4)   dichiara   la  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  del  medesimo  art. 2 sollevata, con la
citata ordinanza, in riferimento all'art. 97 della Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2005.
                        Il Presidente: Contri
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 24 giugno 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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