N. 276 SENTENZA 4 - 12 luglio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Lavoro  e  occupazione - Lavori socialmente utili - Benefici previsti
  dal  d.lgs n. 468 del 1997 - Applicazione ai lavoratori che abbiano
  maturato  dodici  mesi  di  attivita'  tra  il 1° gennaio 1998 e il
  31 dicembre  1999  -  Lavoratori tardivamente immessi al lavoro per
  motivi  indipendenti dalla loro volonta' - Esclusione dal beneficio
  -   Denunciata   irragionevolezza,   lesione   del   principio   di
  eguaglianza,     ingiustificata    privazione    del    trattamento
  previdenziale - Non fondatezza della questione.
- Legge  17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 6; d.lgs. 28 febbraio
  2000, n. 81, art. 2, comma 1.
- Costituzione, artt. 3 e 38.
(GU n.29 del 20-7-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 45, comma 6,
della  legge  17 maggio  1999,  n. 144  (Disposizioni  in  materia di
occupazione  e  di previdenza), e 2, comma 1, del decreto legislativo
28 febbraio  2000,  n. 81  (Integrazioni e modifiche della disciplina
dei  lavori  socialmente  utili, a norma dell'art. 45, comma 2, della
legge  17 maggio  1999,  n. 144),  promosso dalla Corte di appello di
Torino,  con  ordinanza  del  6  giugno 2003, nel procedimento civile
vertente  tra  comune  di Torino e A. L. ed altri, iscritta al n. 876
del  registro  ordinanze  2003  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 44, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visti  l'atto di costituzione di B. G. ed altri nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 2005 il giudice relatore
Francesco Amirante;
    Uditi  l'avvocato  Sergio Vacirca per B. G. ed altri e l'avvocato
dello  Stato  Massimo  Mari  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  La  Corte  d'appello di Torino, adita dal comune di quella
citta'  con  impugnazione  avverso la sentenza con la quale il locale
Tribunale  aveva  accertato il diritto di alcuni lavoratori ad essere
inseriti  tra i lavoratori socialmente utili cui spettavano il regime
transitorio  ed i connessi benefici previsti dall'art. 12 del decreto
legislativo  1° dicembre  1997,  n. 468, ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3  e  38  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale  degli  artt. 45, comma 6, della legge 17 maggio 1999,
n. 144 (Disposizioni in materia di occupazione e di previdenza), e 2,
comma 1,    del   decreto   legislativo   28 febbraio   2000,   n. 81
(Integrazioni  e  modifiche  della  disciplina dei lavori socialmente
utili,  a  norma  dell'art. 45,  comma 2, della legge 17 maggio 1999,
n. 144).
    Il  remittente  premette  in  diritto che il comma 6 dell'art. 45
citato  stabilisce  che le disposizioni di cui all'art. 12 del d.lgs.
n. 468  del  1997  si  applicano ai lavoratori socialmente utili «che
abbiano  maturato  o che possano maturare dodici mesi in tale tipo di
attivita'   nel  periodo  compreso  tra  il  1° gennaio  1998  ed  il
31 dicembre 1999», mentre il comma 1 dell'art. 2 del d.lgs. n. 81 del
2000  prescrive che le disposizioni del decreto stesso «si applicano,
salvo   quanto   previsto  dall'articolo 10,  comma  l,  ai  soggetti
impegnati  in  progetti  di  lavori  socialmente  utili e che abbiano
effettivamente  maturato  dodici mesi di permanenza in tali attivita'
nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999».
    In  fatto  il  remittente  espone che i lavoratori in causa erano
stati  impiegati in progetti approvati nel corso del 1998 ma che, per
ritardi  di  organi  pubblici  o  di enti utilizzatori e comunque per
motivi  indipendenti  dalla loro volonta', erano stati effettivamente
immessi  al  lavoro  successivamente al 15 gennaio 1999 e non avevano
quindi potuto maturare l'anzianita' prescritta.
    Il remittente rileva altresi' che, attesa la chiara lettera della
disposizione  censurata,  non puo' essere condivisa l'interpretazione
del giudice di primo grado, secondo la quale la normativa deve essere
interpretata  nel  senso che i dodici mesi di attivita' devono essere
maturati  nell'ambito  di  un progetto approvato entro il 31 dicembre
1999,  ancorche'  l'attivita'  dei  lavoratori  sia andata oltre tale
data.
    Per  quanto concerne la non manifesta infondatezza, il remittente
sostiene  che,  tenuto  conto  della  duplice  considerazione  che il
rapporto  inerente allo svolgimento delle attivita' socialmente utili
non  e'  rapporto  di  lavoro  in senso proprio e che l'assegno viene
corrisposto  anche  per i periodi di mera formazione e non di lavoro,
e'  irragionevole  escludere dal trattamento in questione coloro che,
per  fatti  non  da  loro  dipendenti,  non avevano potuto maturare i
dodici  mesi  di  attivita'  prescritti entro il 31 dicembre 1999. Di
cio',  sia  pure in limitata misura, si erano resi conto il comune di
Torino  e  la  Commissione  regionale  per  l'impiego i quali avevano
ritenuto  meritevoli  del  trattamento  in  oggetto  i lavoratori che
avevano  completato  i  dodici  mesi di attivita' entro il 15 gennaio
2000,  in  quanto  entro  il 31 dicembre 1999 avevano maturato undici
mesi e poco piu' della meta' del dodicesimo.
    Il   remittente   espone   altresi'  che  la  questione  limitata
all'illegittimita' dell'art. 45, comma 6, citato, era stata sollevata
in  altro  analogo  procedimento  e che questa Corte, con l'ordinanza
n. 40  del 2003, l'aveva dichiarata inammissibile, sul rilievo che il
remittente non aveva tenuto in alcun conto il decreto n. 81 del 2000.
A tal proposito, la Corte torinese osserva che l'art. 2, comma 1, del
suindicato  decreto adotta una formula analoga a quella dell'art. 45,
comma 6, della legge n. 144 del 1999. Da cio', da un lato, si trae la
conclusione  che  il  decreto  medesimo in sostanza nulla ha innovato
sulla   rilevanza   della   questione,   dall'altro  il  sospetto  di
illegittimita'  viene  esteso  alla  citata  disposizione del decreto
legislativo.
    2.  -  Si  sono costituite alcune delle parti private le quali in
via  principale sostengono l'interpretazione della norma adottata dal
giudice  di  primo  grado del giudizio a quo; in subordine aderiscono
alle argomentazioni esposte nell'ordinanza di rimessione.
    3.  -  E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
    L'Avvocatura osserva che, in materia previdenziale, rientra nella
discrezionalita'  del  legislatore  dettare  una disciplina che tenga
conto  anche  del  tempo, perche' il fluire di questo di per se' puo'
essere  elemento  di  diversificazione  e  soggiunge  che l'ordinanza
denuncia  meri inconvenienti che si sono verificati nell'applicazione
della normativa censurata.

                       Considerato in diritto

    1.  - La Corte d'appello di Torino, in riferimento agli artt. 3 e
38 della Costituzione, dubita della legittimita' costituzionale degli
artt. 45,  comma 6,  della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Disposizioni
in materia di occupazione e di previdenza), e 2, comma 1, del decreto
legislativo  28 febbraio  2000, n. 81 (Integrazioni e modifiche della
disciplina  dei  lavori  socialmente utili, a norma dell'articolo 45,
comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144).
    Secondo  la  Corte  remittente  e'  irragionevole  e  lesiva  del
principio  di eguaglianza l'attribuzione di determinati benefici e di
una  situazione  cui  si  connettono  vantaggi a soggetti che abbiano
maturato  un'anzianita'  in  lavori  socialmente utili eseguiti in un
certo  periodo  (nella  specie, dodici mesi di anzianita' nel periodo
dal   1° gennaio  1998  al  31 dicembre  1999),  senza  tenere  conto
dell'effettivo  momento  in cui, in linea di fatto, i progetti stessi
hanno  iniziato il loro svolgimento. Cio' comporta la conseguenza che
in  alcuni  casi, come in quello delle parti del giudizio a quo, sono
stati  esclusi  dai  benefici lavoratori ai quali, a causa dell'epoca
effettiva  d'inizio  di  attuazione  dei progetti stessi e quindi per
accadimenti indipendenti dalla loro volonta', non era stato possibile
maturare l'anzianita' richiesta.
    Ulteriore   conseguenza   e'   la   privazione   del  trattamento
previdenziale prescritto dall'art. 38 della Costituzione.
    La motivazione sulla rilevanza fornita dal giudice remittente non
e' implausibile, sicche' la questione e' ammissibile.
    2. - Nel merito, essa e' infondata.
    Nella giurisprudenza della Corte e' ricorrente l'affermazione del
principio  che  il  succedersi nel tempo di fatti ed atti puo' di per
se'  rendere  legittima  l'applicazione di una determinata disciplina
rispetto  ad  altra  e  cio'  anche  con  particolare  riguardo  alla
valutazione  di anzianita' pregresse (cfr. la recente sentenza n. 430
del 2004 ed altre in essa citate).
    In  specie,  poi,  l'elemento  temporale  puo'  essere  legittimo
criterio  di  discrimine  se esso intervenga a delimitare le sfere di
applicazione  di  norme  nell'ambito  del  riordino complessivo della
disciplina  attinente  ad  una  determinata  materia  (cfr. ordinanza
n. 190  del  2003).  Cio'  e'  quanto  si verifica nel caso in esame,
perche'  le  disposizioni  censurate  rientrano  in  una  piu'  ampia
normativa,  in  parte  conseguente  al  passaggio di competenze dallo
Stato alle Regioni (cfr. ordinanza n. 40 del 2003).
    Si   osserva,  percio',  che  le  diseguaglianze  denunciate  non
derivano   dalla   formulazione  delle  norme  impugnate,  bensi'  da
evenienze connesse alla loro concreta applicazione e finiscono quindi
per  sostanziarsi  in inconvenienti di mero fatto irrilevanti ai fini
dello  scrutinio  di  costituzionalita'  (cfr.,  tra le piu' recenti,
ordinanza n. 155 del 2005, sentenza n. 430 del 2004, ordinanze n. 349
e n. 173 del 2003 e sentenza n. 98 del 2003).
    Si deve infine considerare, con riguardo alle norme censurate, la
non  pertinenza dell'evocazione del parametro dell'art. 38 Cost., dal
momento  che la violazione dei diritti da questo garantiti non deriva
dal  mancato  godimento  dei benefici e in genere della situazione di
favore   in   oggetto,   bensi'  potrebbe  conseguire  dall'eventuale
inadeguatezza  del trattamento di base spettante, una volta stabilita
l'inapplicabilita' della disciplina censurata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
degli  articoli 45,  comma 6,  della  legge  17 maggio  1999,  n. 144
(Disposizioni  in  materia  di  occupazione  e  di  previdenza), e 2,
comma 1,    del   decreto   legislativo   28 febbraio   2000,   n. 81
(Integrazioni  e  modifiche  della  disciplina dei lavori socialmente
utili,  a  norma  dell'art. 45,  comma 2, della legge 17 maggio 1999,
n. 144),   sollevata,   in   riferimento  agli  artt. 3  e  38  della
Costituzione,  dalla  Corte  d'appello  di  Torino con l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 12 luglio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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