N. 384 SENTENZA 11 - 14 ottobre 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Lavoro  (tutela del) - Deleghe al Governo in materia di occupazione e
  mercato  del  lavoro  -  Riserva  allo  Stato  di  talune  funzioni
  amministrative  relative  alla  vigilanza  in  materia  di lavoro e
  delega al Governo per la razionalizzazione delle funzioni ispettive
  in  materia  di  previdenza  sociale  e  di lavoro - Delibera della
  giunta  della  Regione  Toscana  di  autorizzazione  al  ricorso  -
  Formulazione  generica  delle censure nei confronti di disposizioni
  di  legge  attinenti  a  materie  diverse  -  Inammissibilita'  del
  ricorso.
- Legge 14 febbraio 2003, n. 30, artt. 1, comma 2, lettera d), e 8.
- Costituzione, artt. 117 e 118.
Delegazione  legislativa  -  Conferimento di delega al governo per la
  determinazione dei principi fondamentali in materia di legislazione
  concorrente - Possibilita' da accertare caso per caso.
Lavoro  (tutela del) - Deleghe al Governo in materia di occupazione e
  mercato   del   lavoro   -   Riserva   allo  Stato  delle  funzioni
  amministrative  relative  alla  vigilanza  in  materia  di lavoro -
  Principi   e  criteri  direttivi  per  la  razionalizzazione  delle
  funzioni  ispettive  in materia di previdenza sociale e di lavoro -
  Riferibilita'  delle funzioni di vigilanza e ispettive alla materia
  «tutela del lavoro», indipendentemente dall'oggetto della vigilanza
  e  delle  ispezioni  - Attinenza della vigilanza alla disciplina su
  cui essa si esercita.
- Legge 14 febbraio 2003, n. 30, artt. 1, comma 2, lettera d), e 8.
Lavoro  (tutela del) - Deleghe al Governo in materia di occupazione e
  mercato   del   lavoro   -   Riserva   allo  Stato  delle  funzioni
  amministrative  relative  alla  vigilanza  in  materia  di lavoro -
  Ricorso  delle  Regioni  Marche,  Basilicata  ed  Emilia-Romagna  -
  Dedotta violazione delle competenze regionali in materia di «tutela
  del  lavoro»  -  Lamentato  mancato  trasferimento  alle Regioni di
  strutture  e  personale  impiegati in sede locale nella vigilanza -
  Individuazione  dell'oggetto della delega - Inerenza delle funzioni
  riservate  allo  Stato  alla  materia,  di  competenza concorrente,
  «tutela  del lavoro» - Non spettanza allo Stato dell'allocazione di
  funzioni   amministrative   in  tale  materia  -  Esigenza  di  non
  interruzione  dello  svolgimento  di  dette funzioni sino alla loro
  regolamentazione da parte delle Regioni - Non fondatezza, nei sensi
  di cui in motivazione, delle questioni.
- Legge 14 febbraio 2003, n. 30, art. 1, comma 2, lettera d).
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118.
Lavoro  (tutela del) - Deleghe al Governo in materia di occupazione e
  mercato   del   lavoro   -   Riserva   allo  Stato  delle  funzioni
  amministrative  relative  alla  vigilanza  in  materia  di lavoro -
  Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento  -  Inerenza  delle
  funzioni  alla materia «tutela del lavoro» - Lamentata riserva allo
  Stato  di  funzioni gia' esercitate dalla Provincia - Non spettanza
  allo  Stato  dell'allocazione di funzioni amministrative in materia
  concorrente  - Estensione alle Province autonome, ex art. 10, legge
  costituzionale  n. 3  del  2001,  del  titolo  di legittimazione ad
  esercitare  funzioni  gia'  esercitate  per  delega  statale  - Non
  fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione.
- Legge 14 febbraio 2003, n. 30, art. 1, comma 2, lettera d).
- Costituzione, art. 117, comma terzo; d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670,
  artt. 8,  n. 29),  9, n. 2), n. 4) e n. 5); d.P.R. 26 gennaio 1980,
  n. 197, art. 3, comma primo.
Lavoro  (tutela del) - Deleghe al Governo in materia di occupazione e
  mercato   del   lavoro  -  Principi  e  criteri  direttivi  per  la
  razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza
  sociale  e  di lavoro - Ricorso delle Regioni Marche, Basilicata ed
  Emilia-Romagna  -  Denunciata  invasione della potesta' legislativa
  regionale concorrente in materia di «tutela e sicurezza del lavoro»
  e  violazione  di  competenze  regolamentari e amministrative delle
  Regioni  - Vigilanza relativa a materie rientranti nella competenza
  esclusiva  statale - Inerenza della disciplina delle ispezioni alle
  materie soggette a vigilanza - Non fondatezza delle questioni.
- Legge 14 febbraio 2003, n. 30, art. 8, comma 1.
- Costituzione,  artt. 76,  117,  commi  terzo  e sesto, e 118, commi
  primo e secondo.
Lavoro  (tutela del) - Deleghe al Governo in materia di occupazione e
  mercato   del   lavoro  -  Principi  e  criteri  direttivi  per  la
  razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza
  sociale  e  di  lavoro  - Ricorso della Regione Marche - Denunciata
  invasione  della  potesta'  legislativa  regionale  concorrente  in
  materia  di  «tutela  e  sicurezza  del  lavoro»  e  violazione  di
  competenze  regolamentari e amministrative delle Regioni - Funzioni
  ispettive  risolventisi  nella vigilanza sul rispetto, da parte del
  datore  di  lavoro,  della  normativa previdenziale e civilistica a
  tutela  del  lavoratore,  di  competenza  esclusiva  dello  Stato -
  Razionalizzazione   degli  interventi  ispettivi  degli  organi  di
  vigilanza  - Riferimento agli organi dell'amministrazione statale o
  di enti nazionali - Non fondatezza delle questioni.
- Legge  14 febbraio  2003,  n. 30, art. 8, comma 2, lettere a), f) e
  g).
- Costituzione,  artt. 117, commi terzo e sesto, e 118, commi primo e
  secondo.
Lavoro  (tutela del) - Deleghe al Governo in materia di occupazione e
  mercato   del   lavoro  -  Principi  e  criteri  direttivi  per  la
  razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza
  sociale  e di lavoro - Ricorso della Provincia autonoma di Trento -
  Lamentata  prevista  riorganizzazione  di  funzioni gia' esercitate
  dalla  Provincia  - Funzioni ispettive risolventisi nella vigilanza
  sul  rispetto,  da  parte  del  datore  di  lavoro, della normativa
  previdenziale  e civilistica a tutela del lavoratore, di competenza
  esclusiva   dello   Stato   -  Razionalizzazione  degli  interventi
  ispettivi  degli  organi  di  vigilanza  -  Riferimento agli organi
  dell'amministrazione  statale  o  di  enti nazionali Non fondatezza
  delle questioni.
- Legge 14 febbraio 2003, n. 30, art. 8, comma 2, lettere f) e g).
- Costituzione,   artt. 117,  comma  terzo;  d.P.R.  31 agosto  1972,
  n. 670,  art. 8, n. 29), 9, n. 2), n. 4) e n. 5); d.P.R. 26 gennaio
  1980, n. 197, art. 3, comma primo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di  lavoro  -  Attribuzione al
  Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali  del potere di
  assumere  e  coordinare  le  iniziative  di  contrasto  del  lavoro
  sommerso  e  irregolare  e  di  vigilanza in materia di rapporti di
  lavoro  - Assegnazione alle strutture periferiche del Ministero del
  lavoro  delle  funzioni  di  vigilanza  in  materia  di lavoro e di
  legislazione  sociale  -  Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna -
  Denunciata  violazione  della  sfera  di  competenza  regionale  in
  materia  di  tutela  del lavoro e del principio di sussidiarieta' -
  Non  riconducibilita'  della  vigilanza  e delle funzioni ispettive
  alla  materia «tutela del lavoro» - Inerenza delle stesse a materie
  di competenza esclusiva statale - Non fondatezza delle questioni.
- D.Lgs.  23 aprile  2004, n. 124, artt. 1, comma 1, primo periodo, e
  6, comma 1.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di  lavoro  -  Attribuzione al
  Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali  del potere di
  assumere  e  coordinare  le  iniziative  di  contrasto  del  lavoro
  sommerso  e  irregolare  e  di  vigilanza in materia di rapporti di
  lavoro  - Assegnazione alle strutture periferiche del Ministero del
  lavoro  delle  funzioni  di  vigilanza  in  materia  di lavoro e di
  legislazione sociale - Ricorso della Provincia autonoma di Trento -
  Denunciata  violazione  della  sfera  di  competenza provinciale in
  materia  di  tutela  del lavoro e del principio di sussidiarieta' -
  Non  riconducibilita'  della  vigilanza  e delle funzioni ispettive
  alla  materia «tutela del lavoro» - Inerenza delle stesse a materie
  di competenza esclusiva statale - Non fondatezza delle questioni.
- D.Lgs.  23 aprile  2004, n. 124, artt. 1, comma 1, primo periodo, e
  6, comma 1.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo;
  legge   costituzionale   18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;  d.P.R.
  31 agosto  1972,  n. 670,  art. 8, n. 29), 9, n. 2), n. 4) e n. 5);
  d.P.R.   26 gennaio  1980,  n. 197,  art. 3,  comma  primo;  d.P.R.
  28 marzo 1975, n. 474, art. 3, comma primo, nn. 11) e 12).
Previdenza  e  assistenza  sociale - Razionalizzazione delle funzioni
  ispettive  in  materia  di  previdenza  sociale - Previsione che le
  funzioni  ispettive  in  materia di previdenza e assistenza sociale
  siano svolte anche dal personale di vigilanza dell'INPS, dell'INAIL
  e   dell'ENPALS  e  degli  altri  enti  per  i  quali  sussiste  la
  contribuzione obbligatoria - Ricorso della Regione Emilia-Romagna -
  Denunciata  violazione  del  principio di sussidiarieta' - Funzioni
  inerenti  a  materie di competenza statale e da esercitare mediante
  personale e strutture statali - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 6, comma 3, primo periodo.
- Costituzione, art. 118, commi primo e secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di lavoro - Istituzione di una
  direzione  generale  con compiti di direzione e coordinamento delle
  attivita' ispettive svolte dai soggetti che effettuano vigilanza in
  materia   di  rapporto  di  lavoro,  di  livelli  essenziali  delle
  prestazioni  concernenti  i  diritti  civili e sociali - Previsione
  della  Commissione  centrale  di  coordinamento  dell'attivita'  di
  vigilanza  -  Previsione di un'attivita' di coordinamento a livello
  regionale  ad  opera  delle  direzioni regionali del lavoro e delle
  commissioni  regionali di coordinamento dell'attivita' di vigilanza
  -   Previsione  del  coordinamento  provinciale  dell'attivita'  di
  vigilanza  da  parte  delle  direzioni  provinciali  del  lavoro  -
  Attribuzione  alla  Commissione  centrale  della  definizione delle
  modalita' di attuazione della banca dati e delle linee di indirizzo
  per   la   realizzazione   del  modello  unificato  di  verbale  di
  rilevazione  degli  illeciti  in materia di lavoro, di previdenza e
  assistenza  obbligatoria  -  Ricorso della Regione Emilia-Romagna -
  Denunciata  illegittimita' derivata rispetto all'illegittimita' dei
  censurati   artt. 1   e   6   -   Esclusione  della  illegittimita'
  costituzionale   di  tali  norme  -  Attinenza  delle  funzioni  di
  vigilanza   a   materie   di   competenza  esclusiva  dello  Stato,
  riferimento  della direzione e del coordinamento ad amministrazioni
  statali, connessione tra previdenza e assistenza obbligatoria - Non
  fondatezza delle questioni.
- D.Lgs.  23 aprile  2004,  n. 124,  artt. 2,  3,  commi 1, 3 e 4, 4,
  commi 1, 2, 4 e 5, e 5, commi 1, 2 e 3.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di lavoro - Istituzione di una
  direzione  generale  con compiti di direzione e coordinamento delle
  attivita' ispettive svolte dai soggetti che effettuano vigilanza in
  materia   di  rapporto  di  lavoro,  di  livelli  essenziali  delle
  prestazioni  concernenti  i  diritti  civili e sociali - Previsione
  della  Commissione  centrale  di  coordinamento  dell'attivita'  di
  vigilanza  -  Previsione di un'attivita' di coordinamento a livello
  regionale  ad  opera  delle  direzioni regionali del lavoro e delle
  commissioni  regionali di coordinamento dell'attivita' di vigilanza
  -   Previsione  del  coordinamento  provinciale  dell'attivita'  di
  vigilanza  da  parte  delle  direzioni  provinciali  del  lavoro  -
  Attribuzione  alla  Commissione  centrale  della  definizione delle
  modalita' di attuazione della banca dati e delle linee di indirizzo
  per   la   realizzazione   del  modello  unificato  di  verbale  di
  rilevazione  degli  illeciti  in materia di lavoro, di previdenza e
  assistenza  obbligatoria  -  Ricorso  della  Provincia  autonoma di
  Trento  -  Censure prospettate con richiamo all'art. 10 della legge
  costituzionale  n. 3  del 2001 - Denunciata illegittimita' derivata
  rispetto  all'illegittimita'  dei  censurati artt. 1 e 6 Esclusione
  della  illegittimita' costituzionale di tali norme - Non fondatezza
  delle questioni.
- D.Lgs.  23 aprile  2004,  n. 124,  artt. 2,  3,  commi 1, 3 e 4, 4,
  commi 1, 2, 4 e 5, e 5, commi 1, 2 e 3.
- Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118, commi primo e
  secondo;  legge  costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;
  d.lgs.  28 agosto  1997,  n. 281,  art. 2;  d.P.R.  31 agosto 1972,
  n. 670,  art. 8,  nn. 23)  e  29),  9, n. 2), n. 4) e n. 5); d.P.R.
  26 gennaio 1980, n. 197, art. 3, comma primo; d.P.R. 28 marzo 1975,
  n. 474, art. 3, comma primo, nn. 11) e 12).
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia di previdenza sociale e di lavoro - Affidamento a strutture
  statali   (direzione  generale,  direzioni  regionali  e  direzioni
  provinciali) di compiti di coordinamento della vigilanza - Prevista
  regolamentazione  con  legge  statale  della istituenda Commissione
  centrale  di  coordinamento  dell'attivita' di vigilanza - Prevista
  composizione  delle  Commissioni  regionali  con criteri analoghi a
  quelli  della  Commissione centrale - Attribuzione alla Commissione
  centrale  della  definizione  delle  modalita'  di attuazione della
  banca  dati  e  delle  linee  di indirizzo per la realizzazione del
  modello  unificato  di  verbale  di  rilevazione  degli illeciti in
  materia  di  lavoro,  di  previdenza  e  assistenza  obbligatoria -
  Ricorso  della  Provincia  autonoma di Trento - Censure prospettate
  con richiamo all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 -
  Attinenza  delle  funzioni  di  vigilanza  a  materie di competenza
  esclusiva   dello   Stato,   riferimento   della  direzione  e  del
  coordinamento   ad   amministrazioni   statali,   connessione   tra
  previdenza   e  assistenza  obbligatoria  -  Non  fondatezza  delle
  questioni.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, artt. 2, 3, commi 1, 3 e 4, commi 1,
  2, 4 e 5, e 5, commi 1, 2 e 3.
- Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118, commi primo e
  secondo;  legge  costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;
  d.lgs.  28 agosto  1997,  n. 281,  art. 2;  d.P.R.  31 agosto 1972,
  n. 670,  art. 8,  nn. 23)  e  29),  9, n. 2), n. 4) e n. 5); d.P.R.
  26 gennaio 1980, n. 197, art. 3, comma primo; d.P.R. 28 marzo 1975,
  n. 474, art. 3, comma primo, nn. 11) e 12).
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale e lavoro - Previsione fra i membri
  della   Commissione  centrale  di  coordinamento  del  Coordinatore
  nazionale  delle  aziende  sanitarie locali - Ricorsi della Regione
  Emilia-Romagna  e  della  Provincia autonoma di Trento - Denunciata
  violazione  della  sfera  di  competenza regionale e provinciale in
  materia   sanitaria   ed   eccesso   di  delega  -  Inerenza  della
  disposizione  all'organizzazione  della  sanita'  -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 3, comma 2.
- Costituzione, artt. 76 e 117, comma terzo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale e lavoro - Previsione fra i membri
  delle  Commissioni  regionali  di  coordinamento  dei  Coordinatori
  regionali  delle  aziende  sanitarie locali - Ricorsi della Regione
  Emilia-Romagna  e  della  Provincia autonoma di Trento - Denunciata
  violazione  della  sfera  di  competenza regionale e provinciale in
  materia   sanitaria   ed   eccesso   di  delega  -  Inerenza  della
  disposizione  all'organizzazione  della  sanita'  -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 4, comma 3.
- Costituzione, artt. 76 e 117, comma terzo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  lavoro - Compiti del personale
  ispettivo  -  Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna  - Denunciata
  illegittimita'   derivata   rispetto  alla  dedotta  illegittimita'
  dell'art. 6, comma 1 - Lamentata applicazione della disposizione ad
  ispettori   non   statali   -   Esclusione   della   illegittimita'
  costituzionale   dell'art. 6,   comma 1   -   Riferibilita'   della
  disposizione  al  solo  personale  statale,  al personale ispettivo
  degli  enti previdenziali di cui all'art. 6, comma 3, e a quello di
  altri enti per i quali sussiste la contribuzione obbligatoria - Non
  fondatezza della questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 7.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  lavoro - Compiti del personale
  ispettivo  -  Ricorso  della Provincia autonoma di Trento - Censure
  prospettate  con  richiamo  all'art. 10  della legge costituzionale
  n. 3  del  2001  - Denunciata illegittimita' derivata rispetto alla
  dedotta  illegittimita'  dell'art. 6,  comma 1  -  In via graduata,
  lamentata  applicazione ad ispettori non statali - Esclusione della
  illegittimita'  costituzionale dell'art. 6, comma 1 - Riferibilita'
  della   disposizione   al  solo  personale  statale,  al  personale
  ispettivo  degli enti previdenziali di cui all'art. 6, comma 3, e a
  quello  di  altri  enti  per  i  quali  sussiste  la  contribuzione
  obbligatoria - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 7.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo;
  d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia   di   previdenza   sociale   e   di  lavoro  -  Previsione
  dell'organizzazione,   da   parte   delle   direzioni  regionali  e
  provinciali  del  lavoro, di attivita' di prevenzione e promozione,
  presso  i datori di lavoro, finalizzata al rispetto della normativa
  lavorativa  e  previdenziale - Previsione dello svolgimento di tali
  attivita'  anche  da parte degli enti previdenziali - Ricorsi della
  Regione  Emilia-Romagna  e  della  Provincia  autonoma  di Trento -
  Denunciata  violazione  della  competenza  legislativa  regionale e
  provinciale  in materia di tutela e sicurezza del lavoro - Inerenza
  della  disciplina  a  materie di competenza esclusiva dello Stato e
  previsto  svolgimento delle attivita' da parte di personale statale
  o degli enti previdenziali - Non fondatezza delle questioni.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 8, commi 1, 2 e 5.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo;
  legge  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; d.P.R. 31 agosto 1972,
  n. 670, art. 8, n. 29); d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di  lavoro - Previsione che la
  direzione  generale  e  le  direzioni  regionali  e provinciali del
  lavoro,  anche  d'intesa  con  gli enti previdenziali, propongano a
  enti, datori di lavoro e ad associazioni, attivita' di informazione
  ed  aggiornamento,  mediante  stipula  di  apposita  convenzione  -
  Ricorsi  della Regione Emilia-Romagna e della Provincia autonoma di
  Trento    -   Lamentata   incidenza   nella   materia   «formazione
  professionale»,  di  competenza esclusiva regionale e provinciale -
  Normativa inerente a competenze esclusive sia dello Stato che della
  Regione  -  Mancata  previsione  che  lo  schema di convenzione sia
  approvato   sentita   la  Conferenza  permanente  -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 8, comma 3.
- Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118, commi primo e
  secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di  lavoro - Attribuzione alla
  direzione  provinciale  del lavoro, sentiti gli organismi preposti,
  sulla  base  di  direttive  del  Ministero del lavoro, di fornire i
  criteri  volti  ad  uniformare l'azione dei soggetti abilitati alla
  certificazione  di  rapporti  di  lavoro  -  Ricorsi  della Regione
  Emilia-Romagna  e  della  Provincia autonoma di Trento - Denunciata
  violazione  della  sfera  di  competenza regionale e provinciale in
  materia  di  tutela  del  lavoro  -  Violazione  del  principio  di
  sussidiarieta'  -  Inerenza  della  certificazione  dei rapporti di
  lavoro  alle materie dell'ordinamento civile, della giurisdizione e
  delle norme processuali - Non fondatezza delle questioni.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 8, comma 4.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo;
  legge  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; d.P.R. 31 agosto 1972,
  n. 670, art. 8, n. 29); d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia di previdenza sociale e di lavoro - Istituzione nell'ambito
  della  struttura  del  Ministero del lavoro di una banca telematica
  per  la  raccolta delle informazioni concernenti i datori di lavoro
  ispezionati  -  Previsione  di un decreto del Ministro del lavoro e
  delle politiche sociali, sentito il Ministro per l'innovazione e le
  tecnologie,  per  la definizione delle modalita' di attuazione e di
  funzionamento   della   banca   dati   -   Ricorsi   della  Regione
  Emilia-Romagna  e  della  Provincia  autonoma  di Trento Denunciata
  violazione  del  principio  di  leale collaborazione per la mancata
  previsione  della  partecipazione  delle  Regioni  e delle province
  all'adozione  del decreto - Inerenza della banca dati alla materia,
  di  competenza  concorrente,  della tutela e sicurezza del lavoro -
  Necessita'  che  il  decreto  sia  adottato  previa  intesa  con la
  Conferenza permanente - Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 10, comma 1, ultimo periodo.
- Costituzione, art. 117, comma terzo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di  lavoro  -  Attribuzione di
  funzioni  amministrative  particolari  alle direzioni regionali del
  lavoro  -  Previsione  dell'adozione  con  decreto del Ministro del
  lavoro  di  un  modello  unificato dei verbali di rilevazione degli
  illeciti ad uso degli organi di vigilanza in materia di lavoro e di
  previdenza  e  assistenza  obbligatoria  -  Ricorso  della  Regione
  Emilia-Romagna  -  Denunciata  violazione della sfera di competenza
  regionale  in  materia di tutela del lavoro, del principio di leale
  collaborazione e del principio di sussidiarieta' - Riconducibilita'
  delle  funzioni  a  materie  di  competenza esclusiva dello Stato -
  Finalita'  probatoria  dei verbali di accertamento degli illeciti -
  Non fondatezza delle questioni.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 10, commi 3 e 4.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di lavoro - Attribuzione ad un
  funzionario della direzione provinciale del lavoro di competenza in
  materia  di  conciliazione  amministrativa  - Ricorso della Regione
  Emilia-Romagna  -  Denunciata illegittimita' derivata rispetto alle
  norme  che  mantengono agli organi periferici statali la competenza
  in  materia  di  vigilanza  -  Violazione della sfera di competenza
  regionale  in  materia  di  tutela  del  lavoro  e del principio di
  sussidiarieta'   -   Inerenza  della  conciliazione  a  materie  di
  competenza esclusiva dello Stato - Non fondatezza delle questioni.
- D.Lgs.   23 aprile  2004,  n. 124,  art. 11,  commi 1,  4,  secondo
  periodo, 5 e 6.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di lavoro - Attribuzione ad un
  funzionario della direzione provinciale del lavoro di competenza in
  materia  di  conciliazione amministrativa - Ricorso della Provincia
  autonoma  di  Trento - Censure prospettate con richiamo all'art. 10
  della   legge   costituzionale   n. 3   del   2001   -   Denunciata
  illegittimita'  derivata  rispetto  alle  norme che mantengono agli
  organi  periferici  statali la competenza in materia di vigilanza -
  Violazione  della  sfera  di  competenza  provinciale in materia di
  tutela  del  lavoro  e  del  principio di sussidiarieta' - Inerenza
  della conciliazione a materie di competenza esclusiva dello Stato -
  Non fondatezza delle questioni.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 11.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo;
  legge   costituzionale   18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;  d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 670, art. 2.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di  lavoro  -  Attribuzioni di
  funzioni amministrative (diffida e tentativo di conciliazione) alle
  direzioni  provinciali del lavoro a tutela dei crediti patrimoniali
  dei  lavoratori  -  Previsione  di  una funzione amministrativa del
  Direttore  della  direzione  provinciale del lavoro - Ricorsi della
  Regione  Emilia-Romagna  e  della  Provincia  autonoma  di Trento -
  Denunciata  violazione  della  sfera  di  competenza  regionale  in
  materia  di  tutela  del lavoro e del principio di sussidiarieta' -
  Inerenza  della  disciplina a materie di competenza esclusiva dello
  Stato - Non fondatezza delle questioni.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 12.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo;
  legge   costituzionale   18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;  d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 670, art. 2.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia   di   previdenza   sociale   e   di  lavoro  -  Previsione
  dell'esecutivita'   delle   disposizioni  impartite  dal  personale
  ispettivo  in materia di lavoro e di legislazione sociale - Ricorsi
  della Regione Emilia-Romagna e della Provincia autonoma di Trento -
  Denunciata  violazione  della  sfera  di  competenza  regionale  in
  materia  di  tutela  del  lavoro  -  Violazione  del  principio  di
  sussidiarieta' - Non riferibilita' della vigilanza in via esclusiva
  alla materia tutela del lavoro - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 14, comma 2.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo;
  legge   costituzionale   18 ottobre  2001,  n. 3,  art. 10;  d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 266, art. 2.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di lavoro - Previsione, per le
  violazioni  di  carattere  penale rilevate dal personale ispettivo,
  dell'adozione  di  apposita  prescrizione  -  Ricorso della Regione
  Emilia-Romagna  -  Denunciata  violazione della sfera di competenza
  regionale  in  materia  di  tutela  del  lavoro  e del principio di
  sussidiarieta' - Non riferibilita' in via esclusiva della vigilanza
  alla materia tutela del lavoro - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 15, comma 1, primo periodo.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di  lavoro  -  Ordinanze delle
  direzioni  provinciali - Prevista impugnabilita' con ricorso avanti
  alle direzioni regionali del lavoro - Relativa disciplina - Ricorso
  della  Regione  Emilia-Romagna - Denunciata illegittimita' derivata
  rispetto  alle  norme che mantengono agli organi periferici statali
  la  competenza  in  materia  di  vigilanza - Dedotta violazione del
  principio  di  sussidiarieta'  -  Esclusione  della  illegittimita'
  costituzionale  del  previsto mantenimento di funzioni di vigilanza
  in capo allo Stato - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 16, commi 1 e 2.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza sociale e di lavoro - Istituzione presso la
  direzione  regionale  del  lavoro  del  Comitato  regionale  per  i
  rapporti  di lavoro - Regolazione delle funzioni decisorie di detto
  Comitato  sui  ricorsi  avverso  atti  di  accertamento e ordinanze
  ingiunzioni delle direzioni provinciali del lavoro, nonche' avverso
  i   verbali   di   accertamento  degli  istituti  previdenziali  ed
  assicurativi  -  Ricorso  della Regione Emilia-Romagna - Denunciata
  illegittimita'  derivata  rispetto  alle  norme che mantengono agli
  organi  periferici  statali la competenza in materia di vigilanza e
  violazione  del  principio  di  sussidiarieta'  -  Esclusione della
  illegittimita' costituzionale del previsto mantenimento di funzioni
  di vigilanza in capo allo Stato - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 17, commi 1 e 2.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di  lavoro  -  Formazione  del
  personale  ispettivo  statale e parastatale - Ricorso della Regione
  Emilia-Romagna  -  Denunciata illegittimita' derivata rispetto alle
  norme  che  mantengono agli organi periferici statali la competenza
  in  materia  di  vigilanza  -  Violazione della sfera di competenza
  regionale   residuale   in   materia  di  istruzione  e  formazione
  professionale  - Esclusione della illegittimita' costituzionale del
  previsto mantenimento di funzioni di vigilanza in capo allo Stato -
  Esclusione  dall'ambito  della  competenza  regionale in materia di
  istruzione  e  formazione delle attivita' formative predisposte dal
  datore di lavoro per i dipendenti - Non fondatezza delle questioni.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 18.
- Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118, commi primo e
  secondo.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza sociale e di lavoro - Normativa dettata dal
  decreto  legislativo  n. 124  del  2004  -  Ricorso della Provincia
  autonoma   di   Trento  -  Denunciata  violazione  di  disposizioni
  statutarie  e  delle  relative  norme  di  attuazione - Clausola di
  salvezza  delle competenze delle Regioni a statuto speciale e delle
  Province  autonome  di Trento e di Bolzano - Inammissibilita' delle
  questioni.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124.
- D.P.R.  31 agosto 1972, n. 670, artt. 8, nn. 23) e 29), 9, nn. 4) e
  5),   10  e  16;  d.lgs.  16 marzo  1992,  n. 266,  art. 2;  d.P.R.
  26 gennaio 1980, n. 197, art. 3, comma primo; d.P.R. 28 marzo 1975,
  n. 474, art. 3, comma primo, nn. 11) e 12).
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia di previdenza sociale e di lavoro - Diritto di interpello -
  Previsione  della  facolta'  per  le  associazioni professionali di
  categoria,   gli  ordini  professionali  e  gli  enti  pubblici  di
  inoltrare  alle  Direzioni provinciali del lavoro, che provvedono a
  inoltrarli  per  via telematica alla Direzione generale, quesiti di
  ordine generale sull'applicazione delle normative di competenza del
  Ministero del lavoro - Ricorso della Provincia autonoma di Trento -
  Denunciata  violazione  della  sfera  di  competenza provinciale in
  materia  di  tutela  del lavoro e del principio di sussidiarieta' -
  Clausola  di salvaguardia delle competenze provinciali - Interpello
  riferito ad attribuzioni dello Stato - Attinenza delle modalita' di
  trasmissione      dell'interpello      all'organizzazione     delle
  amministrazioni dello Stato e degli enti nazionali - Non fondatezza
  della questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 9.
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, commi primo e secondo;
  legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale e di lavoro - Poteri del personale
  ispettivo  delle direzioni del lavoro - Diffida ai datori di lavoro
  alla  regolarizzazione  di  inosservanze  sanabili  da cui derivino
  sanzioni    amministrative   -   Previsione   dell'estinzione   del
  procedimento  sanzionatorio in caso di pagamento dell'importo delle
  sanzioni,  in  misura  pari  al  minimo  stabilito dalla legge o al
  quarto  per  quelle  stabilite  in  misura  fissa  -  Ricorso della
  Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione della sfera di
  competenza  provinciale  in  materia  di tutela del lavoro mediante
  l'adozione di una disciplina dettagliata - Violazione del principio
  di  sussidiarieta'  -  Inerenza  della disciplina alle attribuzioni
  dello  Stato - Interpretazione escludente restrizioni alle funzioni
  gia' svolte dalla Provincia - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 13.
- Costituzione,  artt. 117,  comma terzo, e 118; legge costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di  lavoro  -  Attribuzione di
  funzioni  amministrative  particolari  alle direzioni regionali del
  lavoro  -  Previsione  dell'adozione  con  decreto del Ministro del
  lavoro  di  un  modello  unificato dei verbali di rilevazione degli
  illeciti ad uso degli organi di vigilanza in materia di lavoro e di
  previdenza   e   assistenza   obbligatoria  -  Previsione,  per  le
  violazioni  di  carattere  penale rilevate dal personale ispettivo,
  dell'adozione  di apposita prescrizione - Ordinanze delle direzioni
  provinciali  -  Prevista  impugnabilita'  con  ricorso  avanti alle
  direzioni  regionali del lavoro - Relativa disciplina - Istituzione
  presso la direzione regionale del lavoro del Comitato regionale per
  i  rapporti  di  lavoro  -  Regolazione delle funzioni decisorie di
  detto Comitato sui ricorsi avverso atti di accertamento e ordinanze
  ingiunzioni delle direzioni provinciali del lavoro, nonche' avverso
  i   verbali   di   accertamento  degli  istituti  previdenziali  ed
  assicurativi - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Mancata
  allegazione    di    specifiche   ragioni   di   illegittimita'   -
  Inammissibilita' delle questioni.
- D.Lgs.  23 aprile 2004, n. 124, artt. 10, commi 3 e 4, 15, comma 1,
  prima parte, 16, commi 1 e 2, e 17, commi 1 e 2.
- Costituzione,  artt. 117,  comma terzo, e 118; legge costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e  di  lavoro  -  Formazione  del
  personale ispettivo statale e parastatale - Ricorso della Provincia
  autonoma  di  Trento  -  Questione proposta in via cautelativa, per
  l'ipotesi  della  ritenuta  applicabilita'  della  disposizione  al
  personale  della  Provincia  -  Esclusione  -  Non fondatezza della
  questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 18.
- Costituzione,  artt. 117, comma quarto, e 118; legge costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
Lavoro  (tutela  del) - Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
  materia  di  previdenza  sociale  e di lavoro - Decreto legislativo
  n. 124  del  2004  -  Ricorso  della Provincia autonoma di Trento -
  Adozione senza preventiva consultazione della Conferenza permanente
  - Non fondatezza della questione.
- D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124.
- D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, art. 2, comma 3.
(GU n.42 del 19-10-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 2,
lettera d),  prima  parte,  e  8, commi 1, 2, lettere a), f), g), e 3
della  legge 14 febbraio 2003, n. 30 (Delega al Governo in materia di
occupazione  e  mercato  del lavoro) - reg. ric. n. 41, n. 42, n. 43,
n. 44  e n. 45 del 2003 - e degli artt. 1, comma 1; 2; 3, commi 1, 2,
3  e 4; 4; 5, commi 1, 2 e 3; 6, commi 1 e 3; 7; 8; 9; 10, commi 1, 3
e  4;  11;  12;  13;  14,  comma 2; 15, comma 1; 16, commi 1 e 2; 17,
commi 1   e   2;   e   18   del   d.lgs.   23 aprile   2004,   n. 124
(Razionalizzazione  delle funzioni ispettive in materia di previdenza
sociale  e  di  lavoro,  a  norma dell'art. 8 della legge 14 febbraio
2003,  n. 30)  -  reg.  ric.  n. 68  e  n. 69 del 2004 - promossi con
ricorsi   delle   Regioni   Marche,  Toscana,  Emilia-Romagna,  della
Provincia  autonoma  di  Trento e della Regione Basilicata (reg. ric.
n. 41,  n. 42,  n. 43, n. 44 e n. 45 del 2003), nonche' della Regione
Emilia-Romagna  (reg. ric. n. 68 del 2004) e della Provincia autonoma
di  Trento  (reg. ric. n. 69 del 2004), notificati rispettivamente il
23,  26  e  28 aprile  2003  e  il  9 e 12 luglio 2004, depositati in
cancelleria il 30 aprile, il 2 e 7 maggio 2003 e il 15 luglio 2004 ed
iscritti  ai  n. 41, n. 42, n. 43, n. 44 e n. 45 del registro ricorsi
2003 ed ai n. 68 e n. 69 del registro ricorsi 2004.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 2005 il giudice relatore
Francesco Amirante;
    Uditi  gli  avvocati  Stefano Grassi per la Regione Marche, Lucia
Bora  e  Fabio  Lorenzoni per la Regione Toscana, Giandomenico Falcon
per la Regione Emilia-Romagna e per la Provincia autonoma di Trento e
l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.1.  - Con cinque distinti ricorsi, le Regioni Marche (n. 41 del
2003),  Toscana  (n. 42  del 2003), Emilia-Romagna (n. 43 del 2003) e
Basilicata  (n. 45 del 2003), nonche' la Provincia autonoma di Trento
(n. 44  del 2003) hanno proposto molteplici questioni di legittimita'
costituzionale  di  diverse norme della legge 14 febbraio 2003, n. 30
(Delega  al  governo in materia di occupazione e mercato del lavoro),
tra  le  quali  alcune  riguardanti  l'art. 1,  comma 2, lettera d) -
concernente  il  mantenimento  da  parte  dello  Stato delle funzioni
amministrative  relative  alla  vigilanza  in  materia  di  lavoro  -
l'art. 8,  comma 1  (ric.  n. 41,  n. 42,  n. 43  e n. 45) e comma 2,
lettere a)  (ric.  n. 41),  f) (ric. n. 41 e n. 44) e g) (ric. n. 41,
n. 42  e  n. 44)  -  che, rispettivamente, conferiscono al Governo la
delega  per  la razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia
di  previdenza  sociale  e  di lavoro e dettano i relativi principi e
criteri  direttivi  -  nonche'  l'art. 8,  comma 3  (ric. n. 42), che
prevede la procedura di approvazione dei decreti legislativi.
    Le  Regioni  ascrivono le dette funzioni alla «tutela e sicurezza
del  lavoro»,  in  ragione  del loro carattere strumentale rispetto a
tale  materia  di  competenza concorrente, assumendo, in particolare,
che   il   mantenimento   da   parte   dello   Stato  delle  funzioni
amministrative   relative   alla  vigilanza  in  materia  di  lavoro,
riguardando  la  predetta  materia,  dovrebbe  essere  regolato dalla
legislazione  regionale  (e  cio'  vale  anche  per l'esercizio delle
funzioni  amministrative)  ed  argomentando  poi  nel  senso  che  le
funzioni  ispettive  di cui all'art. 8 rientrano a loro volta in tale
ambito  materiale. Di qui il contrasto con le competenze legislative,
regolamentari  e amministrative regionali e la conseguente violazione
degli   artt. 117   e  118  della  Costituzione.  Con  riferimento  a
quest'ultimo  parametro, viene altresi' censurato l'anzidetto comma 3
dell'art. 8,  per  l'assenza di ogni coinvolgimento regionale in sede
di approvazione dei relativi decreti legislativi (e' previsto il solo
parere delle competenti Commissioni parlamentari).
    La Provincia autonoma di Trento, infine, premesso che le funzioni
amministrative  relative  alla  vigilanza  in  materia di lavoro sono
attualmente  gia'  esercitate  da  essa,  osserva  che la funzione di
vigilanza si esaurisce o comunque rientra nella tutela del lavoro. La
contestazione  riguardante  il mantenimento allo Stato delle funzioni
di  vigilanza  si  estende  nei confronti dell'art. 8, comma 1, della
legge  n. 30  del  2003,  che  prevede  il riassetto della disciplina
vigente  in  tema  di ispezioni in materia di previdenza sociale e di
lavoro;  piu'  in particolare, avverso le lettere f) e g) del comma 2
del  medesimo  art. 8,  contenenti  deleghe  per l'istituzione di una
direzione  generale  con  compiti  di direzione e coordinamento delle
strutture  periferiche  del  Ministero  del  lavoro e delle politiche
sociali  in  vista  dell'esercizio unitario della funzione ispettiva,
nonche'  l'obbligo,  da parte delle direzioni regionali e provinciali
del   lavoro,  di  attenersi  alle  direttive  emanate  dalla  stessa
direzione  generale  del  Ministero.  Anche qui si tratta, secondo la
Provincia  di  Trento,  di  funzioni che sono gia' esercitate in sede
provinciale,   senza  che  la  connessione  tra  la  vigilanza  e  la
previdenza  sociale  possa  attrarre anche la prima nell'orbita della
competenza statale.
    1.2.-  Nei  giudizi  come  sopra introdotti si e' costituito, con
atti  di contenuto analogo, il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo  la  declaratoria  di  non  fondatezza  e sottolineando, in
particolare, la genericita' della censura concernente l'art. 8.
    In   relazione   alla   specifica  impugnazione  di  tale  norma,
l'Avvocatura dello Stato ha osservato che e' vero che la disposizione
della  legge  delega  parla  genericamente di funzioni ispettive e di
vigilanza  in materia di lavoro, ma gia' il comma 2 dell'art. 8, alla
lettera a),  specifica  che  il  sistema  delle  ispezioni dev'essere
improntato  «alla  prevenzione  e  promozione  dell'osservanza  della
disciplina  degli obblighi previdenziali, del rapporto di lavoro, del
trattamento    economico   e   normativo   minimo   e   dei   livelli
essenziali...»,  materie  tutte chiaramente afferenti alle competenze
esclusive  statali.  Sul punto, poi, sarebbe ancora piu' esplicito il
decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, attuativo delle impugnate
norme   di   delega,  il  cui  art. 1,  rubricato  significativamente
«vigilanza  in materia di rapporti di lavoro e dei livelli essenziali
delle   prestazioni   concernenti   i   diritti  civili  e  sociali»,
circoscrive con chiarezza l'intervento normativo alle sole materie di
esclusiva  competenza  statale.  Di  conseguenza,  sul  punto nessuna
lesione deriverebbe alle Regioni dalle disposizioni impugnate.
    1.3.  -  Con  provvedimento  del 28 settembre 2004 la trattazione
delle  questioni  in  argomento e' stata separata da quella avente ad
oggetto  tutte  le  altre  norme  della  legge  delega;  le questioni
concernenti  queste  ultime,  unitamente  alle  censure  sul  decreto
legislativo  10  settembre  2003,  n. 276,  sono  state decise con la
sentenza n. 50 del 2005.
    2.1.  -  Con  ricorso notificato il 9 luglio 2004 e depositato il
successivo  15  luglio  (n. 68 del 2004) la Regione Emilia-Romagna ha
sollevato,   in   riferimento   agli   artt.  76,  117  e  118  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1,
comma  1; 2; 3, commi da 1 a 4; 4; 5, commi da 1 a 3; 6, commi 1 e 3;
7;  8;  10,  commi 1, 3, e 4; 11, commi 1, 4, 5 e 6; 12; 14, comma 2;
15,  comma  1;  16,  commi  1  e 2; 17, commi 1 e 2; e 18 del decreto
legislativo  23 aprile 2004, n. 124 (Razionalizzazione delle funzioni
ispettive  in  materia  di  previdenza  sociale  e di lavoro, a norma
dell'articolo 8 della legge 14 febbraio 2003 n. 30).
    Secondo  la  ricorrente  la  vigilanza  sul  lavoro rientra nella
materia  «tutela  del  lavoro», non gia' per il carattere strumentale
che  ogni  disciplina  sanzionatoria  assume rispetto alla materia di
base,  bensi'  per  le caratteristiche della materia de qua; il senso
della  «tutela  del lavoro» e' di affidare alle Regioni, nel rispetto
dei  principi  fondamentali statali, la disciplina e l'allocazione di
tutte  le  funzioni  amministrative  di  vigilanza sul rispetto della
normativa volta a tutelare il lavoratore, di qualsiasi tipo essa sia,
amministrativa   regionale,   amministrativa   statale  (ad  esempio,
previdenziale),   civilistica   o  proveniente  dalla  contrattazione
collettiva,  comprendendo  «per  propria  essenza»  tutta l'attivita'
pubblicistica  funzionale alla difesa della regolarita', stabilita' e
sicurezza  del  lavoro,  e  dunque  anche quella volta a garantite il
rispetto delle norme civilistiche.
    Prima  di  motivare le singole questioni, la Regione premette che
il  decreto legislativo n. 124 del 2004 conferma in pieno i timori da
essa espressi con il ricorso n. 43 del 2003, disciplinando la materia
della vigilanza in materia di lavoro e previdenza sociale senza alcun
riconoscimento  della competenza legislativa regionale e senza alcuna
considerazione   del   principio   di  sussidiarieta',  dettando  una
normativa   direttamente   operativa   e   dettagliata   in   materia
concorrente,    allocando    altresi'    direttamente   le   funzioni
amministrative   in   materia   di  competenza  regionale  (salva  la
determinazione dei principi fondamentali) ed individuando nello Stato
l'ente  competente  all'esercizio della vigilanza, senza che sussista
alcuna esigenza unitaria.
    L'impugnato  decreto  legislativo  contraddice  la spettanza alla
Regione  della  potesta' legislativa in materia di tutela del lavoro,
salvi  soltanto  i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione
statale,  in  quanto  esso  disciplina  l'attivita' di vigilanza come
funzione  statale,  caratterizzata da un impianto accentrato, fondato
sulla  competenza di organi statali centrali nonche' sulla competenza
amministrativa  ed  operativa  di organi statali periferici. Inoltre,
sul  presupposto  del  carattere  statale  delle  relative funzioni e
competenze,  il  decreto  legislativo  ne  regola  nel  dettaglio  lo
svolgimento.
    2.2.  -  Passando  quindi  al  merito  delle  singole censure, la
Regione  ricorrente  rileva  che  le  norme centrali del decreto sono
l'art.  1,  comma  1,  primo  periodo e l'art. 6, comma 1, dettati in
materia di vigilanza e di personale ispettivo.
    In  particolare,  l'art.  1,  comma  1,  contiene,  come la norma
delegante,  un  richiamo  alle competenze regionali che la ricorrente
ritiene  del tutto formale, dato che in nessun altro punto il decreto
si preoccupa di tener conto di quelle competenze.
    Le  disposizioni  confermano  la  competenza  amministrativa  del
Ministero  del lavoro, dimostrando che lo Stato non si e' limitato ad
intervenire  nella  materia  della  vigilanza  sul lavoro solo con la
determinazione  di  principi  fondamentali,  lasciando  alle  Regioni
spazio  per la disciplina di dettaglio e consentendo loro l'esercizio
della  potesta'  di allocazione delle funzioni amministrative ad esse
assegnata dall'art. 118, secondo comma, della Costituzione.
    Ne'  ricorrerebbero,  d'altra parte, quelle effettive esigenze di
esercizio   unitario   che,  nel  rispetto  del  principio  di  leale
collaborazione,   consentono,   secondo   la   stessa  giurisprudenza
costituzionale,   l'assunzione   a   livello   statale   di  funzioni
amministrative  nelle materie di competenza regionale, in quanto esse
implicano   che  l'alterazione  delle  competenze  legislative  possa
avvenire solo assegnando funzioni ad organi statali centrali, perche'
la  stessa  competenza  degli  organi  statali periferici smentirebbe
l'esistenza di un'esigenza di esercizio unitario.
    La  ricorrente  e'  del  parere  che,  dopo  l'introduzione della
competenza legislativa delle Regioni in materia di tutela del lavoro,
la  legislazione  statale  avrebbe  dovuto prevedere il trasferimento
degli  uffici stessi a favore delle Regioni o, in ipotesi, degli enti
indicati  dalle Regioni come titolari della competenza amministrativa
in  materia.  Anche  se la Costituzione attribuisce direttamente alle
Regioni  il  potere  di assegnare le funzioni amministrative (e nulla
impedisce  alle  Regioni di istituire autonomamente propri uffici per
esercitare  una  funzione  amministrativa  in una materia regionale),
tuttavia una razionale riorganizzazione dell'amministrazione pubblica
presuppone  che nelle materie regionali gli uffici statali periferici
siano  trasferiti  agli  enti  indicati  dalle  leggi  regionali come
titolari  della  relativa  funzione,  dovendosi ritenere giustificata
l'attrazione  di  funzioni amministrative allo Stato soltanto in casi
particolari, fra i quali certamente non rientra l'ordinaria attivita'
di vigilanza sul lavoro.
    Quanto, in particolare, alla «vigilanza in materia... dei livelli
essenziali  delle  prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», cui si
riferisce  l'impugnato  art.  1,  la  ricorrente ribadisce la propria
ottica  circa  l'estensione  della  materia  «tutela del lavoro», che
comprenderebbe tutta l'attivita' pubblicistica funzionale alla difesa
della  regolarita', stabilita' e sicurezza del lavoro, e dunque anche
quella volta a garantire il rispetto delle norme civilistiche.
    Allo  Stato  spetta  infatti  determinare  i livelli essenziali e
disciplinare   le   eventuali   sanzioni   civili  e  penali,  mentre
l'attivita'  amministrativa  di  vigilanza  e'  oggetto  di  potesta'
concorrente  (con  possibilita',  per lo Stato, di attivare il potere
sostitutivo,   in  base  all'art.  120  della  Costituzione,  ove  ne
ricorrano  i  presupposti).  D'altra  parte,  la  determinazione  dei
livelli  essenziali  delle  prestazioni  non  sarebbe  di per se' una
«materia»,  ma  un  compito  statale  che attiene di regola a materie
regionali,  come  in  campo  sanitario,  assistenziale  o scolastico,
sicche'    non    esiste   un'autonoma   vigilanza   riguardante   la
«determinazione dei livelli essenziali», ma una funzione di vigilanza
relativa alla tutela del lavoro.
    L'art.  6,  comma  3,  analogamente,  presuppone  che le funzioni
ispettive  afferenti  la previdenza sociale siano svolte dagli organi
periferici   statali   e   dagli   organi   periferici   degli   enti
previdenziali.
    Benche'  in  questo  caso  la  materia «vigilata» appartenga alla
competenza  statale,  ad  avviso  della  ricorrente  la  norma  viola
comunque  l'art.  118,  primo  comma,  della Costituzione, perche' il
principio  di  sussidiarieta' di cui alla disposizione costituzionale
opera  anche  in  relazione alle materie statali (come gia' sostenuto
nel ricorso contro la legge di delega). Per le medesime ragioni sopra
esposte,  la  connessione  esistente tra lavoro e previdenza dovrebbe
risolversi, sul piano amministrativo, attraverso l'unificazione delle
funzioni  in  capo  alle strutture degli enti autonomi, restando allo
Stato  e  agli  enti  parastatali  le funzioni unitarie. Se, infatti,
esistono,  nelle  materie  di competenza statale di cui all'art. 117,
secondo  comma,  della  Costituzione,  settori  (quali la difesa o la
pubblica  sicurezza)  in  cui  per  evidenti  ragioni  lo  Stato deve
conservare  un apparato direttamente e territorialmente operativo, le
stesse  ragioni  non  esistono affatto per il settore della vigilanza
sulla previdenza sociale, nel quale sono invece evidenti le relazioni
di  accessorieta'  all'organizzazione  generale  della  vigilanza  in
materia di tutela di lavoro, che compete alle Regioni.
    2.3  - Quanto agli artt. 2, 3, commi da 1 a 4, 4, 5, commi da 1 a
3,  premette  la  ricorrente  che  gli  artt.  2,  3, 4 e 5 assegnano
funzioni   di  coordinamento  a  strutture  statali  di  vario  tipo.
L'illegittimita'  di  queste  norme  risulta collegata a quella degli
artt.  1  e  6,  poiche'  esse  disciplinano  il  coordinamento delle
funzioni oggetto degli articoli predetti.
    2.3.1.  -  In  particolare, l'art. 2 prevede l'istituzione di una
direzione  generale  con  compiti  di direzione e coordinamento delle
attivita' ispettive. Tenuto conto delle altre norme del decreto, tale
disposizione   prevede  un'attivita'  di  coordinamento  e  direzione
dell'attivita'  di  vigilanza  svolta  dagli  organi periferici dello
Stato  e  degli  enti  previdenziali,  sicche'  la sua illegittimita'
sarebbe  conseguente  a quella delle norme che mantengono le funzioni
di   quegli   organi.  Peraltro,  poiche'  richiama  genericamente  i
«soggetti   che  effettuano  vigilanza»,  l'art.  2  potrebbe  essere
riferito anche ad organi regionali o degli enti autonomi, ove fossero
accolte  le  censure  di  cui  sopra:  in  questo  caso, esso sarebbe
illegittimo  perche',  nelle  materie  di  cui  all'art. 117, terzo e
quarto  comma,  della  Costituzione,  non  e'  piu' ammesso un potere
amministrativo  statale  di  indirizzo e coordinamento. In subordine,
ove  si  ravvisassero esigenze di coordinamento fondate sul principio
di  sussidiarieta',  l'art.  2  sarebbe  in ogni caso illegittimo per
violazione  del  principio  di  leale  collaborazione, perche' non si
prevede l'intesa della Conferenza Stato-Regioni per l'esercizio della
funzione di coordinamento.
    2.3.2. - Quanto all'art. 3, che prevede e regola il funzionamento
di  un  altro  organo, ossia la Commissione centrale di coordinamento
dell'attivita'  di vigilanza, la Regione Emilia-Romagna rileva che il
comma  1  risulta  illegittimo  per  le  ragioni esposte in relazione
all'art.  2 (cioe' per illegittimita' «derivata», se il coordinamento
riguarda   organi   statali,  o  per  illegittimita'  del  potere  di
coordinamento o, in subordine, della mancata previsione di un'intesa,
se  esso riguarda organi regionali); a loro volta, i commi 2 e 3 sono
legati al comma 1, in quanto norme «strumentali».
    In  relazione all'art. 3, comma 4, la gestione della «banca dati»
puo'  effettivamente  considerarsi  una  funzione unitaria in materia
regionale,  ma  il  comma 4, prima parte, risulta illegittimo perche'
non  prevede  1'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, in violazione
del  principio  di  leale  collaborazione. Invece il comma 4, seconda
parte  (che  prevede  il «modello unificato di verbale di rilevazione
degli  illeciti»),  sarebbe  illegittimo  per  le  ragioni esposte in
relazione all'art. 2.
    Viene  poi  eccepito  un  particolare  profilo  di illegittimita'
dell'art.  3,  comma 2, nella parte in cui prevede fra i membri della
Commissione il Coordinatore nazionale delle aziende sanitarie locali.
Si  tratta  di  una figura inedita all'interno del nostro ordinamento
giuridico,  che  dovrebbe  svolgere  una funzione di coordinamento in
materia  regionale  (tutela della salute). La legge delega, tuttavia,
non  attribuiva  al Governo il potere di creare un tale organo in una
materia  (quella  sanitaria)  che,  oltretutto,  non e' oggetto della
disciplina in questione. L'art. 3, comma 2, dunque, prevede un organo
statale  con  funzioni  di  coordinamento  di enti pararegionali, con
conseguente  violazione  degli  artt.  76  e  117, terzo comma, della
Costituzione.
    2.3.3.  -  Specifiche censure vengono poi rivolte contro l'art. 4
del  decreto  n. 124,  che  prevede  un'attivita'  di coordinamento a
livello  regionale,  ad  opera  delle  direzioni regionali del lavoro
(comma   1)   e   delle   commissioni   regionali   di  coordinamento
dell'attivita'  di  vigilanza  (comma  2).  Esso  sarebbe  affetto da
illegittimita' «derivata» se il coordinamento concerne organi statali
o  parastatali; se esso riguarda organi non statali, l'illegittimita'
sarebbe  ancora piu' evidente che nel caso degli artt. 2 e 3, perche'
qui  manca  addirittura  il  carattere unitario della funzione. Nelle
materie  regionali  spetta  alla  legge  regionale  sia  allocare  le
funzioni   di   concreta   vigilanza  sia  allocare  le  funzioni  di
coordinamento.   In  subordine,  l'art.  4,  commi  l  e  2,  sarebbe
illegittimo  per  mancata  previsione  di  un'intesa  con  la Regione
interessata,  mentre l'illegittimita' del comma 2 comporta quella dei
commi  3  e  4,  che  riguardano  la  composizione  della commissione
regionale di coordinamento.
    Anche  la  previsione,  nel  comma  3, del Coordinatore regionale
delle  aziende  sanitarie  locali, sarebbe illegittima per i medesimi
motivi  esposti  a proposito del Coordinatore nazionale delle aziende
sanitarie  locali,  ed  inoltre  per  ragioni corrispondenti a quelle
appena esposte sul generale coordinamento regionale.
    Il  comma  5  prevede  un'attivita' informativa della Commissione
regionale,  funzionale  all'esercizio  del  potere  di  direttiva del
Ministro   del  lavoro:  per  l'illegittimita'  di  questa  norma  la
ricorrente  rinvia  a quanto detto in relazione all'art. 2, commi 2 e
3.
    2.3.4.  -  Il  ricorso passa a questo punto alle censure relativo
all'art.   5,  il  quale  si  occupa  del  Coordinamento  provinciale
dell'attivita' di vigilanza.
    Il comma 1 di tale norma violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e
118, primo e secondo comma, della Costituzione, per le stesse ragioni
esposte in relazione all'art. 4, commi 1 e 2, ulteriormente aggravate
dal  carattere  provinciale del coordinamento. Quanto ai commi 2 e 3,
che  affidano  funzioni amministrative nella materia della tutela del
lavoro ai CLES (Comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso), -
previsti  dal  decreto-legge  25  settembre  2002, n. 210, convertito
nella  legge  22  novembre  2002,  n. 266, organi locali da ritenersi
statali  in  virtu'  della  loro  composizione e dei poteri di nomina
affidati  al  prefetto - gli stessi violerebbero gli artt. 117, terzo
comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione.
    2.4.  -  In riferimento all'art. 7, che indica i vari compiti del
personale  ispettivo,  il  ricorso  ne  sostiene  l'illegittimita' in
quanto  norma collegata con l'art. 6, comma 1; d'altra parte, se pure
si  giustificasse  una funzione statale in materia regionale, sarebbe
necessaria  un'intesa  con  la  Regione,  ma  questo  schema  non  e'
praticabile per la minuta e frequente attivita' ispettiva.
    2.5.  - Viene poi censurato anche l'art. 8 del decreto n. 124, il
quale disciplina le attivita' di prevenzione e promozione.
    Tale   norma   regola   nei   primi   due   commi  attivita'  che
rientrerebbero  nella  materia  «tutela  del  lavoro»  e,  assegnando
funzioni  amministrative  ad  organi  statali  periferici, andrebbe a
violare  gli  artt.  117,  terzo comma, e 118, primo e secondo comma,
della  Costituzione,  mentre  il  comma  3  sembra attenere piu' alla
formazione  che  alla  tutela  del  lavoro,  cosi' da ricadere in una
materia di potesta' regionale piena, con conseguente violazione anche
dell'art.  117,  quarto  comma,  della  Costituzione. Anche l'art. 8,
comma  4,  che  disciplina  l'attivita'  dei  soggetti abilitati alla
certificazione  dei  rapporti  di  lavoro, rientrerebbe nella materia
«tutela  del lavoro» e, attribuendo funzioni amministrative ad organi
statali    periferici,    violerebbe    gli    anzidetti    parametri
costituzionali,  senza  che  possa  apparire  giustificato  il potere
ministeriale  di  direttiva,  non essendo piu' ammessa la funzione di
indirizzo  e  coordinamento;  ne',  d'altra  parte, e' previsto alcun
coinvolgimento  delle  Regioni  nell'elaborazione  di  tali direttive
ministeriali. Il comma 5 dell'art. 8 affida le attivita' previste dai
primi  tre commi agli enti previdenziali, cosi' ricadendo nell'ambito
delle censure gia' prospettate.
    2.6.  -  In  relazione  all'art. 10 del decreto impugnato, che si
occupa  di razionalizzazione e coordinamento dell'attivita' ispettiva
istituendo,  fra l'altro, una banca dati telematica nell'ambito delle
strutture  del  Ministero  del  lavoro  e delle politiche sociali, la
ricorrente  non  contesta  l'esistenza di una banca dati centrale, ma
sostiene  che,  qualora risultasse fondata la questione relativa alla
competenza  regionale  in  tema  di vigilanza, la banca dati dovrebbe
essere  considerata  accessibile  anche  dalle Regioni (anzi, sarebbe
paradossale  che  l'ente  costituzionalmente competente in materia di
tutela  del  lavoro  non  possa  accedere  alla banca dati centrale).
Illegittimo  sarebbe  pure,  per  violazione  del  principio di leale
collaborazione,  l'ultimo  periodo del comma 1, in quanto non prevede
un'intesa  con  la  Conferenza Stato-Regioni sul decreto ministeriale
che  regola  la  banca  dati,  pur incidendo questa su una materia di
competenza regionale.
    Ugualmente  illegittimi  sarebbero i commi 3 e 4 dell'art. 10, il
primo  dei quali attribuisce funzioni amministrative particolari alle
direzioni   regionali  del  lavoro,  mentre  il  comma  4  stabilisce
l'adozione  di  un  modello unificato di verbale di rilevazione degli
illeciti  ad  uso degli organi di vigilanza in materia di lavoro e di
previdenza  e  assistenza  obbligatoria, modello adottato con decreto
del  Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il
Ministro  dell'economia  e  delle finanze. L'illegittimita' di queste
norme  sarebbe  collegata  a  quella  delle  norme  attributive delle
funzioni  di  vigilanza  e,  comunque,  deriverebbe dalla mancanza di
un'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, cioe' dalla violazione del
principio di leale collaborazione.
    2.7. - L'art. 11, commi 1, 4, secondo periodo, 5 e 6, attribuisce
competenze   in   materia   di  conciliazione  amministrativa  ad  un
funzionario  della direzione provinciale del lavoro. L'illegittimita'
di  dette  norme  sarebbe  «derivata»,  nel senso che essa consegue a
quella  delle  norme che mantengono agli organi statali periferici la
competenza  in  materia  di  vigilanza,  ne' si potrebbe affermare la
spettanza  allo  Stato  della  competenza a svolgere la conciliazione
amministrativa  anche  nel  caso in cui la vigilanza fosse attribuita
alle  Regioni; sul punto, la ricorrente richiama quanto sostenuto nel
ricorso  n. 43 del 2003 a proposito dell'art. 1, comma 2, lettera c),
della  legge  n. 30  del  2003 (che prevede il «mantenimento da parte
dello Stato delle funzioni amministrative relative alla conciliazione
delle  controversie di lavoro individuali e plurime»), osservando che
la disciplina propria della conciliazione amministrativa, considerata
in  se  stessa  e  nella  sua  concreta  gestione,  non partecipa del
carattere  giurisdizionale e fa parte della materia regionale «tutela
del lavoro».
    2.8.  -  L'art. 12, commi 1, 2, primo periodo, 3 e 4, che assegna
funzioni  amministrative  (diffida e tentativo di conciliazione) alle
direzioni  provinciali  del  lavoro a tutela dei crediti patrimoniali
dei  lavoratori,  viene  censurato  in  quanto  assegna  ad un organo
statale   periferico  una  funzione  amministrativa  regolandola  nel
dettaglio, in violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e
secondo comma, della Costituzione.
    2.9.  -  La norma dell'art. 14, che riguarda l'esecutivita' delle
disposizioni   impartite   dal   personale   ispettivo,  e'  ritenuta
illegittima,  quanto  alla  prima  frase  del  comma  2,  per ragioni
conseguenti a quelle relative alle norme che mantengono la competenza
sulla   vigilanza   al   personale  statale.  Qualora  il  «personale
ispettivo»  non  fosse  statale,  detta  norma sarebbe illegittima in
quanto  assegna  ad  un  organo  statale  periferico  la competenza a
decidere i ricorsi amministrativi in materia regionale.
    2.10.  - Analoghe censure vengono rivolte contro l'art. 15, comma
1,  primo  periodo,  in materia di prescrizione obbligatoria da parte
del  personale  ispettivo,  ritenuto illegittimo perche' presuppone e
conferma   la   competenza  degli  organi  statali  periferici  sulla
vigilanza in materia di lavoro.
    2.11. - I commi 1 e 2 dell'art. 16 prevedono, rispettivamente, la
possibilita'  di  un  ricorso  amministrativo  avanti  alle direzioni
regionali  del lavoro contro le ordinanze delle direzioni provinciali
e  la  procedura  relativa,  ed anche in questo caso l'illegittimita'
conseguirebbe  a  quella  delle  norme  attributive delle funzioni di
vigilanza alle direzioni provinciali.
    2.12.  -  Analoghe  censure  vengono rivolte nel ricorso contro i
commi  1 e 2 dell'art. 17, che istituisce il Comitato regionale per i
rapporti  di  lavoro  e  ne  regola le funzioni decisorie sui ricorsi
avverso  gli  atti  di  accertamento e le ordinanze-ingiunzioni delle
direzioni  provinciali del lavoro e avverso i verbali di accertamento
degli  istituti  previdenziali  e  assicurativi; tali norme sarebbero
illegittime perche' mantengono e assegnano funzioni amministrative ad
organi  statali  periferici nella materia della tutela del lavoro, di
competenza regionale.
    2.13.  -  L'art. 18, che si occupa della formazione del personale
ispettivo,  statale  e parastatale, sarebbe affetto da illegittimita'
«derivata»   dall'illegittimita'   delle   norme  che  mantengono  la
competenza  degli  organi  periferici  statali.  La prima parte della
norma potrebbe anche essere riferita a personale ispettivo regionale,
ma  essa sarebbe pur sempre illegittima perche' interviene in materia
di   competenza   regionale   piena  (formazione  professionale),  in
violazione dell'art. 117, quarto comma, della Costituzione.
    3.1.  -  Con ricorso notificato il 12 luglio 2004 e depositato il
successivo 15 luglio (n. 69 del 2004) la Provincia autonoma di Trento
ha  sollevato  -  in  riferimento  agli  artt.  76,  117  e 118 della
Costituzione, all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3,  al  principio  di leale collaborazione, all'art. 2 del decreto
legislativo  28 agosto 1997, n. 281, agli artt. 8, n. 23) e n. 29), 9
n. 4) e n. 5), 10 e 16 dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige
di  cui  al  d.P.R.  31  agosto  1972,  n. 670, ed a diverse norme di
attuazione  dello  statuto - questione di legittimita' costituzionale
delle   medesime   norme  impugnate  con  il  ricorso  della  Regione
Emilia-Romagna  (ad  eccezione  del  comma 3 dell'art. 6), estendendo
pero'  le  censure  anche  agli artt. 9, 13 ed all'art. 11 del citato
decreto legislativo n. 124 del 2004.
    Oltre  a premettere considerazioni di carattere generale analoghe
a  quelle  del  ricorso  n. 68  del 2004, la ricorrente rivendica una
competenza  propria  in  tema  di  funzioni  ispettive  relative alla
previdenza  sociale  e al lavoro (gia' conferite a titolo di delega),
fondata   sull'art.   117,   terzo   comma,  della  Costituzione,  in
connessione con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
    La Provincia ricorrente premette di essere dotata, in conformita'
allo  statuto  speciale  ed  alle  relative  norme  di attuazione, di
potesta'   legislativa   primaria   in   materia  di  costituzione  e
funzionamento  di commissioni comunali e provinciali per l'assistenza
e   l'orientamento   al  lavoro  (art.  8,  n. 23)  e  di  formazione
professionale  (art.  8,  n. 29),  nonche'  di  potesta'  legislativa
concorrente   in   materia  di  apprendistato,  libretti  di  lavoro,
categorie   e   qualifiche   dei  lavoratori  (art.  9,  n. 4)  e  di
costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali di
controllo  sul  collocamento  (art.  9,  n. 5);  precisa, inoltre, di
essere dotata anche di potesta' legislativa integrativa nella materia
del  collocamento  e  dell'avviamento  al  lavoro (art. 10, comma 1).
Nelle  medesime materie la Provincia e' titolare anche delle funzioni
amministrative, in base agli artt. 10 e 16 dello statuto.
    Le  disposizioni  statutarie  sono state attuate, in particolare,
con  il  d.P.R.  26  gennaio  1980,  n. 197, al fine di realizzare un
organico  sistema  di ispezione del lavoro nelle Province di Trento e
di Bolzano (art. 3, primo comma), delegando alle Province l'esercizio
delle  funzioni  amministrative  dello  Stato  decentrate  a  livello
locale,  relative  alla  vigilanza  e tutela del lavoro, che gia' non
spettassero  alle province a titolo proprio (art. 3, primo comma, del
d.P.R.  26  gennaio  1980,  n. 197 ed art. 3, primo comma, n. 12, del
d.P.R.  28  marzo  1975,  n. 474), nonche' l'esercizio delle funzioni
svolte    dall'Ispettorato   del   lavoro   quanto   alla   vigilanza
sull'applicazione  delle  norme  relative  alla  previdenza  ed  alle
assicurazioni  sociali  (art.  3,  primo comma, del d.P.R. n. 197 del
1980, ed art. 3, primo comma, n. 11, del d.P.R. n. 474 del 1975).
    Conseguentemente,   l'art.  4  del  d.P.R.  n. 197  del  1980  ha
trasferito  alle  Province  di  Trento  e  di Bolzano gli ispettorati
provinciali  del  lavoro  aventi  sede  nei  rispettivi  territori  e
soppresso l'Ispettorato regionale del lavoro.
    Nella  materia del lavoro, poi, in base all'art. 9-bis del d.P.R.
22  marzo  1974,  n. 280,  e'  stato  delegato alle medesime Province
autonome   «l'esercizio   delle  funzioni  amministrative  attribuite
all'ufficio  regionale  e  agli uffici provinciali del lavoro e della
massima   occupazione  di  Trento  e  Bolzano  nonche'  alle  sezioni
circoscrizionali  per  l'impiego ricadenti nei rispettivi territori».
Gia'  prima  del 2001, dunque, le Province autonome avevano una vasta
serie  di  competenze  amministrative  nella materia della tutela del
lavoro,   conferite   con  delega  (che,  peraltro,  aveva  chiaro  e
riconosciuto  carattere  organico). Coerentemente con il titolo della
attribuzione, invece, il potere legislativo aveva carattere limitato.
    Tuttavia,  il riparto di competenze e' stato innovato dalla legge
costituzionale  n. 3  del  2001,  la  quale ha conferito alle Regioni
ordinarie  potesta'  legislativa  concorrente  in materia di tutela e
sicurezza  del  lavoro,  sicche' per tale profilo il nuovo assetto e'
applicabile  anche  alla  Provincia  autonoma  ricorrente  in  quanto
stabilisce  un  grado  maggiore di autonomia, secondo quanto disposto
dall'art. 10 della legge costituzionale ora citata.
    Anche  se, con specifico riferimento alle competenze provinciali,
l'art.  1,  comma  2,  del decreto legislativo impugnato contiene una
clausola   di   salvaguardia:  essa  si  riferisce,  a  parere  della
ricorrente,  alle  sole  competenze  derivanti  dallo statuto e dalle
relative  norme  d'attuazione,  ovverosia  alla  delega di competenze
prevista dalle citate norme d'attuazione, senza estendersi alle nuove
competenze  in  materia  di  tutela  e  sicurezza  del  lavoro di cui
all'art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  attribuite  alle
Province autonome al pari delle Regioni ordinarie.
    In  sostanza  l'effetto  del  decreto legislativo n. 124 del 2004
sarebbe  quello  di  mantenere  la  situazione attuale nella quale la
Provincia esercita le funzioni amministrative di vigilanza sul lavoro
per delega conferita dallo Stato. Il conservare la situazione attuale
risulta, tuttavia, costituzionalmente illegittimo in quanto, anche se
non  sono  stabiliti  termini  precisi  entro  i quali il legislatore
statale ordinario debba dare attuazione alle modifiche introdotte con
la legge costituzionale n. 3 del 2001, e' pacifico pero' che esso non
puo'  legiferare  in  contraddizione  con  le nuove regole, cosa che,
invece,  avviene  con  le  norme  censurate.  In sostanza, il decreto
legislativo  n. 124  del  2004  disconosce  e  contraddice  il mutato
carattere delle funzioni provinciali, funzioni che spettano oggi alla
Provincia a titolo di competenza propria e non delegata.
    3.2. - Il ricorso passa quindi ad illustrare la censura dell'art.
1,   comma  1,  negli  stessi  termini  di  cui  al  precedente  atto
introduttivo,   ribadendo  altresi'  l'illegittimita'  costituzionale
degli  artt.  5,  commi 2 e 3; 7; 8, commi da 1 a 5; 10, comma 3; 12;
14; comma 2, 15, comma 1, primo periodo; 16, commi 1 e 2; 17, commi 1
e  2.  La  ricorrente  si  dice poi «ben consapevole» che nel proprio
ambito  le  funzioni  di  vigilanza continuerebbero ad essere da essa
svolte  sulla  base della delega disposta con le norme di attuazione:
ma  il  tenore  delle  norme sopra ricordate indica che anche dopo la
riforma  costituzionale  lo  Stato  intende conservare la titolarita'
della funzione ed i relativi poteri.
    Quanto  all'art.  5,  commi  2  e  3,  che  attribuisce  funzioni
amministrative  ai  CLES,  la  ricorrente  precisa  di aver impugnato
dinanzi  alla  Corte  le  norme del decreto-legge n. 210 del 2002 con
ricorso n. 9 del 2003.
    3.3.  - La Provincia di Trento insiste quindi su alcuni specifici
profili di illegittimita' delle rimanenti disposizioni impugnate.
    Gli artt. 2; 3, commi 1, 2, 3 e 4, seconda parte; 4; 5, comma 1 e
10,  comma  4 assegnano funzioni di coordinamento a strutture statali
di  vario  tipo.  La legittimita' di queste norme risulta collegata a
quella  degli  artt.  1 e 6: se queste disposizioni sono illegittime,
anche  le  norme  che  disciplinano  il  coordinamento delle funzioni
oggetto  degli  artt.  1  e  6  risultano  affette  da illegittimita'
«derivata».  Tali  norme,  non  menzionando  espressamente gli organi
statali   come   destinatari  del  coordinamento,  potrebbero  essere
riferite anche ad organi regionali e provinciali dotati di competenza
propria  in  materia  di  vigilanza  (qualora la Corte accogliesse le
censure  di  cui  sopra);  in  questo caso essi sarebbero illegittimi
perche',  nelle  materie  di  cui all'art. 117, terzo e quarto comma,
della  Costituzione,  non  e'  piu'  ammesso un potere amministrativo
statale di indirizzo e coordinamento.
    In  subordine,  ove  si  ravvisassero  esigenze  di coordinamento
fondate  sul  principio  di  sussidiarieta',  le  norme  sopra citate
sarebbero  in  ogni  caso illegittime per violazione del principio di
leale   collaborazione,   perche'   non  si  prevede  l'intesa  della
Conferenza  Stato-Regioni (negli artt. 2 e 3) o della singola Regione
o  Provincia  (negli  artt.  4 e 5) per l'esercizio della funzione di
coordinamento.  Poiche',  inoltre,  gli  artt.  4  e  5  prevedono un
coordinamento  regionale  e  provinciale, se esso riguarda organi non
statali  l'illegittimita'  e' ancora piu' evidente che nel caso degli
artt.  2  e  3,  perche'  qui manca addirittura il carattere unitario
della funzione.
    Quanto all'art. 3, comma 4, prima parte, esso risulta illegittimo
perche'  non  prevede  l'intesa  con  la Conferenza Stato-Regioni, in
violazione del principio di leale collaborazione.
    Infine,  un  particolare  profilo  di  illegittimita'  (analogo a
quello  sopra  prospettato)  riguarda  l'art. 3, comma 2, e l'art. 4,
comma  3.  Essi,  infatti,  prevedono  fra i membri della commissione
centrale    e   delle   commissioni   regionali   di   coordinamento,
rispettivamente,   il   Coordinatore  nazionale  ed  il  Coordinatore
regionale delle aziende sanitarie locali. Si tratta di figure inedite
per  il  nostro  ordinamento  giuridico,  che dovrebbero svolgere una
funzione  di  coordinamento  in  materia  provinciale  (tutela  della
salute).  La  legge  delega,  tuttavia,  non attribuiva al Governo il
potere  di  creare  tali  organi,  in  materia (quella sanitaria) che
oltretutto  non  e'  oggetto della disciplina in questione. L'art. 3,
comma  2,  e  l'art.  4, comma 3, dunque, prevedono al di fuori della
delega   organi   statali  con  funzioni  di  coordinamento  di  enti
paraprovinciali,  con  conseguente  violazione  degli  artt. 76, 117,
terzo comma, e 118 della Costituzione.
    3.4.  -  La Provincia ricorrente impugna, inoltre, anche l'art. 9
del decreto n. 124, in materia di diritto di interpello.
    Questa disposizione risulta illegittima sotto diversi profili. In
primo  luogo,  poiche'  nella  Provincia  di Trento le funzioni degli
organi  statali  periferici  sono  esercitate  dalla  Provincia, essa
potrebbe  essere  intesa  nel  senso  di attribuire alla Provincia il
compito  di  inoltrare  i quesiti al Ministero: ma, dato il mutamento
del titolo costituzionale di competenza della Provincia in materia di
tutela del lavoro, non tocca alla legge statale di definire i compiti
della  Provincia  stessa,  ovvero  di  assegnarle  un ruolo meramente
ausiliario  allo  svolgimento  di una funzione ministeriale. Inoltre,
l'art.  9  presuppone  che  esistano  «normative  di  competenza  del
Ministero  del  lavoro»,  mentre in questa materia lo Stato puo' solo
dettare,  con  legge, principi; la norma, infine, imponendo l'inoltro
esclusivamente  in  via  telematica,  risulta  di estremo dettaglio e
lesiva dell'autonomia organizzativa della Provincia.
    3.5.  -  Si  censura,  poi,  l'art. 10, comma 1, del decreto, ove
viene  regolata,  tra l'altro, la banca dati telematica che raccoglie
le  informazioni  sui  datori  di  lavoro  ispezionati.  La Provincia
ritiene  che  alla  banca  dati  dovrebbero  poter  accedere tutte le
amministrazioni  che  svolgono  la vigilanza e non solo quelle che la
svolgono  ai  sensi del decreto in argomento. Data la finalita' della
banca  dati,  poi,  l'inaccessibilita'  della medesima da parte della
Provincia risulterebbe irragionevole e lesiva delle sue competenze in
materia  di  vigilanza.  Appare  poi illegittimo l'ultimo periodo del
comma   1,   in   quanto   non  prevede  un'intesa  della  Conferenza
Stato-Regioni  sul decreto ministeriale che regola la banca dati, pur
incidendo questa su una materia di competenza regionale.
    3.6.  -  L'art.  11,  commi  1  e  6, e' censurato con gli stessi
argomenti utilizzati nel ricorso n. 68.
    Gli  artt.  7,  11,  12,  13  e  14 appaiono poi illegittimi alla
ricorrente  anzitutto in quanto pretendono di applicarsi direttamente
alla  medesima,  in violazione dell'art. 2 del decreto legislativo 16
marzo  1992,  n. 266.  Inoltre  l'art. 7, lettere e) e f); l'art. 11,
commi  2, 4, 5 e 6; l'art. 12, commi 2 e 3; l'art. 13, commi 2 e 3, e
1'art.  14,  comma  2,  risultano eccessivamente di dettaglio, mentre
l'art.  11,  comma 3, e l'art. 12, comma 2, ultimo periodo, apportano
una  grave  ed  irragionevole  deroga ad un fondamentale principio di
tutela   del  lavoratore  (art.  2113  cod.  civ.),  con  conseguente
pregiudizio  del  ruolo  costituzionale della Provincia nella materia
della tutela del lavoro.
    3.7. - L'art. 18 e' censurato nell'ottica gia' espressa; peraltro
la  ricorrente, utilizzando (sia pure in regime di delega) il proprio
personale,  ritiene  che la disposizione possa essere intesa come non
riferentesi ad essa, considerando sia la propria potesta' primaria in
materia di formazione professionale che la garanzia di cui all'art. 2
del  decreto  legislativo  16  marzo  1992, n. 266. L'impugnazione ha
carattere   cautelativo,   per   l'ipotesi   in  cui  si  ritenga  la
disposizione   applicabile   anche   alla  formazione  del  personale
provinciale.
    3.8.   -   In   conclusione,   la   ricorrente  impugna  l'intero
provvedimento  legislativo  per  mancata  sottoposizione del relativo
schema  alla  Conferenza Stato-Regioni; a suo dire, infatti, un conto
e'  che  il Parlamento disattenda l'impegno preso dal Governo in sede
di  Conferenza,  un  altro  e'  che  il  Governo ometta totalmente di
coinvolgere  le Regioni al momento di adottare un decreto legislativo
in   materia   di  competenza  regionale,  poiche'  la  consultazione
necessaria  della  Conferenza,  espressamente  prevista  dal  decreto
legislativo  n. 281  del  1997,  costituisce attuazione del principio
costituzionale  di  leale  collaborazione, che risulterebbe in questo
caso vulnerato.
    4. - In tutti i giudizi ora menzionati, sia quelli rivolti contro
la  legge  delega  n. 30 del 2003 sia quelli rivolti contro il d.lgs.
n. 124  del  2004,  si  e' costituito il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  che  ha  sostenuto  la  non fondatezza di tutte le questioni,
osservando   in   particolare  come  l'organizzazione  dell'attivita'
amministrativa  volta  a contrastare il lavoro sommerso e irregolare,
cui   ha   specifico   riguardo   l'art.   1  dell'impugnato  decreto
legislativo,  esuli  dai  compiti  di «tutela e sicurezza del lavoro»
considerati  nell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, riferiti
alle  modalita' amministrative e materiali di svolgimento del lavoro,
alle  misure  antinfortunistiche  ed  agli  aspetti  della  sanita' e
sicurezza del luogo di lavoro.
    Inoltre  la posizione sociale del lavoratore, per quanto concerne
gli  aspetti  normativi, retributivi e previdenziali, riferibile agli
artt.   4,  36,  37  e  38  della  Costituzione,  dovrebbe  ritenersi
rientrante  nella competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui
all'art.  117,  secondo  comma,  della Costituzione, sotto il profilo
dell'ordinamento   civile  [lettera  l)],  della  determinazione  dei
livelli  essenziali  delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali  che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale
[lettera m)], o della previdenza sociale [lettera o)].
    La   relativa  disciplina  e'  dunque  attribuita  alla  potesta'
esclusiva  dello Stato, ne' potrebbe essere altrimenti per l'evidenza
dell'imprescindibile  esigenza  unitaria  (a  salvaguardia  della par
condicio degli operatori economici nell'esercizio dell'impresa, oltre
che a tutela dei diritti dei lavoratori).
    In  particolare,  l'azione  di  contrasto  del  lavoro sommerso e
irregolare,  espressione  con  la  quale  viene indicato il complesso
delle  misure  di  diversa  natura,  anche  fiscale  e previdenziale,
incidenti  sul  piano  generale  dell'economia  nel  quadro di un suo
rilancio  [con  riflessi  anche sulla tutela della concorrenza di cui
all'art.  117,  secondo  comma,  lettera e), della Costituzione], non
puo'  che  svolgersi  al livello di governo superiore, perche' ne sia
assicurata l'efficacia.
    Il contesto in cui le relative previsioni si inseriscono riguarda
la  politica generale del Governo, che esclude la configurabilita' di
ogni  differenziazione  di  valutazioni  di  eventuali  interessi  ed
esigenze locali.
    In  ogni caso l'Avvocatura osserva che una competenza concorrente
della  Regione,  nei  limiti in cui possa configurarsi, e' rispettata
ove  le  siano  lasciati adeguati spazi di autonomia. Nella specie va
esclusa  qualsiasi illegittima compressione di tale autonomia, il che
renderebbe anche ragione dell'inattendibilita' delle censure riferite
all'art. 118 della Costituzione.
    L'inesistenza  di  un apparato regionale idoneo, dimostrata dalla
stessa   pretesa   della  Regione  (non  sorretta  da  alcun  obbligo
costituzionale)  di  vedersi  trasferire  organi  statali, di per se'
giustificherebbe,    comunque,   per   un'esigenza   di   continuita'
istituzionale e secondo il principio di sussidiarieta', l'affidamento
di funzioni agli organi statali.
    Inattendibile   sarebbe   l'assunto,   che  non  trova  riscontro
nell'assetto  costituzionale  delle rispettive competenze, secondo il
quale ogni qual volta lo Stato decidesse di affidare ad un suo organo
periferico  una  funzione  amministrativa, cio' sarebbe significativo
dell'assenza  di esigenze unitarie idonee a legittimare l'allocazione
di  tali  funzioni  in  capo  allo  stesso  Stato e della violazione,
quindi, dell'art. 118 della Costituzione.
    Una funzione amministrativa, legittimamente attribuita allo Stato
in  base ai principi di cui all'art. 118 della Costituzione, ben puo'
essere  svolta da organi periferici di questo, ramificati sull'intero
territorio,  secondo  un'azione coordinata ed omogenea a salvaguardia
di interessi unitari.
    Il  decreto  legislativo prevede inoltre che lo Stato, al fine di
razionalizzare gli interventi sull'intero territorio, disponga di una
banca   dati  telematica  la  cui  gestione  trova  fondamento  anche
nell'art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.
    Legittimamente  e'  prevista  la  competenza dell'amministrazione
statale  per  la  definizione  del  modello  unificato  di verbale di
rilevazione degli illeciti.
    Inammissibile,  ancor  prima  che  infondata,  e'  la denunzia di
eccesso  di  delega  riferita  alla  previsione  di  un  coordinatore
nazionale   delle   aziende   sanitarie  locali,  che  non  tocca  le
prerogative regionali.
    Non  sarebbe, infine, invocato in modo pertinente il principio di
leale  collaborazione.  La materia in discorso, che non si identifica
con  quella  della  tutela  e  sicurezza  del  lavoro,  rientra nella
competenza statale. Ne' le ricorrenti hanno mai segnalato la ritenuta
necessita'  di  un  loro  coinvolgimento  in  qualsivoglia  forma nel
procedimento preordinato all'emanazione del decreto impugnato.
    Quanto  alla Provincia autonoma, nulla e' cambiato in ordine alle
funzioni  gia'  esercitate  dalla  stessa  e  nessuna incidenza sulla
configurazione  delle  funzioni  delegate  che interessi la Provincia
medesima  e  sulla  potesta'  di organizzazione di questa si ha nella
specie, perche' il decreto delegato non dispone di uffici provinciali
ma   prevede   la  costituzione  di  un  organo  aggiuntivo  deputato
all'esercizio di funzioni statali.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Come risulta dalla esposizione in fatto, dopo che numerose
questioni relative a disposizioni della legge 14 febbraio 2003, n. 30
(Delega  al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro) e
del  decreto  legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle
deleghe  in  materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla
legge  14  febbraio  2003,  n. 30), sono state decise con la sentenza
n. 50  del  2005,  devono  essere  ora  scrutinate  le  questioni  di
legittimita'  costituzionale  concernenti  l'art. 1, comma 2, lettera
d),  prima  parte,  e l'art. 8 della suindicata legge, nonche' alcune
norme    del    decreto    legislativo   23   aprile   2004,   n. 124
(Razionalizzazione  delle funzioni ispettive in materia di previdenza
sociale  e di lavoro, a norma dell'articolo 8 della legge 14 febbraio
2003, n. 30), emesso in esecuzione della delega di cui al citato art.
8.
    Le  disposizioni  della  legge  n. 30  del  2003,  oggetto  della
disposta  separazione  dalle  altre,  sono  censurate  dalle  Regioni
Marche,  Toscana,  Emilia-Romagna, Basilicata nonche' dalla Provincia
autonoma  di  Trento  con  riferimento  agli artt. 76, 117, 118 della
Costituzione,  in  quanto  si  assume  che  esse contengano norme, in
materia  di  competenza legislativa ripartita, e cioe' concernenti la
tutela   e   la   sicurezza  del  lavoro,  non  costituenti  principi
fondamentali,  ma  prima ancora perche' lo strumento della delega non
puo' essere usato per determinare questi ultimi.
    Il  decreto  legislativo  n. 124  del  2004 e' impugnato soltanto
dalla  Regione Emilia-Romagna e dalla Provincia autonoma di Trento in
riferimento  agli artt. 117 e 118 della Costituzione; l'art. 3, comma
2,  e l'art. 4, comma 3, sono stati censurati anche per contrasto con
l'art. 76 della Costituzione.
    La  Provincia  autonoma  di  Trento evoca anche norme del proprio
statuto  e  di  attuazione  del medesimo, nonche' la clausola c.d. di
maggior favore di cui all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001  e si duole anche del fatto che il decreto legislativo sia stato
adottato senza il parere della Conferenza permanente Stato, Regioni e
Province autonome.
    2.  -  Deve  essere  disposta  la riunione dei ricorsi per quanto
riguarda  le censure contro le suindicate norme della legge di delega
n. 30  del  2003,  nonche' dei ricorsi della Regione Emilia-Romagna e
della  Provincia autonoma di Trento contro il decreto delegato n. 124
del  2004,  in  quanto  propongono  questioni  simili  o strettamente
connesse, tali comunque da esigere la loro trattazione unitaria.
    In  via  preliminare, deve essere rilevata l'inammissibilita' del
ricorso  della  Regione  Toscana  per genericita' della deliberazione
della  Giunta  regionale  di  autorizzazione  alla  proposizione  del
ricorso,  ribadendo  quanto gia' detto con la sentenza n. 50 del 2005
riguardo  all'impugnazione  concernente  le  altre disposizioni della
stessa  legge  n. 30 del 2003. Si osserva infatti a tal proposito che
il rilievo della inammissibilita' e' logicamente prioritario rispetto
a  quello  della intervenuta cessazione della materia del contendere,
asserita dalla Regione.
    3.  - In via generale deve essere affermata anche in questo caso,
confermando  quanto  gia'  osservato  con la sentenza n. 50 del 2005,
l'infondatezza   della  censura  riguardante  l'illegittimita'  dello
strumento   della   delega   per   la   determinazione   di  principi
fondamentali.  Infatti  principi  e  criteri direttivi, concernenti i
limiti  della  delega  legislativa,  e  principi  fondamentali di una
materia   svolgono   funzioni  diverse  come  diverse  sono  le  loro
caratteristiche.  Non  e'  pertanto lo strumento della delegazione ad
essere  illegittimo ma possono esserlo in concreto i modi in cui essa
viene  disposta  e attuata (cfr. sentenze n. 359 del 1993, n. 280 del
2004, n. 50 e n. 270 del 2005).
    4.  -  Prima  di  procedere  alla disamina delle singole censure,
occorre  prendere  in  esame  la  tesi di fondo sostenuta da tutte le
ricorrenti   per   affermare  l'illegittimita'  costituzionale  delle
suindicate  disposizioni della legge di delegazione, nonche' soltanto
dalla  Regione  Emilia-Romagna  e  dalla Provincia autonoma di Trento
l'illegittimita'  di  disposizioni del decreto legislativo n. 124 del
2004.
    Il  comma  2,  lettera  d),  prima parte, dell'art. 1 della legge
n. 30  del  2003  enuncia  tra  i  principi e criteri direttivi della
delega  di  cui  al comma 1 dello stesso articolo «il mantenimento da
parte   dello  Stato  delle  funzioni  amministrative  relative  alla
vigilanza in materia di lavoro».
    L'art. 8 della stessa legge, intitolato «Delega al Governo per la
razionalizzazione  delle  funzioni ispettive in materia di previdenza
sociale e di lavoro», e' cosi' formulato:
        «1. Allo  scopo di definire un sistema organico e coerente di
tutela  del lavoro con interventi omogenei, il Governo e' delegato ad
adottare,  nel  rispetto  delle  competenze affidate alle Regioni, su
proposta  del  Ministro del lavoro e delle politiche sociali ed entro
il  termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge,  uno  o  piu'  decreti  legislativi  per  il  riassetto  della
disciplina vigente sulle ispezioni in materia di previdenza sociale e
di  lavoro,  nonche'  per  la  definizione  di  un quadro regolatorio
finalizzato alla prevenzione delle controversie individuali di lavoro
in sede conciliativa, ispirato a criteri di equita' ed efficienza.
        2. La delega di cui al comma 1 e' esercitata nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi:
          a) improntare il sistema delle ispezioni alla prevenzione e
promozione    dell'osservanza   della   disciplina   degli   obblighi
previdenziali,  del  rapporto  di lavoro, del trattamento economico e
normativo   minimo   e   dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto  il  territorio  nazionale,  anche  valorizzando l'attivita' di
consulenza degli ispettori nei confronti dei destinatari della citata
disciplina;
          b) definizione  di  un raccordo efficace fra la funzione di
ispezione  del  lavoro  e  quella di conciliazione delle controversie
individuali;
          c) ridefinizione dell'istituto della prescrizione e diffida
propri della direzione provinciale del lavoro;
          d) semplificazione     dei     procedimenti    sanzionatori
amministrativi  e  possibilita' di ricorrere alla direzione regionale
del lavoro;
          e) semplificazione della procedura per la soddisfazione dei
crediti di lavoro correlata alla promozione di soluzioni conciliative
in sede pubblica;
          f) riorganizzazione  dell'attivita' ispettiva del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali in materia di previdenza sociale
e  di  lavoro con l'istituzione di una direzione generale con compiti
di   direzione   e  coordinamento  delle  strutture  periferiche  del
Ministero  ai  fini  dell'esercizio  unitario della predetta funzione
ispettiva, tenendo altresi' conto della specifica funzione di polizia
giudiziaria dell'ispettore del lavoro;
          g) razionalizzazione  degli  interventi  ispettivi di tutti
gli   organi   di   vigilanza,   compresi   quelli   degli   istituti
previdenziali,  con  attribuzione della direzione e del coordinamento
operativo  alle  direzioni  regionali  e provinciali del lavoro sulla
base  delle  direttive  adottate dalla direzione generale di cui alla
lettera f).
        3.  Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono
trasmessi  alle  Camere  per  l'espressione del parere da parte delle
competenti  Commissioni parlamentari permanenti entro la scadenza del
termine   previsto   per  l'esercizio  della  delega.  Le  competenti
Commissioni  parlamentari  esprimono  il  parere  entro trenta giorni
dalla  data di trasmissione. Qualora il termine per l'espressione del
parere  decorra  inutilmente,  i  decreti  legislativi possono essere
comunque adottati.
        4.   Qualora   il   termine  previsto  per  il  parere  delle
Commissioni  parlamentari  scada  nei  trenta giorni che precedono la
scadenza  del termine per l'esercizio della delega o successivamente,
quest'ultimo e' prorogato di sessanta giorni.
        5.  Entro  ventiquattro  mesi dalla data di entrata in vigore
dei  decreti  legislativi  di cui al comma 1, il Governo puo' emanare
eventuali  disposizioni  modificative  e  correttive  con le medesime
modalita' di cui ai commi 3 e 4, attenendosi ai principi e ai criteri
direttivi indicati al comma 2.
        6.  L'attuazione della delega di cui al presente articolo non
deve comportare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica».
    Le  ricorrenti sostengono che la vigilanza e' un'attivita' avente
caratteristiche proprie rispetto all'oggetto su cui si esercita, tali
da  non  essere  da questo connotata in modo determinante. Secondo le
ricorrenti  la  vigilanza  sul  lavoro  e  le  ispezioni  - che della
vigilanza  costituiscono  una  modalita'  di  esercizio  -  rientrano
comunque nella materia «tutela del lavoro» di cui all'art. 117, terzo
comma,  della Costituzione, quale che sia lo specifico oggetto su cui
vertono.  Solo  dopo  che siano stati accertati irregolarita' o anche
inadempimenti,  potranno insorgere problemi riguardanti la competenza
legislativa  e  la allocazione delle funzioni amministrative relative
ai provvedimenti conseguenti agli esiti delle attivita' di vigilanza.
Le   sanzioni   prettamente   civilistiche,   quali   la  nullita'  o
l'annullabilita'  di  un negozio, o quelle penali, rientreranno nella
sfera  di  competenza statale, mentre tutto cio' che si esaurisce sul
piano  esclusivamente  amministrativo  fara' parte delle attribuzioni
costituzionali  delle  Regioni  e  delle  Province autonome. Le norme
impugnate  della  legge  di delegazione e quelle del decreto delegato
che  riguardano  organi  amministrativi e la loro attivita' sarebbero
illegittime   per   violazione   delle  suindicate  attribuzioni;  in
particolare  sarebbero  dotate  di  un  alto  tasso di illegittimita'
quelle  norme che regolano l'attivita' di vigilanza e le ispezioni in
sede locale ad opera di amministrazioni statali locali. Costituirebbe
un  profilo  di illegittimita' di tutta la normativa impugnata il non
aver disposto il trasferimento alle Regioni delle strutture materiali
e del personale impiegati in sede locale nella vigilanza.
    5. - La tesi non puo' essere accolta.
    E'  principio  ripetutamente  affermato  da  questa  Corte che la
regolamentazione delle sanzioni spetta al soggetto nella cui sfera di
competenza  rientra  la disciplina della materia, la cui inosservanza
costituisce  l'atto  sanzionabile  (v., per tutte, sentenze n. 60 del
1993, n. 28 del 1996, n. 361 del 2003 e n. 12 del 2004).
    La  regolamentazione delle sanzioni e' finalizzata al rispetto di
una  normativa  dalla  quale,  ai  fini  del  riparto  di  competenza
legislativa, riceve la propria connotazione.
    La vigilanza, a sua volta, spesso e' la fonte dell'individuazione
di  fattispecie  sanzionabili  o  comunque  di carenze che richiedono
interventi  anche  non sanzionatori diretti comunque ad assicurare il
rispetto   di   una   determinata  disciplina;  anch'essa  dunque  e'
strumentale rispetto a quest'ultima. Ne discende che non e' possibile
determinare  la  competenza  a  regolare  un'attivita'  di  vigilanza
indipendentemente  dalla  individuazione  della  materia  cui essa si
riferisce.
    D'altro  canto, questa Corte ha gia' affermato che «quale che sia
il  completo  contenuto  che debba riconoscersi alla materia tutela e
sicurezza  del  lavoro» - sul quale non si e' quindi pronunciata - e'
indubitabile  che,  mentre  vi  rientra  certamente la disciplina del
collocamento  ed  in  genere  dei  servizi per l'impiego, altrettanto
certamente   non   vi   e   compresa   la   normazione  dei  rapporti
intersoggettivi  tra  datore  di  lavoro  e  lavoratore, che fa parte
invece dell'ordinamento civile (v. sentenza n. 50 del 2005, paragrafi
4, 5 e 6 del Considerato in diritto, nonche' sentenze n. 359 del 2003
e n. 234 del 2005).
    Va  aggiunto  che  la «previdenza sociale», espressamente inclusa
nel  secondo  comma  dell'art.  117  Cost.,  e' materia di competenza
legislativa esclusiva dello Stato.
    Va  sottolineato,  infine,  che  la  legge 29 luglio 2003, n. 229
(Interventi  in  materia  di  qualita'  della  regolazione, riassetto
normativo  e  codificazione - Legge di semplificazione 2001) all'art.
3, recante la rubrica Riassetto normativo in materia di sicurezza del
lavoro,  contiene  la  delega al Governo per l'adozione di uno o piu'
decreti  legislativi  «per il riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, ai sensi e
secondo i principi e criteri direttivi di cui all'art. 20 della legge
15  marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'articolo 1 della presente
legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
        a) riordino,  coordinamento, armonizzazione e semplificazione
delle   disposizioni   vigenti   per   l'adeguamento  alle  normative
comunitarie e alle convenzioni internazionali in materia;
        b) determinazione  di  misure  tecniche  ed amministrative di
prevenzione   compatibili   con   le  caratteristiche  gestionali  ed
organizzative  delle  imprese,  in  particolare di quelle artigiane e
delle piccole imprese, anche agricole, forestali e zootecniche;
        c) riordino  delle norme tecniche di sicurezza delle macchine
e  degli  istituti  concernenti  l'omologazione,  la certificazione e
l'autocertificazione;
        d) riformulazione     dell'apparato     sanzionatorio,    con
riferimento,  in  particolare,  alle  fattispecie contravvenzionali a
carico  dei  preposti, alla previsione di sanzioni amministrative per
gli  adempimenti formali di carattere documentale; alla revisione del
regime  di  responsabilita'  tenuto  conto della posizione gerarchica
all'interno  dell'impresa  e dei poteri in ordine agli adempimenti in
materia  di  prevenzione sui luoghi di lavoro; al coordinamento delle
funzioni degli organi preposti alla programmazione, alla vigilanza ed
al  controllo, qualificando prioritariamente i compiti di prevenzione
e di informazione rispetto a quelli repressivi e sanzionatori;
        e) promozione dell'informazione e della formazione preventiva
e   periodica   dei  lavoratori  sui  rischi  connessi  all'attivita'
dell'impresa  in  generale e allo svolgimento delle proprie mansioni,
con  particolare  riguardo  ai  pericoli derivanti dall'esposizione a
rumore,  ad agenti chimici, fisici, biologici, cancerogeni e ad altre
sostanze o preparati pericolosi o nocivi e alle misure di prevenzione
da adottare in relazione ai rischi;
        f) assicurazione  della tutela della salute e della sicurezza
sul  lavoro  in tutti i settori di attivita', pubblici e privati, e a
tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto stipulato
con il datore di lavoro o con il committente;
        g) adeguamento  del  sistema  prevenzionistico e del relativo
campo  di  applicazione  alle  nuove  forme  di  lavoro  e  tipologie
contrattuali, anche in funzione di contrasto rispetto al fenomeno del
lavoro sommerso e irregolare;
        h) promozione  di  codici  di  condotta e diffusione di buone
prassi che orientino la condotta dei datori di lavoro, dei lavoratori
e di tutti i soggetti interessati;
        i) riordino     e    razionalizzazione    delle    competenze
istituzionali  al  fine  di evitare sovrapposizioni e duplicazioni di
interventi  e  competenze,  garantendo indirizzi generali uniformi su
tutto  il territorio nazionale nel rispetto delle competenze previste
dall'articolo 117 della Costituzione;
        l) realizzazione    delle   condizioni   per   una   adeguata
informazione   e   formazione   di   tutti   i   soggetti   impegnati
nell'attivita'  di  prevenzione  e  per  la  circolazione di tutte le
informazioni rilevanti per l'elaborazione e l'attuazione delle misure
di sicurezza necessarie;
        m) modifica  o  integrazione  delle  discipline vigenti per i
singoli settori interessati, per evitare disar-monie;
        n) esclusione   di   qualsiasi   onere   finanziario  per  il
lavoratore  in  relazione  all'adozione  delle  misure  relative alla
sicurezza, all'igiene e alla tutela della salute dei lavoratori».
    Le indicate disposizioni della legge n. 229 del 2003, anche se la
delega  non  ha  avuto attuazione, valgono come ulteriore criterio di
identificazione  e  delimitazione  delle deleghe oggetto del presente
scrutinio  di  legittimita'  costituzionale; queste certamente non si
riferiscono   alla   tutela   della  sicurezza  e  della  salute  dei
lavoratori.
    Sulla base delle considerazioni esposte possono essere risolte le
questioni concernenti le disposizioni della legge n. 30 del 2003.
    L'art.  1,  comma 2, lettera d), prima parte, va interpretato nel
contesto   normativo  in  cui  e'  inserito.  Letteralmente  esso  e'
formulato  come  contenente  un  principio o criterio direttivo della
delega  di  cui  al  comma 1 dello stesso articolo; delega, come gia'
ritenuto  con  la citata sentenza n. 50, concernente la disciplina di
materie   rientranti   nella   «tutela   e   sicurezza»  del  lavoro.
L'espressione  «mantenimento  da  parte  dello  Stato  delle funzioni
amministrative   relative  alla  vigilanza  in  materia  di  lavoro»,
nonostante  la  sua  formulazione  letterale,  deve essere letta come
riferentesi  alla  materia  oggetto  della  delega e quindi a materia
rientrante nella tutela del lavoro. Non si spiegherebbe altrimenti la
collocazione  della  disposizione  all'interno  di  un  articolo  che
riguarda la delega in materia di collocamento ed in genere di servizi
per  l'impiego, quando poi l'art. 8 contiene la delega alla riforma e
razionalizzazione delle ispezioni in materia di lavoro.
    Tutto  cio'  premesso,  le censure concernenti l'art. 1, comma 2,
lettera  d), prima parte, non sono fondate nei sensi e nei limiti che
si vanno a precisare.
    L'allocazione   delle   funzioni  amministrative  in  materie  di
competenza  concorrente  non spetta allo Stato. Tuttavia, come questa
Corte  ha  gia'  affermato  e  ribadito (v. sentenze n. 13 del 2004 e
n. 50  del 2005), vi sono funzioni e servizi pubblici che non possono
essere  interrotti se non a costo di incidere su posizioni soggettive
ed   interessi  rilevanti.  Tali  considerazioni  comportano  che  le
funzioni   dello   Stato   continueranno   a   svolgersi  secondo  le
disposizioni  vigenti fin quando le Regioni non le avranno sostituite
con una propria disciplina, cosi' come ritenuto con la sentenza n. 50
del  2005  riguardo  alla  disposizione  sub  e) del medesimo comma e
numero  dell'art.  1.  Si  deve  soggiungere  che in quelle Regioni e
Province  autonome in cui cio' e' gia' avvenuto - come nel caso della
Provincia  di  Trento  -  anche se per effetto di deleghe statali, la
disposizione   ha   la   valenza  di  indicare  il  nuovo  titolo  di
legittimazione  spettante  alle  Regioni  e  Province  autonome  loro
attribuito  con  le  modifiche introdotte con la legge costituzionale
n. 3  del  2001,  esteso  a  queste  ultime ed alle Regioni a statuto
speciale  in  forza  della norma di maggior favore di cui all'art. 10
della citata legge.
    6.  - I criteri sopra esposti riguardo alla natura dell'attivita'
di   vigilanza,   e   quindi   riguardo   alla  individuazione  della
legittimazione  a legiferare in materia e a organizzare ed esercitare
le correlative funzioni amministrative, consentono di risolvere anche
le questioni sollevate riguardo all'art. 8.
    Le  deleghe  di  cui  al  comma  1  di tale disposizione hanno ad
oggetto  il  riassetto  della  disciplina  vigente sulle ispezioni in
materia  di  previdenza sociale e di lavoro nonche' la definizione di
un quadro regolatorio finalizzato alla prevenzione delle controversie
individuali  di  lavoro  in  sede conciliativa, ispirato a criteri di
equita' ed efficienza.
    Ora,  se  le  ispezioni  sono  una  modalita'  di esercizio della
vigilanza  e  se  questa  e'  connotata  dal  suo  oggetto,  si  deve
concludere   che  la  disposizione  concerne  materie  di  competenza
esclusiva dello Stato.
    Si   aggiunge   a   quanto   detto  che  la  conciliazione  delle
controversie  individuali  di  lavoro  rientra  nella  materia  della
giurisdizione  e  delle  norme  processuali  (cfr. sentenza n. 50 del
2005).
    I   principi  e  criteri  direttivi,  fatti  oggetto  di  censure
specifiche  ritualmente  introdotte, sono quelli indicati al comma 2,
lettere  a),  f)  e g), in quanto il comma 3 e' stato impugnato dalla
sola Regione Toscana il cui ricorso e' inammissibile.
    La  prima  disposizione stabilisce che il sistema delle ispezioni
sia  improntato  «alla prevenzione e promozione dell'osservanza della
disciplina  degli obblighi previdenziali, del rapporto di lavoro, del
trattamento  economico  e  normativo  minimo e dei livelli essenziali
delle  prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale, anche valorizzando
l'attivita'   di   consulenza   degli  ispettori  nei  confronti  dei
destinatari della citata disciplina».
    La    seconda    disposizione    prevede   la   «riorganizzazione
dell'attivita'  ispettiva  del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali   in   materia   di  previdenza  sociale  e  di  lavoro,  con
l'istituzione  di  una  direzione generale con compiti di direzione e
coordinamento  delle  strutture  periferiche  del  Ministero  ai fini
dell'esercizio  unitario  della  predetta funzione ispettiva, tenendo
altresi'  conto  della  specifica  funzione  di  polizia  giudiziaria
dell'ispettore del lavoro».
    Nella   lettera  a)  si  individuano,  come  principi  e  criteri
direttivi  del  riassetto  del  sistema  ispettivo,  la  finalita' di
improntarlo  «alla  prevenzione  e  promozione  dell'osservanza della
disciplina  degli obblighi previdenziali, del rapporto di lavoro, del
trattamento  economico  e  normativo  minimo e dei livelli essenziali
delle  prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere  garantiti  su tutto il territorio nazionale». Tale obiettivo,
conclude   la   disposizione,   va   perseguito  «anche  valorizzando
l'attivita' di consulenza degli ispettori».
    Le   funzioni  ispettive  qui  previste  si  concretizzano  nella
vigilanza  sul  rispetto,  da  parte  del  datore  di  lavoro,  della
normativa  previdenziale e civilistica, che e' dettata, con carattere
per lo piu' inderogabile, a tutela del lavoratore.
    Ne  deriva  l'attinenza  di  tali  funzioni  alle  materie di cui
all'art.  117,  secondo  comma,  lettere l) e o), Cost., nonche', con
riguardo  all'esigenza  unitaria implicita nelle finalita' anzidette,
alla lettera m) dello stesso comma.
    Sotto  la  lettera  g),  infine,  sono  indicati  come principi e
criteri direttivi la «razionalizzazione degli interventi ispettivi di
tutti  gli  organi  di  vigilanza,  compresi  quelli  degli  istituti
previdenziali,  con  attribuzione della direzione e del coordinamento
operativo  alle  direzioni  regionali  e provinciali del lavoro sulla
base  delle  direttive  adottate dalla direzione generale di cui alla
lettera f)».
    Una    volta    fatta    la    precisazione   che   l'espressione
«razionalizzazione  degli interventi ispettivi di tutti gli organi di
vigilanza...»  va  intesa  come  riferentesi agli organi di vigilanza
facenti parte dell'amministrazione statale o di enti nazionali, quali
quelli  previdenziali,  risulta  chiaro che funzioni e strutture sono
omogenee. Se e' aderente al dettato costituzionale che le funzioni di
vigilanza  e  quindi quelle ispettive aventi ad oggetto la previdenza
sociale,  la  materia  del  lavoro (settore dell'ordinamento civile),
nonche'   inerenti   sia   pure  in  misura  ridotta  all'ordinamento
processualpenalistico  siano  in  linea generale funzioni statali, si
sottrae  a  sospetti  di  illegittimita'  costituzionale la normativa
relativa alle strutture che devono svolgere siffatte funzioni.
    7.  -  Tutto  cio'  che si e' considerato rispetto alle censurate
disposizioni  di delega si riflette anche sulle impugnazioni proposte
dalla  Regione  Emilia-Romagna  e  dalla Provincia autonoma di Trento
contro il decreto legislativo n. 124 del 2004, adottato in attuazione
della  delega di cui all'art. 8 della legge n. 30 del 2003. Esso deve
essere  interpretato  tenendo  conto  del  contenuto  della  norma di
delegazione, cosi' come determinato alla stregua dei rilievi esposti;
contenuto  cui  sono estranee, secondo quanto si e' detto, le materie
del  collocamento  e  dei  servizi per l'impiego nonche' della tutela
della sicurezza e della salute dei lavoratori.
    8.  -  Limitando  per  il  momento lo scrutinio alle sole censure
mosse dalla Regione Emilia-Romagna, si rileva l'infondatezza di tutte
quelle  che  sostengono  l'illegittimita' di disposizioni del decreto
delegato conseguente all'illegittimita' delle norme di delegazione. E
cioe',  in primo luogo, le censure di cui al primo motivo del ricorso
n. 68  del 2004, aventi ad oggetto l'art. 1, comma 1, primo periodo e
l'art.  6, comma 1, che la ricorrente definisce le norme centrali del
decreto;  censure  che  si  basano  sull'assunto,  gia'  ritenuto non
fondato,  che  la  vigilanza  e  le  ispezioni rientrino sempre nella
materia,  di  competenza  ripartita,  della  tutela  e  sicurezza del
lavoro.
    La   prima   delle  disposizioni  censurate  stabilisce  che  «il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali assume e coordina, nel
rispetto  delle  competenze  affidate  alle  Regioni ed alle Province
autonome,   le   iniziative   di  contrasto  del  lavoro  sommerso  e
irregolare,  di  vigilanza  in  materia  di  rapporti di lavoro e dei
livelli  essenziali  delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,
con  particolare  riferimento  allo  svolgimento  delle  attivita' di
vigilanza  mirate  alla prevenzione e alla promozione dell'osservanza
delle  norme  di  legislazione  sociale  e  del  lavoro, ivi compresa
l'applicazione  dei contratti collettivi di lavoro e della disciplina
previdenziale».
    L'art.  6, comma 1, e' cosi' formulato: «le funzioni di vigilanza
in  materia  di  lavoro  e  di  legislazione  sociale sono svolte dal
personale   ispettivo  in  forza  presso  le  direzioni  regionali  e
provinciali del lavoro».
    La  ricorrente,  dopo aver svolto la tesi principale di cui si e'
detto,  alla  quale e' ispirata tutta l'impugnazione, sostiene che in
questo   caso   neppure   puo'   essere   invocato  il  principio  di
sussidiarieta'   c.d.   ascendente,  perche'  non  esistono  esigenze
unitarie  e  comunque  non  e'  previsto  alcun  coinvolgimento delle
Regioni.
    La censure non sono fondate.
    A quanto gia' osservato si deve soltanto aggiungere che, vertendo
la  vigilanza su materie di competenza esclusiva statale, non vengono
in considerazione il principio di sussidiarieta' e le modalita' della
sua attuazione, cui accenna la ricorrente.
    9.  -  D'altra  parte,  tale  principio non puo' essere utilmente
invocato  all'inverso  a  favore  delle  Regioni  con  riguardo  alle
disposizioni dell'art. 6, comma 3, primo periodo, il quale stabilisce
che  «le  funzioni  ispettive  in materia di previdenza ed assistenza
sociale  sono  svolte  anche  dal  personale  di vigilanza dell'INPS,
dell'INAIL,  dell'ENPALS  e  degli altri enti per i quali sussiste la
contribuzione  obbligatoria,  nell'ambito  dell'attivita' di verifica
del rispetto degli obblighi previdenziali e contributivi».
    Con  il  secondo  motivo  del  ricorso  -  che  si riferisce alla
suddetta  disposizione  -  si sostiene che «nonostante che, in questo
caso,  la  materia  vigilata  appartenga  alla competenza statale, ad
avviso  della  ricorrente  Regione la norma viola in ogni caso l'art.
118,  primo  comma,  della  Costituzione.  Infatti,  il  principio di
sussidiarieta' di cui alla disposizione costituzionale opera anche in
relazione  alle  materie  statali  (come  gia'  affermato nel ricorso
contro la legge delega). Per ragioni corrispondenti a quelle esposte,
la connessione esistente tra lavoro e previdenza dovrebbe risolversi,
sul  piano  amministrativo, con l'unificazione delle funzioni in capo
alle  strutture  degli enti autonomi, restando allo Stato e agli enti
parastatali le funzioni "unitarie".
    Il profilo di censura non e' fondato.
    Una  volta  accertato  che  si tratta di funzioni di vigilanza su
materie  di  competenza  statale  da  esercitare mediante personale e
strutture statali gia' esistenti, non si comprendono le ragioni - ne'
nel  ricorso  esse  sono  specificamente  indicate  -  che dovrebbero
rendere necessario il coinvolgimento delle Regioni.
    La  ricorrente non espone quali potrebbero essere le peculiarita'
locali tali da rendere necessarie funzioni non unitarie in materia di
lavoro (intesa nel senso che si e' detto) e di previdenza sociale.
    10.  -  Le censure proposte con il terzo motivo del ricorso della
Regione  Emilia-Romagna  contro gli artt. 2; 3, commi da 1 a 4; 4; 5,
commi da 1 a 3, del d.lgs. n. 124 del 2004, in riferimento agli artt.
117, terzo e quarto comma, 118, primo e secondo comma Cost., nonche',
per  un  particolare  profilo,  all'art.  76 Cost. sono in gran parte
infondate, risultando fondato solo tale ultimo particolare profilo.
    Le norme censurate sono le seguenti:
        «art.  2.  (Direzione  generale  con  compiti  di direzione e
coordinamento delle attivita' ispettive).
        1. - Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
e'  istituita,  senza  oneri  aggiuntivi per la finanza pubblica, con
regolamento  emanato  ai  sensi  dell'articolo 17, comma 4-bis, della
legge  23  agosto  1988,  n. 400,  e  successive  modificazioni,  una
direzione  generale  con  compiti  di direzione e coordinamento delle
attivita'  ispettive  svolte dai soggetti che effettuano vigilanza in
materia   di   rapporti   di  lavoro,  di  livelli  essenziali  delle
prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale e di legislazione sociale,
compresi  gli  enti  previdenziali, di seguito denominata: "Direzione
generale".
        2.  - La direzione generale fornisce, sulla base di direttive
emanate  dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, direttive
operative  e  svolge  l'attivita' di coordinamento della vigilanza in
materia  di  rapporti  di lavoro e legislazione sociale e dei livelli
essenziali  delle  prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
in  materia  di  lavoro,  che  devono  essere  garantiti  su tutto il
territorio  nazionale,  al  fine  di  assicurare l'esercizio unitario
della  attivita'  ispettiva  di competenza del Ministero del lavoro e
delle   politiche   sociali   e  degli  enti  previdenziali,  nonche'
l'uniformita'  di  comportamento  degli  organi  di vigilanza nei cui
confronti  la  citata  direzione  esercita,  ai  sensi  del  comma 1,
un'attivita' di direzione e coordinamento.
        3.  -  La  direzione  generale  convoca, almeno quattro volte
all'anno,  i  presidenti delle Commissioni regionali di coordinamento
della  attivita'  di  vigilanza,  di  cui  all'articolo 4, al fine di
fornire  al  Ministro  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali ogni
elemento  di  conoscenza  utile  all'elaborazione  delle direttive in
materia di attivita' di vigilanza.
        art. 3. (Commissione centrale di coordinamento dell'attivita'
di vigilanza).
        1.   -  Qualora  si  renda  opportuno  coordinare  a  livello
nazionale  l'attivita'  di  tutti gli organi impegnati sul territorio
nelle  azioni  di  contrasto  del lavoro sommerso e irregolare, per i
profili  diversi  da  quelli di ordine e sicurezza pubblica di cui al
secondo  periodo  dell'articolo  1,  il  Ministro  del lavoro e delle
politiche  sociali  convoca  la Commissione centrale di coordinamento
dell'attivita' di vigilanza di cui al comma 2, al fine di individuare
gli  indirizzi e gli obiettivi strategici, nonche' le priorita' degli
interventi ispettivi.
        2.  - La Commissione centrale di coordinamento dell'attivita'
di  vigilanza,  nominata  con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche  sociali,  e'  composta  dal  Ministro  del  lavoro e delle
politiche  sociali  o  da un sottosegretario delegato, in qualita' di
presidente;  dal  direttore  generale  della  direzione generale, dal
Direttore  generale  dell'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS);   dal   Direttore   generale   dell'Istituto   nazionale  per
l'assicurazione   contro   gli  infortuni  sul  lavoro  (INAIL);  dal
Comandante  generale della Guardia di finanza; dal Direttore generale
dell'Agenzia  delle entrate; dal Coordinatore nazionale delle aziende
sanitarie  locali;  dal  Presidente  del  Comitato  nazionale  per la
emersione  del  lavoro  non regolare di cui all'articolo 78, comma 1,
della  legge  23 dicembre 1998, n. 448; da quattro rappresentanti dei
datori  di  lavoro  e quattro rappresentanti dei lavoratori designati
dalle  organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative
a  livello  nazionale.  I  componenti della Commissione possono farsi
rappresentare da membri supplenti appositamente delegati.
        3.  - Alle sedute della Commissione centrale di coordinamento
dell'attivita'  di  vigilanza possono essere invitati a partecipare i
Direttori  degli altri enti previdenziali, i Direttori generali delle
direzioni  generali degli altri Ministeri interessati in materia, gli
ulteriori componenti istituzionali della Commissione nazionale per la
emersione  del  lavoro  non  regolare ed il comandante del nucleo dei
Carabinieri  presso  l'ispettorato  del  lavoro.  Alle  sedute  della
Commissione  centrale  di  coordinamento  dell'attivita' di vigilanza
possono,   su   questioni   di   carattere  generale  attinenti  alla
problematica   del  lavoro  illegale,  essere  altresi'  invitati  il
comandante  generale  dell'Arma  dei  carabinieri  ed  il  Capo della
Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza.
        4.    -    Alla   Commissione   centrale   di   coordinamento
dell'attivita'  di  vigilanza  puo'  essere  attribuito il compito di
definire  le  modalita'  di attuazione e di funzionamento della banca
dati  di  cui  all'articolo  10,  comma  1, e di definire le linee di
indirizzo  per  la  realizzazione del modello unificato di verbale di
rilevazione  degli  illeciti  in  materia  di lavoro, di previdenza e
assistenza  obbligatoria  ad  uso  degli organi di vigilanza, nei cui
confronti  la  direzione generale, ai sensi dell'articolo 2, esercita
un'attivita' di direzione e coordinamento.
        5.   -  Ai  componenti  della  Commissione  di  coordinamento
dell'attivita'  di  vigilanza ed ai soggetti eventualmente invitati a
partecipare  ai sensi del comma 3 non spetta alcun compenso, rimborso
spese o indennita' di missione. Al funzionamento della Commissione si
provvede  con le risorse assegnate a normativa vigente sui pertinenti
capitoli di bilancio.
        art. 4.(Coordinamento regionale dell'attivita' di vigilanza).
        1.  -  Le direzioni regionali del lavoro, sentiti i Direttori
regionali  dell'INPS  e  dell'INAIL e degli altri enti previdenziali,
coordinano  l'attivita'  di  vigilanza  in  materia  di  lavoro  e di
legislazione sociale, individuando specifiche linee operative secondo
le  direttive  della  direzione  generale.  A tale fine, le direzioni
regionali  del  lavoro  consultano, almeno ogni tre mesi, i direttori
regionali dell'INPS, dell'INAIL e degli altri enti previdenziali.
        2.  -  Qualora  si  renda opportuno coordinare l'attivita' di
tutti  gli  organi  impegnati  nell'azione  di  contrasto  del lavoro
irregolare  per  i  profili  diversi  da quelli di ordine e sicurezza
pubblica  di  cui  al  secondo  periodo  dell'articolo  1, secondo le
indicazioni  fornite  dalla  direzione  generale,  il Direttore della
direzione  regionale  del  lavoro convoca la commissione regionale di
coordinamento dell'attivita' di vigilanza.
        3.  -  La Commissione di cui al comma 2, nominata con decreto
del  Direttore  della  direzione regionale del lavoro e' composta dal
Direttore  della Direzione regionale del lavoro, che la presiede; dal
Direttore  regionale  dell'INPS;  dal Direttore regionale dell'INAIL;
dal  comandante  regionale  della  Guardia  di finanza; dal Direttore
regionale  dell'Agenzia  delle  entrate;  dal  Coordinatore regionale
delle  aziende sanitarie locali; da quattro rappresentanti dei datori
di  lavoro  e  quattro  rappresentanti dei lavoratori designati dalle
organizzazioni  sindacali  comparativamente  piu'  rappresentative  a
livello  nazionale.  I  componenti  della  Commissione  possono farsi
rappresentare da membri supplenti appositamente delegati.
        4.  - Alle sedute della Commissione di cui al comma 2 possono
essere  invitati a partecipare i Direttori regionali degli altri enti
previdenziali   e   i   componenti  istituzionali  delle  Commissioni
regionali  per  l'emersione  del  lavoro  non  regolare  di  cui agli
articoli  78  e 79 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive
modificazioni.  Alle  sedute  della  Commissione  di  cui  al comma 2
possono,   su   questioni   di   carattere  generale  attinenti  alla
problematica del lavoro illegale, essere altresi' invitati uno o piu'
dirigenti  della  Polizia  di  Stato designati dal Dipartimento della
pubblica  sicurezza  del  Ministero  dell'interno  ed  il  comandante
regionale dell'Arma dei carabinieri.
        5. - La Commissione regionale di coordinamento dell'attivita'
di  vigilanza  convoca,  almeno  sei volte all'anno, i presidenti dei
comitati  per  il  lavoro  e  l'emersione  del  sommerso,  di seguito
denominati «CLES», di cui al decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210,
convertito,  con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266,
al   fine  di  fornire  alla  direzione  generale  ogni  elemento  di
conoscenza  utile  all'elaborazione  delle  direttive  in  materia di
attivita'  di vigilanza di competenza del Ministro del lavoro e delle
politiche  sociali. Ai componenti della Commissione di cui al comma 3
ed  ai  soggetti  eventualmente  invitati  a partecipare ai sensi del
comma  4  o  convocati  ai sensi del presente comma, non spetta alcun
compenso,  rimborso  spese o indennita' di missione. Al funzionamento
della  Commissione  si  provvede con le risorse assegnate a normativa
vigente sui pertinenti capitoli di bilancio.
        art.   5.   (Coordinamento   provinciale   dell'attivita'  di
vigilanza).
        1. - La direzione provinciale del lavoro, sentiti i Direttori
provinciali   dell'INPS  e  dell'INAIL,  coordina  l'esercizio  delle
funzioni  ispettive  e  fornisce  le direttive volte a razionalizzare
l'attivita'   di  vigilanza,  al  fine  di  evitare  duplicazione  di
interventi ed uniformarne le modalita' di esecuzione. A tale fine, le
direzioni  provinciali del lavoro consultano, almeno ogni tre mesi, i
direttori  provinciali  dell'INPS,  dell'INAIL  e  degli  altri  enti
previdenziali.
        2.  -  Qualora  si  renda  opportuno  coordinare,  a  livello
provinciale, l'attivita' di tutti gli organi impegnati nell'azione di
contrasto   del   lavoro  irregolare,  i  CLES,  cui  partecipano  il
Comandante  provinciale  della  Guardia di finanza, un rappresentante
degli   Uffici   locali   dell'Agenzia  delle  entrate  presenti  sul
territorio provinciale ed il presidente della Commissione provinciale
per  la  emersione  del  lavoro  non regolare di cui all'articolo 78,
comma  4,  della  legge  23  dicembre  1998,  n. 448,  forniscono, in
conformita'  con gli indirizzi espressi dalla Commissione centrale di
cui  all'articolo  3,  indicazioni  utili  ai  fini dell'orientamento
dell'attivita'  di  vigilanza.  Alle  sedute  del  CLES  possono,  su
questioni  di  carattere  generale  attinenti  alla  problematica del
lavoro  illegale,  essere altresi' invitati il Comandante provinciale
dell'Arma dei carabinieri ed il Questore.
        3.  -  Il  CLES  redige,  con  periodicita'  trimestrale  una
relazione  sullo  stato  del mercato del lavoro e sui risultati della
attivita'  ispettiva nella provincia di competenza, anche avvalendosi
degli  esiti  delle  attivita'  di  analisi  e  ricerca  delle citate
Commissioni  provinciali  per  l'emersione  del lavoro. Al termine di
ogni anno il CLES redige una relazione annuale di sintesi.».
    La ricorrente anzitutto denuncia la illegittimita' delle norme in
quanto «derivata» da quella relativa agli artt. 1 e 6.
    Poiche'  le  censure  contro  questi  ultimi  sono  risultate non
fondate, siffatto profilo di illegittimita' non sussiste.
    La  ricorrente  censura,  poi, specificamente: a) l'affidamento a
strutture  statali,  quali  la  direzione  generale del Ministero del
lavoro  e  delle  politiche  sociali, le direzioni regionali e quella
provinciale,  di  compiti  di  coordinamento  della  vigilanza: se il
coordinamento  e  la  direzione  si  riferissero  anche ad organi non
statali,  le  disposizioni  sarebbero  illegittime;  b)  il fatto che
l'istituenda  Commissione centrale di coordinamento dell'attivita' di
vigilanza  relativamente alle azioni di contrasto del lavoro sommerso
e  irregolare  sia  regolata  con legge statale, la quale prevede che
essa   sia  composta  da  rappresentati  di  amministrazioni  statali
nominati da un organo dello Stato; c) l'attribuzione alla Commissione
del  compito  di  definire  sia  le  modalita'  di  attuazione  e  di
funzionamento  della  banca  dati di cui all'art. 10, comma 1, sia le
linee  di  indirizzo  per  la  realizzazione del modello unificato di
verbale  di  rilevazione  degli  illeciti  in  materia  di lavoro, di
previdenza  e assistenza obbligatoria; d) la circostanza che anche le
Commissioni  regionali  di  coordinamento  siano composte con criteri
analoghi  a  quelli  della  Commissione  centrale;  e)  l'inserimento
nell'ambito  della  Commissione  centrale  del coordinatore nazionale
delle  aziende sanitarie locali e nell'ambito di quelle regionali del
coordinatore   regionale   delle   medesime,   figure  -  queste  dei
coordinatori  -  non  previste dall'organizzazione sanitaria e la cui
istituzione,  non  compresa  nella  delega, costituisce intromissione
nelle attribuzioni regionali in materia di sanita'; f) l'affidamento,
da parte dell'art. 5, del coordinamento provinciale dell'attivita' di
vigilanza  alle  direzioni  provinciali  del  lavoro  (le  quali, tra
l'altro,  hanno  il compito di coordinare le attivita' dei CLES), con
conseguente attribuzione di funzioni amministrative ad organi statali
in materia di tutela del lavoro.
    Le  censure  sub  a),  b),  c),  d)  e  f)  sono infondate per le
considerazioni che seguono. E', invece, fondata la censura sub e).
    Si  e'  gia'  detto  infatti,  e  va  ribadito,  che la vigilanza
regolata  dalla  normativa  impugnata  attiene anzitutto alle materie
dell'ordinamento  civile  e  della previdenza sociale, ma deve essere
rilevato che le attivita' concernenti l'emersione del lavoro sommerso
ed  il contrasto al lavoro irregolare, come questa Corte ha affermato
con la sentenza n. 234 del 2005, rientrano in larga prevalenza in via
diretta  nell'ordinamento civile e si riflettono in via mediata negli
ordinamenti tributario e previdenziale, tutti di competenza esclusiva
dello Stato.
    L'attribuzione   ad   organi   statali  della  definizione  delle
modalita'  di  attuazione  e  funzionamento  della banca dati nonche'
delle  «linee di indirizzo per la realizzazione del modello unificato
di  verbale  di  rilevazione  degli illeciti in materia di lavoro, di
previdenza   e   assistenza  obbligatoria  ad  uso  degli  organi  di
vigilanza»,  nei  cui  confronti  la  direzione  generale,  ai  sensi
dell'art.  2,  compie  attivita' «di direzione e coordinamento» e' in
rapporto  di  dipendenza  con l'attribuzione, in larga e determinante
prevalenza,  allo  Stato  delle  materie  su  cui verte la vigilanza.
Occorre  anche osservare che le amministrazioni su cui si esercita la
direzione ed il coordinamento sono quelle statali.
    Per quanto concerne l'inclusione dell'assistenza obbligatoria tra
le  materie  oggetto della vigilanza, va messo in evidenza lo stretto
intreccio   della   medesima   con  la  previdenza  sotto  i  profili
contributivo   e   gestionale,   tale  da  rendere  irragionevole  la
separazione  della  vigilanza su una materia da quella sull'altra. Ma
si  deve  anche considerare che l'assistenza e' attivita' nella quale
vengono   in  particolare  rilievo  i  diritti  sociali  cui  possono
riferirsi  i  livelli  essenziali  delle prestazioni da assicurare su
tutto   il   territorio   nazionale,   livelli   essenziali  indicati
espressamente  sia  nella  norma  di  delegazione  (art.  8, comma 2,
lettera a), sia nell'art. 1 del decreto n. 124 del 2004.
    Rientra,  quindi,  nel  sistema  di cui all'art. 117 Cost. che la
vigilanza sull'osservanza dei livelli essenziali delle prestazioni in
materia di assistenza sia attribuita allo Stato.
    11.  -  Fondata  e',  invece, la censura concernente l'inclusione
nella Commissione centrale e in quelle regionali, rispettivamente del
Coordinatore  nazionale e di quelli regionali delle aziende sanitarie
locali.
    Le  disposizioni  in  questione, infatti, prevedenti organi prima
non   esistenti,   attengono   soprattutto  all'organizzazione  della
sanita',  materia  estranea  alla  delega e di competenza legislativa
concorrente. Esse, quindi, comportano un'illegittima intrusione nella
sfera di competenza regionale.
    12.  - Con il quarto motivo del ricorso la Regione impugna l'art.
7  del decreto (inserito nel Capo II - Competenza delle direzioni del
lavoro) che reca la rubrica Vigilanza ed e' cosi' formulato:
      «1.  -  Il  personale  ispettivo  ha  compiti  di:  a) vigilare
sull'esecuzione  di  tutte  le leggi in materia di livelli essenziali
delle  prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere  garantiti  su  tutto  il  territorio nazionale, di tutela dei
rapporti  di  lavoro  e  di legislazione sociale ovunque sia prestata
attivita' di lavoro a prescindere dallo schema contrattuale, tipico o
atipico  di  volta  in  volta  utilizzato; b) vigilare sulla corretta
applicazione dei contratti e accordi collettivi di lavoro; c) fornire
tutti  i  chiarimenti  che vengano richiesti intorno alle leggi sulla
cui  applicazione esso deve vigilare, anche ai sensi dell'articolo 8;
d)  vigilare  sul  funzionamento  delle  attivita'  previdenziali  ed
assistenziali   a   favore  dei  prestatori  d'opera  compiute  dalle
associazioni  professionali,  da  altri  enti  pubblici e da privati,
escluse  le  istituzioni  esercitate  direttamente dallo Stato, dalle
province  e  dai  comuni  per  il  personale  da  essi dipendente; e)
effettuare  inchieste,  indagini  e  rilevazioni,  su  richiesta  del
Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali;  f) compiere le
funzioni  che ad esso vengono demandate da disposizioni legislative o
regolamentari  o  delegate  dal Ministro del lavoro e delle politiche
sociali».
    La  ricorrente  sostiene  l'illegittimita'  di  tali disposizioni
anzitutto come conseguenza di quella dell'art. 6, comma 1, e poiche',
come  si e' detto, questa norma non e' viziata, il profilo di censura
non e' fondato.
    In  via  gradata, la ricorrente osserva che, «se poi l'articolo 7
venisse  riferito  a ispettori non statali (a seguito della eventuale
declaratoria  di  illegittimita'  delle disposizioni sulla competenza
statale),  esso  sarebbe  illegittimo  in  quanto  recante  norme  di
dettaglio».
    Anche tali critiche non sono fondate.
    Le  norme  si  riferiscono  a  personale  statale,  al  personale
ispettivo degli enti previdenziali specificamente indicati al comma 3
dell'art.  6  dello stesso decreto, nonche' a quello degli altri enti
per  i  quali  sussiste  la  contribuzione  obbligatoria, cui pure si
riferisce il citato comma 3.
    Esse  quindi  vanno lette nel senso che il personale ispettivo e'
quello   di   enti   che  comunque  svolgono  compiti  di  previdenza
obbligatoria, materia di esclusiva competenza statale.
    13.  -  L'art.  8  del  decreto, recante la rubrica Prevenzione e
promozione,  e'  censurato con il quinto motivo del ricorso, e il suo
tenore e' il seguente:
      «1.   -   Le  direzioni  regionali  e  provinciali  del  lavoro
organizzano,  mediante  il proprio personale ispettivo, eventualmente
anche  in  concorso  con  i  CLES  e  con  le Commissioni regionali e
provinciali  per  la  emersione del lavoro non regolare, attivita' di
prevenzione  e  promozione, su questioni di ordine generale, presso i
datori  di lavoro, finalizzata al rispetto della normativa in materia
lavoristica   e   previdenziale,  con  particolare  riferimento  alle
questioni   di  maggiore  rilevanza  sociale,  nonche'  alle  novita'
legislative   e   interpretative.  Durante  lo  svolgimento  di  tali
attivita'  il  personale  ispettivo  non  esercita le funzioni di cui
all'articolo 6, commi 1 e 2.
        2.  -  Qualora  nel  corso  della attivita' ispettiva di tipo
istituzionale  emergano  profili  di  inosservanza  o di non corretta
applicazione   della   normativa   di   cui  sopra,  con  particolare
riferimento agli istituti di maggiore ricorrenza, da cui non consegua
l'adozione   di   sanzioni  penali  o  amministrative,  il  personale
ispettivo  fornisce  indicazioni  operative  sulle  modalita'  per la
corretta attuazione della predetta normativa.
        3.  -  La  direzione  generale  e  le  direzioni  regionali e
provinciali  del  lavoro,  anche d'intesa con gli enti previdenziali,
propongono  a  enti,  datori  di  lavoro  e  associazioni,  attivita'
d'informazione  e  aggiornamento, da svolgersi a cura e spese di tali
ultimi  soggetti, mediante stipula di apposita convenzione. Lo schema
di  convenzione  e'  definito  con  decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali da adottarsi entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto.
        4.  -  La  direzione  provinciale  del  lavoro,  sentiti  gli
organismi preposti, sulla base di direttive del Ministro del lavoro e
delle  politiche  sociali,  fornisce  i  criteri  volti ad uniformare
l'azione dei vari soggetti abilitati alla certificazione dei rapporti
di  lavoro  ai  sensi  degli  articoli  75  e  seguenti,  del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
        5.  -  Le  attivita'  di cui ai commi 1, 2 e 3 possono essere
svolte,   secondo   le   rispettive   competenze,  anche  dagli  enti
previdenziali,  nel  rispetto  delle  indicazioni  e  direttive della
direzione generale».
    La  ricorrente  sostiene  che  i  primi  tre  commi  ed il quinto
attengono  alla  tutela e sicurezza del lavoro ed il terzo anche alla
formazione  professionale,  materie  nelle  quali  le  Regioni  hanno
competenza  concorrente  o  residuale.  Viene  percio'  denunciata la
violazione  degli  artt.  117,  terzo  e quarto comma, e 118, primo e
secondo  comma,  della  Costituzione.  In  subordine,  la  ricorrente
censura  il comma 3 dell'art. 8, nella parte in cui non prevede alcun
coinvolgimento  delle  Regioni  nella  definizione  dello  schema  di
convenzione.
    Il  comma  4  viene  censurato  in  quanto prevede, in materia di
competenza  ripartita,  lo  svolgimento di funzioni amministrative da
parte di organi statali.
    Le  censure  contro  i  primi  due commi e contro il quarto ed il
quinto sono infondate, quelle contro il terzo sono fondate nei limiti
e per le considerazioni che seguono.
    Le  disposizioni  dei  primi  due  commi  e  del quinto prevedono
attivita' dirette a promuovere l'osservanza delle norme in materia di
lavoro  e  di  previdenza,  di  competenza esclusiva dello Stato, con
l'utilizzazione  di  personale  statale  o di enti cui e' affidata la
previdenza obbligatoria, al quale sono devoluti compiti di consulenza
a  favore  delle  imprese  e  dei  datori  di lavoro in genere, anche
mediante  «indicazioni  operative  sulle  modalita'  per  la corretta
attuazione della predetta normativa».
    Il comma 3, pur sempre per le finalita' di cui ai primi due commi
ed in relazione agli stessi complessi normativi, prevede attivita' di
aggiornamento  e  informazione  da  svolgere  a cura e spese di enti,
datori  di  lavoro  e  associazioni  mediante  la stipula di apposita
convenzione.
    Si tratta quindi di un'attivita' riguardante le stesse materie di
competenza  statale  di  cui  si  e' detto, ma che per i mezzi di cui
stabilisce l'utilizzazione rientra anche nella formazione e che viene
percio' a trovarsi all'incrocio di un concorso di competenze.
    Tali   rilievi   inducono   a  ritenere  illegittima  la  mancata
previsione del coinvolgimento delle Regioni.
    Ad  ovviare  a  siffatta carenza e ad assicurare la realizzazione
del  principio  di  leale  collaborazione  occorre  prevedere  che il
decreto  del  Ministro  che  definisce  lo  schema di convenzione sia
adottato  sentita  la  Conferenza permanente Stato, Regioni, Province
autonome (v., da ultimo, sentenze n. 272, n. 279, n. 285 e n. 324 del
2005).
    Non  fondate  sono  le  censure  relative  al  comma  4, il quale
concerne  direttive  del  Ministro  del  lavoro  volte  ad uniformare
l'azione dei vari soggetti abilitati alla certificazione dei rapporti
di  lavoro.  Come  gia'  e'  stato ritenuto con la sentenza n. 50 del
2005,  la certificazione dei rapporti di lavoro rientra nelle materie
dell'ordinamento   civile,   della   giurisdizione   e   delle  norme
processuali,  riguardo  alle  quali sussistono ragioni di uniformita'
tali  da  giustificare la regolamentazione da parte dello Stato anche
di funzioni amministrative.
    14.  -  Dell'art.  10  del  decreto  n. 124  del  2004 la Regione
Emilia-Romagna censura, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e
118,  primo  e  secondo  comma, Cost., l'ultima parte del comma 1 e i
commi 3 e 4.
    La prima parte del comma 1 stabilisce l'istituzione, come sezione
riservata  della  borsa  continua  del  lavoro di cui all'art. 15 del
d.lgs. n. 276 del 2003, nell'ambito delle strutture del Ministero del
lavoro  e  delle  politiche  sociali ed avvalendosi delle risorse del
Ministero  stesso,  di  «una  banca  dati telematica che raccoglie le
informazioni  concernenti  i  datori  di  lavoro ispezionati, nonche'
informazioni e approfondimenti sulle dinamiche del mercato del lavoro
e  su  tutte  le  materie  oggetto  di  aggiornamento e di formazione
permanente   del   personale  ispettivo».  La  disposizione  prosegue
stabilendo  che  alla  banca  dati  hanno  accesso  esclusivamente le
amministrazioni che effettuano vigilanza ai sensi del decreto stesso.
    L'ultimo  periodo  -  oggetto  di  censura  - stabilisce che «con
successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
da  adottarsi  entro  sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
del  presente  decreto,  sentito  il  Ministro per l'innovazione e le
tecnologie,  previo  parere  del  Centro  nazionale per l'informatica
nella  pubblica  amministrazione,  vengono  definite  le modalita' di
attuazione  e  di  funzionamento  della predetta banca dati, anche al
fine di consentire il coordinamento con gli strumenti di monitoraggio
di  cui  all'articolo  17  del  citato decreto legislativo n. 276 del
2003».
    La  Regione  ricorrente,  pur  ammettendo  la  legittimita' della
previsione  di  una  banca dati centrale, si duole che il decreto del
Ministro  sia adottato senza alcuna forma di partecipazione regionale
e  del  fatto che la disposizione non preveda l'accesso delle Regioni
alla banca dati.
    Le censure sono fondate.
    Occorre  premettere che con la sentenza n. 50 del 2005 sono state
dichiarate  non  fondate  le  censure relative alla istituzione della
borsa  continua del lavoro, sul rilievo che gli artt. 15, 16 e 17 del
d.lgs.  n. 276  del  2003 assicurano forme adeguate di coinvolgimento
regionale  alla  gestione  e  utilizzazione  della borsa continua del
lavoro.
    La norma censurata prevede che la banca dati riguardi tra l'altro
«informazioni  e  approfondimenti  sulle  dinamiche  del  mercato del
lavoro»,  materia  che,  come  e'  stato gia' rilevato (cfr. anche la
sentenza  n. 50  del  2005),  rientra  nella  «tutela e sicurezza del
lavoro», di competenza ripartita.
    Dai   rilievi  esposti  emerge  quindi  l'illegittimita'  di  una
normativa  concernente  un  settore  (banca  dati)  di una piu' ampia
struttura  (borsa  continua  del  lavoro)  che,  in difformita' dalle
regole   di   quest'ultima,  esclude  le  Regioni.  Constatazione  di
illegittimita'  che viene rafforzata dal rilievo che si tratta di una
disciplina   concernente   un'attivita'   rientrante  in  materia  di
competenza concorrente.
    Poiche'  per  la  borsa continua il legislatore ha previsto forme
d'intesa,  per  ovviare  alla  carenza denunciata dalla ricorrente la
disposizione specificamente censurata dell'ultimo periodo del comma 1
dell'art.  10  deve essere dichiarata illegittima, nella parte in cui
non  prevede che il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali  sia  adottato  previa  intesa  con  la Conferenza permanente
Stato, Regioni e Province autonome.
    Non  fondate  sono invece le censure che la ricorrente rivolge ai
commi 3 e 4 dello stesso art. 10.
    Essi,  infatti,  prevedono la costituzione di gruppi d'intervento
d'intesa  con  le direzioni regionali dell'INPS e dell'INAIL e con il
comando  del  nucleo  dei carabinieri presso l'ispettorato del lavoro
per  «contrastare  specifici  fenomeni di violazione di norme poste a
tutela  del  lavoro  e  della  previdenza e assistenza obbligatorie»,
nonche' l'adozione, con decreto del Ministro, di un modello unificato
di verbale per l'accertamento degli illeciti.
    Posto che, da un lato, si tratta di attivita' rientranti in larga
prevalenza  in materie di competenza esclusiva statale e dall'altro i
verbali  sono  destinati  a  costituire  fonti  di prova anche a fini
sanzionatori   e   quindi   a  incidere  sull'applicazione  di  norme
processuali,  si  deve  concludere  che  la regolamentazione ad opera
dello Stato non contrasta con i parametri costituzionali evocati.
    15.  - La ricorrente censura il comma 1, l'ultima parte del comma
4, ed i commi 5 e 6 dell'art. 11 del decreto n. 124 del 2004, recante
la rubrica Conciliazione monocratica.
    Si  tratta di disposizioni che attengono ad un istituto, quale la
conciliazione,  che  rientra nell'ordinamento civile ma attiene anche
alla giurisdizione ed all'applicazione di norme processuali, tutte di
esclusiva  competenza  statale  e  tali  da  comportare la disciplina
uniforme  su tutto il territorio nazionale. Cio' e' reso palese anche
dal  comma  3,  non  impugnato,  il  quale stabilisce che «in caso di
accordo, al verbale sottoscritto dalle parti non trovano applicazione
le disposizioni di cui all'art. 2113 cod. civ.».
    16.  -  L'art. 12 del decreto, intitolato Diffida accertativa per
crediti   patrimoniali,   disciplina   le  attivita'  da  compiere  e
l'eventuale  conciliazione  qualora dall'attivita' ispettiva emergano
inadempienze  degli  obblighi  nascenti per i datori dal contratto di
lavoro e conseguenti diritti dei lavoratori.
    Le  censure  che  la  ricorrente  muove  a tali disposizioni sono
infondate  per  le  stesse  ragioni  affermate riguardo al precedente
articolo  e  cioe'  che  si tratta di materie di competenza esclusiva
statale.
    17. - L'art. 14, comma 2, prima frase, e' censurato dalla Regione
perche'  prevede  l'esecutivita'  delle  disposizioni  impartite  dal
personale ispettivo in materia di lavoro e di legislazione sociale.
    La  ricorrente ne fa derivare l'illegittimita' dalla propria tesi
di  fondo  secondo la quale la vigilanza attiene comunque alla tutela
del  lavoro,  sicche'  illegittima  e'  la stessa esistenza di organi
statali  con  competenze  locali.  Dal gia' operato rilievo della non
accoglibilita'  della  suindicata  tesi  deriva  l'infondatezza della
questione.
    18.  -  Per le stesse ragioni e' infondata la questione avente ad
oggetto l'art. 15, comma 1, primo periodo, che prevede l'accertamento
di  illeciti penali in materia di lavoro e di legislazione sociale da
parte di personale ispettivo statale.
    19. - Infondate sono anche le questioni concernenti gli artt. 16,
commi  1  e 2, e 17, commi 1 e 2, aventi ad oggetto la disciplina dei
ricorsi  amministrativi  avverso  le  ordinanze-ingiunzioni emesse ai
sensi dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
    Anche  in  questo  caso  la  Regione  vorrebbe  far  derivare  la
illegittimita'  delle  disposizioni  dalla  tesi  affermata  - ma non
accolta - della illegittimita' del mantenimento di competenze in capo
a personale statale locale.
    20.  -  L'art.  18 delinea i contenuti dei processi di formazione
permanente destinati al personale ispettivo, lasciando alla direzione
generale  il  compito  di  definire  programmi  di  formazione  e  di
aggiornamento.  La  Regione  si  duole  di  tale  previsione sotto il
duplice  profilo  dell'illegittimita'  costituzionale  conseguente al
mantenimento  di competenze ad organi periferici statali (riguardo al
quale  valgono  le  considerazioni  di  cui  sopra)  e  perche'  essa
interviene  in  materia di competenza regionale esclusiva. Anche tale
ultima censura va respinta: sulla base della giurisprudenza di questa
Corte, la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione
e  formazione  professionale non concerne le attivita' formative e di
aggiornamento  predisposte  dal  datore  di  lavoro  per il personale
dipendente  (v.  sentenze  n. 31  e  n. 50  del  2005,  punto  14 del
Considerato in diritto).
    21.  -  Occorre  ora svolgere alcune considerazioni sulle censure
proposte dalla Provincia autonoma di Trento.
    Si premette che questa prende atto che il comma 2 dell'art. 1 del
decreto  n. 124 del 2004 contiene la clausola di salvaguardia secondo
la  quale «sono fatte salve le competenze riconosciute alle regioni a
statuto  speciale  e  alle  province  autonome di Trento e di Bolzano
dallo  statuto  e  dalle  relative  norme di attuazione». Tuttavia la
Provincia  sostiene  che la clausola opera con riguardo soltanto alle
competenze  derivanti  dallo  statuto e dalle norme di attuazione, ma
non anche rispetto alle nuove competenze che, attribuite alle Regioni
ordinarie  dal  nuovo  titolo V,  parte II, della Costituzione, vanno
estese  a  quelle  a  statuto  speciale  ed alle Province autonome in
virtu' dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
    Ora,  da  quanto  detto  risulta l'inammissibilita' delle censure
fondate  sulle  norme  dello  statuto  e  su quelle di attuazione del
medesimo,  dal  momento  che  tutte  le  competenze riconosciute alle
Province autonome da tali norme sono fatte salve.
    In   secondo  luogo,  la  fondatezza  delle  censure  prospettate
mediante  il  richiamo  al  citato  art. 10 e' da collegare all'esito
dell'esame  delle censure della Regione, dal momento che la Provincia
-  se  si  escludono  alcune  disposizioni da essa sola censurate che
saranno  scrutinate  in  seguito - nulla aggiunge alle argomentazioni
dedotte dalla Regione Emilia-Romagna.
    Ne  consegue  che  sono  infondate le questioni di illegittimita'
costituzionale  sollevate  dalla  Provincia  con riguardo alle stesse
norme  censurate  dalla  Regione  e che sono state ritenute infondate
sulla base delle considerazioni esposte.
    22.  -  Soltanto  la Provincia autonoma ha impugnato l'art. 9 del
decreto  n. 124  del  2004,  il  quale  reca  la  rubrica  Diritto di
interpello ed e' cosi' formulato:
      «1.  - Le associazioni di categoria e gli ordini professionali,
di  propria  iniziativa  o su segnalazione dei propri iscritti, e gli
enti  pubblici  possono  inoltrare  alle  direzioni  Provinciali  del
lavoro,  che  provvedono  a  trasmetterli  alla  direzione  generale,
quesiti  di  ordine  generale  sull'applicazione  delle  normative di
competenza  del  ministero  del  lavoro  e  delle  politiche sociali.
L'inoltro  dei quesiti e le comunicazioni di cui al presente articolo
avvengono   esclusivamente   per   via   telematica.   Nelle  materie
previdenziali  i quesiti possono essere inoltrati, esclusivamente per
via  telematica,  alle sedi degli enti stessi che li trasmettono alla
citata direzione generale».
    Secondo  la  ricorrente Provincia la disposizione viola gli artt.
117,  terzo  comma,  e 118, secondo comma, Cost., nonche' l'autonomia
organizzativa  della  Provincia, in primo luogo «poiche' in Provincia
di Trento le funzioni degli organi statali periferici sono esercitate
dalla  Provincia»,  sicche' «essa potrebbe essere intesa nel senso di
attribuire  alla  Provincia  il  compito  di  inoltrare  i quesiti al
Ministro,   ma   dato  il  mutamento  del  titolo  costituzionale  di
competenza  della  Provincia  nella  materia «tutela del lavoro», non
tocca  alla  legge  statale  di  definire i compiti della Provincia e
tantomeno  di  assegnare ad essa un compito meramente ausiliario allo
svolgimento di una funzione ministeriale».
    Inoltre, l'art. 9 presuppone che esistano normative di competenza
del Ministero del lavoro, mentre in questa materia lo Stato puo' solo
dettare con legge principi fondamentali.
    Infine,  secondo  la  ricorrente,  «la norma che impone l'inoltro
esclusivamente  in  via  telematica  risulta  di  estremo dettaglio e
lesiva     dell'autonomia    organizzativa    della    Provincia    e
irragionevolmente restrittiva».
    Nessuno dei profili di censura puo' essere accolto.
    La  clausola  di  salvaguardia,  come  riconosce  la  ricorrente,
esclude  interpretazioni  ed  applicazioni  della normativa che siano
restrittive delle funzioni da essa gia' svolte.
    La   normativa   cui  si  riferisce  l'interpello  rientra  nelle
attribuzioni  dello  Stato  e  non nella materia «tutela del lavoro»,
sicche',  non  risultando  accresciute per questa via le attribuzioni
delle  Regioni  ordinarie, non lo sono neppure quelle delle Regioni a
statuto speciale e delle Province autonome.
    Infine,  se  si  ha  riguardo alla parte che riceve i quesiti, la
prescrizione della loro trasmissione per via telematica attiene anche
all'organizzazione  delle  amministrazioni  dello  Stato e degli enti
nazionali  quali  sono  quelli previdenziali; ma, in ogni caso, se si
considera  quanto  siano  divenute rilevanti ai fini organizzativi le
modalita'  della  comunicazione, la norma non puo' essere definita di
dettaglio.
    23. - Anche l'art. 13 e' impugnato esclusivamente dalla Provincia
autonoma,  sia  perche'  esso  si  porrebbe,  nel  suo  complesso, in
contrasto con l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, per la sua pretesa
applicabilita' nel territorio della Provincia stessa, sia perche', in
particolare,  i  commi  2,  3  e  4 violerebbero gli artt. 117, terzo
comma,  e  118  Cost.,  in quanto contenenti norme di dettaglio nella
materia  della  tutela  del  lavoro, «con conseguente pregiudizio del
ruolo costituzionale della Provincia».
    Tale  disposizione, secondo uno schema gia' descritto dagli artt.
9  e  10 del d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, prevede la riduzione delle
sanzioni  amministrative  se  il  datore  di lavoro provvede a sanare
entro  il  prescritto  termine  la  situazione  di inosservanza della
normativa, rilevata dagli ispettori. Questo potere di diffida, esteso
agli  ispettori  degli  enti  previdenziali  per  le  materie di loro
competenza,  si traduce nell'esercizio di un'intimazione ad adempiere
del  tutto  strumentale  alle  funzioni accertative. Ne consegue che,
anche in questo caso, valgono le osservazioni dianzi svolte in merito
sia  alla ricomprensione della relativa disciplina nelle attribuzioni
dello  Stato  e  non  nella  materia  «tutela  del  lavoro», sia alla
necessita' di attribuire comunque alla normativa di cui si tratta (in
applicazione  della  citata  clausola di salvaguardia) un significato
che  sia  tale  da  escludere restrizioni rispetto alle funzioni gia'
svolte dalla Provincia.
    24.  -  Nell'epigrafe  del ricorso la Provincia dichiara di voler
censurare  anche  l'art. 10, commi 3 e 4 e gli artt. 15, comma 1; 16,
commi  1  e  2;  17, commi 1 e 2, del decreto n. 124 del 2004, ma non
adduce alcuna specifica ragione di illegittimita'.
    Le questioni sono pertanto inammissibili.
    25.  - La censura relativa alla previsione di cui all'art. 18 del
decreto   sopra   illustrata,   espressamente   proposta   «a  titolo
cautelativo»  dalla  ricorrente  Provincia,  va  respinta,  dovendosi
escludere  la  riferibilita' della norma al personale della Provincia
stessa, per le ragioni gia' illustrate.
    26.  -  Infine  deve  ritenersi infondata la questione, sollevata
dalla Provincia, concernente l'intero decreto che sarebbe illegittimo
per  essere  stato  emesso  senza che sia stata sentita la Conferenza
permanente Stato, Regioni e Province autonome.
    Infatti, in linea di principio il mancato parere della Conferenza
non  determina  l'illegittimita'  costituzionale  del  decreto  (cfr.
sentenza n. 196 del 2004) e in concreto, come si e' detto, il decreto
in larga prevalenza attiene a materie di competenza statale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara  inammissibile il ricorso proposto dalla Regione Toscana
nei  confronti  degli  artt. 1, comma 2, lettera d), prima parte, e 8
della  legge 14 febbraio 2003, n. 30 (Delega al Governo in materia di
occupazione e mercato del lavoro);
    Dichiara    inammissibili    le    questioni    di   legittimita'
costituzionale  degli  artt.  10,  commi  3  e  4; 15, comma 1, primo
periodo;  16, commi 1 e 2; e 17, commi 1 e 2, del decreto legislativo
23 aprile 2004, n. 124 (Razionalizzazione delle funzioni ispettive in
materia  di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell'art. 8 della
legge  14 febbraio 2003, n. 30), sollevate, in riferimento agli artt.
117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione ed
all'art.  2  del  decreto  legislativo  16  marzo 1992, n. 266, dalla
Provincia autonoma di Trento con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 2,
del  decreto  legislativo n. 124 del 2004, limitatamente alle parole:
«dal Coordinatore nazionale delle aziende sanitarie locali»;
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 4, comma 3,
del   d.lgs.   n. 124  del  2004,  limitatamente  alle  parole:  «dal
Coordinatore regionale delle aziende sanitarie locali»;
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 8, comma 3,
del  decreto  legislativo  n. 124  del  2004,  nella parte in cui non
prevede  che  il  decreto  del  Ministro del lavoro e delle politiche
sociali  che  definisce lo schema di convenzione sia adottato sentita
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano;
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 10, comma 1,
ultimo  periodo, del decreto legislativo n. 124 del 2004, nella parte
in  cui  non  prevede  che il decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche   sociali   concernente   le   modalita'  di  attuazione  e
funzionamento  della  banca  dati  sia  adottato previa intesa con la
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano;
    Dichiara  non  fondate,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, le
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  2,
lettera d), della legge n. 30 del 2003, sollevate in riferimento agli
artt.  117,  terzo  comma,  e  118  della Costituzione, dalle Regioni
Marche,   Basilicata,   Emilia-Romagna  con  i  ricorsi  indicati  in
epigrafe;
    Dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, la
questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma 2,
lettera  d),  della  legge  n. 30 del 2003, sollevata, in riferimento
all'art.  117, terzo comma, della Costituzione, agli artt. 8, n. 29),
9,  n. 2),  n. 4)  e  n. 5)  del  d.P.R.  31  agosto 1972, n. 670, ed
all'art.  3,  primo  comma, del d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197, dalla
Provincia autonoma di Trento con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  8,  comma  1,  della  legge  n. 30 del 2003, sollevate, in
riferimento  agli  artt. 76, 117, terzo e sesto comma, e 118, primo e
secondo  comma,  della Costituzione, dalle Regioni Marche, Basilicata
ed Emilia-Romagna con i ricorsi indicati in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  8,  comma  2,  lettere  a), f) e g), della legge n. 30 del
2003,  sollevate, in riferimento agli artt. 117, terzo e sesto comma,
e  118,  primo  e  secondo  comma,  della Costituzione, dalla Regione
Marche con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  8,  comma  2, lettere f) e g), della legge n. 30 del 2003,
sollevate,   in   riferimento   all'art.   117,  terzo  comma,  della
Costituzione,  agli  artt.  8,  n. 29),  9,  n. 2), n. 4) e n. 5) del
d.P.R. n. 670 del 1972, ed all'art. 3, primo comma, del d.P.R. n. 197
del  1980, dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso indicato
in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
del decreto legislativo n. 124 del 2004 nel suo complesso, sollevata,
in  riferimento  al  principio  di leale collaborazione e all'art. 2,
comma  3,  del  decreto  legislativo  28  agosto  1997, n. 281, dalla
Provincia autonoma di Trento con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli  artt.  1,  comma  1,  primo periodo, e 6, comma 1, del decreto
legislativo n. 124 del 2004 sollevate, in riferimento agli artt. 117,
terzo  comma,  e 118, primo e secondo comma della Costituzione, dalla
Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli  artt.  1,  comma  1,  primo periodo, e 6, comma 1, del decreto
legislativo  n. 124  del 2004 sollevate, in riferimento all'art. 117,
terzo    comma,   della   Costituzione,   all'art. 10   della   legge
costituzionale  18 ottobre 2001, n. 3, agli artt. 8, n. 29), 9, n. 4)
e  n. 5),  10 e 16 del d.P.R. n. 670 del 1972, ed agli artt. 3, primo
comma,  del  d.P.R. n. 197 del 1980 e 3, primo comma, numeri 11 e 12,
del  d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, dalla Provincia autonoma di Trento
con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  6,  comma  3,  del  decreto  legislativo  n. 124 del 2004,
sollevata,   in   riferimento   all'art.   118,  primo  comma,  della
Costituzione  dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in
epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli artt. 2; 3, commi 1, 3 e 4; 4, commi 1, 2, 4 e 5; 5, commi 1, 2
e   3   del  decreto  legislativo  n. 124  del  2004,  sollevate,  in
riferimento  artt.  117,  terzo  comma,  e 118, primo e secondo comma
della  Costituzione,  dalla  Regione  Emilia-Romagna  con  il ricorso
indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli artt. 2; 3, commi 1, 3 e 4; 4, commi 1, 2, 4 e 5; 5, commi 1, 2
e  3  del  decreto  legislativo  n. 124  del  2004,  sollevate  -  in
riferimento  agli  art.  117,  terzo  e  quarto comma, e 118, primo e
secondo   comma,   della   Costituzione,   all'art.  10  della  legge
costituzionale  n. 3 del 2001 ed agli artt. 2 del decreto legislativo
28  agosto  1997, n. 281, 3, primo comma, del d.P.R. n. 197 del 1980,
3,  primo  comma,  numeri  11  e 12, del d.P.R. n. 474 del 1975 ed 8,
numeri  23  e 29, 9, numeri 4 e 5, 10 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972,
n. 670  -  dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso indicato
in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  7  del  decreto  legislativo n. 124 del 2004 sollevata, in
riferimento  agli  artt.  117,  terzo  comma,  e 118, primo e secondo
comma, della Costituzione dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso
indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  7  del  decreto legislativo n. 124 del 2004, sollevata, in
riferimento  agli artt. 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma,
della  Costituzione,  ed  all'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo
1992,  n. 266,  dalla  Provincia  autonoma  di  Trento con il ricorso
indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  8,  commi  1,  2, 4 e 5 del decreto legislativo n. 124 del
2004,  sollevate,  in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118,
primo  e  secondo  comma, della Costituzione, all'art. 8, n. 29), del
d.P.R.  n. 670  del  1972  ed  all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992,
dalla Regione Emilia-Romagna e dalla Provincia autonoma di Trento con
i ricorsi indicati in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  9  del  decreto legislativo n. 124 del 2004, sollevata, in
riferimento  agli artt. 117, terzo comma, e 118, secondo comma, della
Costituzione  dalla  Provincia  autonoma  di  Trento  con  il ricorso
indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  10,  commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 124 del 2004,
sollevate, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e
secondo comma, della Costituzione dalla Regione Emilia-Romagna con il
ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  11,  commi  1,  4,  secondo  periodo,  5  e  6 del decreto
legislativo  n. 124  del  2004,  sollevate, in riferimento agli artt.
117,  terzo  comma,  e 118, primo e secondo comma, della Costituzione
dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  11  del decreto legislativo n. 124 del 2004, sollevate, in
riferimento  agli  artt.  117,  terzo  comma,  e 118, primo e secondo
comma,  della  Costituzione, ed all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992
dalla  Provincia  autonoma  di  Trento  con  il  ricorso  indicato in
epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli artt. 12; 14 comma 2; 15, comma 1; 16, commi 1 e 2; e 17, commi
1  e  2,  del  decreto  legislativo  n. 124  del  2004, sollevate, in
riferimento  agli  artt.  117,  terzo  comma,  e 118, primo e secondo
comma,  della  Costituzione,  dalla  Regione  Emilia-Romagna  con  il
ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli  artt. 12, 13 e 14, comma 2, del decreto legislativo n. 124 del
2004,  sollevate,  in  riferimento  agli artt. 117, terzo comma, 118,
primo  e  secondo comma, della Costituzione ed all'art. 2 del decreto
legislativo  n. 266  del 1992, dalla Provincia autonoma di Trento con
il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  18  del decreto legislativo n. 124 del 2004, sollevate, in
riferimento  agli  artt. 117, quarto comma, della Costituzione, dalla
Regione Emilia-Romagna con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  18  del decreto legislativo n. 124 del 2004, sollevate, in
riferimento  all'art.  117,  quarto  comma,  della  Costituzione,  ed
all'art.  2  del decreto legislativo n. 266 del 1992, dalla Provincia
autonoma di Trento con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 ottobre 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
05C1061