N. 385 SENTENZA 11 - 14 ottobre 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Lavoro   (tutela   del)  -  Liberi  professionisti  -  Indennita'  di
  maternita'  in caso di minori adottati o in affidamento preadottivo
  nei  primi  tre  mesi  dall'ingresso in famiglia - Limitazione alla
  madre  adottiva, con esclusione del padre adottivo - Ingiustificata
  disparita'  di  trattamento tra figure genitoriali e fra lavoratori
  autonomi  e  lavoratori  dipendenti  -  Violazione del principio di
  tutela  della famiglia e del minore - Illegittimita' costituzionale
  in parte qua.
- D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, artt. 70 e 72.
- Costituzione, artt. 3, 29, comma secondo, 30, comma primo, e 31.
(GU n.42 del 19-10-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 70 e 72 del
decreto   legislativo   26 marzo  2001,  n. 151  (Testo  unico  delle
disposizioni  legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno della
maternita'  e  della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge
8 marzo  2000,  n. 53), promosso con ordinanza del 17 maggio 2004 dal
Tribunale  di  Sondrio  nel  procedimento  civile vertente tra Giarba
Cesare  contro Ente di previdenza dei Periti industriali e dei Periti
industriali  laureati, iscritta al n. 890 del registro ordinanze 2004
e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 45 - 1ª
serie speciale - dell'anno 2004.
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 giugno 2005 il giudice
relatore Fernanda Contri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Il Tribunale di Sondrio, in funzione di Giudice del lavoro,
con  ordinanza emessa il 17 maggio 2004, ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3,  29,  secondo  comma,  30,  primo  comma,  e  31 della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 70
e 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle
disposizioni  legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno della
maternita'  e  della  paternita',  a  norma  dell'art. 15 della legge
8 marzo  2000,  n. 53),  nella  parte  in cui non consentono al padre
libero  professionista,  affidatario  in preadozione di un minore, di
beneficiare   -  in  alternativa  alla  madre  -  dell'indennita'  di
maternita'  durante  i  primi  tre  mesi  successivi all'ingresso del
bambino nella famiglia.
    Il Tribunale premette in fatto di essere stato adito da un libero
professionista il quale, essendo affidatario di un minore, unitamente
alla  moglie,  in  forza  di provvedimento di affidamento preadottivo
emesso  dal Tribunale di Milano, aveva chiesto all'Ente di previdenza
dei   Periti   industriali,   cui   era   iscritto,   di  beneficiare
dell'indennita'  di  maternita'  per  i  primi  tre  mesi  successivi
all'ingresso  del  bambino  in  famiglia,  in alternativa alla madre,
anch'ella  libera professionista, vedendo respinta la propria istanza
sul   rilievo   che  il  diritto  a  detta  indennita'  era  previsto
dall'art. 70  del  d.lgs.  n. 151 del 2001 a favore delle sole libere
professioniste.
    Il  giudice  a quo evidenzia preliminarmente le numerose pronunce
con  cui  questa Corte ha esteso al padre lavoratore l'applicabilita'
di  norme a protezione della maternita' e del minore (in particolare,
la   sentenza   n. 1   del   1987  che  ha  riconosciuto  il  diritto
all'astensione  obbligatoria  e  ai riposi giornalieri, la n. 341 del
1991   relativa   al   diritto  all'astensione  nei  primi  tre  mesi
dall'ingresso  del  bambino  nella  famiglia  per il padre lavoratore
affidatario  di  un  minore, la n. 179 del 1993 e la n. 104 del 2003,
che hanno rispettivamente esteso in via generale al padre lavoratore,
in  alternativa  alla  madre  lavoratrice consenziente, il diritto ai
riposi  giornalieri per l'assistenza al figlio nel primo anno di vita
e,  in  caso  di adozione e affidamento, nel primo anno dall'ingresso
del  minore  in  famiglia),  sottolineando  come  l'evoluzione  degli
istituti  sia stata recepita dal legislatore con il d.lgs. n. 151 del
2001,  che  ha coordinato e razionalizzato la disciplina della tutela
della  maternita'  e  paternita'  dei  figli  naturali, adottivi e in
affidamento.
    Il   rimettente   rileva,   in  particolare,  che  l'art. 31  del
menzionato  decreto legislativo, che riconosce al padre lavoratore il
diritto  al congedo di maternita' ex artt. 26, primo comma, e 27 e il
congedo  di  paternita' ex art. 28, e' applicabile ai soli lavoratori
dipendenti,  mentre  analogo  diritto non viene riconosciuto ai padri
liberi  professionisti:  al  riguardo, infatti, il combinato disposto
degli artt. 70 e 72 fa espresso riferimento alle sole professioniste,
non   consentendo,   cosi',  un'interpretazione  estensiva,  tale  da
ricomprendere anche i liberi professionisti di sesso maschile.
    Secondo  il giudice a quo, l'inequivocabile lettera di tali norme
pone,   pertanto,  seri  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  per
contrasto  con  gli artt. 3, 29, secondo comma, 30, primo comma, e 31
della  Costituzione: le disposizioni censurate, avendo riservato alla
sola  madre  il diritto all'indennita', si scontrano con il principio
di  uguaglianza  morale  e  giuridica  dei  coniugi, determinando una
ingiustificata  disparita' di trattamento tra gli stessi in relazione
all'interesse  del  marito  a  partecipare  alla  fase  piu' delicata
dell'inserimento del minore in famiglia.
    Il  rimettente  richiama, a tal proposito, la sentenza n. 341 del
1991,  con cui la Corte ha evidenziato l'importanza del ruolo e della
presenza  dell'affidatario  che «potrebbe a volte essere in grado, in
relazione  alle  variabili peculiarita' delle situazioni concrete, di
meglio  seguire  e assistere il minore in questa particolare fase del
suo sviluppo» e conclude affermando che il diritto della madre libera
professionista   a  percepire  l'indennita'  per  i  primi  tre  mesi
dall'ingresso del minore in famiglia non puo' che essere riconosciuto
anche  al  padre libero professionista: in caso contrario, verrebbero
violati  i  principi di cui agli artt. 29, secondo comma (uguaglianza
fra i coniugi anche in relazione ai compiti di cui all'art. 30, primo
comma),   31  (tutela  della  famiglia  e  del  minore  come  compito
fondamentale  dell'ordinamento)  e  3  della  Costituzione, anche per
l'ingiustificata  disparita' di trattamento tra liberi professionisti
e lavoratori dipendenti che si determinerebbe.
    2.  -  Nel  giudizio dinanzi a questa Corte non vi sono stati ne'
costituzione  di  parti  private  ne'  intervento  del Presidente del
Consiglio del ministri.

                       Considerato in diritto

    1.  - Il Tribunale di Sondrio, in funzione di Giudice del lavoro,
dubita,  in  riferimento  agli  artt. 3, 29, secondo comma, 30, primo
comma,  e  31  della  Costituzione, della legittimita' costituzionale
degli  artt. 70  e  72  del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
(Testo  unico  delle  disposizioni legislative in materia di tutela e
sostegno  della  maternita'  e della paternita', a norma dell'art. 15
della  legge  8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non consentono
al  padre  libero  professionista,  affidatario  in preadozione di un
minore,  di beneficiare - in alternativa alla madre - dell'indennita'
di  maternita'  durante  i primi tre mesi successivi all'ingresso del
bambino nella famiglia.
    Ad  avviso  del  rimettente,  le norme impugnate, riservando alla
sola   madre   il   diritto  a  percepire  l'indennita',  determinano
un'ingiustificata   disparita'  di  trattamento  fra  i  coniugi,  in
relazione  all'interesse  del  marito  a  partecipare in egual misura
rispetto alla moglie alla prima e piu' delicata fase dell'inserimento
del  minore  in  famiglia,  nonche' una disparita' di trattamento tra
liberi professionisti e lavoratori dipendenti (per i quali il diritto
e',   viceversa,  contemplato),  non  giustificata  dalle  differenze
sussistenti fra le due categorie.
    2. - La questione e' fondata.
    3.   -   Il   d.lgs.  n. 151  del  2001  rappresenta  l'esito  di
un'evoluzione   legislativa   che   ha  modificato  profondamente  la
disciplina   della  tutela  della  maternita',  estendendo  al  padre
lavoratore  ed ai genitori adottivi i diritti in precedenza spettanti
alla sola madre, a protezione del preminente interesse della prole.
    In  particolare, il riconoscimento in capo ai genitori adottivi o
affidatari dei medesimi diritti gia' attribuiti ai genitori biologici
e'   passato  attraverso  alcune  tappe,  riconducibili:  alla  legge
9 dicembre 1977, n. 903 (Parita' di trattamento tra uomini e donne in
materia  di  lavoro),  i cui artt. 6 e 7 hanno rispettivamente esteso
alla   lavoratrice   madre   adottiva   o   affidataria   il  diritto
all'astensione  obbligatoria post partum e all'astensione facoltativa
di  cui  agli  artt. 4, lettera c), e 7 della legge 30 dicembre 1971,
n. 1204  e  al  padre  lavoratore,  anche  adottivo o affidatario, la
possibilita'  di  usufruire  dell'astensione  facoltativa; alla legge
4 maggio  1983,  n. 184  (Diritto  del  minore  ad una famiglia), che
all'art. 80   ha   ammesso   l'applicabilita'   degli   artt. 6  e  7
summenzionati  alle  ipotesi  di  affidamento provvisorio; alla legge
31 dicembre  1998,  n. 476  (Ratifica ed esecuzione della Convenzione
per  la  tutela  dei  minori e la cooperazione in materia di adozione
internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla legge
4 maggio  1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri), che
all'art. 39-quater  ha  esteso i diritti di cui ai citati artt. 6 e 7
ai  genitori  adottivi  e a quelli che hanno un minore in affidamento
preadottivo;  alle  leggi  29 dicembre  1987,  n. 546  (Indennita' di
maternita'  per  le  lavoratrici autonome) e 11 dicembre 1990, n. 379
(Indennita'  di  maternita'  per le libere professioniste), che hanno
riconosciuto  alle lavoratrici autonome ed alle libere professioniste
l'indennita'  di  maternita'  anche in caso di adozione o affidamento
preadottivo.
    4.  -  A  tale evoluzione ha fornito un contributo sostanziale la
giurisprudenza  di  questa  Corte,  chiamata piu' volte a decidere in
merito  alla  legittimita'  costituzionale  di  norme  a tutela della
genitorialita'.  In  particolare debbono essere ricordate le seguenti
pronunce di accoglimento: la sentenza n. 1 del 1987, che ha esteso al
padre  lavoratore il diritto all'astensione obbligatoria ed ai riposi
giornalieri,  ove  l'assistenza  della madre sia divenuta impossibile
per  decesso  o grave infermita'; la sentenza n. 332 del 1988, che ha
riconosciuto  alle  lavoratrici il diritto all'astensione facoltativa
per il primo anno dall'ingresso del bambino in famiglia, nell'ipotesi
di  affidamento provvisorio, e il diritto all'astensione obbligatoria
nei  primi  tre mesi successivi all'ingresso del bambino in famiglia,
in  caso di affidamento preadottivo; la sentenza n. 341 del 1991, che
ha  riconosciuto  al  padre  lavoratore,  in  alternativa  alla madre
lavoratrice,  il  diritto  all'astensione  obbligatoria  in  caso  di
affidamento  provvisorio; la sentenza n. 179 del 1993, che ha esteso,
in  via  generale,  al  padre  lavoratore,  in alternativa alla madre
lavoratrice  consenziente,  il  diritto  ai  riposi  giornalieri  per
l'assistenza  al  figlio  nel primo anno di vita; infine, la sentenza
n. 104   del   2003,   che  ha  riconosciuto  il  diritto  ai  riposi
giornalieri,  in  caso di adozione e affidamento, entro il primo anno
dall'ingresso  del minore in famiglia anziche' entro il primo anno di
vita del bambino.
    5.  - Tale evoluzione e' espressa dal d.lgs. n. 151 del 2001 che,
nel  provvedere  alla ricognizione organica della materia, pone su un
piano  di  parita'  ed  uguaglianza i genitori che svolgono attivita'
lavorativa  e  sancisce  definitivamente l'equiparazione dei genitori
adottivi o affidatari a quelli biologici.
    La  tutela  offerta  dalla  normativa  in esame non e', peraltro,
completa.
    Per  il  caso di adozione o affidamento, l'art. 31 stabilisce che
il  congedo di maternita' di cui ai precedenti artt. 26, primo comma,
e   27,  primo  comma,  nonche'  il  congedo  di  paternita'  di  cui
all'art. 28  spettano,  a  determinate  condizioni,  anche  al  padre
lavoratore.
    Le espressioni «lavoratore» e «lavoratrice» che compaiono in tale
norma  devono essere interpretate alla luce del disposto dell'art. 2,
comma 1,  lettera e),  secondo cui «per «lavoratrice» o «lavoratore»,
salvo  che  non sia altrimenti specificato, si intendono i dipendenti
[....]  di  amministrazioni  pubbliche,  di  privati datori di lavoro
nonche' i soci lavoratori di cooperative»: la lettera della legge e',
pertanto,  esplicita  nell'escludere  che  in  detta  nozione possano
essere  fatti rientrare coloro che esercitano una libera professione,
con  la  conseguenza  che  agli  stessi  l'art. 31  non  puo'  essere
applicato.
    Alle  madri  libere  professioniste  e'  dedicato il Capo XII del
d.lgs.  n. 151  del  2001:  in  particolare,  l'art. 70, primo comma,
riconosce  «alle  libere  professioniste,  iscritte  ad  un  ente che
gestisce  forme  obbligatorie  di  previdenza [....] un'indennita' di
maternita'   [....]»,  che  l'art. 72,  primo  comma,  estende,  poi,
all'ipotesi  di  adozione  o  affidamento.  Anche  in questo caso, la
lettera  della  legge  e'  di  chiara  interpretazione  e,  nel  fare
esclusivo riferimento alle libere professioniste, esclude in linea di
principio  i  padri  liberi  professionisti  dal  godimento del detto
beneficio.
    6.  -  Pertanto,  il  d.lgs.  n. 151  del  2001  ha  testualmente
riconosciuto   il   diritto   all'indennita'   al  padre  adottivo  o
affidatario  che  sia  lavoratore  dipendente, escludendo, viceversa,
coloro  che  esercitino  una  libera  professione, i quali non hanno,
percio',  la facolta' di avvalersi del congedo, e dell'indennita', in
alternativa alla madre.
    Tale  discriminazione  rappresenta un vulnus sia del principio di
parita'  di  trattamento  tra  le figure genitoriali e fra lavoratori
autonomi e dipendenti, sia del valore della protezione della famiglia
e della tutela del minore.
    Come  si  evince  dalla  ratio  sottesa agli interventi normativi
sopra   ricordati   nonche'   dalla  lettura  delle  motivazioni  dei
precedenti  di  questa  Corte, gli istituti nati a salvaguardia della
maternita',  in  particolare  i  congedi ed i riposi giornalieri, non
hanno  piu',  come  in  passato,  il  fine  precipuo  ed esclusivo di
protezione  della donna, ma sono destinati alla difesa del preminente
interesse  del bambino «che va tutelato non solo per cio' che attiene
ai  bisogni  piu'  propriamente  fisiologici, ma anche in riferimento
alle   esigenze  di  carattere  relazionale  ed  affettivo  che  sono
collegate  allo  sviluppo della sua personalita» (sentenza n. 179 del
1993).
    Cio'  e'  tanto  piu'  vero  nell'ipotesi  di  affidamento  e  di
adozione,  ove l'astensione dal lavoro non e' finalizzata alla tutela
della  salute  della  madre  ma mira in via esclusiva ad agevolare il
processo di formazione e crescita del bambino, «creando le condizioni
di  una  piu'  intensa  presenza  della coppia, i cui componenti sono
entrambi    affidatari,    e   come   tali   entrambi   protagonisti,
nell'esercizio  dei  loro  doveri e diritti, della buona riuscita del
delicato compito» loro attribuito (sentenza n. 341 del 1991).
    Pertanto,  se il fine precipuo dell'istituto, in caso di adozione
e  affidamento,  e'  rappresentato  dalla  garanzia  di  una completa
assistenza  al  bambino nella delicata fase del suo inserimento nella
famiglia,   il   non   riconoscere   l'eventuale  diritto  del  padre
all'indennita'  costituisce  un ostacolo alla presenza di entrambe le
figure   genitoriali.   Occorre  garantire  un'effettiva  parita'  di
trattamento  fra  i  genitori - nel preminente interesse del minore -
che  risulterebbe  gravemente  compromessa  ed incompleta se essi non
avessero   la   possibilita'   di  accordarsi  per  un'organizzazione
familiare  e  lavorativa  meglio  rispondente alle esigenze di tutela
della  prole,  ammettendo anche il padre ad usufruire dell'indennita'
di  cui  all'art. 70  del  d.lgs. n. 151 del 2001 in alternativa alla
madre.  In  caso  contrario,  nei  nuclei  familiari  in cui il padre
esercita  una  libera  professione  verrebbe  negata  ai  coniugi «la
delicata  scelta  di  chi,  assentandosi  dal lavoro per assistere il
bambino,  possa  meglio  provvedere»  alle  sue esigenze, scelta che,
secondo  la  giurisprudenza  menzionata di questa Corte, non puo' che
essere rimessa in via esclusiva all'accordo dei genitori, «in spirito
di  leale  collaborazione  e  nell'esclusivo  interesse  del  figlio»
(sentenza n. 179 del 1993).
    La  violazione  del  principio  di  uguaglianza appare ancor piu'
evidente  se  si  considera  che  il legislatore ha riconosciuto tale
facolta'  ai padri che svolgano un'attivita' di lavoro dipendente: il
non  aver  esteso analoga facolta' ai liberi professionisti determina
una   disparita'   di  trattamento  fra  lavoratori  che  non  appare
giustificata dalle differenze, pur sussistenti, fra le diverse figure
(differenze  che non riguardano, certo, il diritto a partecipare alla
vita familiare in egual misura rispetto alla madre), e non consente a
questa  categoria  di  padri-lavoratori  di  godere,  alla pari delle
altre,  di  quella protezione che l'ordinamento assicura in occasione
della genitorialita', anche adottiva.
    Appare  discriminatoria  l'assenza  di tutela che si realizza nel
momento  in  cui,  in  presenza  di  una  identica situazione e di un
medesimo  evento,  alcuni  soggetti  si vedono privati di provvidenze
riconosciute,  invece, in capo ad altri che si trovano nelle medesime
condizioni.
    Nel  rispetto  dei  principi  sanciti  da  questa  Corte,  rimane
comunque  riservato  al  legislatore  il  compito  di  approntare  un
meccanismo   attuativo   che   consenta  anche  al  lavoratore  padre
un'adeguata tutela.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita' costituzionale degli artt. 70 e 72 del
decreto   legislativo   26 marzo  2001,  n. 151  (Testo  unico  delle
disposizioni  legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno della
maternita'  e  della  paternita',  a  norma  dell'art. 15 della legge
8 marzo  2000,  n. 53), nella parte in cui non prevedono il principio
che   al   padre  spetti  di  percepire  in  alternativa  alla  madre
l'indennita' di maternita', attribuita solo a quest'ultima.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                        Il redattore: Contri
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 ottobre 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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