N. 394 SENTENZA 12 - 21 ottobre 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Famiglia - Diritto di abitazione del genitore affidatario della prole
  naturale, il quale non sia titolare di diritti reali o di godimento
  sull'immobile  assegnato  - Possibilita' di trascrizione del titolo
  che   riconosce   il   diritto  -  Mancata  previsione  -  Asserita
  irragionevole diversita' rispetto al regime dell'assegnazione della
  casa   familiare   al  genitore  affidatario  di  prole  legittima,
  disparita'  di  trattamento  tra figli naturali e figli legittimi e
  contrasto  con  la  tutela  dei  figli  nati fuori del matrimonio -
  Esclusione  -  Interpretazione  sistematica  delle norme del codice
  civile  in  tema di tutela della filiazione alla luce del principio
  di  responsabilita'  genitoriale - Non fondatezza, nei sensi di cui
  in motivazione, della questione.
- Cod. civ., artt. 261, 147, 148, 2643, n. 8, 2652, 2653 e 2657.
- Costituzione, artt. 3 e 30.
(GU n.43 del 26-10-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 261, 147 e
148,  2643,  numero  8, 2652, 2653 e 2657 del codice civile, promosso
con  ordinanza  del  15 ottobre  2003  dal  Tribunale  di  Genova nel
procedimento  civile  vertente  tra  C.  G. contro G. S., iscritta al
n. 57  del  registro  ordinanze  2004  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 10, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 maggio 2005 il giudice
relatore Fernanda Contri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il Tribunale di Genova, con ordinanza emessa il 15 ottobre
2003,   ha   sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  30  della
Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale  degli
artt. 261,  147  e  148, 2643, numero 8, 2652, 2653 e 2657 del codice
civile,  nella parte in cui non consentono la trascrizione del titolo
che riconosce il diritto di abitazione del genitore affidatario della
prole  naturale, che non sia titolare di diritti reali o di godimento
sull'immobile assegnato.
    Il  rimettente  premette  in  fatto  di  essere  stato  adito dal
genitore  affidatario  del  figlio  minore,  nato  da convivenza more
uxorio  ormai  cessata,  con  azione volta ad ottenere l'assegnazione
della   casa  familiare  e  l'ordine  di  trascrizione  del  relativo
provvedimento nei registri immobiliari.
    Il giudice a quo osserva che, come gia' affermato da questa Corte
con  la sentenza n. 166 del 1998, l'assegnazione della casa familiare
al  genitore  naturale affidatario di minore e' consentita attraverso
l'interpretazione  sistematica  degli  artt. 261,  147 e 148 cod.civ.
alla  luce  del  principio di responsabilita' genitoriale, secondo il
quale   le   esigenze  di  mantenimento  del  figlio  debbono  essere
tempestivamente  ed  efficacemente  soddisfatte  a  prescindere dalla
qualificazione  dello  status.  Viceversa,  ad avviso del rimettente,
«non   sembra   possibile   ricavare  dal  combinato  disposto  degli
artt. 261,  147  e  148  un  principio generale che consenta anche di
disporre la trascrizione del diritto di abitazione»: cio' perche' «le
norme  sulla  trascrizione,  rispondendo  all'interesse pubblico alla
sicurezza  dei  traffici  giuridici,  sono da considerarsi di stretta
interpretazione  nella  parte  in  cui  indicano  gli atti soggetti a
trascrizione».
    La   normativa   impugnata,   pertanto,   presenta   profili   di
illegittimita' per contrasto con gli artt. 3 e 30 della Costituzione,
dal    momento   che   irragionevolmente   «differenzia   il   regime
dell'assegnazione  della casa familiare al genitore affidatario della
prole  naturale  al  termine  della  convivenza more uxorio da quello
dell'assegnazione  della casa familiare, nelle medesime condizioni di
fatto,  al genitore affidatario della prole legittima», in violazione
del dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i
figli  anche se nati fuori del matrimonio e dell'obbligo per lo Stato
di assicurare a questi ultimi ogni tutela giuridica e sociale.
    2.  -  Nel  giudizio dinanzi a questa Corte non vi sono stati ne'
costituzione  di  parti  private  ne'  intervento  del Presidente del
Consiglio dei ministri.

                       Considerato in diritto

    1. - Il Tribunale di Genova dubita, in riferimento agli artt. 3 e
30   della  Costituzione,  della  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 261,  147  e  148,  2643 numero 8, 2652, 2653 e 2657 del codice
civile,  nella parte in cui non consentono la trascrizione del titolo
che riconosce il diritto di abitazione del genitore affidatario della
prole  naturale, che non sia titolare di diritti reali o di godimento
sull'immobile assegnato.
    Ad  avviso  del  rimettente,  le  norme  impugnate contrastano in
primis con il principio di parita' di trattamento, dal momento che il
regime  di  assegnazione della casa familiare al genitore affidatario
di  prole naturale risulta irragionevolmente differenziato rispetto a
quello del genitore affidatario di prole legittima; in secondo luogo,
violano  il  disposto  dell'art. 30  della Costituzione, sia sotto il
profilo  del  diritto e dovere dei genitori di mantenere, istruire ed
educare  i  figli,  anche  se nati fuori del matrimonio, sia sotto il
profilo dell'obbligo per il legislatore di assicurare a questi ultimi
ogni  tutela  giuridica  e sociale, purche' compatibile con i diritti
della famiglia legittima.
    2. - La questione e' infondata, nei sensi di seguito precisati.
    Come  sottolineato  dal  giudice rimettente, questa Corte, con la
sentenza n. 166 del 1998, che ha dichiarato infondata la questione di
legittimita'  dell'art. 155,  quarto  comma, cod.civ., nella parte in
cui  non  prevede  la  possibilita' di assegnare la casa familiare al
genitore  naturale  affidatario  di un minore che non sia titolare di
diritti  sull'immobile, ha affermato il principio secondo il quale la
condizione   dei   figli   deve  essere  considerata  come  unica,  a
prescindere   dalla  qualificazione  del  loro  status,  e  non  puo'
incontrare  differenziazioni  legate  alle circostanze della nascita:
cio'  perche'  il  «principio  di responsabilita' genitoriale» di cui
all'art. 30   della   Costituzione   rappresenta   il  fondamento  di
«quell'insieme di regole, che costituiscono l'essenza del rapporto di
filiazione  e  si  sostanziano  negli  obblighi  di  mantenimento, di
istruzione  e  di educazione della prole» (sentenza n. 166 del 1998),
regole  che  debbono  trovare uniforme applicazione indipendentemente
dalla  natura, giuridica o di fatto, del vincolo che lega i genitori.
Conseguentemente,  «il  matrimonio  non  costituisce piu' elemento di
discrimine  nei  rapporti fra genitori e figli - legittimi e naturali
riconosciuti  -  identico  essendo il contenuto dei doveri, oltre che
dei  diritti,  degli  uni nei confronti degli altri» (sentenza n. 166
del 1998).
    Cosi',  sempre  secondo  questa Corte, in attuazione del suddetto
principio,  e  a  conferma della preminenza attribuita al rapporto di
filiazione   ex   se,   l'art. 261   cod.   civ.  stabilisce  che  il
riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i
diritti  e  doveri  che  spettano nei confronti dei figli legittimi e
l'art. 317-bis  cod.  civ. riconosce ad entrambi i genitori naturali,
purche'  conviventi,  la potesta' sui figli, in modo corrispondente a
quanto  sancito  per  la  famiglia legittima dall'art. 316 cod. civ.,
espressamente richiamato.
    Nel  menzionare il complesso dei diritti e doveri facenti capo ai
genitori,  l'art. 261  cod.civ. fa implicito rinvio al disposto degli
artt. 147  e  148  cod.  civ;  in  particolare,  l'art. 147 cod. civ.
individua  quale  primo  obbligo  genitoriale  quello di mantenimento
della prole, il cui contenuto comprende in primis «il soddisfacimento
delle  esigenze materiali, connesse inscindibilmente alla prestazione
dei  mezzi necessari per garantire un corretto sviluppo psicologico e
fisico del figlio, e segnatamente fra queste [...] la predisposizione
e  la conservazione dell'ambiente domestico, considerato quale centro
di  affetti,  di  interessi  e  di  consuetudini  di vita» (sempre ex
sentenza n. 166 del 1998).
    Pertanto,   se   l'obbligo   di  mantenimento  si  traduce  anche
nell'assicurare  ai  figli  un'idonea  dimora,  intesa  come luogo di
formazione  della  loro  personalita',  la  concreta attuazione dello
stesso  non  puo' incontrare differenziazioni in ragione della natura
del vincolo che lega i genitori.
    3.  -  Attraverso  l'interpretazione  sistematica delle norme che
regolano  i  rapporti genitori-figli si individua la regola iuris cui
l'interprete  deve  attenersi  in  sede di applicazione concreta, nel
rispetto  del principio di responsabilita' genitoriale, che impone la
soddisfazione   delle   esigenze  della  prole  a  prescindere  dalla
qualificazione dello status della stessa.
    Se  il  diritto all'assegnazione della casa familiare al genitore
affidatario  di  prole naturale puo' trarsi in via di interpretazione
sistematica  dalle norme che disciplinano i doveri dei genitori verso
i  figli, alle medesime conclusioni deve pervenirsi con riguardo alla
possibilita'  per  il genitore naturale affidatario di minore - e che
non  sia  titolare di diritti reali o di godimento sull'immobile - di
trascrivere   il   provvedimento   di   assegnazione   nei   registri
immobiliari,  onde  garantire  effettivita'  alla  tutela dei diritti
della prole anche in caso di conflitto con i terzi.
    Sul  punto  debbono essere richiamate le considerazioni svolte da
questa  Corte  nella  sentenza n. 454 del 1989, con la quale e' stata
dichiarata   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 155,  quarto
comma,  cod.civ.  «nella parte in cui non prevede la trascrizione del
provvedimento  giudiziale  di assegnazione dell'abitazione nella casa
familiare   al   coniuge  affidatario  della  prole,  ai  fini  della
opponibilita'   ai  terzi».  Tale  precedente  ha  stabilito  che  il
provvedimento  di  assegnazione  non ha la finalita' di attribuire ad
uno  dei  coniugi  un  titolo  di  legittimazione  ad  abitare, ma e'
funzionale  a  mantenere  la  destinazione  dell'immobile a residenza
familiare  e  cio'  perche'  «il  titolo ad abitare per il coniuge e'
strumentale   alla   conservazione   della   comunita'   domestica  e
giustificato  esclusivamente  dall'interesse morale e materiale della
prole affidatagli» (sentenza n. 454 del 1989).
    Conseguentemente,  il  provvedimento  di  assegnazione deve poter
essere  trascritto  poiche',  in  caso  contrario, l'atto non sarebbe
opponibile  ai  terzi  e  potrebbe  essere  vanificato  il vincolo di
destinazione impresso alla casa familiare.
    Di   tale  necessita'  si  e',  del  resto,  avveduto  lo  stesso
legislatore  nel  momento  in  cui  ha  stabilito  che,  in  caso  di
scioglimento  o  cessazione  degli  effetti  civili  del  matrimonio,
l'assegnazione  dell'abitazione  al genitore affidatario della prole,
se   trascritta,   e'   opponibile   al  terzo  acquirente  ai  sensi
dell'art. 1599 cod.civ. (art. 6, sesto comma, della legge 1° dicembre
1970,  n. 898, come sostituito dall'art. 11 della legge 6 marzo 1987,
n. 74):  con  la  sentenza  n. 454  del  1989 questa Corte ha, cosi',
stabilito  che  il  non  aver  esteso la medesima facolta' al coniuge
separato  si  traduce non in un'ingiustificata disparita' fra coniugi
separati  e  divorziati,  «essendo  gli  uni e gli altri portatori di
status  personali differenziati», ma in una diversita' di trattamento
«di  una  situazione  assolutamente  identica,  quale e' quella della
prole  affidata  ad  un  genitore  separato o ad un genitore non piu'
legato da vincolo matrimoniale» (sentenza n. 454 del 1989).
    Infatti, se la ratio sottesa all'istituto dell'assegnazione della
casa  familiare  e alla trascrizione del relativo provvedimento e' da
ravvisarsi  nel preminente interesse morale e materiale dei figli, la
conservazione  del  vincolo  di  destinazione impresso all'abitazione
domestica  deve  essere  garantita  agli  stessi  a prescindere dalle
circostanze della nascita: i figli legittimi, di genitori che abbiano
ottenuto  la  separazione,  lo  scioglimento  o  la  cessazione degli
effetti civili del matrimonio, ed i figli naturali debbono poter fare
assegnamento  su  un  identico  trattamento  e  vedersi garantiti gli
stessi   strumenti   di   tutela,   anche   nei  confronti  di  terzi
controinteressati.
    A  tal fine, peraltro, non e' necessaria una norma esplicita, dal
momento  che  la regula iuris e' immanente al sistema e si ricava per
via   interpretativa   applicando  il  principio  di  responsabilita'
genitoriale:   l'assenza   di   una   norma   ad  hoc  che  riconosca
specificamente  la trascrivibilita' del provvedimento di assegnazione
della casa familiare al genitore affidatario della prole naturale non
impedisce,  anzi  suggerisce,  di  trarre  la  regola da applicare da
un'interpretazione  sistematica delle norme del codice civile in tema
di  tutela  della  filiazione,  lette  alla  luce  del  principio  di
responsabilita'  genitoriale  di cui all'art. 30 della Costituzione e
del superiore interesse del figlio alla conservazione dell'abitazione
familiare.
    4. - Pertanto, come il diritto del figlio naturale a non lasciare
l'abitazione in seguito alla cessazione della convivenza di fatto fra
i  genitori non richiede un'apposita previsione, anche il diritto del
genitore  affidatario  di  prole naturale ad ottenere la trascrizione
del  provvedimento  di  assegnazione  non  necessita  di  un'autonoma
previsione,  dal momento che risponde alla stessa ratio di tutela del
minore  ed  e'  strumentale  a rafforzarne il contenuto: il dovere di
mantenere,  istruire  ed  educare  i  figli  e  di  garantire loro la
permanenza  nel medesimo ambiente in cui hanno vissuto con i genitori
deve  essere  assolto  tenendo  conto,  prima  che delle posizioni di
terzi,  del  diritto  che  alla  prole  deriva  dalla responsabilita'
genitoriale   prevista  dall'art. 30  della  Costituzione  e  tesa  a
favorire il corretto sviluppo della personalita' del minore.
    Il  principio  evocato dal Tribunale rimettente - la garanzia del
minore  attraverso la trascrizione del titolo che assegna al genitore
affidatario  il  diritto  di  abitazione  nella  casa  familiare - e'
ricavabile  da  un'interpretazione  sistematica  delle disposizioni a
tutela   della   filiazione:  di  conseguenza,  le  norme  censurate,
interpretate  come  in  motivazione,  debbono  ritenersi  conformi  a
Costituzione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, la
questione  di legittimita' costituzionale degli artt. 261, 147 e 148,
2643,  numero  8,  2652, 2653 e 2657 del codice civile, sollevata, in
riferimento  agli  artt. 3  e 30 della Costituzione, dal Tribunale di
Genova, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                        Il redattore: Contri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 21 ottobre 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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