N. 413 ORDINANZA 24 ottobre - 3 novembre 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  - Nuove contestazioni - Modifica dell'imputazione -
  Facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il
  giudizio  abbreviato  relativamente  al  fatto  diverso  o al reato
  concorrente,  quando  la  nuova  contestazione risulti tardivamente
  formulata  dal  pubblico ministero - Mancata previsione - Lamentata
  disparita'  di  trattamento  tra  imputati e lesione del diritto di
  difesa  -  Ordinanza  di  rimessione  carente  di motivazione sulla
  situazione   processuale   nel   giudizio   a   quo   -   Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Cod. proc. pen., artt. 516, 517 e 519.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.45 del 9-11-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 516, 517 e
519  del  codice  di  procedura  penale  promosso,  nell'ambito di un
procedimento  penale,  dal  Tribunale di Milano con ordinanza in data
11 novembre  2004,  iscritta  al n. 155 del registro ordinanze 2005 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, 1ª serie
speciale, dell'anno 2005;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 28 settembre 2005 il giudice
relatore Guido Neppi Modona;
    Ritenuto  che il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3  e  24  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale  degli  artt. 516,  517  e 519 del codice di procedura
penale,   «nella   parte  in  cui  non  prevedono  la  facolta',  per
l'imputato,  di  richiedere  al  giudice  del  dibattimento  il  rito
abbreviato,  relativamente  al  fatto  diverso  o  reato concorrente,
quando  la  nuova  contestazione  risulti  tardivamente formulata dal
pubblico ministero»;
        che  il  rimettente  premette che alcuni degli imputati erano
stati  rinviati a giudizio per i reati previsti dall'art. 4, comma 1,
lettere d)  e f), del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per
la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul
valore  aggiunto  e  per  agevolare  la definizione delle pendenze in
materia  tributaria),  convertito  nella  legge 7 agosto 1982, n. 516
(come  sostituito dall'art. 6 del decreto-legge 16 marzo 1991, n. 83,
convertito  con  modificazioni nella legge 15 maggio 1991, n. 154), e
dagli  artt. 223,  commi  primo  e  secondo, numeri 1 e 2, 216, comma
primo,  numeri  1  e  2,  219, comma primo e secondo, n. 1, del regio
decreto   16 marzo  1942,  n. 267  (Disciplina  del  fallimento,  del
concordato   preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
liquidazione  coatta  amministrativa),  e  che il pubblico ministero,
prima   della  dichiarazione  di  apertura  del  dibattimento,  aveva
provveduto,  ai  sensi  degli  artt. 516  e 517 cod. proc. pen., alla
«sintetica   riformulazione   delle   imputazioni»  a  seguito  delle
modifiche normative introdotte dal decreto legislativo 10 marzo 2000,
n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e
sul  valore aggiunto, a norma dell'art. 9 della legge 25 giugno 1999,
n. 205)  e  dal decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61 (Disciplina
degli  illeciti  penali  e  amministrativi  riguardanti  le  societa'
commerciali,   a  norma  dell'art. 11  della  legge  3 ottobre  2001,
n. 366);
        che  il  difensore  di  uno  degli  imputati  aveva  eccepito
l'illegittimita'  costituzionale  degli  artt. 516  e  517 cod. proc.
pen.,  nella  parte in cui non consentono all'imputato di accedere al
giudizio  abbreviato  in  caso  di  «nuove contestazioni tardive» del
pubblico  ministero e aveva chiesto il rinvio dell'udienza al fine di
munirsi  della  procura  speciale  per  presentare,  a  seguito della
modifica delle imputazioni, richiesta di giudizio abbreviato;
        che   nell'udienza   successiva  l'imputato  aveva  formulato
richiesta  di  giudizio  abbreviato  condizionata alla escussione del
proprio consulente;
        che  il  rimettente  fa propria l'eccezione di illegittimita'
costituzionale sollevata dalla difesa, salvo a precisarla nei termini
di  cui  si  dira', ritenendo peraltro la questione rilevante solo in
relazione  alla posizione dell'imputato che ha formulato richiesta di
giudizio  abbreviato,  e  rileva che l'integrazione probatoria appare
compatibile con le finalita' di economia processuale proprie del rito
e necessaria ai fini della decisione;
        che  il  rimettente  precisa  che  nel decreto che dispone il
giudizio erano contestate nel capo A) plurime violazioni dell'art. 4,
comma 1,  lettere d)  [emissione  ed  utilizzazione  di  fatture  per
operazioni  inesistenti]  e  f)  [indicazione nella dichiarazione dei
redditi  ovvero nel bilancio o rendiconto ad essa allegato, di ricavi
proventi  od  altri  componenti  positivi di reddito, ovvero spese od
altri  componenti  negativi  di  reddito  in misura diversa da quella
effettiva], del decreto-legge n. 429 del 1982, convertito nella legge
n. 516 del 1982;
        che  il giudice a quo rileva peraltro che «dalla mera lettura
delle  singole  condotte  al tempo contestate [...] si evince come il
riferimento   all'art. 4,   comma 1,   lettera f),  appaia  meramente
declamato»,  essendo  contestata  nelle  singole  imputazioni solo la
«condotta   di  emissione  (ai  nn. 1-12)  ovvero  utilizzazione  (ai
nn. 13-17)  di  fatture  per  operazioni  inesistenti,  senza  alcuna
contestazione  del concreto successivo impiego di tale documentazione
non  genuina  mediante  inserimento  nelle  dichiarazioni dei redditi
ovvero   nei   documenti   ad   essi   allegati  e  finalizzati  alla
determinazione dell'imponibile fiscale»;
        che  per effetto della nuova contestazione operata in udienza
dal  pubblico  ministero il capo A) «subiva una integrale riscrittura
in   adeguamento   allo  ius  superveniens»  costituito  dal  decreto
legislativo  n. 74 del 2000, che all'art. 25 ha abrogato l'art. 4 del
decreto-legge n. 429 del 1982;
        che,   in   particolare,  «la  pubblica  accusa  procedeva  a
suddividere   in  due  tronconi  l'originario  ed  unitario»  capo di
imputazione,  all'interno  dei  quali  venivano  contestate nel nuovo
capo A)   le   condotte   di  emissione  di  fatture  per  operazioni
inesistenti,  ora  previste dall'art. 8 del decreto legislativo n. 74
del  2000,  e  nel  nuovo capo B) le condotte di utilizzazione di cui
all'attuale   art. 2   del   medesimo   decreto,   «integrate   dalla
contestazione    dell'inserimento    della   documentazione   fiscale
asseritamente  falsa  nelle  dichiarazioni annuali di imposta e dalla
indicazione  degli  elementi passivi fittizi esposti in tal modo alla
amministrazione finanziaria»;
        che  inoltre  nel  decreto  che  dispone  il  giudizio  erano
contestati   nell'originario  capo B)  «fatti  di  falsificazione  di
bilancio in qualita' di amministratore della societa' fallita»;
        che  in relazione a tali contestazioni il pubblico ministero,
«adeguandosi  alla  modifica normativa» di cui all'art. 4 del decreto
legislativo  n. 61  del  2002,  aveva  inserito  «un  nuovo capo C» e
completato   «l'accusa   individuando  l'evento  del  dissesto  della
societa' fallita siccome eziologicamente connesso a quegli episodi di
alterazione del bilancio gia' previamente descritti»;
        che  il  rimettente  rileva  che  la nuova contestazione puo'
ritenersi  «tardivamente  operata  dall'organo della pubblica accusa»
solo  in  relazione  al reato di emissione e utilizzazione di fatture
per  operazioni  inesistenti, su cui ha inciso il decreto legislativo
n. 74  del  2000,  entrato  in  vigore  quando  era  ancora  in corso
l'udienza  preliminare,  ma non in riferimento al reato di bancarotta
fraudolenta  impropria,  in quanto le modifiche normative riguardanti
tale fattispecie erano intervenute nel corso del dibattimento;
        che  in  ossequio  a quanto previsto dall'art. 423 cod. proc.
pen.   il   pubblico   ministero  avrebbe  quindi  dovuto  modificare
l'imputazione  relativamente al reato di emissione e utilizzazione di
fatture  per  operazioni  inesistenti  gia'  nel  corso  dell'udienza
preliminare,   e   non  attendere  due  anni  per  provvedervi  prima
dell'apertura  del  dibattimento,  cosi'  impedendo  all'imputato  di
accedere al rito abbreviato nella sua sede naturale;
        che   secondo   il   rimettente  la  «perdita»  del  giudizio
abbreviato non e' da addebitare a negligenza dell'imputato ne' deriva
da   una   sua   consapevole  scelta,  in  quanto  durante  l'udienza
preliminare,  nel  corso  della  quale  avrebbe  dovuto esercitare la
facolta'  di  scelta  in  ordine  al rito, non era stato «posto nelle
condizioni  di  confrontarsi  con  quelle  imputazioni che, per altro
verso, gia' si preannunciavano come di prossima elevazione»;
        che  ad  avviso  del  giudice  a  quo  la  «perdita» del rito
abbreviato  si  prospetta,  allo  stato, irrimediabile, poiche' da un
lato il termine per la presentazione della richiesta e' ormai decorso
e  dall'altro  la Corte costituzionale nella sentenza n. 265 del 1994
ha  espressamente  escluso  la  possibilita' di un «recupero del rito
abbreviato»  negli  atti preliminari al dibattimento, sul presupposto
che il giudizio abbreviato «si realizza attraverso una vera e propria
«procedura» inconciliabile con quella dibattimentale»;
        che   tuttavia   il  rimettente  sostiene  che  «la  radicale
metamorfosi  del rito abbreviato operata dalla legge n. 479 del 1999»
e  i  successivi  interventi della Corte costituzionale impongano una
nuova  disamina  del problema e in particolare consentano di ritenere
ormai    «superata    la   asserzione   circa   la   [...]   radicale
inconciliabilita' del rito abbreviato con il dibattimento»;
        che  infatti  -  prosegue  il giudice a quo - la stessa Corte
costituzionale  ha  in  altre  occasioni  rilevato  che  la  acritica
riproposizione  di soluzioni ermeneutiche emerse nel quadro normativo
previgente   e'   incongrua   rispetto   all'attuale  disciplina,  in
conseguenza   della   sopravvenuta   modifica  complessiva  del  rito
abbreviato;
        che proprio alla luce della sentenza n. 265 del 1994, secondo
cui,  a  fronte  di  contestazioni  della pubblica accusa patologiche
ovvero  tardive,  e'  necessario  porre  l'imputato  nella  «medesima
situazione  processuale  in  cui  si  sarebbe  trovato  ove  la nuova
contestazione   fosse   stata  tempestiva»,  non  puo'  che  apparire
gravemente  pregiudizievole  per  il  diritto  di  difesa  precludere
all'imputato   l'accesso   al   rito   abbreviato   nelle  situazioni
considerate;
        che  la  disciplina  censurata  violerebbe  altresi' l'art. 3
Cost.  perche'  determina una irragionevole disparita' di trattamento
«tra  l'imputato  sottoposto  ad  un  fisiologico  svolgimento  della
udienza  preliminare  e chi, senza colpa, risulti privato di facolta'
processuali in conseguenza di tardive scelte della pubblica accusa»;
        che,   infine,  il  rimettente  ribadisce  che  la  questione
riguarda   nella  specie  solo  la  modificazione  delle  imputazioni
relative alle violazioni penali tributarie (emissione e utilizzazione
di   fatture  per  operazioni  inesistenti)  tardivamente  contestate
dall'organo della pubblica accusa;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, in quanto
la  situazione  verificatasi nel giudizio a quo sarebbe «addebitabile
all'imputato»  e  non  sussisterebbe  quindi  alcuna  violazione  dei
principi costituzionali evocati;
    Considerato   che   il  Tribunale  di  Milano  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  artt. 3  e  24  della  Costituzione,  questione di
legittimita'  costituzionale degli artt. 516, 517 e 519 del codice di
procedura  penale,  nella  parte  in  cui  non  prevedono la facolta'
dell'imputato  di  chiedere  al  giudice  del  dibattimento  il  rito
abbreviato,  relativamente  al  fatto diverso o al reato concorrente,
quando  la  nuova  contestazione  risulti  tardivamente formulata dal
pubblico ministero;
        che  risulta, in fatto, che alcuni degli imputati erano stati
rinviati  a  giudizio,  tra  l'altro,  per  i reati di emissione e di
utilizzazione   di   fatture   per   operazioni   inesistenti   e  di
dichiarazione  fraudolenta dei redditi previsti dall'art. 4, comma 1,
lettere d) e f), del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito
nella  legge  7 agosto  1982, n. 516 (come sostituito dall'art. 6 del
decreto-legge  16 marzo  1991,  n. 83,  convertito  con modificazioni
nella  legge  15 maggio  1991,  n. 154),  norma  abrogata dal decreto
legislativo  10 marzo  2000,  n. 74, che ha riformulato le originarie
fattispecie incriminatrici;
        che  a  seguito  delle  sopravvenute modifiche legislative il
pubblico   ministero   aveva  provveduto  a  riformulare  i  capi  di
imputazione  relativi  alle  lettere d)  e  f) dell'art. 4 del citato
decreto-legge  solo  all'udienza  dibattimentale del 28 ottobre 2002,
pur  essendo  il decreto legislativo n. 74 del 2000 gia' in vigore al
momento  -  28 ottobre  2000  -  in  cui aveva avuto inizio l'udienza
preliminare;
        che  in particolare nel novellato capo B) dell'imputazione il
pubblico    ministero    aveva    contestato   «l'inserimento   della
documentazione   fiscale   asseritamente  falsa  nelle  dichiarazioni
annuali  di  imposta»,  riferendosi al reato previsto dall'art. 2 del
decreto legislativo n. 74 del 2000;
        che   il   rimettente   denuncia   pertanto   la   violazione
dell'art. 24  Cost.,  in  quanto la tardiva contestazione operata dal
pubblico  ministero  ha determinato la perdita irrimediabile del rito
abbreviato,  perdita  non  addebitabile a negligenza ne' derivante da
una consapevole scelta processuale dell'imputato, nonche' dell'art. 3
Cost.,  a  cagione  della irragionevole disparita' di trattamento tra
l'imputato che puo' esercitare la facolta' di presentare richiesta di
giudizio  abbreviato nel corso dell'udienza preliminare e chi risulta
privato  di  tale  facolta'  in  conseguenza di «tardive scelte della
pubblica accusa»;
        che  tuttavia,  come  e'  stato precisato dalle sezioni unite
della  Corte  di  cassazione,  l'emissione  di fatture per operazioni
inesistenti  e'  ora  contemplata  dall'identica  fattispecie  di cui
all'art. 8 del predetto decreto legislativo, la quale percio' si pone
in  rapporto  di  continuita'  normativa  con  l'identica fattispecie
prevista  dal  decreto-legge  n. 429  del 1982, mentre la condotta di
mera  utilizzazione  mediante  registrazione  in  contabilita'  delle
fatture  emesse  per operazioni inesistenti non e' piu' prevista come
reato,   e   pertanto  l'intervenuta  abrogazione  determina  la  non
punibilita' di tale condotta;
        che  l'utilizzazione di tali fatture rimane quindi sanzionata
soltanto   in   quanto   integri   la  fattispecie  di  dichiarazione
fraudolenta  dei redditi mediante uso di fatture o di altri documenti
per  operazioni  inesistenti,  ora  prevista  dall'art. 2 del decreto
legislativo  n. 74  del  2000,  che  si pone anch'esso in rapporto di
continuita'  normativa  con l'analoga previsione di cui al previgente
art. 4,  comma 1,  lettera f),  del  decreto-legge  n. 429 del 1982 e
nello   stesso   tempo   prevede  il  nuovo  reato  di  dichiarazione
fraudolenta in tema di imposta sul valore aggiunto;
        che  il  rimettente da' atto che nell'originaria formulazione
del  capo di  imputazione  il  pubblico ministero aveva contestato il
reato  di  cui  all'art. 4,  comma 1,  lettera f),  del decreto-legge
n. 429  del  1982,  ma  rileva come «dalla mera lettura delle singole
condotte» il riferimento alla lettera f) «appaia meramente declamato,
senza  alcuna effettiva corrispondenza nei comportamenti rimproverati
all'imputato»  e  «senza alcuna contestazione del concreto successivo
impiego di tale documentazione non genuina mediante inserimento nelle
dichiarazioni dei redditi»;
        che sulla base di tali considerazioni non e' dato comprendere
se  ci si trovi di fronte ad un fatto nuovo, ad un fatto diverso o ad
un   reato   concorrente,   ovvero,  nel  caso  in  cui  risulti  che
l'utilizzazione  delle  false  fatture nelle dichiarazioni annuali di
imposta   era   stata   contestata   in  fatto,  sia  possibile  fare
applicazione dell'art. 521, comma 1, cod. proc. pen;
        che il giudice a quo sostiene inoltre che non puo' «revocarsi
in   dubbio  come  il  principio  del  necessario  adeguamento  [...]
dell'imputazione  al  fatto effettivamente emergente dagli atti [...]
debba valere anche quando detto adeguamento si imponga in ragione del
mutamento  del  quadro  normativo», senza peraltro esporre le ragioni
per  cui detta evenienza debba necessariamente comportare la modifica
dell'imputazione da parte del pubblico ministero;
        che l'incertezza in ordine alla situazione processuale su cui
si  innesta  la  questione  di legittimita' costituzionale si traduce
nella sua manifesta inammissibilita' per difetto di motivazione.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale degli artt. 516, 517 e 519 del codice di
procedura  penale,  sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione, dal Tribunale di Milano con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, 24 ottobre 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                     Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 3 novembre 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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