N. 582 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 giugno 2005

Ordinanza  emessa  il  15  giugno  2005  dal tribunale amministrativo
regionale  della  Liguria  sul  ricorso proposto da Marcenaro Eugenio
contro Ministero dell'economia e delle finanze ed altri

Giurisdizioni  speciali  -  Giudici  tributari - Obbligo di residenza
  nella  Regione  nella  quale  ha  sede  la Commissione tributaria -
  Irragionevolezza  ed ingiustificato diverso trattamento rispetto ai
  magistrati  amministrativi  per  i  quali l'obbligo di residenza e'
  dispensabile  previa  valutazione del Consiglio di Presidenza della
  giustizia amministrativa - Violazione dei principi di imparzialita'
  e   buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  (estensibile
  all'amministrazione   della   giustizia)  -  Lesione  dello  status
  giuridico del giudice tributario.
- Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, art. 7, lett. f).
- Costituzione, artt. 3, 97 e 108.
(GU n.51 del 21-12-2005 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha    pronunciato    la    seguente    ordinanza    sul   ricorso
n. 595/2005R.G.R.  proposto  da  Eugenio  Marcenaro  rappresentato  e
difeso  dall'avv.  D.  Granara ed elettivamente domiciliato presso il
suo studio in Genova, via Porta D'Archi n. 10/27, ricorrente;
    Contro  Ministero  dell'economia  e  delle finanze in persona del
Ministro  pro  tempore;  Presidenza  del  Consiglio  dei ministri, in
persona  del  Presidente  in  carica;  Consiglio  di presidenza della
Giustizia   tributaria   in   persona  del  presidente  pro  tempore;
Commissione   tributaria   provinciale  di  Genova,  in  persona  del
Presidente   pro  tempore;  rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura
distrettuale  dello Stato di Genova domiciliataria ex lege in Genova,
viale Brigate Partigiane n. 2; per l'annullamento del rigetto assunto
dalla  Commissione  VI  del  Consiglio  di presidenza della Giustizia
tributaria il 9 marzo 2005 dell'istanza proposta dal ricorrente quale
giudice  tributario  intesa  ad  ottenere  la  deroga  alla residenza
anagrafica nella Regione Liguria;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di costituzione in giudizio dell'amministrazione e
del controinteressato;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato il consigliere Oreste Mario Caputo;
    Uditi  alla  Camera  di  consiglio  del  1° giugno 2005 l'avv. D.
Granara  per  il  ricorrente  e  l'avv.  dello  Stato  Signorile  per
l'amministrazione resistente;

                              F a t t o

   e     d i r i t t o      Il  ricorrente, giudice della Commissione
tributaria provinciale di Genova, ha impugnato il diniego opposto dal
Consiglio  di  presidenza  della  giustizia  tributaria  sull'istanza
intesa   ad   ottenere  l'autorizzazione  a  mantenere  la  residenza
anagrafica  in regione diversa (Piemonte) in deroga all'art. 7, lett.
f),  d.lgs.  31  dicembre 1992, n. 545, che prescrive fra i requisiti
generali  soggettivi  dei magistrati tributari quello di avere o aver
dichiarato  di voler stabilire la residenza nella regione nella quale
ha sede la commissione tributaria.
    Nell'istanza il ricorrente sottolineava:
        di  esercitare  da sempre l'occupazione lavorativa principale
in Genova;
        di risiedere stabilmente a Genova sua dimora abituale;
        e,  conseguentemente,  di  garantire, oltre la disponibilita'
all'assolvimento  istituzionale dei compiti di componente dell'organo
giudicante,  lo  svolgimento  continuativo  delle funzioni di giudice
secondo  le esigenze (che di volta in volta si rendessero necessarie)
della Commissione tributaria provinciale di Genova.
    In  altri  termini  la pretesa fatta valere in giudizio muove dal
presupposto,  scaturente  dal  raffronto  con  altri  ordinamenti (di
magistrati   e  docenti  universitari)  che  pur  prevedendo  analogo
requisito,  consentono  all'organo  di autogoverno - in determinate e
affatto particolari circostanze - di derogare alla prescrizione della
residenza:  nel  caso  specifico in un comune della regione in cui ha
sede la commissione tributaria di appartenenza.
    In contrario avviso la Commissione VI del Consiglio di presidenza
della   Giustizia   tributaria   ha   respinto   l'istanza  ribadendo
l'essenzialita'  del  requisito  in parola sulla scorta del fatto che
l'art.  7,  d.lgs.  n. 545  del 1992 non prevede espressamente alcuna
deroga.
    Rileva  il  Collegio che gia' nella fase del giudizio incidentale
avente  ad  oggetto  la  misura  cautelare si manifestano consistenti
dubbi  di  legittimita' costituzionale della norma nella parte in cui
non  prevede  alcuna deroga al vincolo della residenza anagrafica per
mantenere  l'incarico  presso  la  Commissione tributaria provinciale
di Genova tali da giustificare, per le ragioni di seguito rassegnate,
la rimessione della questione alla Corte costituzionale.
    Quanto  alla  rilevanza  nel  giudizio a quo e' appena il caso da
sottolineare che la delibazione sommaria del fondamento giuridico del
ricorso, riassunto nella formula della verifica del fumus boni iuris,
integrante,  unitamente al danno grave ed irreparabile, l'oggetto del
giudizio  cautelare evidenzia l'effettiva omessa previsione di alcuna
disposizione  a  riguardo,  tale  cioe'  da attribuire la facolta' di
deroga al requisito della residenza.
    Vuoto  normativo  su  materia  che  - va fin d'ora precisato - ai
sensi  dell'art.  108,  comma  1,  Cost.  incidendo «sull'ordinamento
giudiziario  e  su  ogni magistratura» e' coperta da riserva di legge
tale    da    non    potere   quindi   essere   supplito   ricorrendo
all'interpretazione  analogica  delle  norme  dettate  per  le  altre
magistrature.
    Sicche'  l'esito del giudizio incidentale cautelare dipende dalla
risoluzione  della questione di costituzionalita' della norma laddove
non prevede alcuna deroga.
    La  non  manifesta  infondatezza  della questione si palesa su un
duplice  e  concorrente piano che registra una singolare coincindenza
di  interessi:  quello  pubblico  diretto alla migliore funzionalita'
dell'organo  giudicante;  e quello costituito dallo status soggettivo
del singolo giudice.
    Sotto il profilo mette conto rilevare che l'originaria disciplina
normativa sui requisiti generali e le incompatibilita' dei magistrati
tributari  e' stata progressivamente integrata dall'art. 31, comma 2,
legge  27  dicembre  1997, n. 449 e legge n. 342 del 2000 tutte nella
direzione  di  implementare  le  ipotesi  astratte che danno luogo ad
incompatibilita'  del giudice tributario c.d. laico al fine intuitivo
di garantire la sua imparzialita' ed indipendenza.
    Fra   di   esse   quelle  relative  all'esercizio  dell'attivita'
professionale  (di  consulenza  art.  31,  legge n. 449 del 1997) del
giudice  o di suoi parenti prossimi (art. 8, comma 1, lett. m) d.lgs.
n. 545   del  1992)  nell'ambito  di  compentenza  della  commissione
tributaria per la quale abbia ottenuto la nomina.
    Aggiungasi  che l'indipendenza del giudice e' assicurata altresi'
dal  fatto  che per (almeno tutto) il periodo temporaneo della nomina
in  ruolo,  ove  non  ricorrano  situazioni  tali  da determinarne la
decadenza,  gli  sia  consentito  di  esercitare  le sue funzioni (da
ultimo, perspicuamente, sul punto Corte cost. n. 316 del 2004).
    Sicche' appare sostanziata la concorrente violazione dell'art. 3,
97  e  108,  comma  2,  Cost. poiche' e' affatto irragionevole che si
incrementino  le  ipotesi di incompatibilita' per i giudici tributari
c.d.  laici  e,  nello  stesso tempo, non si consenta agli stessi, di
rimediare  a detta situazione spostando, previa deroga dell'organo di
autogoverno, la residenza anagrafica.
    Anzi  in  determinate ipotesi, per conservare la professionalita'
acquisita   dal   giudice  altrimenti  dispersa  sarebbe  addirittura
auspicabile  l'autorizzazione  alla  deroga  della  residenza qualora
questi,  in  una  realta' occupazionale sempre piu' dinamica e sempre
meno   stabile,   sia   costretto,  per  contingenti  e  sopravvenute
situazioni di lavoro o di famiglia indipendenti dalla sua volonta', a
stabilire la residenza in altra regione.
    Sotto  l'altro  profilo,  non  va  passato sotto silenzio che per
quanto  possa  ascriversi  al  potere  discrezionale  del legislatore
ordinario  la  valutazione  dei  requisiti  soggettivi  richiesti per
l'accesso    ai    pubblici   uffici,   l'affidamento   di   funzioni
giurisdizionali,  per  assicurare  fra  i vari ordinamenti autonomi e
separati  delle magistrature un livello comune omogeneo improntato ai
valori  di  indipendenza  ed imparzialita', comporta la necessita' di
rispettare  la norma costituzionale che garantisce in forza dell'art.
3 Cost. a situazioni identiche uniformita' di trattamento.
    Dal  momento  che per i magistrati amministrativi (art. 26, legge
27  aprile 1982, n. 186) l'obbligo della residenza e' suscettibile di
dispensa   previa  valutazione  del  Consiglio  di  presidenza  della
giustizia  amministrativa  che  accerta  l'impegno  del  magistrato a
garantire  l'ordinario  assolvimento  degli  obblighi di servizio, la
mancanza  di  analogo  potere in capo all'organo di autogoverno della
magistratura tributaria sostanzia la violazione dell'art. 3 Cost.
    Potere  di  deroga  che  -  va  precisato - anche inteso in senso
eccezionale  consente comunque l'interpretazione estensiva in modo da
rendere  il  contenuto  della  norma  che  lo  preveda  flessibile ed
applicabile  ai  casi  che  di volta in volta si presentino (in tema,
sull'ammissibilita'  dell'interpretazione  estensiva  di disposizioni
eccezionali,  Cass. 1° settembre 1999, n. 9205) in modo da soddisfare
ad   un   tempo   le  gia'  sottolineate  esigenze  di  funzionalita'
dell'organo   giudicante   e  le  prerogative  connesse  allo  status
guiridico del singolo giudice.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  1  e  segg., legge 9 febbraio 1948, n. 1 e 23,
legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuta  rilevante  ai fini della decisione della controversia e
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  per  contrasto  con  gli  artt.  3,  97  e  108 Cost.
dell'art.  7, lett. f), d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, in parte qua
ai sensi precisati in motivazione;
    Sospende  il giudizio iniziato e dispone l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  a  cura della segreteria la presente ordinanza venga
notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
ministri  e  comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica.
    Cosi'  deciso  in Genova, nella Camera di consiglio del 1° giugno
2005.
                       Il Presidente: Vivenzio
Il consigliere estensore: Caputo  05C1205