N. 452 ORDINANZA 12 - 15 dicembre 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  - Chiusura delle indagini preliminari - Obbligo per
  il  pubblico  ministero,  con  sanzione  di  nullita'  in  caso  di
  inadempienza,  di non esercitare l'azione penale prima del compiuto
  decorso  del  termine di venti giorni dalla notifica dell'avviso di
  conclusione  delle  indagini  preliminari  -  Mancata  previsione -
  Lamentata  violazione  del  principio  di ragionevolezza - Asserita
  lesione  del  principio  di  effettivita'  della  difesa  -  Omessa
  verifica,  da parte del rimettente, di una soluzione interpretativa
  conforme   a   Costituzione   -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione.
- Cod. proc. pen., artt. 415-bis e 416, comma 1 (combinato disposto).
- Costituzione, artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma.
Processo  penale  -  Udienza  preliminare - Fissazione dell'udienza -
  Vaglio  preliminare  di  validita'  della  richiesta  di  rinvio  a
  giudizio  - Mancata previsione - Lamentata violazione del principio
  di   ragionevolezza  -  Asserito  contrasto  con  il  principio  di
  ragionevole  durata del processo - Denunciata lesione del principio
  di   soggezione   del  giudice  soltanto  alla  legge  -  Manifesta
  infondatezza della questione.
- Cod. proc. pen., art. 418.
- Costituzione, artt. 3, 101, secondo comma, e 111, secondo comma.
Processo  penale  -  Udienza  preliminare - Fissazione dell'udienza -
  Vaglio  preliminare  di  ammissibilita' della richiesta di rinvio a
  giudizio - Mancata previsione - Denunciata violazione del principio
  di  ragionevolezza  -  Asserito  contrasto  con  il principio della
  ragionevole  durata  del processo - Lamentata lesione del principio
  di   soggezione   del  giudice  soltanto  alla  legge  -  Manifesta
  infondatezza della questione.
- Cod. proc. pen., art. 418.
- Costituzione, artt. 3, 101, secondo comma, e 111, secondo comma.
(GU n.51 del 21-12-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 415-bis,  416,  comma 1,  e  418 del codice di procedura
penale,  promosso  con ordinanza del 30 dicembre 2002 dal Giudice per
le  indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, nel procedimento
penale  a  carico  di N.P. ed altri, iscritta al n. 1043 del registro
ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 3, 1ª serie speciale dell'anno 2005;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 12 ottobre 2005 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
    Ritenuto  che  -  con ordinanza del 30 dicembre 2002, pervenuta a
questa  Corte  il  6 dicembre  2004  -  il  Giudice  per  le indagini
preliminari  del  Tribunale  di  Catanzaro  ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale:  a)  in  relazione  agli  artt. 3,  24,
secondo   comma,  e  111,  secondo  comma,  della  Costituzione,  del
combinato  disposto degli artt. 415-bis e 416, comma 1, del codice di
procedura    penale,   «nella   parte   in   cui   non   esplicitano,
rispettivamente,  l'obbligo,  a carico del pubblico ministero, di non
esercitare  l'azione  penale  mediante  deposito  della  richiesta di
rinvio  a  giudizio  prima  del compiuto decorso del termine di venti
giorni  di  effettivo  ed  integrale  deposito degli atti di indagine
espletati  (ivi compresi quelli acquisiti da altro procedimento) e la
sanzione  di  nullita' (a regime intermedio) per la inadempienza»; b)
in  relazione agli artt. 3, 111, secondo comma, e 101, secondo comma,
della  Costituzione,  dell'art. 418  cod. proc. pen., «nella parte in
cui  non  prevede,  e  quindi  preclude,  il  preliminare  vaglio  di
validita', diretta o derivata, della richiesta di rinvio a giudizio»;
c)  infine, in relazione ai medesimi parametri da ultimo evocati, del
medesimo  art. 418  cod.  proc.  pen.,  «nella parte in cui, posta la
validita'  formale  della richiesta, non consente, e dunque preclude,
il  vaglio  di preliminare ammissibilita' della richiesta di rinvio a
giudizio»;
        che il giudice rimettente premette che - in esito a richiesta
di  rinvio a giudizio avanzata nei confronti di numerosi imputati per
reati  di  criminalita' organizzata e fissata l'udienza preliminare -
era  stata  dichiarata,  nel  corso  di  tale  udienza,  la  nullita'
dell'avviso  di  conclusione  delle  indagini  preliminari e, quindi,
della  medesima  richiesta  di rinvio a giudizio, a causa dell'omesso
deposito integrale di atti pertinenti ad intercettazioni telefoniche,
espletate in altro procedimento connesso ed acquisite;
        che,   restituiti   di   conseguenza   gli   atti  all'organo
inquirente,   questi  aveva,  per  un  verso,  proposto  ricorso  per
cassazione  avverso  l'ordinanza  in  questione  e,  per altro verso,
acquisito   immediatamente   i  fascicoli  documentanti  le  suddette
attivita'  di  intercettazione;  nella  medesima data (il 12 dicembre
2002),  il  pubblico  ministero  aveva  provveduto  ad avvisare sia i
difensori del deposito dei citati documenti, sia essi e gli indagati,
ai  sensi  dell'art. 415-bis cod. proc. pen., della nuova conclusione
delle  indagini  preliminari  e della conseguente facolta' - entro il
termine  di  venti  giorni  dalla  notifica  - di presentare memorie,
produrre  documenti, depositare documentazione di indagine difensiva,
chiedere   il   compimento   di   atti   di   indagine   o   chiedere
l'interrogatorio;
        che,  tuttavia, nella stessa data - prosegue il giudice a quo
-  il  pubblico  ministero,  ai  sensi dell'art. 375 cod. proc. pen.,
aveva  invitato  le  persone sottoposte ad indagine a presentarsi per
rendere interrogatorio, fissando, per l'assunzione dell'atto, la data
del successivo 18 dicembre 2002;
        che,  infine, in data 20 dicembre 2002 - prima della scadenza
del   termine   di  venti  giorni  per  il  deposito  degli  atti  ex
art. 415-bis,  comma 3,  cod.  proc. pen. - l'organo inquirente aveva
inoltrato ulteriore richiesta di rinvio a giudizio;
        che,  enunciate  tali premesse in fatto, il rimettente avanza
un  primo dubbio di legittimita' costituzionale relativo al combinato
disposto  degli  artt. 415-bis  e 416 cod. proc. pen., lamentando che
l'art. 416  cod.  proc.  pen.  mentre  condiziona  la validita' della
richiesta  di  rinvio  a giudizio all'avvenuto inoltro dell'avviso di
conclusione  delle  indagini  ed all'espletamento dell'interrogatorio
dell'indagato,  se  da costui richiesto, comminando la sanzione della
nullita'  «speciale  ed a regime intermedio» - non subordina, invece,
in  alcun  modo  la  validita'  della richiesta stessa al suo inoltro
«dopo la scadenza del termine di deposito degli atti»;
        che  -  poiche'  «il  diritto  vivente  e'  nel  senso che la
prescrizione  sanzionatoria di cui all'art. 416 abbia natura speciale
e  tassativa,  non  estensibile  alle  situazioni non descritte e non
previste»  -  non  sarebbe  sanzionata  da  nullita'  processuale  la
condotta  del  pubblico  ministero  il  quale, notificato l'avviso di
conclusione  delle  indagini  ai  sensi  dell'art. 415-bis cod. proc.
pen.,  inoltri  al  giudice  la  richiesta di rinvio a giudizio prima
della scadenza del termine fissato nell'avviso suddetto;
        che,  in particolare, tale omessa previsione contrasterebbe -
ad  avviso  del  giudice  a  quo - con il principio di ragionevolezza
espresso  nell'art. 3  della  Costituzione,  anche «in considerazione
della  natura  dilatoria del termine» e del regime processuale che la
legge  garantisce  «in situazioni analoghe», quali quelle contemplate
dall'art. 108  cod.  proc.  pen., in tema di termine per la difesa, e
dall'art. 429,  comma 3,  cod.  proc.  pen.  in  tema  di termine per
comparire;
        che  sarebbe altresi' leso il principio di effettivita' della
difesa,  inteso  quale diritto ad esercitare le prerogative difensive
«nel   pieno  rispetto  del  periodo  prescritto  dalla  legge»,  con
violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost;
        che,  a  parere  del  rimettente, la questione, oltre che non
manifestamente   infondata,  risulta  rilevante,  in  relazione  alla
patologia  da  cui  e'  affetta  la  richiesta  avanzata  dall'organo
dell'accusa;
        che,  inoltre,  il  giudice a quo dubita della compatibilita'
costituzionale dell'art. 418 cod. proc. pen., «nella parte in cui non
prevede,  e  quindi  preclude,  il  preliminare  vaglio di validita',
diretta o derivata, della richiesta di rinvio a giudizio»;
        che,   in   particolare,  il  rimettente  muove  dall'asserto
interpretativo  secondo cui, in presenza di una richiesta di rinvio a
giudizio,  e'  obbligatoria per il giudice la fissazione dell'udienza
preliminare;  e  rileva  come la norma censurata - non consentendo al
giudice  alcun  preliminare controllo giurisdizionale della validita'
della  richiesta  di  rinvio  a  giudizio ed, anzi, obbligandolo alla
fissazione  dell'udienza  anche  in  presenza  di vizi evidenti della
richiesta medesima - si ponga in contrasto con una serie di parametri
costituzionali;
        che  sarebbe  infatti  violato  il  principio  di ragionevole
durata  del  processo  di  cui  all'art. 111,  secondo  comma, Cost.,
risultando  in contrasto con ogni criterio di economia processuale la
fissazione  di  un'udienza  «inutile,  quanto dispendiosa», destinata
solo a rilevare una nullita';
        che,    inoltre,   contrasterebbe   con   il   principio   di
ragionevolezza,   in   violazione  dell'art. 3  Cost.,  l'obbligo  di
fissazione  dell'udienza «in presenza di un atto nullo», trattandosi,
peraltro,  di  una  patologia  rilevabile d'ufficio, la cui immediata
declaratoria, da parte del giudice, pare irragionevole impedire;
        che,  ancora,  la  norma censurata violerebbe il principio di
subordinazione  del  giudice  solo  alla  legge, di cui all'art. 101,
secondo  comma,  Cost., in quanto il giudice «sarebbe inevitabilmente
condizionato da abnormi iniziative di parte»;
        che  la questione sarebbe rilevante in ragione della doverosa
fissazione  dell'  udienza  preliminare,  in  esito al deposito della
richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero;
        che,  infine, il giudice rimettente denuncia l'illegittimita'
costituzionale  del  medesimo art. 418 cod. proc. pen. nella parte in
cui  tale  norma,  posta  la  validita' formale della richiesta, «non
consente,  e dunque preclude, il vaglio di preliminare ammissibilita'
della richiesta di rinvio a giudizio»;
        che  -  muovendo dal presupposto che la richiesta di rinvio a
giudizio «e' una domanda ed introduce la fase processuale» e, dunque,
«ne va verificata l'ammissibilita» - il rimettente lamenta, alla luce
del   «diritto   vivente»,  la  carenza  del  potere  di  delibazione
preliminare   di   ammissibilita'   della  richiesta,  specie  quando
quest'ultima  sia  stata  avanzata,  come  nella  specie,  nonostante
l'evidente  consunzione  del  potere  di  azione da parte dell'organo
dell'accusa;
        che   la   norma   violerebbe,  innanzitutto,  il  canone  di
ragionevolezza  di cui all'art. 3 Cost; essa risulterebbe altresi' in
contrasto  con il principio di durata ragionevole del processo di cui
all'art. 111,  secondo  comma,  Cost.,  per l'inutile protrazione del
processo;  infine,  sarebbe  eluso  il principio della soggezione del
giudice  solo  alla  legge,  espresso  dall'art. 101,  secondo comma,
Cost.,  per  l'inevitabile  condizionamento esercitato sul giudice, a
parere del rimettente, «da abnormi iniziative di parte».
    Considerato  che  il  Giudice  per  le  indagini  preliminari del
Tribunale   di   Catanzaro  solleva  tre  questioni  di  legittimita'
costituzionale:  nella prima deduce, in riferimento agli artt. 3, 24,
secondo   comma,   e  111,  secondo  comma,  della  Costituzione,  la
illegittimita'    costituzionale   del   combinato   disposto   degli
artt. 415-bis  e  416, comma 1, del codice di procedura penale, nella
parte  in  cui  tali  norme  «non  esplicitano», rispettivamente, ne'
l'obbligo,  a  carico  del  pubblico  ministero,  di  non  esercitare
l'azione  penale  mediante  deposito  della  richiesta  di  rinvio  a
giudizio  prima  del  compiuto decorso del termine di venti giorni di
effettivo ed integrale deposito degli atti di indagine espletati, ne'
la sanzione di nullita' per la inadempienza;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  la  denunziata  omissione
normativa  risulterebbe assolutamente irragionevole in considerazione
della  «natura  dilatoria  del  termine»;  e,  comunque,  lesiva, per
l'indagato,  del diritto di difesa, inteso come diritto ad esercitare
le   relative  prerogative  nell'intero  periodo  prescritto  per  il
deposito  degli  atti  di  indagine  e  fissato in venti giorni dalla
notifica  dell'avviso  di  conclusione  delle indagini preliminari, a
norma dell'art. 415-bis, comma 3, cod. proc. pen;
        che,   in   proposito,   il  rimettente  muove  dall'asserita
esistenza   di   un   «diritto  vivente»,  in  forza  del  quale  non
risulterebbe configurabile alcuna nullita' per l'ipotesi di richiesta
di  rinvio  a  giudizio  inoltrata  dall'organo dell'accusa prima del
compimento effettivo del citato termine di deposito degli atti;
        che,  per contro, e' agevole rilevare come tale presupposto -
del  quale  il  rimettente  postula  assoluta  e costante uniformita'
interpretativa  -  appaia  smentito  tanto dall'esistenza di diverse,
contrarie  soluzioni  della  giurisprudenza  di  merito,  quanto  dai
principi  generali affermati dalla giurisprudenza di legittimita', in
ordine   agli   effetti   della  violazione  del  termine  minimo  di
comparizione  dell'imputato: termine da ritenersi - al pari di quello
stabilito   nel   comma 3   dell'art. 415-bis,   cod.  proc.  pen.  -
preordinato all'esercizio del diritto di difesa;
        che, dunque, il giudice a quo - pure avanzando a questa Corte
richiesta  di  un  intervento  additivo - non cura preventivamente di
analizzare  un  profilo  decisivo  della  quaestio iuris posta al suo
esame:  se,  cioe',  il  mancato rispetto del termine di legge per il
deposito   degli   atti   da  parte  del  pubblico  ministero,  prima
dell'inoltro  della  richiesta  di  rinvio  a  giudizio, possa o meno
integrare  una  nullita'  di  ordine  generale  a  regime intermedio,
riguardante   «l'intervento,   l'assistenza   e   la   rappresentanza
dell'imputato», ai sensi dell'art. 178, lettera c), cod. proc. pen;
        che,  infatti,  solo  dopo  la  ritenuta  esclusione  di tale
evenienza  interpretativa,  la  proposizione  dell'odierno  dubbio di
costituzionalita'  assumerebbe  concreta  rilevanza;  per  contro, il
rimettente,  tralasciando  una  indispensabile  ricognizione  tesa  a
verificare  la  possibilita'  di un diverso approdo ermeneutico della
norma   denunciata,   ha   omesso  la  ricerca  di  una  sua  lettura
costituzionalmente   orientata:  cosi'  mostrando  di  rinunciare  al
doveroso esercizio di «tutti i poteri interpretativi che la legge gli
riconosce»  (cfr.  ordinanza n. 361 del 2005) per la verifica di ogni
possibile  diversa  soluzione,  conforme  a  Costituzione,  prima  di
sollevare la relativa questione;
        che,   pertanto,  tale  questione  si  palesa  manifestamente
inammissibile;
        che,  il  giudice  a  quo solleva altresi', in relazione agli
artt. 3,   111,   secondo   comma,   e   101,  secondo  comma,  della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 418
cod.  proc.  pen.,  nella parte in cui tale norma non prevede - cosi'
precludendolo  -  il  «preliminare  vaglio  di  validita',  diretta o
derivata,   della  richiesta  di  rinvio  a  giudizio»;  nonche',  in
riferimento  agli  stessi  parametri, altra questione di legittimita'
costituzionale  della  medesima  norma  nella  parte  in  cui, pur in
presenza  di  una richiesta di rinvio a giudizio formalmente valida -
ma,  nella  specie,  inammissibile,  giacche'  «nel  caso in esame il
pubblico  ministero non ha il potere di azione» - essa «non consente,
e  dunque  preclude,  il  vaglio  di preliminare ammissibilita» della
richiesta medesima;
        che,  in  particolare,  il rimettente denunzia, per un verso,
l'irragionevolezza   della   obbligatoria   fissazione   dell'udienza
preliminare  pur  in  presenza  di una richiesta di rinvio a giudizio
affetta  da nullita' rilevabile d'ufficio; e, per altro verso, sia la
violazione  del  principio  di  ragionevole  durata  del  processo  -
conseguente  alla fissazione di una udienza destinata solo a rilevare
una nullita' - sia l'elusione del principio di soggezione del giudice
solo  alla  legge,  risultando  impedita la declaratoria immediata di
tali patologie in capo al giudice, «inevitabilmente condizionato», in
conseguenza, da «abnormi iniziative di parte»;
        che,  in proposito, va evidenziato come al fondo della scelta
legislativa  della  necessaria fissazione dell'udienza preliminare in
esito  all'inoltro  della  richiesta di rinvio a giudizio - ancorche'
ritenuta   nulla   o   inammissibile  -  sta  l'evidente  intento  di
valorizzare  la  garanzia  del contraddittorio attraverso la doverosa
celebrazione  dell'udienza: con un meccanismo processuale che risulta
espressione  di  una  discrezionalita' legislativa - profilo, questo,
gia'  in se' dirimente ai fini della soluzione del quesito scrutinato
-   esercitata   in   piena  rispondenza  ai  canoni  di  coerenza  e
ragionevolezza;
        che,  invero,  -  come  evidenziato  di  recente  anche dalla
giurisprudenza  di  legittimita'  in  analogo  ambito - in esito alla
ricezione della richiesta di rinvio a giudizio il giudice e' tenuto a
dare  impulso  al  rito  tipico  della  fase  in corso, che e' quello
dell'udienza  preliminare:  epilogo,  questo, che - lungi dal potersi
qualificare  come  superfluo o diseconomico, secondo le deduzioni del
rimettente   -   impedisce,   in   realta',   ogni  compressione  del
contraddittorio,   inteso,   anche   quale   «diritto   delle   parti
all'ascolto»   e,   dunque,   come   possibilita'  di  consentire  la
discussione in sede di udienza, pure in ordine al profilo di evidente
nullita';
        che,   in   tale   prospettiva,  si  rivelano  manifestamente
insussistenti le dedotte violazioni;
        che,  infatti,  non  sussiste il contrasto con l'art. 3 della
Costituzione,  poiche'  il  dispositivo  normativo  denunziato appare
scelta  effettuata  dal  legislatore  nel  rispetto  del limite della
ragionevolezza e del corretto bilanciamento dei valori costituzionali
coinvolti;
        che   e'   altresi'   insussistente  la  ritenuta  violazione
dell'art. 111  della  Costituzione, poiche' il meccanismo invocato in
via   additiva   dal   rimettente,  oltre  a  non  costituire  scelta
costituzionalmente  obbligata, non puo' ritenersi soluzione destinata
a  produrre  sempre  e  comunque  effetti  acceleratori,  comportando
infatti,  in  ogni  caso,  un  epilogo regressivo del procedimento, a
prescindere   dai   diversi   esiti   suscettibili  di  derivare  dal
contraddittorio;  non  senza  considerare  che,  per  altro verso, la
lesione  al  principio  di  ragionevole  durata  del processo risulta
dedotta dal rimettente non gia' quale conseguenza astratta e generale
della  norma  impugnata, quanto in ragione della peculiare situazione
processuale della fattispecie al suo esame;
        che,  infine,  e'  parimenti privo di fondamento il dubbio di
costituzionalita'    avanzato   in   relazione   all'art. 101   della
Costituzione,  posto  che il meccanismo processuale da cui e' imposta
la fissazione dell'udienza preliminare, lungi dall'implicare elusione
del  principio  di soggezione del giudice solo alla legge, ne risulta
concreta espressione, attivando pienamente l'esercizio della funzione
giurisdizionale nell'ambito dell'udienza;
        che  l'ulteriore  dubbio  di  illegittimita' costituzionale -
prospettato  dal  giudice  a  quo, in relazione ai medesimi parametri
della  Carta  fondamentale  cosi'  come  sopra  dedotti, sullo stesso
art. 418  cod. proc. pen., nella parte in cui «non consente, e dunque
preclude,  il vaglio di preliminare ammissibilita' della richiesta di
rinvio   a   giudizio»,   seppure  formalmente  valida  -  si  rivela
manifestamente  infondato  alla  luce  delle  medesime argomentazioni
sopra svolte;
        che, pertanto, la questione proposta si palesa manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara:
        1) la   manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
legittimita'    costituzionale    del    combinato   disposto   degli
artt. 415-bis  e  416,  comma 1,  del  codice  di  procedura  penale,
sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 3,  24, secondo comma, e 111
secondo  comma,  della  Costituzione,  dal  Giudice  per  le indagini
preliminari del Tribunale di Catanzaro con l'ordinanza in epigrafe;
        2)  la manifesta infondatezza delle questioni di legittimita'
costituzionali   dell'art. 418   del   codice  di  procedura  penale,
sollevate,  in  riferimento  agli artt. 3, 101, secondo comma, e 111,
secondo comma, della Costituzione, con la medesima ordinanza.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2005.
                        Il Presidente: Marini
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 15 dicembre 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
05C1217