N. 10 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 ottobre 2005

Ordinanza  emessa  il  19 ottobre  2005  dal  Consiglio  di Stato sul
ricorso proposto da Battigaglia Benito contro Regione Lazio ed altro

Impiego  pubblico - Norme della Regione Lazio - Dirigenti delle ASL -
  Previsione  della  decadenza automatica entro il novantesimo giorno
  successivo alla prima seduta del Consiglio regionale (spoil system)
  -  Incidenza  sui  principi di imparzialita' e buon andamento della
  pubblica  amministrazione  -  Lesione del principio di tutela della
  salute - Violazione della sfera di competenza statale in materia di
  sanita' e di ordinamento civile.
- Legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1, art. 55, comma 4,
  in  combinato  disposto  con  l'art. 71,  commi 1, 3 e 4, lett. a),
  della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9.
- Costituzione, artt. 32, 97 e 117, comma secondo, lett. l), e terzo,
  ultimo periodo.
(GU n.4 del 25-1-2006 )
                        IL CONSIGLIO DI STATO

    Ha  pronunciato  la  presente  ordinanza,  sul ricorso in appello
n. 7688 del 2005 proposto dal dott. Benito Battigaglia, rappresentato
e  difeso  dall'avv.  Alfredo Zaza D'Aulisio, con domicilio eletto in
Roma,  Vicolo  Orbitelli  n. 31, presso lo studio dell'avv. Francesco
Cardarelli;
    Contro  la  Regione Lazio, in persona del presidente della giunta
regionale,   rappresentata   e   difesa   dagli  avv.  prof.  Gennaro
Terracciano  e  Francesco  Vannicelli, con domicilio eletto presso lo
studio del primo in Roma, piazza di Spagna n. 35; e nei confronti del
dott.  Ernesto  Petti,  rappresentato  e  difeso dall'avv. Corrado De
Simone,  con domicilio eletto in Roma, via Principessa Clotilde n. 2,
presso  lo  studio  dell'avv. Angelo Clarizia per l'annullamento e la
riforma  dell'ordinanza n. 613 del 24 settembre 2005, pronunciata tra
le  parti  dal  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione
staccata  di Latina, di reiezione della domanda cautelare proposta in
primo grado;
    Visti gli atti e documenti depositati con l'appello;
    Visto  l'atto di costituzione in giudizio del dott. Petti e della
Regione Lazio;
    Relatore il cons. Corrado Allegretta;
    Uditi  nella  camera  di consiglio del giorno 11 ottobre 2005 gli
avv. Zaza D'Aulisio, Terracciano, Vannicelli e De Simone;
    Vista l'ordinanza n. 4818 in data 11 ottobre 2005;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

                           Fatto e diritto

    Il  ricorrente  ha  impugnato innanzi al Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, il provvedimento con
il quale la Regione Lazio ne ha dichiarato la decadenza dall'incarico
di direttore generale di un'azienda sanitaria locale, in applicazione
dell'art. 55,  comma  4,  del  nuovo statuto regionale, approvato con
legge  regionale  11  novembre 2004, n. 1. Ha impugnato, altresi', il
successivo provvedimento di nomina del nuovo direttore generale.
    La  domanda  di  sospensione  dell'esecuzione  del  provvedimento
impugnato,  avanzata  in  via  incidentale,  e'  stata  respinta  con
ordinanza   n. 613   del   24   settembre   2005,  avverso  la  quale
l'interessato  ha proposto l'appello in epigrafe indicato, rinnovando
la domanda cautelare.
    In  relazione al danno lamentato ed ai motivi gia' dedotti con il
ricorso originario, l'appellante deduce, in sostanza, che:
        1)  e'  errato il presupposto sul quale l'ordinanza si fonda,
secondo  cui  le  aziende  sanitarie  locali avrebbero natura di enti
strumentali  della  regione  da  questa dipendenti e, in quanto tali,
rientranti  nell'ipotesi  di  decadenza degli organi istituzionali in
conseguenza  dell'insediamento  del consiglio regionale, prevista dal
citato art. 55 del nuovo statuto regionale;
        2)  detta disposizione non e' applicabile, in quanto relativa
agli  incarichi  di  direzione  delle  strutture  degli enti pubblici
dipendenti  istituiti con specifiche leggi regionali, tra i quali non
possono   ricomprendersi   le   aziende  sanitarie  locali  e  quelle
ospedaliere   perche'   istituite  con  legge  statale,  non  essendo
sufficiente la loro soggezione alla vigilanza regionale;
        3)   ove  ritenuta  applicabile,  la  normativa  relativa  al
cosiddetto  «spoil system» deve ritenersi incostituzionale sotto vari
profili.
    Si  e' costituita in giudizio per resistere la Regione Lazio, che
ha  eccepito,  in  rito,  il  difetto  di  giurisdizione  del giudice
amministrativo,  la  tardivita'  e l'inammissibilita' dell'originario
ricorso  per difetto d'interesse, e, nel merito, la sua infondatezza.
Anche  il  controinteressato  si e' costituito in giudizio, chiedendo
che  la  domanda  cautelare sia respinta, attesa l'inammissibilita' e
l'infondatezza del ricorso sotto vari profili.
    Con  ordinanza n. 4818 del giorno 11 ottobre 2005, questa sezione
ha  disposto  la  sospensione  del  giudizio cautelare in vista della
rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
    La decisione si fonda sulle seguenti considerazioni.
    La  Regione  Lazio  ha ritenuto di far applicazione del combinato
disposto   dell'art. 55,   comma  4,  del  nuovo  statuto  regionale,
approvato  con  legge regionale 11 novembre 2004, n. 1 e dell'art. 71
della legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9.
    La  prima  disposizione,  dopo aver stabilito che «Possono essere
istituiti,  con  specifiche leggi regionali, enti pubblici dipendenti
dalla  regione per l'esercizio di funzioni amministrative, tecniche o
specialistiche,  di  competenza  regionale,  nel  rispetto  di  norme
generali  stabilite  da apposita legge regionale la quale preveda, in
particolare,  i  criteri  da  seguire  ai fini dell'istituzione degli
enti, dell'individuazione degli organi istituzionali e delle relative
funzioni  ed  indennita'  di carica nonche' dell'esercizio dei poteri
d'indirizzo, direttiva, vigilanza e controllo della giunta regionale.
La  legge  regionale  prevede  altresi'  la  disciplina dell'apparato
organizzativo»  ...  (comma  1),  prevede  al  comma  quarto  che  «I
componenti  degli  organi  istituzionali  decadono  dalla  carica  il
novantesimo   giorno  successivo  alla  prima  seduta  del  consiglio
(regionale),  salvo  conferma con le stesse modalita' previste per la
nomina».
    Con  il  secondo  articolo  si  dispone  che  «1.  -  Nelle  more
dell'adeguamento  della normativa regionale ai sensi dell'articolo 80
del   "Nuovo   Statuto  della  Regione  Lazio"  approvato  con  legge
statutaria  11 novembre 2004, n. 1, di seguito denominato Statuto, le
norme  di cui agli articoli 23, comma 2, lettera p), 41, comma 8, 53,
comma  2  e  55,  commi  3, 4 e 5, si applicano, anche in deroga alle
disposizioni contenute nelle specifiche leggi vigenti in materia, nel
rispetto  dei  criteri  di  cui  ai  successivi  commi. 3. - Le norme
statutarie  concernenti la decadenza dalla carica di componente degli
organi  istituzionali  degli enti pubblici dipendenti e la cessazione
di  diritto degli incarichi dirigenziali presso la Regione e gli enti
pubblici dipendenti, di cui agli articoli 53, comma 2 e 55, commi 4 e
5 si applicano a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di
entrata  in  vigore  dello Statuto, degli organi di riferimento della
Regione  o degli enti pubblici dipendenti. 4. - Al fine di dare piena
applicazione a quanto disposto dalle norme statutarie di cui al comma
3:
        a)  nelle ipotesi in cui la carica di organo istituzionale di
ente  pubblico  dipendente,  anche  economico,  in  atto alla data di
entrata  in  vigore  dello  Statuto,  sia svolta mediante rapporto di
lavoro  regolato  da  contratto  di  diritto  privato,  la durata del
contratto   stesso   e'  adeguata  di  diritto  ai  termini  previsti
dall'articolo 55, comma 4».
    Alla  stregua  delle  disposizioni sopra riportate, non si dubita
che,   nella   specie,   sussista   la   giurisdizione   del  giudice
amministrativo,  in  quanto  i  provvedimenti  impugnati  sono chiara
espressione     di     uno     straordinario     potere    attribuito
all'amministrazione regionale in ordine all'organizzazione degli enti
da essa dipendenti, sulla base di una valutazione discrezionale circa
la  sussistenza dei presupposti di legge, a fronte del quale non sono
ipotizzabili  se non posizioni di interesse legittimo al suo corretto
esercizio.
    Non appaiono fondati, inoltre, per quanto la sommaria delibazione
propria  della sede cautelare consente di valutare, gli altri profili
d'inammissibilita' rappresentati dalle parti appellate.
    Con  riguardo  alla tempestivita' del ricorso originario, invero,
non  sembra  possa riconoscersi efficacia lesiva attuale alla nota in
data  24  maggio  2005  del  Presidente della Regione, della quale si
segnala  la  mancata  impugnazione,  concretandosi  essa  nella  mera
comunicazione   dell'intendimento   di   avvalersi  della  contestata
normativa.
    Neppure    si   dubita   dell'integrita'   dcl   contraddittorio,
diversamente   da   quanto   eccepiscono   le  parti  appellate,  non
necessitando la notificazione del ricorso all'Azienda ospedaliera, in
capo  alla  quale non e' riconoscibile alcun interesse tutelato circa
la  preposizione di una persona piuttosto che di un'altra alla carica
di direttore generale.
    E'  evidente, infine, l'interesse del ricorrente all'impugnazione
della  nomina  del  suo  successore  nella  carica,  che  conclude la
complessa azione amministrativa diretta alla sua sostituzione.
    Superate  in  tal  modo  le  questioni  di  rito, occorre passare
all'esame  della  domanda  cautelare  sotto i combinati profili della
«ragionevole  previsione sull'esito del ricorso» e della «valutazione
del  pregiudizio  allegato» dal ricorrente, come prescrive l'art. 21,
legge  6  dicembre  1971, n. 1034 nel testo modificato dalla legge 21
luglio 2000, n. 205.
    Sotto  quest'ultimo  aspetto,  peraltro,  la gravita' e difficile
riparabilita'   del   pregiudizio,   non   solo  economico  ma  anche
professionale   e  sociale,  che  dall'esecuzione  dei  provvedimenti
impugnati   deriva  a  carico  dell'interessato,  pur  immediatamente
percepibile,  non  e'  suscettibile di adeguata valutazione se non in
relazione al fumus boni juris della doglianza dedotta.
    Questa   ha   il   suo   punto  cruciale  nell'argomento  che  le
disposizioni  regionali sopra riportate, siccome concernenti gli enti
dipendenti  dalla  regione  istituiti  con  legge regionale, non sono
applicabili   alle   aziende   sanitarie   locali   ed  alle  aziende
ospedaliere,  mancando  queste  della natura di ente dipendente dalla
regione e non risultando istituite con legge regionale.
    Non si ritiene, pero', che la tesi possa essere condivisa.
    E'   sufficiente   in   proposito   considerare  che  detti  enti
costituiscono  lo  strumento  attraverso il quale la regione provvede
all'erogazione  dei  servizi sanitari nell'esercizio della competenza
in   materia   di  tutela  della  salute  ad  essa  attribuita  dalla
Costituzione   (cfr.  Corte  cost.  24  giugno  2003,  n. 220).  Enti
strumentali,  peraltro,  costituiti  con  legge regionale (secondo la
previsione,  per  quanto  qui  interessa, della l. r. Lazio 16 giugno
1994,  n. 18), assoggettati al controllo, alla vigilanza ed al potere
d'indirizzo  regionali,  sia  quanto  all'attivita'  che  quanto agli
organi;  i cui bilanci e rendiconti sono approvati dalla regione, che
assicura  loro  le  necessarie  risorse  finanziarie;  il  cui organo
istituzionale  di  vertice,  il  direttore  generale, e' nominato dal
presidente della regione.
    La  stessa  Regione  Lazio,  con l'art. 56, l.r. 20 novembre 2001
n. 25,  ha  avuto  cura  di  definire  enti pubblici dipendenti dalla
regione   tutti   quelli  «che  operano  nell'ambito  del  territorio
regionale  e  nelle  materie  riservate alla competenza della regione
stessa».
    Alla  stregua  di  quest'ultima  notazione,  ad  ogni modo, perde
qualsiasi  eventuale  rilevanza  l'argomento  - in verita' di per se'
infondato,   siccome   basato   su  di  un  ingiustificato  disparato
trattamento  tra  enti  dipendenti  -  che il ricorrente ricava dalla
previsione  dell'istituzione  mediante  legge  regionale  degli  enti
pubblici   dipendenti   assoggettati   al   sistema   delle   spoglie
dall'art. 55 del nuovo statuto (l. r. 11 novembre 2004, n. 1).
    Nella  specie,  quindi,  deve  ritenersi  carente  il  prescritto
requisito  del  fumus  boni  juris;  il  che comporterebbe il rigetto
dell'appello cautelare in esame.
    La     normativa    applicata,    tuttavia,    appare    sospetta
d'incostituzionalita' sotto vari profili.
    Come  piu'  sopra  si e' visto, l'art. 55 dello statuto regionale
stabilisce  la  decadenza  generalizzata  dalla carica dei componenti
degli  organi  istituzionali di tutti gli enti dipendenti, decorso il
novantesimo giorno dalla prima seduta del consiglio regionale.
    La norma statutaria, peraltro, e' stata estesa dall'art. 71 della
legge  regionale  17 febbraio 2005 n. 9, «in deroga alle disposizioni
contenute  nelle  specifiche leggi vigenti in materia» e «a decorrere
dal  primo  rinnovo,  successivo alla data di entrata in vigore dello
statuto,  degli  organi  di  riferimento  della  Regione»  anche alle
ipotesi  in  cui la carica sia in atto alla data di entrata in vigore
dello  statuto,  disponendo,  a tal fine, l'adeguamento di diritto ai
termini   previsti  dall'articolo  55,  comma  4,  della  durata  del
contratto regolante il rapporto di lavoro sottostante.
    Ancorche' differita di novanta giorni, la cessazione dalla carica
e',  evidentemente,  connessa  al  rinnovo  del  consiglio regionale,
massimo  organo  politico  della regione, con l'evidente finalita' di
consentire  alle  forze  politiche  di  cui  e'  espressione il nuovo
consiglio di sostituire i preposti agli organi istituzionali.
    La  disciplina,  tuttavia, e' atta ad introdurre una cesura nella
continuita'  dell'azione  amministrativa esplicata dal titolare della
carica,  non  in  dipendenza  di  una  valutazione  della qualita' di
questa,  ma  di un evento oggettivo, qual e' l'insediamento del nuovo
Consiglio all'esito della consultazione elettorale.
    Cio'  appare  in contrasto con i principi costituzionali del buon
andamento    e    dell'imparzialita'   dettati   dall'art. 97   della
Costituzione.  Invero,  la norma di cui al ripetuto art. 55, comma 4,
come  attuata  con  l'art. 71,  l.r.  n. 9/2005,  anche  in relazione
all'eventualita'  di  cessazioni  infrannuali', comporta la possibile
incisione,  avulsa  da  ogni  vaglio di rendimento (cfr. in proposito
Corte  cost.  16  maggio  2002,  n. 193),  di  quella  stabilita'  ed
autonomia  che  consente al dirigente di improntare il suo operato al
rispetto dei richiamati principi.
    In  proposito, peraltro, non puo' trascurarsi di osservare che la
dilazione  trimestrale  della  decadenza e l'ampiamente discrezionale
facolta'  dell'amministrazione  di  conferma  nella carica, lungi dal
dissipare  il  dubbio  d'incostituzionalita', lo confortano in quanto
suscettibili di condizionare il comportamento dell'interessato ancora
in servizio proprio in vista della possibile riconferma.
    Quando  si  consideri,  inoltre,  che  l'attivita'  del direttore
generale  della  A.s.l.  si  svolge nel settore della sanita' e della
tutela  della  salute,  la  normativa  che  sia  idonea  a ridurne la
conformita'  ai  principi  suddetti si appalesa, altresi', lesiva dei
fondamentali obiettivi posti dall'art. 32 Cost.
    Le considerazioni che precedono mettono in evidenza, altresi', la
violazione di un principio fondamentale della materia e, pertanto, il
contrasto  delle  disposizioni  in esame con l'art. 117, terzo comma,
della  Costituzione. Invero, la legislazione statale in materia, vale
a  dire il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 come modificato dal d.lgs.
19  giugno  1999, n. 229, nel regolamentare i contratti di lavoro dei
direttori   generali,  prescrive  all'art. 3-bis,  comma 8,  che  «il
rapporto  di  lavoro  ... e' esclusivo ed e' regolato da contratto di
diritto  privato,  di  durata  non  inferiore a tre e non superiore a
cinque anni, rinnovabile» e, al comma 10, che «la carica di direttore
generale  e'  incompatibile  con  la sussistenza di altro rapporto di
lavoro, dipendente o autonomo». Ai sensi del precedente art. 3, comma
6,  dello  stesso decreto legislativo, «Al direttore generale compete
in particolare verificare ... la corretta ed economica gestione delle
risorse  attribuite  ed introitate nonche' l'imparzialita' ed il buon
andamento dell'azione amministrativa».
    Appare evidente, allora, come, pur non rilevando l'indicazione di
una  specifica  durata assegnata al rapporto (nel testo del 1992 essa
era,  infatti,  di  cinque  anni),  da  queste disposizioni emerga il
principio fondamentale della materia, secondo il quale al rapporto di
lavoro  del  direttore generale della A.s.l. dev'essere garantita una
stabilita'   ed   autonomia   in   misura,  certamente  rimessa  alla
valutazione  discrezionale  del  legislatore  regionale,  ma comunque
congrua  per  l'esercizio  da  parte  di  tali  funzionari delle loro
specifiche  attribuzioni secondo i canoni - ora precisati dall'art. 1
della  legge  7  agosto  1990,  n. 241  come  novellato  con legge 11
febbraio  2005,  n. 15  -  di  adeguatezza dell'azione amministrativa
all'art. 97 Cost.
    La   contestata   normativa   regionale,  invece,  introduce  una
condizione  di  precarieta' di quel rapporto che, evidentemente, urta
con  il  principio ora indicato. Il che si riscontra proprio nel caso
di  specie, in cui, in forza dei provvedimenti impugnati, il rapporto
e'  stato  sciolto  in  anticipo  rispetto  alla sua durata triennale
stabilita in contratto.
    Non  puo',  infine,  omettersi il rilievo che la previsione della
decadenza  dalla  carica  sembra esulare dalla competenza legislativa
regionale,  in  quanto  incidendo  sulla  disciplina  del sottostante
rapporto  di  lavoro,  di  cui determina la cessazione, si esplica in
realta'    nella    materia   dell'«ordinamento   civile»,   affidato
dall'art. 117,  comma  2,  lett.  l), Cost. alla potesta' legislativa
esclusiva dello Stato.
    Per  le  ragioni  fin  qui  esposte,  la  delineata  questione di
legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto  dell'art. 55,
comma  4,  dello  statuto  della  Regione  Lazio, approvato con legge
regionale  11  novembre  2004,  n. 1  e dell'art. 71, commi 1, 3 e 4,
lett.  a), della legge regionale 17 febbraio 2005 n. 9, per contrasto
con  gli  artt. 97, 32, 117, comma 3, ultimo periodo, e 117, comma 2,
lett. l), della Costituzione, e' rilevante ai fini del decidere e non
e'  manifestamente  infondata.  Pertanto, anche in accoglimento della
puntuale sollecitazione della parte appellante, essa va sottoposta al
vaglio della Corte costituzionale nei termini che precedono.
                              P. Q. M.
    Sospende   il   giudizio   sul  ricorso  in  epigrafe  ed  ordina
l'immediata   trasmissione   degli   atti   di   causa   alla   Corte
costituzionale.
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria della sezione la presente
ordinanza  sia  notificata alle parti in causa ed al presidente della
giunta  della  Regione  Lazio, nonche' comunicata ai Presidenti della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  Camera  di  consiglio del giorno
11 ottobre 2005.
               Il Presidente ed estensore: Allegretta
06C0029