N. 12 SENTENZA 11 - 20 gennaio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Regione   Abruzzo   -  Ricorso  del  Governo  avverso  lo  statuto  -
  Costituzione  in  giudizio della Regione - Atto privo della procura
  ad litem - Inammissibilita'.
- Legge  11 marzo  1953,  n. 87, artt. 25, 31 e 34; norme integrative
  per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, art. 23, comma 1.
Regione   Abruzzo   -   Statuto   -   Partecipazione   della  Regione
  all'attuazione  e all'esecuzione degli accordi internazionali dello
  Stato  -  Ricorso  del  Governo  - Espresso riferimento al rispetto
  della  procedura  stabilita  dallo  Stato - Denunciata omissione in
  contrasto  con  la previsione costituzionale - Non fondatezza della
  questione.
- Statuto  della Regione Abruzzo, approvato in prima deliberazione il
  20 luglio  2004  ed  in seconda deliberazione il 21 settembre 2004,
  art. 2, comma 3.
- Costituzione, art. 117, quinto comma.
Regione  Abruzzo  -  Statuto  -  Assessori sfiduciati dal Consiglio -
  Obbligo  del  Presidente  di provvedere alla sostituzione - Ricorso
  del  Governo  -  Contrasto  con  la  previsione  costituzionale che
  attribuisce  al  Presidente  l'iniziativa della nomina e revoca dei
  componenti la Giunta - Illegittimita' costituzionale.
- Statuto  della Regione Abruzzo, approvato in prima deliberazione il
  20 luglio  2004  ed  in seconda deliberazione il 21 settembre 2004,
  art. 45, comma 3.
- Costituzione, art. 122, quinto comma.
Regione  Abruzzo  -  Statuto  - Programma di governo del Presidente -
  Approvazione  da  parte  del  Consiglio  -  Efficacia  di  sfiducia
  dell'eventuale   mancata  approvazione  -  Ricorso  del  Governo  -
  Contrasto   con  la  forma  di  governo  regionale  prevista  dalla
  Costituzione - Illegittimita' costituzionale.
- Statuto  della Regione Abruzzo, approvato in prima deliberazione il
  20 luglio  2004  ed  in seconda deliberazione il 21 settembre 2004,
  art. 46, comma 2.
- Costituzione, art. 126, secondo e terzo comma.
Regione  Abruzzo  -  Statuto - Approvazione della mozione di sfiducia
  nei  confronti del Presidente della Giunta - Decadenza della Giunta
  stessa  e  scioglimento  del  Consiglio  -  Ricorso  del  Governo -
  Contrasto con la previsione costituzionale che prevede l'obbligo di
  dimissioni della Giunta - Illegittimita' costituzionale.
- Statuto  della Regione Abruzzo, approvato in prima deliberazione il
  20 luglio  2004  ed  in seconda deliberazione il 21 settembre 2004,
  art. 47, comma 2.
- Costituzione, art. 126, terzo comma.
Regione  Abruzzo  -  Statuto  -  Pareri del Collegio regionale per le
  garanzie   statutarie   -  Deliberazione  in  senso  contrario  del
  Consiglio  -  Obbligo  di  motivazione  -  Ricorso  del  Governo  -
  Denunciata  limitazione  della  potesta' legislativa del Consiglio,
  lesione del principio dell'irrilevanza della motivazione degli atti
  legislativi,  lesione  del  potere  di promulgazione del Presidente
  della   Giunta,   arbitraria   creazione   di  nuovo  sindacato  di
  legittimita' di una legge - Non fondatezza della questione.
- Statuto  della Regione Abruzzo, approvato in prima deliberazione il
  20 luglio  2004  ed  in seconda deliberazione il 21 settembre 2004,
  art. 79, comma 2, in relazione al comma 1, lettera c).
- Costituzione, artt. 121, secondo e quarto comma, e 134.
Regione   Abruzzo   -  Statuto  -  Impugnazione  della  deliberazione
  statutaria  davanti  alla  Corte costituzionale - Sospensione della
  pubblicazione  nel  Bollettino Ufficiale della Regione e successivo
  riesame  limitatamente  alle  disposizioni dichiarate illegittime -
  Ricorso  del  Governo  -  Contrasto con il procedimento e i termini
  previsti   dalla   Costituzione,   esorbitanza   dai  limiti  posti
  all'autonomia statutaria - Illegittimita' costituzionale.
- Statuto  della Regione Abruzzo, approvato in prima deliberazione il
  20 luglio  2004  ed  in seconda deliberazione il 21 settembre 2004,
  art. 86, comma 3, in relazione ai commi 1, 2 e 4.
- Costituzione, art. 123, secondo e terzo comma.
Regione   Abruzzo   -  Statuto  -  Impugnazione  della  deliberazione
  statutaria  davanti  alla  Corte costituzionale - Sospensione della
  pubblicazione  nel  Bollettino Ufficiale della Regione e successivo
  riesame  limitatamente  alle  disposizioni dichiarate illegittime -
  Dichiarazione  di  incostituzionalita' - Necessita' di estendere la
  declaratoria   alle   altre   norme  inscindibilmente  collegate  -
  Illegittimita' costituzionale in via consequenziale.
- Statuto  della Regione Abruzzo, approvato in prima deliberazione il
  20 luglio  2004  ed  in seconda deliberazione il 21 settembre 2004,
  art. 86, commi 1, 2 e 4.
- Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27.
(GU n.4 del 25-1-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

    Nel   giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 2,
comma 3;  45,  comma 3;  46,  comma 2;  47,  comma 2;  79, comma 2 in
relazione  al  comma 1,  lettera c);  86,  comma 3  in  relazione  ai
commi 1,  2  e  4,  dello statuto della Regione Abruzzo, approvato in
prima  deliberazione il 20 luglio 2004 ed in seconda deliberazione il
21 settembre  2004, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio
dei   ministri,   notificato   il   4 novembre  2004,  depositato  in
cancelleria  il successivo 10 novembre 2004 ed iscritto al n. 106 del
registro ricorsi 2004.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13 dicembre  2005  il giudice
relatore Gaetano Silvestri;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Giorgio D'Amato per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Sandro  Pasquali per la
Regione Abruzzo.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso notificato il 4 novembre 2004 e depositato il
successivo   10 novembre   2004,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  dello Stato, ha
promosso  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 2,
comma 3;  45,  comma 3;  46,  comma 2;  47,  comma 2;  79, comma 2 in
relazione  al  comma 1,  lettera c);  86,  comma 3  in  relazione  ai
commi 1,  2  e  4,  dello statuto della Regione Abruzzo, approvato in
prima  deliberazione il 20 luglio 2004 ed in seconda deliberazione il
21 settembre  2004, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione
n. 101  dell'8 ottobre  2004,  in  riferimento  agli artt. 1, 3, 117,
quinto comma, 121, 122, 123, 126 e 134 della Costituzione.
    1.1. - L'art. 2, comma 3, dello statuto impugnato stabilisce, tra
l'altro,   che   la   Regione   «partecipa   [...]  all'attuazione  e
all'esecuzione  degli  accordi internazionali dello Stato». Ad avviso
del  ricorrente  tale  norma si porrebbe in contrasto con l'art. 117,
quinto comma, Cost., in quanto ometterebbe di riferirsi al necessario
rispetto  delle  «norme di procedura stabilite da legge dello Stato»,
la quale deve disciplinare anche le modalita' di esercizio del potere
sostitutivo in caso di inadempienza.
    1.2. - L'art. 45, comma 3, dello statuto in esame dispone che «Il
Presidente  della  Giunta  nel caso in cui il Consiglio sfiduci uno o
piu'  assessori  provvede  alla loro sostituzione». Secondo la difesa
erariale  tale  norma,  vincolando  il  Presidente  della  Giunta  ad
adeguarsi   alla   volonta'   espressa  dal  Consiglio,  risulterebbe
incoerente  con  la  scelta  istituzionale della elezione a suffragio
universale  e  diretto del vertice dell'esecutivo di cui all'art. 43,
comma 2,  dello statuto (norma, quest'ultima, ritenuta dal ricorrente
conforme alla previsione dell'art. 122, quinto comma, Cost.) e con le
«conseguenti implicazioni costituzionali inerenti all'attribuzione ad
esso di forti e tipici poteri per la gestione unitaria dell'indirizzo
politico  e  amministrativo  della  Regione»,  che  da  tale elezione
discenderebbero.  In  particolare,  osserva l'Avvocatura dello Stato,
l'art. 122, quinto comma, Cost., la' dove assegna al Presidente della
Giunta  eletto a suffragio universale e diretto il potere di nomina e
revoca  dei componenti della Giunta, risulterebbe «ferito e limitato»
dalla norma statutaria de qua.
    1.3.  -  L'art. 46 dello statuto della Regione Abruzzo, dopo aver
stabilito  al  comma 1  che  il  Presidente della Giunta, nella prima
seduta  del  Consiglio  regionale,  si presenta per l'esposizione del
programma,  dispone  al  comma 2  che  «Il programma e' approvato dal
Consiglio  regionale.  Il  voto  contrario produce gli stessi effetti
dell'approvazione della mozione di sfiducia».
    L'Avvocatura  dello Stato censura solo il comma 2 dell'art. 46 ed
in  particolare  l'ultimo inciso, in quanto stabilirebbe una causa di
scioglimento del Consiglio regionale non prevista dall'art. 126 Cost.
Questa  norma costituzionale, osserva il ricorrente, conterrebbe «una
tassativa   previsione   dei   casi  in  cui  possono  realizzarsi  i
presupposti  di  operativita'  del meccanismo del simul stabunt simul
cadent  legato  al  sistema  di  elezione  a  suffragio  universale e
diretto».
    Inoltre,  l'art. 46, comma 2, non sarebbe «coerente con la scelta
istituzionale  dell'elezione  a  suffragio  universale  e diretto del
Presidente  della  Giunta  di cui all'art. 43, comma 2, dello statuto
(conforme  alla previsione del quinto comma dell'art. 122 Cost.)», in
quanto,  stabilendo  come «passaggio necessario ed indispensabile» la
preventiva      approvazione     del     programma,     instaurerebbe
«irragionevolmente e contraddittoriamente» tra Presidente e Consiglio
regionale   un  rapporto  diverso  rispetto  a  quello  che  dovrebbe
discendere  dall'anzidetto  sistema  di  elezione. In particolare, la
difesa   erariale   si  sofferma  sulle  differenze  tra  la  mancata
approvazione  del  programma  di  governo  e «un giudizio eventuale e
successivo  su comportamenti, quale puo' essere l'approvazione di una
mozione di sfiducia». La mancata approvazione del programma, infatti,
escluderebbe  sin dall'inizio la possibilita' per il Presidente e per
la   Giunta   di   «operare   per   l'attuazione   del  programma»  e
vanificherebbe  «la  legittimazione democratica» di cui il Presidente
gode in virtu' dell'elezione a suffragio universale e diretto.
    Sempre ad avviso del ricorrente, la previsione di un'approvazione
consiliare  del  programma condurrebbe a degli esiti contrastanti con
quelli  derivanti  dalla  previsione  della  maggioranza assoluta per
l'approvazione   della   mozione   di   sfiducia.   Infatti,   mentre
quest'ultima   sarebbe   finalizzata   ad   un  «rafforzamento  della
stabilita'  dell'esecutivo»,  l'approvazione consiliare del programma
rappresenterebbe  un  «indebolimento  della  posizione del Presidente
della Giunta, incompatibile con la sua investitura popolare».
    L'Avvocatura dello Stato aggiunge che sarebbe «evidente l'assurdo
di  richiedere, dopo l'investitura da parte del popolo, l'investitura
da  parte  dei rappresentanti del popolo»; una siffatta previsione si
risolverebbe,  tra  l'altro,  in  una  «limitazione  ed  anzi  in una
vanificazione della sovranita' popolare».
    Per queste ragioni, il ricorrente ritiene che l'art. 46, comma 2,
dello  statuto  si  ponga in contrasto, oltre che con gli artt. 122 e
126  Cost.,  anche  con l'art. 1 Cost. e con i fondamentali canoni di
coerenza e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.
    1.4.  -  L'art. 47,  comma 2, dello statuto de quo stabilisce che
«l'approvazione   della   mozione   di  sfiducia  nei  confronti  del
Presidente  della  Giunta  comporta  la  decadenza  della Giunta e lo
scioglimento  del Consiglio». Questa norma, ad avviso del ricorrente,
sarebbe  in  contrasto  con  l'art. 126, terzo comma, Cost., la' dove
dispone  che  l'approvazione  della  mozione  di sfiducia comporta le
dimissioni della Giunta e non la sua decadenza automatica.
    L'Avvocatura dello Stato osserva che la norma statutaria in esame
comporterebbe  una  limitazione  dei poteri dell'esecutivo regionale.
Nel  caso  di  dimissioni,  infatti,  alla  Giunta  competerebbe  una
«valutazione sui tempi delle medesime e quindi dello scioglimento del
Consiglio   regionale»  che,  invece,  verrebbe  meno  qualora  fosse
prevista  la  decadenza.  Allo  stesso  modo,  nel caso di decadenza,
verrebbe  meno  la  possibilita' da parte dell'esecutivo regionale di
porre   in   essere   nel   frattempo   atti  ritenuti  necessari  ed
indifferibili,  «che  non  potrebbero  in  ogni  caso  sottrarsi alla
verifica di legittimita' costituzionale».
    1.5.  - Lo statuto della Regione Abruzzo istituisce, all'art. 78,
il   Collegio   regionale  per  le  garanzie  statutarie,  organo  di
consulenza  della  Regione, composto da cinque esperti. L'art. 79, il
quale  individua  le  funzioni  del  Collegio,  stabilisce  che  esso
«esprime  pareri  e  rende valutazioni», tra l'altro, «sui rilievi di
compatibilita'   con   lo  statuto  delle  deliberazioni  legislative
sollevati   da   un   quarto   dei  consiglieri»  (art. 79,  comma 1,
lettera c).
    L'art. 79,  comma 2,  impugnato  dal Presidente del Consiglio dei
ministri,  dispone  che  «Il  Consiglio  regionale puo' deliberare in
senso  contrario  ai  pareri  e  alle  valutazioni  del  Collegio con
motivata decisione».
    Ad avviso della difesa erariale la disposizione in parola sarebbe
censurabile   gia'  solo  per  il  fatto  di  avere  un  «significato
tutt'altro   che   chiaro»;   essa,   inoltre,   si   presterebbe  ad
interpretazioni  diverse  tutte  costituzionalmente  illegittime.  In
particolare,   osserva   l'Avvocatura,   non  sarebbe  chiaro  se  la
«deliberazione  legislativa» di cui all'art. 79, comma 1, lettera c),
sia  ancora da adottare e quindi il parere del Collegio intervenga su
un  progetto  di  legge  o sia stata gia' adottata e dunque il parere
abbia ad oggetto una legge gia' approvata.
    Inoltre,  il  ricorrente si chiede se la «motivata decisione» con
la  quale il Consiglio puo' deliberare in senso contrario al parere o
alla  valutazione  del  Collegio  (art. 79,  comma 2) consista in una
«motivata  delibera  di  approvazione della legge» o in una «motivata
delibera   di  riapprovazione  della  legge»  ovvero  ancora  in  una
«determinazione  amministrativa del Consiglio regionale che preceda o
accompagni   la   delibera   legislativa   di   approvazione   o   di
riapprovazione  della legge o che addirittura segua ad una legge gia'
definitivamente approvata come condizione della sua promulgazione».
    Secondo l'Avvocatura dello Stato e', invece, certo che sulla base
delle  disposizioni  anzidette  il Collegio regionale per le garanzie
statutarie,  «organo burocratico amministrativo estraneo al Consiglio
regionale  e  privo  di  legittimazione  democratica»,  «composto  da
«esperti»  non  meglio  statutariamente qualificati», potrebbe essere
«coinvolto» nel procedimento legislativo. In questo modo, a detta del
ricorrente,  si avrebbe un palese aggravamento dell'iter legislativo,
«con  illegittima  interferenza  sui poteri legislativi del Consiglio
regionale  e/o  sui  poteri  di  promulgazione  del  Presidente della
Giunta».
    Ed  ancora, rileva la difesa erariale, l'imposizione dell'obbligo
di  motivare  in  senso  contrario rispetto al parere del Collegio di
garanzia  limiterebbe l'esercizio della potesta' legislativa da parte
del  Consiglio,  in contrasto con l'art. 121, secondo comma, Cost., e
violerebbe  il  «principio  dell'irrilevanza  della motivazione della
norma  frutto dell'attivita' legislativa, di natura politica e libera
nei  fini,  non  assoggettabile  ad  obbligo di motivazione», oltre a
costituire,   eventualmente,   un  «condizionamento  dei  poteri  del
Presidente  della  Giunta  in violazione dell'art. 121, quarto comma,
Cost.».
    Ad  avviso  del  ricorrente,  inoltre,  non  sarebbe chiaro se la
motivazione  del  Consiglio  regionale,  di cui all'art. 79, comma 2,
dello  statuto,  debba  essere  di  natura  tecnico-giuridica,  come,
secondo  la  difesa erariale, sembrerebbe implicare il riferimento al
«senso  contrario» rispetto alla valutazione del Collegio di garanzia
e   come  avviene  per  i  provvedimenti  amministrativi  assunti  in
difformita' dell'avviso espresso dall'organo consultivo, ovvero possa
essere «una decisione di contenuto squisitamente politico».
    La   conseguenza  della  necessita'  di  una  motivata  decisione
sarebbe,  in  entrambi  i  casi,  secondo  l'Avvocatura  dello Stato,
«"un'amministrativizzazione"    della    legge   regionale   (e   del
procedimento legislativo)».
    Osserva,  ancora,  la  difesa  statale, che non sarebbe chiaro se
dall'eventuale  elusione  dell'obbligo di motivazione derivi un vizio
dell'atto  legislativo,  per  violazione della previsione statutaria,
«deducibile    in    via   principale   e/o   incidentale   in   sede
costituzionale».
    Infine,  secondo  il  ricorrente,  se  il  parere del Collegio di
garanzia  dovesse  avere  ad  oggetto  una legge gia' definitivamente
approvata,  «in  contraddizione con la natura di organo di consulenza
di  questo»,  sarebbe  violato  l'art. 134  Cost;  verrebbe, infatti,
attribuito  ad  un organo amministrativo un sindacato di legittimita'
su una legge, «produttivo di specifici effetti giuridici».
    1.6.  - Infine, oggetto di censure da parte dell'Avvocatura dello
Stato  e' l'art. 86, comma 3, dello statuto, in relazione ai commi 1,
2 e 4 della stessa disposizione.
    Al  riguardo, l'art. 86, comma 1, stabilisce che, dopo la seconda
deliberazione  a  maggioranza  assoluta, lo statuto e' pubblicato nel
Bollettino  Ufficiale  della regione per la decorrenza del termine di
trenta  giorni  ai  fini  dell'eventuale  impugnazione  da  parte del
Governo della Repubblica dinanzi alla Corte costituzionale.
    Il comma 2 del medesimo articolo aggiunge che, nel caso in cui il
Governo  non  promuova il ricorso dinanzi alla Corte entro il termine
indicato,  lo  statuto  e'  pubblicato  «nuovamente»  nel  Bollettino
Ufficiale  della  regione  per  la decorrenza del termine di tre mesi
utile  per  la  presentazione  della richiesta di referendum popolare
confermativo.
    Il   comma 3,   oggetto   del   presente  giudizio,  dispone  che
«l'impugnazione   dinanzi   alla  Corte  costituzionale  sospende  la
pubblicazione   nel  Bollettino  Ufficiale  della  regione;  dopo  la
sentenza  della  Corte  costituzionale  lo statuto e' riesaminato dal
Consiglio   regionale   limitatamente  alle  disposizioni  dichiarate
illegittime  per  le  deliberazioni consequenziali. Lo statuto subito
dopo e' pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione».
    Il  comma 4  precisa  che  lo  statuto e' promulgato e pubblicato
trascorso  il  termine  di  tre mesi, qualora non sia stato richiesto
referendum,  o se e' approvato dalla maggioranza dei voti validi, nel
caso in cui il referendum sia stato richiesto.
    Occorre  aggiungere che il comma 5 dell'art. 86 prevede l'entrata
in vigore dello statuto il giorno successivo alla pubblicazione e, da
ultimo, il comma 6 stabilisce che le disposizioni sopra menzionate si
applicano anche alle modifiche dello statuto.
    L'Avvocatura   dello   Stato   sottolinea,  in  via  preliminare,
«l'infelice  formulazione della norma (che non fa cenno, tra l'altro,
alla   necessita'   della   doppia   deliberazione   per  l'eventuale
sostituzione  di  disposizioni  dichiarate illegittime)»; da siffatta
«infelice  formulazione»  deriverebbe la possibilita' di dare diverse
letture   alla   disposizione  in  parola,  tutte  costituzionalmente
illegittime.
    Il   ricorrente  passa,  pertanto,  ad  illustrare  le  possibili
letture.
    Secondo una prima interpretazione, sembrerebbe che «il termine di
trenta giorni per l'impugnativa, decorrente dalla prima pubblicazione
notiziale,  rimanga sospeso per effetto dell'impugnazione medesima» e
che  riprenda  a  decorrere  a seguito della successiva pubblicazione
notiziale,  prevista  «subito  dopo»  il  riesame  e le deliberazioni
consiliari   consequenziali   alle   intervenute   dichiarazioni   di
illegittimita', «al fine di un'eventuale impugnativa relativa a dette
delibere  consequenziali,  per  quanto  ancora residui degli iniziali
trenta giorni».
    In  questo  modo,  osserva  la  difesa  erariale,  si avrebbe una
illegittima  compressione  (o  addirittura  una totale vanificazione,
qualora  il ricorso sia proposto nell'ultimo dei trenta giorni utili)
del termine previsto dall'art. 123, secondo comma, Cost.
    Una  seconda lettura dell'art. 86, comma 3, invece, porterebbe ad
escludere   la   possibilita'   di   un   controllo  di  legittimita'
costituzionale   sulle   nuove  disposizioni  statutarie;  ad  avviso
dell'Avvocatura  dello Stato, infatti, volendo seguire questa seconda
opzione  interpretativa  si  dovrebbe concludere che la pubblicazione
notiziale   successiva   alle  deliberazioni  consequenziali  ad  una
precedente  declaratoria di illegittimita' della Corte costituzionale
sia  finalizzata  esclusivamente  a  far  decorrere  il termine della
richiesta referendaria.
    Anche   questa   seconda   lettura,   che   sembrerebbe  avallata
dall'art. 86,  comma 4,  dello  statuto, si porrebbe in contrasto con
l'art. 123 Cost.
    Secondo  una terza lettura, la pubblicazione notiziale successiva
alle  delibere  consequenziali  di  cui all'art. 86, comma 3, farebbe
decorrere  sia  il  termine per l'ulteriore controllo di legittimita'
costituzionale sia il termine per la richiesta di referendum.
    Stando a questa interpretazione, pero', a detta del ricorrente la
norma  impugnata,  oltre  a  porsi  in contrasto con il «collegamento
topografico»  esistente  tra  l'ultima  parte  del comma 3 e la prima
parte  del comma 4, darebbe vita ad un'«incoerenza di sistema interna
allo  stesso  art. 86»,  con conseguente violazione dell'art. 3 Cost.
Infatti,  la  lettura  in  parola  contraddirebbe la regola di cui ai
commi 1  e  2  dell'art. 86, che riconduce a differenti pubblicazioni
notiziali  la decorrenza dei termini per il controllo di legittimita'
costituzionale e per la richiesta di referendum.
    Infine,  la  difesa  erariale  da' menzione di una quarta lettura
che, pero', la stessa Avvocatura dello Stato ritiene non praticabile.
Secondo  questa  ulteriore interpretazione la pubblicazione notiziale
di  cui  all'ultima parte del comma 3 dell'art. 86 sarebbe funzionale
solo  al  decorso  del  termine  di trenta giorni per il controllo di
legittimita'  costituzionale,  mentre  il  termine di tre mesi per la
richiesta   di  referendum  di  cui  alla  prima  parte  del  comma 4
decorrerebbe da un'ulteriore pubblicazione notiziale.
    Ad  avviso del ricorrente questa ricostruzione sarebbe ostacolata
dalla   lettera   della   legge   e  determinerebbe  un  «abnorme  ed
irragionevole   allungamento   dei   termini   del  procedimento,  in
violazione degli artt. 3 e 123 Cost.».
    La  difesa statale conclude rilevando che, «comunque», non appare
in  armonia  con la Costituzione la dissociazione degli effetti della
pubblicazione  notiziale  dello  statuto  rispetto  alla sua unitaria
funzione  di  provocare l'apertura dei termini previsti dal secondo e
dal  terzo  comma  dell'art. 123  Cost. Questa dissociazione, osserva
l'Avvocatura  dello  Stato,  limiterebbe gli effetti legali dell'atto
costituzionalmente  considerato  e  costituirebbe  il  «fulcro» della
disciplina    statutaria   che   prevede   una   reiterazione   della
pubblicazione notiziale di identico contenuto dello statuto.
    2.  -  Per  la  regione  Abruzzo  e'  stato depositato un atto di
costituzione  a margine del quale e' conferita procura relativa ad un
ricorso promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri avverso la
legge  regionale  5 agosto 2004, n. 22 (Nuove disposizioni in materia
di politiche di sostegno all'economia ittica) e non invece avverso lo
statuto regionale.
    3. - In prossimita' dell'udienza la regione Abruzzo ha depositato
fuori termine un'ulteriore memoria.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Con  ricorso notificato il 4 novembre 2004 e depositato il
successivo   10 novembre   2004,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  dello Stato, ha
promosso  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 2,
comma 3;  45,  comma 3;  46,  comma 2;  47,  comma 2;  79, comma 2 in
relazione  al  comma 1,  lettera c);  86,  comma 3  in  relazione  ai
commi 1,  2  e  4,  dello statuto della regione Abruzzo, approvato in
prima  deliberazione il 20 luglio 2004 ed in seconda deliberazione il
21 settembre  2004, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione
n. 101  dell'8 ottobre  2004,  in  riferimento  agli artt. 1, 3, 117,
quinto comma, 121, 122, 123, 126 e 134 della Costituzione.
    2.  -  In  via preliminare va dichiarata inammissibile - ai sensi
degli   artt. 25,  31  e  34  della  legge  11 marzo  1953,  n. 87  e
dell'art. 23,  comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale - la costituzione in giudizio della regione
Abruzzo, per la quale e' stato depositato un atto privo della procura
ad  litem:  la  stessa  risulta  infatti conferita in relazione ad un
ricorso promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri avverso la
legge  regionale  5 agosto 2004, n. 22 (Nuove disposizioni in materia
di politiche di sostegno all'economia ittica) e non invece avverso lo
statuto regionale.
    3.   -   Passando   alle   singole   censure   di  illegittimita'
costituzionale  avanzate  dal  Presidente del Consiglio dei ministri,
viene  per  prima  in  rilievo  quella riguardante l'art. 2, comma 3,
dello  statuto  impugnato,  la'  dove  dispone,  tra  l'altro, che la
regione   «partecipa  [...]  all'attuazione  e  all'esecuzione  degli
accordi  internazionali dello Stato». Secondo la difesa erariale tale
norma  si  porrebbe in contrasto con l'art. 117, quinto comma, Cost.,
in  quanto  ometterebbe  il riferimento al necessario «rispetto delle
norme  di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le
modalita'   di   esercizio   del   potere   sostitutivo  in  caso  di
inadempienza».
    La questione non e' fondata.
    Lo statuto di una regione e' valida fonte primaria e fondamentale
dell'ordinamento regionale, a condizione che esso sia «in armonia con
la   Costituzione»   (art. 123,   primo  comma,  Cost.).  Il  sistema
costituzionale  complessivo,  che  si articola nei principi contenuti
nelle  singole norme della Carta fondamentale e delle leggi ordinarie
di  diretta attuazione, rappresenta pertanto il contesto, all'interno
del quale si deve procedere alla lettura ed all'interpretazione delle
norme statutarie, che in quel sistema vivono ed operano.
    Dopo  la  riforma del titolo V della parte II della Costituzione,
l'attribuzione  alle Regioni, nelle materie di loro competenza, della
funzione  attuativa ed esecutiva degli accordi internazionali e degli
atti   della  Unione  europea  viene  esplicitamente  subordinata  al
rispetto  delle  norme  di  procedura  stabilite da leggi dello Stato
(art. 117,  quinto  comma, Cost.). In materia e' intervenuta anche la
legge   5   giugno 2003,   n. 131   (Disposizioni  per  l'adeguamento
dell'ordinamento   della   Repubblica   alla   legge   costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3),  la  quale,  negli artt. 5 e 6, contiene le
regole    procedurali   per   l'attuazione   della   suddetta   norma
costituzionale.
    Tutte   le   attivita'  delle  Regioni  volte  all'attuazione  ed
all'esecuzione  di accordi internazionali devono muoversi all'interno
del  quadro  normativo  contrassegnato  dall'art. 117,  quinto comma,
Cost.  e  dalle  norme interposte di cui alla citata legge n. 131 del
2003.  Tale  quadro normativo costituisce ad un tempo il parametro di
valutazione  della legittimita' costituzionale degli atti legislativi
dello  Stato e delle Regioni in materia ed il criterio interpretativo
degli stessi. Il riferimento testuale dell'impugnata norma statutaria
alla dizione usata dall'art. 117, quinto comma, Cost. («attuazione ed
esecuzione  degli  accordi  internazionali») vale a confermare il suo
inserimento  nel  quadro  normativo  di  cui  sopra,  senza  che  sia
rinvenibile   alcuna   espressione  che  possa  far  pensare  ad  una
illegittima volonta' derogatoria della regione Abruzzo.
    Questa Corte ha gia' chiarito che non e' fondata una questione di
legittimita'  costituzionale  se  la norma statutaria che richiama la
competenza  regionale  in  materia  di  attuazione  ed  esecuzione di
accordi  internazionali  «appare  agevolmente  interpretabile in modo
conforme  al sistema costituzionale» (sentenza n. 379 del 2004). Tale
agevole  interpretazione  in senso coerente al sistema costituzionale
e'  possibile  anche nel caso de quo, con la conseguenza che la norma
statutaria  impugnata  deve essere dichiarata esente dalla censura di
illegittimita' costituzionale formulata dal ricorrente.
    4. - La seconda censura di illegittimita' avanzata dal Presidente
del  Consiglio  dei  ministri riguarda l'art. 45, comma 3, del citato
statuto, il quale dispone che «Il Presidente della Giunta nel caso in
cui  il  Consiglio  sfiduci  uno  o piu' assessori provvede alla loro
sostituzione».  Secondo la difesa erariale, tale norma, vincolando il
Presidente  della  Giunta  ad  adeguarsi  alla  volonta' espressa dal
Consiglio,  risulterebbe incoerente con la scelta istituzionale della
elezione a suffragio universale e diretto del vertice dell'esecutivo,
sancita   dall'art. 43,   comma 2,   del  medesimo  statuto.  Poiche'
l'art. 122,  quinto  comma,  Cost.  attribuisce  al  Presidente della
Giunta  eletto a suffragio universale e diretto il potere di nomina e
revoca  dei  componenti  della  Giunta  stessa,  la  norma statutaria
impugnata limiterebbe in modo illegittimo tale potere.
    La questione e' fondata.
    Il quinto comma dell'art. 122 Cost. ha una struttura, lessicale e
logica,  semplice.  Con il primo inciso viene attribuita alle Regioni
la  facolta'  di  prevedere  nei  propri statuti modi di elezione del
Presidente diversi dal suffragio universale e diretto. Con il secondo
inciso  viene  fissata  una  conseguenza  necessaria  dell'opzione in
favore  dell'elezione a suffragio universale e diretto, nel senso che
il  Presidente  «eletto»  nomina  e  revoca  di  sua  iniziativa  gli
assessori.  Non  sembrano  possibili  altre  interpretazioni  di tale
disposizione costituzionale, giacche' la parola «eletto» non potrebbe
riferirsi  a qualsiasi tipo di elezione, con la conseguenza eccessiva
che  anche  in  caso  di  opzione per una forma di governo diversa da
parte  del  singolo  statuto  regionale  il Presidente conservasse il
potere di nominare e revocare, in piena autonomia, i componenti della
Giunta.   Peraltro  non  si  capirebbe  l'inserimento  dell'aggettivo
«eletto»,  giacche'  sarebbe stato sufficiente, in caso di previsione
generalizzata    e    generalizzabile,    riferirsi,    puramente   e
semplicemente, al Presidente della Giunta.
    La  presenza del citato aggettivo indica un potere consequenziale
e  indefettibile  proprio  del  Presidente  individuato mediante voto
popolare.   Il   corpo   elettorale   investe  contemporaneamente  il
Presidente   del   potere   esecutivo  ed  il  Consiglio  del  potere
legislativo  e  di  controllo  nei  confronti  del Presidente e della
Giunta,   sul   presupposto   dell'armonia   dell'indirizzo  politico
presuntivamente garantita dalla simultanea elezione di entrambi nella
medesima tornata elettorale e dai medesimi elettori.
    Il  principio  funzionale  largamente  noto con l'espressione aut
simul  stabunt aut simul cadent esclude che possano essere introdotti
circuiti  fiduciari collaterali ed accessori rispetto alla presuntiva
unita'   di   indirizzo   politico   derivante   dalla  contemporanea
investitura popolare di Presidente e Consiglio. L'approvazione di una
mozione  di  sfiducia  da parte del secondo o le dimissioni del primo
fanno  venir  meno  la  presunzione  di consonanza politica derivante
dalla   consultazione   elettorale  e  rendono  necessario,  in  modo
coerente,  un  nuovo  appello  al  popolo,  al  quale  si  chiede  di
restaurare il presupposto fondamentale della omogeneita' di indirizzo
politico  che  deve caratterizzare i programmi e le attivita' sia del
Presidente che del Consiglio.
    Nel  quadro  prima  delineato  non  trova  posto la rottura di un
ipotetico  rapporto fiduciario tra Consiglio e singoli assessori, che
si  risolverebbe  esclusivamente in una pura e semplice riduzione dei
poteri  spettanti  al  Presidente,  investito  della carica dal corpo
elettorale  proprio  per  il suo essere ed agire quale unico soggetto
esponenziale  del  potere esecutivo nell'ambito della Regione, munito
di   poteri  che  lo  rendono  interamente  responsabile,  sul  piano
politico,   dell'operato   di   tutti   i  componenti  della  Giunta.
L'equilibrio  tra  poteri  configurato  nel  modello  disegnato dalla
Costituzione  verrebbe  alterato  se  si privasse il Presidente della
possibilita'  di scegliere e revocare discrezionalmente gli assessori
della propria Giunta, del cui operato deve rispondere al Consiglio ed
al corpo elettorale.
    Questa  Corte  ha  chiarito che l'ammissibilita' della mozione di
sfiducia individuale al singolo ministro va inquadrata nella forma di
governo  parlamentare, che caratterizza la relazione tra Parlamento e
Governo,  consistente  in  un'articolazione  di rapporti che fa perno
sulla  responsabilita' collegiale del Governo e sulla responsabilita'
individuale   dei   ministri,   entrambe  esplicitamente  contemplate
nell'art. 95,  secondo  comma,  Cost.  (sentenza  n. 7  del 1996). Da
questo  presupposto discende che la diversa forma di governo prevista
dalla  Costituzione  per le Regioni e sinteticamente designata con le
parole  «Presidente  eletto  a suffragio universale e diretto» appare
«caratterizzata  dall'attribuzione  ad  esso di forti e tipici poteri
per  la  gestione  unitaria  dell'indirizzo politico e amministrativo
della Regione (nomina e revoca dei componenti della Giunta, potere di
dimettersi  facendo  automaticamente  sciogliere sia la Giunta che il
Consiglio regionale)» (sentenza n. 2 del 2004).
    Una   volta   scelta   la   forma   di   governo,  caratterizzata
dall'elezione  a  suffragio  universale e diretto del Presidente, nei
confronti  del  Consiglio esiste solo la responsabilita' politica del
Presidente  stesso,  nella  cui  figura istituzionale confluiscono la
responsabilita'   collegiale   della   Giunta  e  la  responsabilita'
individuale  dei  singoli  assessori.  La  sfiducia  individuale agli
assessori  si  pone,  di  conseguenza,  in  contrasto con l'art. 122,
quinto  comma,  Cost.,  in  cui  si  riflettono i principi ispiratori
dell'equilibrio   costituzionale   tra  i  supremi  organi  regionali
derivante dall'investitura popolare del Presidente.
    5.  -  E'  stato  pure impugnato dal Presidente del Consiglio dei
ministri   l'art. 46,  comma 2,  del  citato  statuto  della  regione
Abruzzo,  il  quale  -  riferendosi  all'obbligo del Presidente della
Giunta  di  presentare  il programma nella prima seduta del Consiglio
regionale  successiva  alle  elezioni  - dispone che «Il programma e'
approvato  dal  Consiglio  regionale.  Il  voto contrario produce gli
stessi effetti dell'approvazione della mozione di sfiducia».
    Secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,  anche  questa norma sarebbe
incoerente  rispetto  alla  scelta,  effettuata dallo stesso statuto,
dell'elezione  popolare  del  Presidente  della  Giunta, introducendo
peraltro  una  causa di scioglimento del Consiglio non prevista dalla
Costituzione.
    La questione e' fondata.
    Questa  Corte  ha  gia' chiarito che la previsione in uno statuto
regionale  del  potere  del  Consiglio  di  discutere  e approvare il
programma  di  governo predisposto dal Presidente non e' in contrasto
con  la Costituzione, a condizione che dalla mancata approvazione del
programma   stesso   non   derivino  conseguenze  di  tipo  giuridico
«certamente  inammissibili  ove pretendessero di produrre qualcosa di
simile ad un rapporto fiduciario» (sentenza n. 379 del 2004). Valgono
in   proposito  i  rilievi  sviluppati  al  punto  4  delle  presenti
considerazioni  in diritto, integrate dall'osservazione che lo stesso
tenore  letterale  del  secondo e terzo comma dell'art. 126 Cost. non
consente   l'equiparazione   tra   mozione   di  sfiducia  e  mancata
approvazione  iniziale del programma di governo. Per la presentazione
e  l'approvazione  di  una  mozione di sfiducia sono previste infatti
alcune precise modalita' procedurali - motivazione, sottoscrizione di
almeno  un  quinto  dei  componenti  del Consiglio, intervallo di tre
giorni  prima  della messa in discussione, maggioranza assoluta - che
verrebbero  eluse  se  un  altro  atto,  non assistito dalle medesime
garanzie, potesse produrre gli stessi effetti.
    L'articolazione  concreta  dei  rapporti  politici tra Presidente
della  Giunta  e  Consiglio  prende  le mosse, come s'e' detto, dalla
simultanea  investitura  politica  di  entrambi  da  parte  del corpo
elettorale. Ogni atto di indirizzo dell'uno o dell'altro si pone come
svolgimento, precisazione e arricchimento del mandato a rappresentare
e  governare  conferito  dagli elettori della regione ai titolari dei
poteri  legislativo  ed esecutivo. E' intrinseca a questo modello una
iniziale presunzione di consonanza politica, che puo' essere superata
solo da un atto tipico quale la mozione di sfiducia.
    Estendere  gli  effetti  di questa ad un atto di approvazione del
programma  politico  del  Presidente  della Giunta equivarrebbe ad un
conferimento  di fiducia iniziale senz'altro coerente in una forma di
governo  che  non prevede l'elezione a suffragio universale e diretto
del  vertice  dell'esecutivo,  ma  contraddittorio  con un sistema di
rapporti  tra  poteri fondato sul conferimento da parte del popolo di
un  mandato a governare ad entrambi gli organi supremi della regione,
ciascuno  nei  suoi  distinti ruoli. Il Presidente eletto a suffragio
universale  e  diretto  ha  gia'  presentato  il  suo  programma agli
elettori  e  ne  ha  ricevuto  il  consenso.  La  presentazione di un
programma  al Consiglio puo' avere solo il significato di precisare e
integrare  l'indirizzo  politico originariamente elaborato e ritenuto
dalla  maggioranza  degli  elettori  convergente con il proprio. Tali
precisazioni  e integrazioni saranno apprezzate di volta in volta dal
Consiglio,  che,  nell'ipotesi di divergenza estrema, potra' adottare
la decisione di provocare una nuova consultazione elettorale.
    Da  quanto  detto sopra si trae la conseguenza che non esiste tra
Presidente   della   Giunta   e  Consiglio  regionale  una  relazione
fiduciaria  assimilabile  a  quella  tipica  delle  forme  di governo
parlamentari,  ma  un  rapporto  di  consonanza  politica,  istituito
direttamente   dagli   elettori,   la   cui  cessazione  puo'  essere
ufficialmente  dichiarata  sia  dal  Presidente che dal Consiglio con
atti  tipici  e  tassativamente  indicati  dalla  Costituzione. Anche
nell'ipotesi  che  il  Consiglio,  subito  dopo  le elezioni, volesse
costringere  il  Presidente  alle dimissioni, con conseguente proprio
scioglimento,  risulterebbe indispensabile la procedura solenne della
mozione  di sfiducia, giacche' sarebbe necessario rendere trasparenti
e  comprensibili  per  i  cittadini i motivi di una decisione di tale
gravita'.  Ne'  sarebbe  ammissibile  che  alla  maggioranza assoluta
richiesta  dall'art. 126,  secondo comma, Cost. si potesse sostituire
una  maggioranza semplice, quale quella resa possibile dall'impugnato
art. 46, comma 2, dello statuto della regione Abruzzo.
    6. - L'art. 47, comma 2, del citato statuto della Regione Abruzzo
dispone  che  l'approvazione  della mozione di sfiducia nei confronti
del Presidente della Giunta comporta la decadenza della Giunta stessa
e  lo  scioglimento  del  Consiglio.  Il Presidente del Consiglio dei
ministri  impugna  tale  disposizione  per  contrasto con l'art. 126,
terzo  comma,  della  Costituzione,  che  prevede invece l'obbligo di
dimissioni   della   Giunta,   e   non  la  decadenza,  come  effetto
dell'approvazione di una mozione di sfiducia.
    La questione e' fondata.
    L'art. 126   Cost.  disciplina  in  modo  differenziato  distinte
ipotesi di cessazione del Presidente dal suo ufficio. Mentre al primo
comma  parla  di  «rimozione»  dello  stesso  per  atti contrari alla
Costituzione,  gravi  violazioni  di  legge  o  ragioni  di sicurezza
nazionale,  nel  terzo comma usa la diversa espressione «dimissioni».
Nel  primo  caso  esiste la necessita' di un immediato allontanamento
dalla  carica  di  chi  si  sia reso responsabile di gravi illeciti o
risulti  pericoloso  per  la sicurezza nazionale. Nel secondo caso si
detta  invece  una disciplina adatta alla natura prettamente politica
della cessazione, che non richiede quell'immediatezza e perentorieta'
di  allontanamento  dalla  carica  necessari  nella prima ipotesi. La
previsione  di  decadenza  - per sua natura, immediata e perentoria -
varrebbe  ad  equiparare  due  ipotesi  che  la  norma costituzionale
considera   e  disciplina  diversamente,  in  coerenza  con  la  loro
differenza qualitativa e con gli interessi pubblici da tutelare.
    La  maggiore elasticita' dell'obbligo di dimissioni rispetto alla
decadenza automatica serve peraltro a rendere sicuramente ammissibile
l'emanazione  di  atti urgenti e indifferibili. Nel bilanciamento dei
valori,  la  norma  costituzionale ha dato decisamente la prevalenza,
rispetto   a   possibili   urgenti  necessita'  dell'amministrazione,
all'esigenza  di allontanare immediatamente dalla carica chi si trovi
nelle  condizioni  previste per la «rimozione», mentre ha lasciato un
margine   di   flessibilita'  -  ovviamente  entro  ristretti  limiti
temporali   -   nell'ipotesi   che  l'allontanamento  non  derivi  da
comportamenti  antigiuridici o pericolosi per la sicurezza nazionale,
ma  da  un atto politico del Consiglio. Introdurre la decadenza della
Giunta  come  effetto  dell'approvazione  di  una mozione di sfiducia
finirebbe  per  equiparare  il  disvalore  giuridico  alla necessita'
politica,  trattati e considerati dall'art. 126, primo e terzo comma,
Cost. in modo ben distinto.
    7.  -  Il  ricorso  del  Presidente  del Consiglio contiene anche
l'impugnazione   dell'art. 79,  comma 2,  del  citato  statuto  della
regione  Abruzzo,  in  quanto  impone  al  Consiglio  un  obbligo  di
motivazione, se questo voglia deliberare in senso contrario ai pareri
del  Collegio regionale per le garanzie statutarie. Secondo la difesa
erariale,  si  limiterebbe l'esercizio della potesta' legislativa del
Consiglio  regionale,  in  contrasto  con  l'art. 121, secondo comma,
Cost. e si violerebbe il principio dell'irrilevanza della motivazione
degli  atti  legislativi,  frutto di un'attivita' politica libera nei
fini e quindi non assoggettabile ad alcun dovere di motivare. Ove poi
il   parere   del   suddetto   Collegio  intervenisse  su  una  legge
definitivamente  approvata, si limiterebbe in modo indebito il potere
del   Presidente   della  Giunta  di  promulgare  le  leggi,  sancito
dall'art. 121,  quarto  comma, Cost. e si introdurrebbe, in contrasto
con  l'art. 134  Cost.,  un  nuovo  sindacato  di legittimita' di una
legge, produttivo di effetti giuridici.
    La questione non e' fondata.
    Questa Corte ha gia' stabilito che l'introduzione di un organo di
garanzia  nell'ordinamento statutario regionale non e', come tale, in
contrasto  con la Costituzione, mentre resta da valutare, nei singoli
specifici  profili,  la  compatibilita'  delle norme attributive allo
stesso di competenze determinate (sentenza n. 378 del 2004).
    Se  si  passa  ad  esaminare  la  censura particolare rivolta dal
ricorrente  alla  norma  impugnata,  si  devono  svolgere le seguenti
considerazioni. Innanzitutto, nessuna limitazione viene a soffrire la
potesta'  legislativa del Consiglio regionale, che rimane intatta sia
nelle  materie  sia  nell'estensione  della sua capacita' regolativa.
L'introduzione  di  un  particolare, eventuale passaggio procedurale,
consistente  nel  parere  del  Collegio  regionale  per  le  garanzie
statutarie,  rientra  nella  disciplina  del procedimento legislativo
regionale,  ricompresa  indubbiamente  nei  «principi fondamentali di
organizzazione   e  funzionamento»  attribuiti  dall'art. 123,  primo
comma,  Cost.  alla  potesta'  statutaria  delle Regioni. Inoltre, la
motivazione richiesta perche' il Consiglio regionale possa deliberare
in  senso  contrario  ai  pareri  e  alle valutazioni del Collegio di
garanzia non inerisce agli atti legislativi, ma alla decisione di non
tener  conto  del  parere  negativo,  che costituisce atto consiliare
distinto  dalla  deliberazione  legislativa  e non fa corpo con essa.
Infine,  la  norma  statutaria  impugnata si riferisce esplicitamente
alle «deliberazioni legislative» e non alle leggi. Tale constatazione
fa  venir  meno  ogni  perplessita'  circa una possibile, illegittima
limitazione   del  potere  presidenziale  di  promulgazione  e  sulla
asserita introduzione di una nuova forma di controllo di legittimita'
costituzionale delle leggi.
    8.  -  Il  ricorrente censura, da ultimo, l'art. 86, comma 3, del
citato statuto della regione Abruzzo, nel quale, con riferimento alla
pubblicazione  e  all'entrata  in  vigore  dello  statuto  stesso, e'
stabilito   che  l'impugnazione  dinanzi  alla  Corte  costituzionale
sospende  la  pubblicazione  nel Bollettino Ufficiale della regione e
che,  dopo  la  sentenza  della stessa Corte, esso e' riesaminato dal
Consiglio   regionale   limitatamente  alle  disposizioni  dichiarate
illegittime  per  le  deliberazioni consequenziali. Secondo la difesa
erariale, si possono dare piu' letture di tale disposizione, tutte in
contrasto   con   la   Costituzione,   o  perche'  si  verificherebbe
l'illegittima  compressione  del  termine per promuovere il controllo
preventivo  di  legittimita'  costituzionale  previsto dall'art. 123,
secondo  comma,  Cost.,  o  perche'  si  arriverebbe  addirittura  ad
escludere  il  controllo  di  legittimita' costituzionale sulle nuove
norme    statutarie    successive    alla   pronuncia   della   Corte
costituzionale,    o    perche'    essa   conterrebbe   un'intrinseca
contraddizione  -  tale  da  porre la norma in contrasto con l'art. 3
Cost. - tra il comma 4, che prevede un'unica pubblicazione notiziale,
idonea  far  decorrere  entrambi  i  termini  ed  i  commi 1 e 2, che
introducono  invece  una  dissociazione  tra  la pubblicazione per la
decorrenza  del termine di trenta giorni per l'eventuale impugnazione
del  Governo  della  Repubblica  (comma  1) e la pubblicazione per la
decorrenza  del  termine  di  tre  mesi  per  la  presentazione della
richiesta di referendum popolare confermativo (comma 2).
    La questione e' fondata.
    La  disposizione  impugnata  mal  si  presta ad essere ricondotta
nell'alveo  dell'art. 123, secondo e terzo comma, Cost., dal quale si
deduce  che  si deve far luogo inizialmente ad una sola pubblicazione
notiziale,  idonea  a  far  decorrere  sia il termine per l'eventuale
impugnazione  governativa,  sia quello per la richiesta di referendum
popolare.  L'incoerenza  della  norma  impugnata  e  le sue possibili
interpretazioni  in  contrasto  con la Costituzione derivano pertanto
dall'essere,  la  stessa,  parte  di  una piu' vasta disciplina della
pubblicazione  della  deliberazione  statutaria,  fondata  sulla  sua
duplicazione,  non  prevista  dall'art. 123  Cost. Quest'ultima norma
costituzionale  si  pone  infatti  come  regola  da  applicare in via
generale  ed  e'  sottratta  pertanto  all'autonomia statutaria. Ogni
valutazione  sugli  eventuali inconvenienti nascenti da essa non puo'
trovare  risposta  in  inammissibili  sue «rettifiche» da parte della
fonte  statutaria, ma in accorgimenti validamente utilizzabili - e di
fatto utilizzati da molte regioni - per evitare la sovrapposizione di
procedimenti  nell'ipotesi di impugnazione dello statuto da parte del
Governo.
    Poiche'  il  comma 3  dell'art. 86  dello statuto in questione fa
parte  integrante, in modo inscindibile, della disciplina complessiva
dettata   da   tale   articolo,  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale    della   norma   impugnata   rende   necessaria   la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  consequenziale, ai
sensi  dell'art. 27  della  legge  11 marzo  1953, n. 87, dell'intero
articolo 86 del medesimo statuto.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    1) Dichiara  inammissibile  la  costituzione  in  giudizio  della
regione Abruzzo;
    2)   Dichiara   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art. 45,
comma 3,  dello  statuto  della  regione  Abruzzo, approvato in prima
deliberazione  il  20 luglio  2004  ed  in  seconda  deliberazione il
21 settembre  2004, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione
n. 101 dell'8 ottobre 2004;
    3)   Dichiara   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art. 46,
comma 2, del citato statuto;
    4)   Dichiara   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art. 47,
comma 2, del citato statuto;
    5) Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 86, comma 3
in relazione ai commi 1, 2 e 4, del citato statuto;
    6)  Dichiara,  ai  sensi  dell'art. 27  della legge 11 marzo 1953
n. 87,  l'illegittimita'  costituzionale  in  via  consequenziale dei
commi 1, 2 e 4 dell'art. 86 del citato statuto;
    7)   Dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale   dell'art. 2,   comma 3,   del   citato  statuto,  in
riferimento all'art. 117, quinto comma, della Costituzione;
    8)   Dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale   dell'art. 79,   comma 2  in  relazione  al  comma 1,
lettera c),  in riferimento agli artt. 121, secondo e quarto comma, e
134 della Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2006.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 20 gennaio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0034