N. 16 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 agosto 2005
Ordinanza emessa il 31 agosto 2005 dalla Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di M.G. ed altro Reati e pene - Alterazione di stato - Alterazione dello stato civile di un neonato, nella formazione di un atto di nascita, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsita' - Trattamento sanzionatorio piu' grave rispetto a quello previsto per il reato di alterazione di stato civile mediante la sostituzione di un neonato (art. 567, primo comma, cod. pen.) e per il reato di infanticidio in condizioni di abbandono materiale o morale (art. 578 cod. pen.) - Violazione del principio di uguaglianza e di proporzionalita' delle pene. - Codice penale, art. 567, secondo comma. - Costituzione, art. 3.(GU n.5 del 1-2-2006 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi proposti da M.G., n. a Galvanico il 29 ottobre 1956, C.R., n. a Salerno il 29 ottobre 1955 avverso la sentenza della Corte d'appello di Salerno, emessa in data 26 maggio 2004; Letti i ricorsi e il provvedimento impugnato; Udita in pubblica udienza la relazione del cons. F. Ippolito; Udita la requisitoria del P.G., G. Viglietta, il quale ha conclusco per l'infondatezza dei ricorsi ed ha richiesto che la Corte sollevi la questione di costituzionalita' dell'art. 567 comma 2 cod. pen. per violazione dell'art. 3 Cost.; Uditi i difensori, avv. G. Sofia per C. e, in sostituzione dell'avv. E. Volino, per il M., i quali hanno concluso per l'accoglimento dei ricorsi; osserva in Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del Tribunale di Salerno 5 marzo 2002, R.C. e G.M. furono dichiarati colpevoli del delitto d'alterazione di stato, previsto e putito dall'art. 567, comma 2 cod. pen., loro ascritto per dichiarazioni di paternita' naturali da essi rispettivamente rese in data 31 luglio 1982 e 18 agosto 1983, in relazione a due neonate venute alla luce presso la clinica Villa del Sole di Salerno, da donne che non consentivano di essere nominate, alle quali veniva imposto il nome di V.C. e A.M. Con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, gli imputati furono condannati ciascuno alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione, con l'interdizione dalla potesta' genitoriale e dai pubblici uffici per la durata di cinque anni (pene condonate). Avverso la sentenza della Corte d'appello di Salerno, che in data 26 maggio 2004 ha confermato tale decisione, ricorrono per cassazione gli imputati, richiedendone l'annullamento per plurimi motivi di diritto sostanziale e processuale. Il procuratore generale, nella sua requisitoria dibattimentale, ha rilevato l'infondatezza di tutti i motivi dedotti dagli imputati, ma ha richiesto che la Corte sollevi incidente di costituzionalita' dell'art. 567, comma 2 cod. pen. per violazione dei principi d'uguaglianza e di proporzionalita' delle pene. Considerato in diritto 2. - Il Collegio condivide tale dubbio di costituzionalita'. Dei principi d'uguaglianza (che vieta di sanzionare piu' gravemente ipotesi delittuose meno gravi) e proporzionalita' delle pene, la Corte costituzionale ha fatto un uso assai sobrio, ma li ha tuttavia applicati in almeno tre precedenti: le sentenze n. 218/1974 e 176/1976 in materia di caccia, per comparazione tra fattispecie diverse punite con la stessa pena, e la sentenza n. 341/1994 che ha ritenuto sproporzionata la pena edittale minima in materia d'oltraggio (con ampie motivazioni sociologiche e storico-culturali). Non ignora il Collegio che la questione e' stata gia' piu' volte prospettata senza successo alla Corte di cassazione (nel 1987, nel 1990, nel 1991), ma le ripetute dichiarazioni di manifesta infondatezza non appaiono convincenti. La Corte di legittimita', confrontando le due norme incriminatrici previste dai due commi dell'art. 567 ha affermato che l'ipotesi di reato prevista nel primo comma presuppone l'avvenuta acquisizione dello stato civile da parte dei due neonati, oggetto successivamente di scambio tra di essi; quella prevista dal secondo comma si concreta, invece, nell'attribuzione al neonato che n'e' ancora privo - mediante false dichiarazioni nella formazione del suo atto di nascita - di uno stato civile diverso da quello cui avrebbe diritto. La scelta del legislatore di punire assai piu' gravemente l'ipotesi prevista nel secondo comma non sarebbe percio' irrazionale e costituirebbe una scelta di politica criminale insindacabile. Va osservato, tuttavia, che l'oggetto di entrambe le predette norme e' la tutela dello status filiationis, e non gia' la fede pubblica in quanto tale (giacche', in tal caso, sarebbe sufficiente il delitto di falso ideologico per induzione del pubblico ufficiale). C'e' un evidente quid pluris che investe l'interesse del minore e la rilevanza sociale della famiglia (anche costituzionalmente tutelata) come rapporto riconosciuto per legge, sulla base di un substrato naturalistico e appare evidente che, nella ipotesi di cui al primo comma dell'art. 567 cod. pen., si verifica un accordo, che puo' essere anche anteriore alla dichiarazione all'ufficiale di stato civile, mediante il quale si attribuisce a due neonati uno status filiationis oggettivamente falso, perche' diverso da quello formale: due neonati acquisiscono una falsa identita' e per conseguenza un diverso status filiationis, e proprio per questo il codice definisce anche tale reato come alterazione di stato. Tale comportamento e' piu' grave perche' la sostanziale attribuzione di un falso status presuppone una condotta materiale piu' complessa, un accordo che investe un numero maggiore di persone, conseguente attribuzione di un falso status a due soggetti, anziche' uno. Cio' consente di affermare, nella previsione sanzionatoria del secondo comma, l'esistenza di una lesione del principio di ragionevolezza stabilito dall'art. 3 Cost., secondo i parametri delle prime due citate sentenze della Corte costituzionale. E' soprattutto la concezione formalista del codice - che sembra attribuire una rilevanza prevalente all'atto pubblico come documento, anziche' come presupposto delle condizioni di vita del neonato - che non risponde in alcun modo all'attuale coscienza sociale: basti pensare al trattamento estremamente favorevole riservato all'abbandono di neonato (art. 568 c.p.). Va inoltre rilevato che una lesione del criterio di proporzionalita' e' ravvisabile anche di la' della comparazione tra i due reati d'alterazione di stato. Nella coscienza sociale, in tutto il sistema penale e nella cultura occidentale il bene fondamentale e' la vita: l'omicidio e' il piu' grave delitto. E tuttavia il delitto d'alterazione previsto dall'art. 567, comma 2, cod. pen. e' punito piu' gravemente dell'infanticidio in condizioni d'abbandono, materiale o morale (art. 578 cod. pen.): la madre che, in tale condizione, attribuisca un falso stato al neonato subito dopo il parto, affidandolo al falso padre, commette un delitto piu' grave della madre che, in identiche condizioni, lo sopprima. La questione sollevata dal procuratore generale non e' dunque manifestamente infondata e, nel caso in esame, assume rilevanza non soltanto in riferimento al trattamento sanzionatorio, peraltro condonato, ma anche in relazione alla maturazione della prescrizione dei reati. La piu' grave pena edittale prevista dal capoverso dell'art. 567 cod. pen., rispetto a quella del primo comma, sposta notevolmente i tempi di compimento della prescrizione, con la conseguenza che dovrebbe affermarsi la colpevolezza degli imputati oggi, quando le persone, il cui status fu in ipotesi alterato, hanno raggiunto l'eta' di ventidue e ventitre anni. 3. - Il presente giudizio va, percio', sospeso, con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. La cancelleria dovra' notificare copia di questa ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicarla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 567, comma 2 cod. pen. per contrasto con l'art. 3 Cost. Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 23, legge n. 87/1953. Roma, addi' 13 giugno 2005 Il Presidente: Deriu Il consigliere estensore: Ippolito 06C0043