N. 27 ORDINANZA 23 - 27 gennaio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Minoranze  linguistiche  -  Appartenenti  alla  minoranza linguistica
  slovena  - Diritto all'uso della lingua materna nei rapporti con le
  autorita' amministrative e giudiziarie locali - Tutela accordata ai
  soli   residenti  nei  territori  di  tradizionale  insediamento  -
  Denunciata disparita' di trattamento rispetto alle minoranze cui si
  applica  il  bilinguismo  perfetto - Giudizio a quo non validamente
  instaurato   per  un  vizio  macroscopico  rilevabile  d'ufficio  -
  Manifesta inammissibilita' della questione.
- Cod.  proc. civ., art. 122 e legge 23 febbraio 2001, n. 38, artt. 4
  e  8,  commi 1,  3  e  4 (in combinato disposto); legge 23 febbraio
  2001,  n. 38,  artt. 4,  comma 1,  e  8,  commi 1 e 5, in combinato
  disposto con l'art. 4, comma 1, stessa legge.
- Costituzione,  artt. 2,  3  e  6;  statuto  speciale  della Regione
  Friuli-Venezia Giulia, art. 3.
(GU n.5 del 1-2-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 122 del codice
di  procedura  civile  in  combinato  disposto  con  gli artt. 4 e 8,
commi 1,  3  e 4, della legge 23 febbraio 2001, n. 38 (Norme a tutela
della  minoranza  linguistica  slovena  della  Regione Friuli-Venezia
Giulia),  nonche' del combinato disposto degli artt. 4, comma 1, e 8,
commi 1  e  5,  e  dell'art. 4, comma 1, della citata legge n. 38 del
2001,  promosso  con  ordinanza  del  1° aprile 2004 dal Tribunale di
Trieste,  nel  procedimento  civile  vertente tra Soc. Sereco Coop. a
r.l.  e  la  Uniriscossioni  S.p.A.  ed altra, iscritta al n. 158 del
registro  ordinanze  2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana n. 12, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 14 dicembre 2005 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  depositata  il 1° aprile 2004, il
Tribunale di Trieste ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 6
della  Costituzione  e  3 della legge costituzionale 31 gennaio 1963,
n. 1   (Statuto   speciale   della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia),
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 122 del codice di
procedura  civile in combinato disposto con gli artt. 4 e 8, commi 1,
3  e  4,  della  legge  23 febbraio 2001, n. 38 (Norme a tutela della
minoranza  linguistica  slovena della Regione Friuli-Venezia Giulia),
nonche' del combinato disposto degli artt. 4, comma 1, e 8, commi 1 e
5,  e  dell'art. 4, comma 1, della citata legge n. 38 del 2001, nella
parte  in  cui limitano al solo ambito territoriale individuato dalla
citata   legge   l'operativita'   della   tutela   riconosciuta  agli
appartenenti  alla  minoranza linguistica slovena del diritto all'uso
della  lingua  materna nei rapporti con le autorita' amministrative e
giudiziarie locali;
        che  il giudice rimettente e' stato adito con istanza redatta
personalmente,  in  lingua  slovena, dal legale rappresentante di una
societa'  cooperativa  a  responsabilita'  limitata  avente  sede  in
Padriciano,   frazione   del  Comune  di  Trieste,  per  ottenere  la
declaratoria  di nullita' della cartella di pagamento riguardante una
sanzione  amministrativa,  notificata a mezzo posta in data 30 maggio
2003,  priva  della  traduzione  in  lingua  slovena, con contestuale
richiesta di sospensione dell'efficacia della stessa cartella;
        che  il  rimettente,  previa qualificazione dell'istanza come
opposizione  a  ordinanza-ingiunzione  ai  sensi  degli artt. 22 e 23
della  legge  24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),
con  provvedimento  pronunciato inaudita altera parte, ha concesso la
sospensione dell'efficacia della cartella di pagamento ed ha disposto
l'assistenza   linguistica   sia  in  forma  scritta  -  mediante  la
traduzione  in  lingua  italiana  dell'atto introduttivo ed in lingua
slovena del decreto di fissazione dell'udienza e del verbale - sia in
forma  orale,  assicurando  la  presenza  di  un interprete di lingua
slovena all'udienza di comparizione delle parti;
        che,  a  seguito  della  costituzione  delle parti convenute,
essendo   emerso   dalla   documentazione   prodotta   dalla  Regione
Friuli-Venezia   Giulia   che   l'ordinanza-ingiunzione   aveva  gia'
costituito  oggetto  di  impugnazione  (rigettata  con  sentenza  del
Tribunale  di  Trieste  n. 633  del  14 marzo 2001), il rimettente ha
riqualificato  l'atto  introduttivo  del  giudizio  -  ai sensi degli
artt. 617  cod.  proc. civ. e 57 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602
(Disposizioni  sulla  riscossione  delle  imposte  sul reddito), come
sostituito  dall'art. 16  del  decreto  legislativo 26 febbraio 1999,
n. 46  (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a
norma  dell'art. 1  della  legge  28 settembre  1998  n. 337) - quale
opposizione   diretta   a   contestare  la  regolarita'  formale  del
precetto-cartella  esattoriale,  in  quanto privo della traduzione in
lingua   slovena,  ed  ha  revocato  il  provvedimento  cautelare  di
sospensione dell'efficacia della cartella esattoriale;
        che,  come  riferisce il rimettente, le parti convenute hanno
formulato  eccezioni  pregiudiziali  e  preliminari,  in  particolare
assumendo   che   la   materia   dell'organizzazione  della  pubblica
amministrazione   apparterrebbe   alla  giurisdizione  esclusiva  del
giudice  amministrativo  e  che  l'atto introduttivo del giudizio, in
quanto  redatto  in  lingua  slovena  fuori  dai casi in cui la legge
autorizza   l'uso  della  lingua  minoritaria  nel  processo  civile,
risulterebbe  inammissibile  e  tale dovrebbe essere dichiarato senza
ulteriori accertamenti;
        che  il giudice a quo ritiene necessario, anche ai fini della
decisione  sulle eccezioni sollevate dalle convenute, stabilire se la
parte  attrice abbia diritto a ricevere tradotti nella lingua materna
gli atti processuali, in applicazione della tutela costituzionalmente
garantita  agli  appartenenti  alla  minoranza  slovena in virtu' del
richiamo  operato  dall'art. 8  del Trattato di Osimo, ratificato con
legge  14 marzo  1977, n. 73 (Ratifica ed esecuzione del trattato tra
la  Repubblica  italiana  e  la  Repubblica  socialista federativa di
Jugoslavia,  con  allegati, nonche' dell'accordo tra le stesse Parti,
con  allegati,  dell'atto  finale e dello scambio di note, firmati ad
Osimo - Ancona - il 10 novembre 1975), allo statuto speciale allegato
al  Memorandum  di  intesa firmato a Londra il 5 ottobre 1954, con il
quale   e'   stata   data  parziale  attuazione  agli  artt. 6  della
Costituzione  e 3 dello statuto speciale della Regione Friuli Venezia
Giulia (sentenze n. 15 del 1996, n. 62 del 1992 e n. 28 del 1982);
        che,   a   parere   del  rimettente,  il  dubbio  riguardante
l'applicabilita'    della   tutela   nei   termini   gia'   delineati
discenderebbe dalla lettura congiunta dell'art. 122 cod. proc. civ. e
degli  artt. 4  e  8, commi 1, 3 e 4, della legge n. 38 del 2001, la'
dove il riconoscimento dell'uso della lingua slovena nei rapporti con
le  autorita' amministrative e giudiziarie locali sarebbe limitato ai
soli  territori  -  insistenti  nelle  Province  di  Trieste, Udine e
Gorizia  -  inseriti  nella  tabella indicata nell'art. 4 citato, con
conseguente  esclusione  dei  soggetti, persone fisiche o giuridiche,
non aventi residenza o sede in quei territori;
        che  l'uso  della  lingua  materna risulterebbe ulteriormente
condizionato  -  con  riferimento  alle zone centrali delle citta' di
Trieste,  Udine  e  Gorizia  e  alla  citta' di Cividale del Friuli -
all'istituzione,  da  parte  delle amministrazioni interessate, di un
ufficio  di  assistenza  rivolto  «anche»  ai  cittadini residenti in
territori non previsti dall'art. 4;
        che,   inoltre,   secondo  il  giudice  a  quo  la  normativa
denunciata  introdurrebbe una irragionevole disparita' di trattamento
tra  soggetti  ugualmente  appartenenti  alla  minoranza  linguistica
protetta,   in  base  al  dato  puramente  formale  della  residenza,
riducendo la tutela al di sotto della soglia minima individuata dalla
Corte  costituzionale  per  i  soggetti  non  residenti nei territori
indicati nell'art. 4;
        che,  a  detta  del  rimettente,  i  parametri costituzionali
invocati    risulterebbero    ulteriormente    violati    in   quanto
l'applicazione  della  tutela nei territori inseriti nella tabella di
cui  all'art. 4  della legge n. 38 del 2001 sarebbe condizionata alla
previa  adozione,  da  parte  degli  uffici interessati, delle misure
organizzative «nel rispetto delle vigenti procedure di programmazione
delle  assunzioni ai sensi dell'art. 39 della legge 27 dicembre 1997,
n. 449,  e  successive modificazioni, ed entro i limiti delle risorse
finanziarie  disponibili» (art. 8, comma 4). In particolare, nel caso
di  rapporti  tra  appartenenti  alla minoranza linguistica slovena e
concessionari  di  servizi  di  pubblico  interesse,  per effetto del
combinato  disposto degli artt. 4 e 8, commi 1 e 5, della legge n. 38
del  2001, l'applicazione della tutela risulterebbe condizionata alle
circostanze  che il concessionario abbia sede nel territorio indicato
nell'art. 1  (Province  di Trieste, Udine e Gorizia) e competenza nei
comuni  inseriti  nella  tabella di cui all'art. 4 della citata legge
n. 38   del   2001   e  che  siano  adottate  specifiche  convenzioni
finalizzate  a  disciplinare le modalita' di attuazione della tutela,
entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili;
        che,  pertanto,  secondo  il  Tribunale  rimettente la tutela
degli  appartenenti  alla  minoranza linguistica slovena risulterebbe
esclusa  a  fronte  di concessionari di servizi di pubblico interesse
aventi  rilevanza nazionale, ovvero in caso di mancata adozione delle
convenzioni.  Sarebbe,  quindi, introdotta una evidente disparita' di
trattamento tra soggetti ugualmente destinatari della tutela, in base
alla  scelta  compiuta  dalla  pubblica amministrazione concedente di
gestire  direttamente  i  servizi  di  pubblico  interesse  ovvero di
affidarli  a terzi, ed, in questo secondo caso, di affidare i servizi
stessi a soggetti aventi o meno rilevanza nazionale;
        che,  infine,  a  parere  del  giudice  a  quo tale normativa
risulterebbe  lesiva  della  tutela  costituzionale riconosciuta agli
appartenenti  alla  minoranza  slovena  anche in quanto non dotata di
immediata  operativita',  essendo  condizionata  all'adozione di atti
normativi  e misure amministrative demandate ad organismi governativi
(il  Comitato  paritetico  istituito  all'art. 3  e la Presidenza del
Consiglio  dei  ministri),  e  quindi,  in  definitiva,  esposta alle
contingenti vicende politiche;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  il  quale  ha  chiesto  che  la  questione  venga  dichiarata
inammissibile o comunque infondata;
        che, con riguardo al profilo dell'inammissibilita', la difesa
erariale  osserva  come,  a  seguito della riqualificazione dell'atto
introduttivo  ai  sensi  dell'art. 617 cod. proc. civ., il giudizio a
quo deve essere ritenuto giudizio ordinario di cognizione all'interno
del  quale  non  e'  consentito  l'uso  della  lingua  minoritaria, a
differenza  di  quanto  avviene nello speciale procedimento delineato
dagli  artt. 22  e  23 della legge n. 689 del 1981, che e' attivabile
anche senza l'ausilio di un patrocinatore;
        che,  pertanto,  a parere del resistente, l'atto introduttivo
del giudizio non poteva essere redatto in lingua slovena e il giudice
avrebbe dovuto dichiararlo inammissibile;
        che,   nel   merito,  secondo  l'Avvocatura  dello  Stato  va
riaffermata  la  discrezionalita'  del legislatore nell'approntare la
tutela  delle  minoranze linguistiche e la conseguente compatibilita'
con l'assetto costituzionale del differente grado di tutela accordato
alle  diverse  minoranze  linguistiche insediate sul territorio dello
Stato;
        che,  di conseguenza, la difesa erariale reputa la disciplina
dettata  dalla  legge  n. 38  del  2001  in  linea  con  i  princiªpi
costituzionali, avendo scelto il legislatore di tutelare la minoranza
linguistica   slovena  con  riferimento  ai  territori  ove  essa  e'
tradizionalmente   insediata,   senza   arrivare   ad   istituire  il
bilinguismo perfetto generalizzato;
        che,   inoltre,  alla  resistente  non  pare  censurabile  il
meccanismo  di  delimitazione  territoriale  introdotto  dall'art. 4,
comma 1,  della  legge  citata,  la'  dove demanda la predisposizione
della tabella al Comitato paritetico, essendo tale organismo idoneo a
garantire la neutralita' nella scelta dei territori;
        che, a parere della difesa erariale e contrariamente a quanto
ritenuto dal rimettente, la normativa denunciata garantisce la tutela
minima  a  tutti  gli  appartenenti alla minoranza slovena, anche non
residenti  o  non aventi sede nei territori inseriti nella tabella di
cui  all'art. 4,  attraverso  la  previsione  di  appositi  uffici da
istituire  nelle  zone  centrali  delle  citta'  di  Trieste, Udine e
Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli;
        che,   infine,  con  riferimento  al  profilo  della  mancata
adozione  degli  strumenti  di attuazione della legge n. 38 del 2001,
l'Avvocatura  dello  Stato  rileva  come l'eventuale inadempienza non
costituisca  ex  se  indice di incostituzionalita' delle disposizioni
normative  denunciate. In proposito, la stessa difesa statale segnala
che il Dipartimento per gli affari regionali presso la Presidenza del
Consiglio   dei   ministri,   con   la   circolare   12  giugno 2002,
n. 200/3769/622.8.13.Reg,  ha  dato disposizioni alle amministrazioni
dello  Stato  di procedere all'applicazione della normativa contenuta
negli  artt. 7  e  8  della  legge  n. 38  del  2001, con rinvio alla
delimitazione   territoriale  operata  dai  Consigli  provinciali  in
applicazione  dell'art. 3 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme
a  tutela  delle minoranze linguistiche storiche), con la conseguenza
che  la  legge  non  e' operativa nella sola Provincia di Trieste, in
quanto  questa  non  ha  ancora  provveduto  alla  delimitazione  dei
territori.
    Considerato  che  con  l'ordinanza  in  epigrafe  il Tribunale di
Trieste  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 2,  3 e 6 della
Costituzione  e  3  della  legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1
(Statuto  speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 122  del  codice di procedura
civile  in  combinato  disposto  con gli artt. 4 e 8, commi 1, 3 e 4,
della  legge  23 febbraio 2001, n. 38 (Norme a tutela della minoranza
linguistica slovena della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonche' del
combinato  disposto  degli  artt. 4,  comma 1,  e  8,  commi 1 e 5, e
dell'art. 4,  comma 1, della citata legge n. 38 del 2001, nella parte
in  cui limitano al solo ambito territoriale individuato dalla citata
legge l'operativita' della tutela riconosciuta agli appartenenti alla
minoranza  linguistica  slovena  del  diritto  all'uso  della  lingua
materna  nei  rapporti  con le autorita' amministrative e giudiziarie
locali;
        che il giudice rimettente ha espressamente qualificato l'atto
introduttivo del giudizio a quo come opposizione agli atti esecutivi,
ai  sensi  dell'art. 617, primo comma, cod. proc. civ. e dell'art. 57
del  d.P.R.  29 settembre 1973 n. 602 (Disposizioni sulla riscossione
delle  imposte sul reddito), come sostituito dall'art. 16 del decreto
legislativo  26 febbraio  1999 n. 46 (Riordino della disciplina della
riscossione   mediante   ruolo,   a  norma  dell'art. 1  della  legge
28 settembre 1998 n. 337);
        che,  per esplicita dichiarazione contenuta nell'ordinanza di
rimessione,  la  suddetta  opposizione  e' stata redatta e presentata
personalmente dalla parte, senza assistenza di un difensore;
        che  le opposizioni previste e disciplinate dal titolo quinto
del  libro  terzo  del  codice di procedura civile danno luogo - come
costantemente affermato in giurisprudenza e in dottrina - ad autonomi
giudizi di cognizione;
        che  pertanto  all'opposizione di cui all'art. 617 cod. proc.
civ.  si applicano pienamente le regole contenute negli artt. 82 e 83
cod.  proc.  civ.  (ex  plurimis,  Cass.,  sez.  III, 22 luglio 2004,
n. 13638);
        che,   in   applicazione   del   principio  generale  di  cui
all'art. 82  cod.  proc.  civ.,  la mancanza di rappresentanza-difesa
tecnica  produce la nullita' insanabile dell'intero giudizio e l'atto
sottoscritto  solo  dalla  parte  deve  considerarsi  inesistente  ed
inidoneo  all'instaurazione del procedimento (ex plurimis, Cass., sez
I,   13  giugno 1998,  n. 5929;  Cass.,  sez.  I,  9 settembre  2002,
n. 13069);
        che  di  conseguenza  il  giudizio  a quo appare vistosamente
viziato dall'inesistenza giuridica dell'atto introduttivo;
        che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, solo
in  assenza  di  vizi  rilevabili  ictu  oculi e' precluso in sede di
giudizio  di  costituzionalita'  il  sindacato  sulla  validita'  del
giudizio  principale (ex plurimis, sentenze n. 109 del 2003, n. 163 e
498 del 1993, n. 139 del 1980);
        che, nel caso di specie, la violazione del principio generale
dell'indefettibilita'  della  rappresentanza-difesa tecnica contenuto
nell'art. 82 cod. proc. civ. appare chiara e manifesta;
        che,  in conclusione, il giudizio a quo non si e' validamente
instaurato per un vizio macroscopico rilevabile d'ufficio;
        che   l'autonomia   del   giudizio  costituzionale  non  puo'
spingersi sino ad ignorare la nullita-inesistenza, rilevabile a prima
vista, del giudizio a quo.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 122  del  codice di procedura
civile,  in  combinato  disposto  con gli artt. 4 e 8, commi 1, 3 e 4
della  legge  23 febbraio  2001 n. 38 (Norme a tutela della minoranza
linguistica slovena nella Regione Friuli-Venezia Giulia), nonche' del
combinato  disposto  degli  artt. 4, comma 1, e 8, commi 1 e 5, della
legge  n. 38  del  2001 e dell'art. 4, comma 1, della legge n. 38 del
2001,   sollevata,   in   riferimento  agli  artt. 2,  3  e  6  della
Costituzione  e  3  della  legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1
(Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), dal Tribunale
di Trieste con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2006.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: Silvestri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 27 gennaio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0057