N. 28 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 2005

Ordinanza  emessa  il  12  dicembre 2005 dal tribunale amministrativo
regionale  del Friuli-Venezia Giulia sul ricorso proposto da Vodafone
Omnitel N.V. contro Regione Friuli-Venezia Giulia

Radiotelevisione  e  servizi  radioelettrici  -  Norme  della Regione
  Friuli-Venezia Giulia in materia di infrastrutture per la telefonia
  mobile - Previsione dell'adozione dei piani comunali di settore per
  la  localizzazione  degli  impianti, previa definizione delle linee
  guida contenute nel regolamento di attuazione della legge regionale
  censurata  -  Denunciato  contrasto  con  il principio fondamentale
  stabilito  dal  legislatore  statale  e da quello comunitario della
  copertura  di  tutto  il  territorio  nazionale  (e  di conseguenza
  regionale)  da  parte della rete di telefonia mobile e della regola
  generale dell'ammissibilita', dal punto di vista urbanistico, salvo
  eccezioni  -  Violazione  dei  principi  di  liberta'  d'iniziativa
  economica privata e di tutela della concorrenza.
- Legge  della  Regione Friuli-Venezia Giulia 6 dicembre 2004, n. 28,
  artt. 3, lett. a), e 4.
- Costituzione,  artt. 41  e  117,  commi secondo, lett. e), e terzo;
  Statuto  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  adottato con legge
  costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, art. 4, primo comma.
Radiotelevisione  e  servizi  radioelettrici  -  Norme  della Regione
  Friuli-Venezia Giulia in materia di infrastrutture per la telefonia
  mobile  -  Necessita'  della  concessione o autorizzazione edilizia
  comunale  per  l'installazione  dell'impianto  - Denunciata mancata
  previsione  della  Conferenza  di  servizi - Introduzione di pareri
  vincolanti  dell'Agenzia  regionale per la protezione dell'ambiente
  (ARPA)  e  dell'Azienda  per  i  servizi  sanitari territorialmente
  competente,  con  oneri  finanziari  per  gli  stessi  a carico del
  richiedente   -   Mancata   espressa  previsione  dell'unicita'  di
  procedimento  e di titolo autorizzatorio - Contrasto con i principi
  fondamentali  della legislazione statale e comunitaria in materia -
  Violazione   del   principio  di  liberta'  d'iniziativa  economica
  privata.
- Legge  della  Regione Friuli-Venezia Giulia 6 dicembre 2004, n. 28,
  artt. 5, commi 2, 3, 4, 5, 6 e 7.
- Costituzione,  artt. 41  e  117,  commi secondo, lett. e), e terzo;
  Statuto  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  adottato con legge
  costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, art. 4, primo comma.
Radiotelevisione  e  servizi  radioelettrici  -  Norme  della Regione
  Friuli-Venezia Giulia in materia di infrastrutture per la telefonia
  mobile   -   Divieto  di  localizzazione  degli  impianti  in  zone
  interessate  da  biotipi  istituiti  ai sensi della legge regionale
  30 settembre  1996,  n. 42  -  Denunciato  contrasto con i principi
  stabiliti  dalla  legislazione  statale  e comunitaria in materia -
  Violazione   del   principio  di  liberta'  d'iniziativa  economica
  privata.
- Legge  della  Regione Friuli-Venezia Giulia 6 dicembre 2004, n. 28,
  art. 8, comma 2.
- Costituzione,  artt. 41  e  117,  commi secondo, lett. e), e terzo;
  Statuto  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  adottato con legge
  costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, art. 4, primo comma.
(GU n.7 del 15-2-2006 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 274/2005 di
Vodafone  Omnitel  N.V.,  rappresentata  e  difesa dagli avv.ti Paolo
Mantovan  e  Gianni Sadar, con elezione di domicilio presso lo studio
del secondo in Trieste;
    Contro  la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del
presidente  legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dagli  avv.ti  Michela Del Neri e Daniela Iuri, dell'Avvocatura della
Regione,  con elezione di domicilio presso la sede dell'Avvocatura in
Trieste  per l'annullamento del regolamento di attuazione della legge
regionale   n. 28/2004  emanato  con  decreto  del  presidente  della
regione 19  aprile  2005,  n. 094/Pres  e approvato con deliberazione
della  giunta  regionale  n. 683  in data 1° aprile 2005, nelle parti
meglio specificate nei motivi di ricorso, nonche' del decreto e della
deliberazione  teste'  indicati  e  di ogni atto procedimentale e, in
particolare:  a)  del parere espresso dalla IV Commissione permanente
del  Consiglio  regionale in data 23 febbraio 2005; b) della delibera
dell'Assemblea  delle  Autonomie  Locali n. 7/52/2005 di data 9 marzo
2005;  c)  della  nota  della  detta  Assemblea  prot.  5366/1.2.9 di
data aprile 2004;
    Visto  il  ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la
Segreteria;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione;
    Viste le memorie prodotte dalle parti tutte;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi,  alla  pubblica  udienza del 2 novembre 2005 - relatore il
consigliere Oria Settesoldi - i difensori delle parti presenti;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

                              F a t t o

    Il  ricorso  e' rivolto contro la regolamentazione regionale cui,
in  esecuzione  della  legge  regionale  6 dicembre  2004  n. 28  che
ridisciplina  le  infrastrutture  per  la  telefonia  mobile,  spetta
dettare  le  linee guida per la predisposizione e l'aggiornamento del
piano  comunale  di  settore,  definire  i modelli delle istanze e la
documentazione a corredo ed individuare le procedure per le azioni di
risanamento.
    Vengono dedotti i seguenti motivi:
        1)  Violazione  di  legge.  Violazione  degli artt. 117 della
Cost., 3 e 8 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, nonche' 86 e 87 del
d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259.
    Si  sostiene  che  i  principi derivanti dalla legge quadro e dal
codice  delle  comunicazioni  elettroniche consentono l'installazione
delle   infrastrutture   per   la   telefonia  mobile  in  ogni  zona
territoriale  a  condizione che rispettino: a) i valori soglia per le
immissioni fissati dallo Stato, b) gli obiettivi di qualita' indicati
dalla  legge  regionale  c)  il  regolamento  emanato dai comuni. Per
contro  il «piano comunale di settore» previsto dalla legge regionale
avrebbe l'effetto di non consentire l'insediamento di questi impianti
in   ogni  parte  del  territorio  regionale  ma  soltanto  nei  siti
previamente e specificamente individuati dallo stesso. In tal modo si
verrebbe    ad    incidere   negativamente   sull'ordinamento   della
comunicazione   (art. 117,   comma   3,   Cost.),   sia   perche'  si
constringerebbe  l'ente  locale ad utilizzare uno strumento diverso e
piu'  rigido  rispetto  a  quello  individuato dalla legge quadro (il
piano   di   settore   anziche'   il  regolamento),  sia  perche'  si
frustrerebbe lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni dal punto di
vista  temporale  e della copertura del territorio. Infatti, sotto il
primo profilo, il piano di settore comporta l'individuazione a priori
delle  aree  idonee senza garantirne all'operatore la disponibilita',
ed  eventualmente costringendo a richiedere una variante del piano in
caso di mancata possibilita' di acquisirla.
        2) Violazione  di legge. Violazione degli artt. 117 Cost., 3,
4 ed 8 legge 22 gennaio 2001, n. 36; 3 e 4 d.P.C.m. 8 luglio 2003;
    L'art. 8   della  l.r.  28/2004  vieta  la  localizzazione  degli
impianti  per la telefonia mobile su edifici e relative pertinenze in
ragione   della  loro  destinazione  d'uso,  di  tipo  assistenziale,
scolastico  ecc. e quindi in base ad un criterio localizzativo mentre
la  normativa  statale  attuativa  del  principio  di  cautela di cui
all'art. 174, comma 2 del trattato istitutivo della Comunita' europea
ha  previsto  che  la  protezione  degli  ambienti  sensibili avvenga
mediante  la  previsione di speciali valori di attenzione fissati con
il  d.P.C.m. 8 luglio 2003 e l'art. 4 della legge quadro ha demandato
allo  stato  la  determinazione  dei  valori  di  attenzione  e degli
obiettivi   di  qualita'  in  quanto  valori  di  campo,  sicche'  la
individuazione effettuata dalla normativa regionale e dal regolamento
di  attuazione della stessa e' costituzionalmente illegittima perche'
eccede i limiti della competenza regionale.
        3) Violazione di legge. Violazione dei principi in materia di
ordinamento della comunicazione.
    Il  legislatore regionale, all'art. 8, comma 2, della legge n. 28
del  2004,  ha  vietato  la localizzazione degli impianti «nelle zone
interessate  da  biotopi  istituiti  ai  sensi  della legge regionale
30 settembre 1996, n. 42».
    L'art. 4  di  tale  legge  prevede  che  «i biotopi naturali sono
individuati,  in  aree esterne ai parchi ed alle riserve, con decreto
del  presidente  della  giunta  regionale» e che «il decreto medesimo
precisa  il  perimetro dei biotopi e le norme necessarie, alla tutela
dei  valori  naturali  individuati».  Per  ciascun  parco  e riserva,
invece,  l'art.  11  prevede che l'Amministrazione regionale formi un
piano di conservazione e sviluppo (PCS) che, ex art. 14, comma 3, «ha
valore  di  piano  paesistico,  ai  sensi del decreto legge 27 giugno
1985,  n. 312,  convertito  in  legge, con modificazioni, dalla legge
8 agosto  1985, n. 431, e di piano urbanistico», prevedendo, al sesto
comma,  che  «i  piani  di  settore eventualmente in contrasto con le
previsioni   del  PCS  sono  adeguati  entro  un  anno  dagli  organi
competenti».
    Il  secondo  comma  dell'art. 8 della l.r. 28/2004 pone invece un
divieto  assoluto  di  installazione  nelle  sole zone interessate da
biotopi,  che  godono di una protezione senz'altro inferiore a quella
accordata  ai  parchi  ed alle riserve naturali, per i quali non vige
tale divieto legislativo.
    Un  siffatto  criterio di localizzazione in negativo, proprio per
la   sua  assolutezza,  sarebbe  tale  da  pregiudicare  l'interesse,
protetto  dalla legislazione nazionale, alla realizzazione delle reti
di telecomunicazione.
    Poiche'   il   regolamento  di  attuazione  della  l.r.  28/2004,
all'art. 3,   comma 2,   lett.   a),  recepisce  la  specifica  norma
legislativa,  prevedendo che il piano di settore evidenzi le aree ove
le  localizzazioni  delle  stazioni radio base «sono incompatibili ai
sensi  dell'art. 8  della  legge»,  si  eccepisce  la  illegittimita'
costituzionale  di quest'ultimo articolo per violazione del ricordato
principio  in  materia di ordinamento della comunicazione e quindi si
deduce  la  illegittimita' della norma regolamentare di attuazione su
trascritta.
        4) Violazione di legge. Violazione del principio di legalita'
sostanziale.
    Ex  art. 4,  comma 2, lett. c), il piano di settore deve definire
la  localizzazione delle strutture per l'installazione degli impianti
per  la  telefonia  mobile  ed  il  legislatore, ex art. 3, lett. a),
demanda  alla  giunta regionale il compito di definire le linee guida
per  la  sua  predisposizione  ed  il suo aggiornamento. La giunta ha
approvato  questo  regolamento  fissando  essa  stessa  gli obiettivi
generali  del piano (art. 2), i contenuti dello stesso (artt. 3 e 4),
le procedure (artt. 6, 7, 8, 9).
    Sennonche'  gli  artt. 3  e  4  della  legge n. 28 non indicano i
principi   e   criteri   cui   dovra'   attenersi   la  giunta  nella
predisposizione  ed approvazione del regolamento e la totale liberta'
attribuitale  nel  dettare tale disciplina violerebbe il principio di
legalita'  sostanziale  oltre a consentire, come visto nei precedenti
motivi,  l'emanazione  di discipline regionali eccedenti l'ambito dei
poteri  della  regione  o  contrastanti  con  i principi fondamentali
desumibili dalla legislazione statale.
    La norma che conferisce il potere regolamentare (art. 3, lett. a)
sarebbe   quindi   costituzionalmente  illegittima,  con  conseguente
invalidita'  delle  norme regolamentari emanate in attuazione di tale
delega.
        5)   Violazione  di  legge.  Violazione  dell'art. 117  Cost.
nonche' dell'art. 87, d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259.
    L'art. 5 della l.r. n. 28 subordina l'installazione e la modifica
degli  impianti  in  questione  all'ottenimento  della  concessione o
dell'autorizzazione   edilizia,   previa   acquisizione   dei  pareri
vincolanti  dell'A.R.P.A. e dell'A.S.S., con facolta' per ciascuno di
questi soggetti di chiedere, per una sola volta, l'integrazione della
documentazione   prodotta,   senza   peraltro  nulla  dire  circa  la
possibilita'   di   convocazione  della  conferenza  di  servizi.  Il
regolamento,  a  sua  volta, presuppone questa normativa, stabilendo,
con  l'art.  11, che la richiesta di concessione o di autorizzazione,
oltreche' dei pareri, siano conformi ai modelli allegati.
    Senonche'  il  d.lgs.  259/2003 prevede che l'installazione delle
stazioni  radio  base  per  reti di comunicazioni elettroniche mobili
GSM/UMTS sia subordinata al rilascio della sola autorizzazione di cui
all'art. 87  del  Codice,  previo  accertamento,  da parte della sola
ARPA,  del  rispetto  dei  valorisoglia  di  cui  al  citato d.P.C.m.
8 luglio 2003.
    Si  tratterebbe  cioe'  di  un  procedimento  speciale  ed unico,
destinato   ad  assorbire  anche  la  verifica  della  compatibilita'
urbanistico edilizia dell'intervento.
    Le  ricordate  norme  della legge regionale e del suo regolamento
attuativo   invece   disapplicherebbero   completamente   i  principi
contenuti   nell'art. 87   di   unificazione  e  semplificazione  del
procedimento,  aggravandolo  con  la  richiesta del parere, oltre che
dell'A.R.P.A.,  anche  dell'A.S.S.,  che  costituirebbe  pertanto  un
inutile duplicato.
    Sarebbero  percio'  costituzionalmente illegittime, cosi' come le
disposizioni regolamentari che vi danno esecuzione.
        6)  Violazione  di  legge.  Violazione  dell'art. 4,  l.r.  6
dicembre 2004, n. 28.
    Ai  sensi dell'art. 4 della l.r. 28 aprile 2004 il piano comunale
di  settore  deve definire la localizzazione delle infrastrutture per
gli  impianti  radioelettrici, tenuto conto dei programmi dei gestori
delle  reti  per  la  telefonia  mobile.  E  l'art. 2 del regolamento
precisa che obiettivo del piano e' il «riconoscimento di aree, idonee
ad  ospitare  impianti, complessivamente compatibili con i vincoli di
natura territoriale».
    Subito  dopo,  pero',  il  regolamento  indica  tra gli obiettivi
generali  del  piano, oltre che «il soddisfacimento del fabbisogno di
servizio da parte degli utenti» (il che viene ritenuto condivisibile)
anche   «un  equilibrato  sviluppo  del  servizio  di  copertura  del
territorio»  (lett.  g)  e  «l'equilibrio  tra  la richiesta di nuove
localizzazioni e la capacita' del territorio ad accoglierle».
    La   prefissione   di  questi  due  specifici  obiettivi  sarebbe
illegittima  ed  eccederebbe  le  finalita' del piano, che dovrebbero
essere quelle di riconoscere le aree idonee alla localizzazione degli
impianti  in  modo  da  non  pregiudicare le possibilita' di sviluppo
delle  reti  dei  gestori, senza peraltro poter valutare le scelte di
carattere  imprenditoriale  e  tecnico  operate  con  i  programmi di
sviluppo  della  rete  (cosi'  trasformando  l'atto autorizzatorio da
vincolato a discrezionale).
    Per  la  stessa  ragione  dovrebbe  considerarsi  illegittima  la
disposizione di cui all'art. 3, comma 7, lett. a), nella parte in cui
prevede   che   ciascun   gestore  non  solo  indichi  la  ubicazione
dell'impianto, ma evidenzi anche «le coperture di rete» che non hanno
alcuna rilevanza sotto il profilo localizzativo.
    Neppure  rientrerebbe  tra  i  contenuti  del  piano,  cosi' come
definiti  dalla  legge  regionale,  stabilire  le  «modalita'  per la
realizzazione  delle  infrastrutture  per  telefonia mobile» (art. 3,
lett.  f)  e  le  «prescrizioni per la realizzazione o la modifica di
infrastrutture  per  la telefonia mobile nelle parti del territorio e
dell'edificato  di  interesse  ambientale,  paesaggistico  e  storico
culturale».
    Come  previsto  dall'art. 8  della  legge, le installazioni degli
impianti  sugli  edifici  e  sulle  aree  vincolate dovrebbero essere
previamente  autorizzate  anche  dalla autorita' preposta alla tutela
del   vincolo,   cui  sola  spetta  la  valutazione  delle  modalita'
costruttive  prescelte  dal  gestore.  Ne',  una  volta autorizzate e
realizzate,  dovrebbe  potersene  disporre  la  modifica  in  base  a
successiva diversa valutazione di compatibilita'.
        7)  Violazione  di  legge.  Violazione  e  falsa applicazione
dell'art. 4 l.r. 6 dicembre 2004, n. 28.
    Il  secondo  comma  dell'art. 5  del  regolamento  di  attuazione
prevede  che il programma di sviluppo, oltre all'individuazione degli
impianti  esistenti,  contenga  le  proposte di nuove localizzazioni,
intese sia come siti puntuali che come aree di ricerca e «le proposte
di modifica degli impianti esistenti».
    L'interpretazione data con tale norma dell'art. 4, secondo comma,
lett.   c)   della   legge,   secondo  cui  il  piano  definisce  «la
localizzazione  delle strutture per l'installazione di impianti fissi
per  telefonia  mobile  e ponti radio e le loro eventuali modifiche»,
sarebbe   errata   perche'   il   piano  potrebbe  solo  definire  la
localizzazione  delle  strutture  e  la modifica della localizzazione
delle  strutture. Il progetto dell'impianto non viene autorizzato con
l'approvazione  del piano, ma con un successivo atto, a seguito di un
ulteriore,  autonomo,  procedimento  e,  quindi, a maggior ragione la
modifica   dell'impianto  gia'  realizzato  non  potrebbe  costituire
oggetto di variante urbanistica.
    In   altre  parole  la  modifica  di  un  impianto  non  potrebbe
richiedere   la  variante  del  piano  di  settore,  con  conseguente
illegittimita' della norma che invece contiene questa previsione.
        8)  Violazione  di  legge.  Violazione  dell'art.  5,  l.r. 6
dicembre 2004, n. 28.
    L'art.  11,  comma 8,  del regolamento prevede che l'accertamento
della  compatibilita'  del  progetto  delle  nuove  sorgenti di campo
elettromagnetico  da  installare  con  i  limiti  di  cui al d.P.C.m.
dell'8 luglio  2003  vada  effettuata  secondo  le modalita' indicate
nell'allegato 5.    E    tale    allegato   riferisce   espressamente
l'accertamento in questione anche ai ponti radio.
    Tale  previsione  sarebbe  illegittima perche' l'art. 5, comma 2,
lett.  b)  ultima parte della legge recita: «Per i ponti radio non e'
prevista  l'acquisizione  dei  pareri  preventivi  vincolanti» (cioe'
quelli dell'ARPA e dell'ASS).
    La  disposizione  ha un fondamento tecnico, racchiuso nella norma
CEI  211-10, che ascrive questa tipologia di impianto nella classe di
attenzione  1,  esclusa  dal  procedimento  per  la valutazione della
conformita',   perche'   «l'interposizione  sulla  tratta  radio  tra
trasmettitore  e ricevitore di persone, cosi' come di altri ostacoli,
introduce un degrado della comunicazione tale da interrompere in modo
automatico  ed  immediato l'emissione di potenza elettromagnetica. In
questo  modo  non  si  possono verificare significative condizioni di
esposizione  con  durate  temporali  superiori  al  minuto o comunque
compatibili  con i 6 minuti (tempo sul quale viene eseguito il valore
medio dell'intensita' del campo elettrico)».
        9)  Violazione  di  legge. Violazione degli artt. 3, 5, 6 e 7
della l.r. 28/2004.
    Infine,  ai  sensi  dell'art. 3,  lett.  b)  della  legge, con il
regolamento   si   devono   definire  «i  modelli  di  domanda  e  la
documentazione  di  cui  agli  articoli  5,  6 e 7». Ed il nono comma
dell'art.   5,  il  quinto  comma  dell'art. 6  ed  il  quarto  comma
dell'art. 7  del  regolamento  prevedono  che  il  gestore  comunichi
preventivamente  alla  Regione, al Comune, all'A.R.P.A. ed all'A.S.S.
la data di attivazione, «per gli adempimenti di competenza».
    Il  modello  di  comunicazione preventiva, di cui all'allegato 7,
estende  pero'  il contenuto dell'atto, richiedendo una dichiarazione
di  conformita'  dell'impianto  alle  caratteristiche  tecniche  gia'
comunicate e, soprattutto, la comunicazione di ulteriori dati tecnici
dell'impianto,  che  variano  in  funzione  dell'ottimizzazione della
rete.   Almeno   quest'ultima  parte  del  modello  sarebbe  pertanto
illegittima,   se   non   altro  perche'  non  prevista  dalle  norme
legislative su indicate.
    Si   e'   costituita   in   giudizio  l'amministrazione  intimata
controdeducendo per il rigetto del ricorso.

                            D i r i t t o

    1)  Osserva  in primis il Collegio che il ricorso e' ammissibile,
dal   momento   che  le  impugnate  disposizioni  regolamentari  sono
immediatamente  lesive degli interessi della ricorrente, perche' tale
lesione  deriva  direttamente dalla procedura che viene approntata, a
partire  dalla stessa previsione di una pianificazione aprioristica e
vincolante con la conseguente anticipazione al momento pianificatorio
delle  scelte  relative  alle  installazioni  e  modificazioni  degli
impianti.
    Gli articoli del regolamento di attuazione oggetto della presente
impugnativa  concernono infatti (artt. 2 e 3) la previsione del piano
comunale  di  settore  per la localizzazione degli impianti ex art. 4
della  legge  regionale n. 28/2004, la previsione degli accordi con i
gestori   da   recepirsi   nel   piano  (art. 9),  la  procedura  per
l'ottenimento della concessione o autorizzazione edilizia (art. 11) e
le  procedure  per  l'accertamento  della conformita' del progetto di
impianto  radio  mobile  ai limiti di campo elettromagnetico indicati
dal d.P.C.m. 8 luglio 2003.
    2)  Il ricorso mira sostanzialmente a denunciare l'illegittimita'
delle     succitate    norme    regolamentari    siccome    derivante
dall'incostituzionalita' delle norme della legge regionale n. 28/2004
a  cui  esse sostanzialmente si attengono. In via meramente residuale
vengono  dedotte  anche  alcune  censure  di  violazione  della legge
regionale   sopracitata   che   pero'  si  riferiscono  unicamente  a
disposizioni regolamentari marginali, tanto che la loro decisione non
e'  in grado di influire sul generale esito del gravame a prescindere
dall'esame delle eccezioni di incostituzionalita'.
    3)  In  ogni  caso il Collegio ritiene opportuno iniziare l'esame
del  ricorso  proprio  dai  motivi  attinenti alle dedotte violazioni
della normativa ex legge regionale 28/2004 di cui alle ultime quattro
censure di ricorso.
    4)  Con  il  sesto  motivo  del  ricorso  si deduce la violazione
dell'art. 4  della l.r. 28 nell'assunto che il regolamento all'art. 2
includerebbe tra gli obiettivi del piano anche l'equilibrato sviluppo
del  servizio  di  copertura  del  territorio  e  l'equilibrio tra la
richiesta  di  nuove  localizzazioni e la capacita' del territorio ad
accoglierle,  che  sarebbero  obiettivi  che  eccedono  le  finalita'
attribuite  al  piano dalla legge regionale ed avrebbero l'effetto di
trasformare  l'atto autorizzatorio da vincolato a discrezionale. Allo
stesso   modo  le  finalita'  di  carattere  meramente  localizzativo
attribuite  al  piano dalla legge regionale non sarebbero compatibili
con  l'evidenziazione della copertura di rete da includersi nel piano
ai sensi dell'art. 3, comma 7, lett. a).
    Ritiene  il  Collegio  che,  a  prescindere  dall'opportunita' di
valutare  la rispondenza delle norme regolamentari a delle previsioni
di  legge  della  cui costituzionalita' si ha ragione di dubitare, in
ogni  caso  la dedotta violazione della legge regionale non sussista.
Infatti,  ai  sensi  dell'art. 4, comma 2, lettere a) e b) del piano,
questo   deve  perseguire  «l'uso  razionale  territorio,  la  tutela
dell'ambiente,  del paesaggio e dei beni naturali» ed «e' predisposto
tenuto  conto  sia delle necessita' dell'Amministrazione comunale che
dei  programmi  dei  gestori  di rete...», sicche' e' evidente che vi
puo'  essere fatto rientrare sia il sopraccitato bilanciamento tra le
varie  esigenze  sia  la  valutazione della copertura di rete. Va tra
l'altro  rimarcato  che  la considerazione da parte del piano di tali
obiettivi  e l'inclusione di tali dati non trasforma l'autorizzazione
da  vincolata  a  discrezionale perche' le valutazioni discrezionali,
nel  sistema  di  pianificazione  delineato  dalla  legge regionale e
puntualmente  attuato  dalla  normativa  regolamentare  sono fatte al
momento  della  pianificazione,  tant'e'  che  l'art. 9,  comma 2 del
regolamento  prevede  che  sono  poi  autorizzabili solo gli impianti
riconosciuti compatibili dal Piano.
    5)   Con   il  settimo  motivo  si  deduce  che  il  regolamento,
all'art. 5,  secondo  comma, violerebbe l'art. 4, secondo comma della
l.r.  28/2004  perche'  porterebbe  a  includere  nel  piano anche le
progettate  modifiche di impianti gia' realizzati, ancorche', secondo
la previsione legislativa, il piano non dovesse contemplare i singoli
progetti  ma limitarsi a definire la localizzazione delle strutture e
la modifica di localizzazione delle stesse.
    Osserva  al riguardo il Collegio che la previsione ex art. 4 l.r.
28/2004 secondo cui il piano comunale «definisce... la localizzazione
delle  strutture  per l'installazione di impianti fissi ...» comporti
proprio  la  identificazione  dell'ubicazione  dei  singoli impianti,
sicche'  non  vi e' al riguardo alcuna discrepanza tra il piano ed il
regolamento.
    6) Con il motivo n. 8 si contesta la violazione dell'art. 5 della
l.r.  n. 28/2003  da  parte  dell'art.  11,  comma 8  del regolamento
secondo  cui  l'accertamento  della  compatibilita'  del  progetto va
effettuata  secondo  le  modalita'  indicate nell'allegato 5 e quindi
deve riguardare anche i ponti radio nonostante l'art. 5 cit. al comma
2,  lett.  b)  espressamente  li  esenti  dalla necessita' dei pareri
preventivi vincolanti ARPA e ASS.
    La  dedotta  violazione di legge peraltro non sussiste perche' il
regolamento   non   estende  ai  ponti  radio  l'obbligo  del  parere
preventivo,  bensi'  estende  a  questi impianti l'applicazione delle
procedure   dell'allegato 5  e  quindi  impone  l'accertamento  della
conformita'   del   progetto  di  ponti  radio  ai  limiti  di  campo
elettromagnetico indicati dal d.P.C.m. 8 luglio 2003.
    7)  Infine,  con  il motivo n. 9, si contesta la legittimita' del
modello  di  comunicazione preventiva di cui all'allegato 7 in quanto
tale  modello  prevede la comunicazione di dati tecnici dell'impianto
che  variano  in funzione dell'ottimizzazione della rete e che non e'
prevista da alcuna norma della legge regionale.
    Anche questa censura si rivela peraltro infondata dal momento che
la  legge  regionale  in  questione  espressamente prevede che l'ARPA
debba  effettuare  vigilanza  e controllo volti anche a verificare il
rispetto  dei  limiti  di esposizione ai campi elettromagnetici ed al
mantenimento  dei  parametri  tecnici  dichiarati  (art. 9 della l.r.
28/2004),  sicche'  e'  pienamente legittima la comunicazione di dati
tecnici  contestualmente alla comunicazione di attivazione in quanto,
pur   non   espressamente   richiesti  dalla  legge  regionale,  sono
evidentemente  finalizzati  all'espletamento del controllo che questa
impone.
    8)  Verificato  quindi,  come  sopra visto, che il regolamento va
ritenuto  sostanzialmente  conforme  alla  legge  regionale di cui e'
attuativo,  il  Collegio  deve affrontare l'esame delle altre censure
con   cui   si   deduce  sotto  vari  rispetti  che  le  disposizioni
regolamentari  censurate  costituirebbero per l'appunto attuazione di
previsioni  legislative  regionali  da  ritenersi  costituzionalmente
illegittime.
    9)  E'  innegabile  la  rilevanza  in  causa  delle  eccezioni di
illegittimita' costituzionale dal momento che solo la loro fondatezza
potrebbe mediatamente portare all'accoglimento del ricorso.
    10)  Rimane pertanto da effettuare la valutazione di spettanza di
questo giudice in ordine alla possibile non manifesta infondatezza di
tali eccezioni.
    Il  Collegio  osserva anzitutto che la principale censura attiene
sostanzialmente  alla violazione delle disposizioni costituzionali in
tema   di   disciplina   del  riparto  delle  competenze  legislative
Stato/regioni  e,  conseguentemente,  dei  principi  fondamentali  in
ordine  all'ordinamento  delle  comunicazioni  elettroniche,  operata
mediante  l'accorpamento di tutta la normativa relativa alle stazioni
radio  mobile all'interno della disciplina urbanistica, discostandosi
dai  principi  generali fissati dal legislatore statale riguardo alla
disciplina delle telecomunicazioni.
    L'art.  117,  terzo  comma  della  Costituzione  attribuisce alla
competenza   legislativa   «concorrente»  delle  Regioni  la  materia
dell'«ordinamento  della  comunicazione»  e,  di conseguenza, riserva
alla  normativa  statale  la  previsione  dei  principi  generali che
debbono   essere   puntualmente  rispettati  in  sede  di  normazione
regionale,  sicche'  la  competenza  legislativa  regionale  puo'  al
riguardo   esplicarsi   unicamente  nel  puntuale  rispetto  di  tali
principi.  Tale  competenza  legislativa  si  applica al momento, nei
termini  sopraccitati,  anche  alla Regione Friuli-Venezia Giulia, in
virtu'  della  previsione  dell'art. 10  della legge cost. n. 3/2001,
trattandosi  di  ampliamento  della  sfera di autonomia regionale con
l'attribuzione  di  una materia per la quale lo statuto regionale non
attribuiva alla Regione alcun tipo di competenza legislativa.
    In  materia di urbanistica, la Regione Friuli-Venezia Giulia gode
invece    del    ben    maggior    raggio   d'azione   riconosciutole
dall'attribuzione statutaria di una competenza legislativa primaria.
    L'esame  della  legge  regionale 6 dicembre 2004, n. 28 dimostra,
quanto  meno  inizialmente,  l'apparente  consapevolezza da parte del
legislatore  regionale  del  fatto  che la legge in questione sarebbe
andata  ad  impingere non soltanto nella materia urbanistica, perche'
non  viene fatto riferimento unicamente all'art. 4, primo comma n. 12
dello  Statuto  speciale  adottato con legge cost. n. 1/1963 ma viene
anche   proclamata  l'armonia  con  i  principi  di  cui  alla  legge
22 febbraio  2001,  n. 36  ed  al decreto legislativo 1° agosto 2003,
n. 259.  Non  si  comprende quale fosse la necessita' di armonizzarsi
con  tali  principi se ad essi non fosse stato riconosciuto carattere
di principi fondamentali in materia in cui l'apposizione degli stessi
spettava allo Stato.
    Di  fatto  appare  peraltro  innegabile  che il sistema normativo
scaturente  dalla  legislazione  statale  sopraccitata e quello della
legge  regionale n. 28/2001 presentano differenze abbastanza marcate,
restando da vedere se dette differenze possono ritenersi afferenti ai
principi fondamentali fissati dalla legislazione statale, per lo meno
per   quanto   attiene   alla  prima  valutazione  di  non  manifesta
infondatezza di spettanza di questo giudice.
    11)  Ritiene  il Collegio che il quadro dei principi fondamentali
fissati   dalla   legislazione   in   materia  di  ordinamento  delle
comunicazioni  sia  stato  delineato  con  una  certa chiarezza dalle
precedenti pronuncie della Corte costituzionale (C. Cost. n. 307/2003
e   C.  cost.  n. 336/2005),  con  l'ulteriore  precisazione  che  la
normativa  adottata  con  il  codice delle comunicazioni elettroniche
recepisce   le  direttive  comunitarie  in  materia,  nell'ottica  di
arrivare al superamento delle posizioni di monopolio del settore e di
garantire,  nell'intero  territorio  della  comunita'  e  - quindi, a
maggior  ragione  - nell'ambito dei singoli paesi che ne fanno parte,
un'effettiva  situazione  di  concorrenza mediante l'attuazione di un
processo  di  liberalizzazione del settore con l'armonizzazione delle
procedure  amministrative  ed  evitando  ritardi  nella realizzazione
delle infrastrutture di comunicazione elettronica.
    12)  Si  puo' quindi agevolmente riconoscere come primo di questi
principi  fondamentali  che  emergono  dalla  normativa statale e che
rispondono   agli   obblighi   comunitariamente   assunti,  anzitutto
l'interesse  alla  realizzazione  delle reti di telecomunicazione. Al
riguardo la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 336/2005,
ha   affermato   che  «In  particolare,  i  principi  di  derivazione
comunitaria sono stati espressamente recepiti dall'art. 4 del decreto
impugnato,  il  quale  prevede  che  la  disciplina delle reti (e dei
servizi)  e'  volta  a  salvaguardare  i  diritti  costituzionalmente
garantiti  di  "liberta'  di  comunicazione", nonche' di "liberta' di
iniziativa  economica  e  suo  esercizio  in  regime  di concorrenza,
garantendo   un   accesso   al   mercato  delle  reti  e  servizi  di
comunicazione    elettronica   secondo   criteri   di   obiettivita',
trasparenza,  non  discriminazione  e proporzionalita'" (comma 1). Il
terzo comma dello stesso art. 4 dispone, inoltre, tra l'altro, che la
suddetta  disciplina  e' volta anche a "promuovere la semplificazione
dei  procedimenti  amministrativi  e  la  partecipazione  ad essi dei
soggetti  interessati, attraverso l'adozione di procedure tempestive,
non  discriminatorie  e  trasparenti  nei confronti delle imprese che
forniscono  reti  e  servizi di comunicazione elettronica", nonche' a
"promuovere  lo  sviluppo  in  regime di concorrenza delle reti e dei
servizi  di  comunicazione  elettronica,  ivi compresi quelli a larga
banda  e  la  loro diffusione sul territorio nazionale, dando impulso
alla coesione sociale ed economica anche a livello locale"».
    Ulteriormente  argomentando  sempre la Corte costituzionale nella
sentenza  citata  ha  chiarito  espressamente  che:  «... la puntuale
attuazione  delle prescrizioni urbanistiche, secondo cui le procedure
di  rilascio  del  titolo  abilitativo  per  la  installazione  degli
impianti  devono  essere  improntate  al  rispetto  dei  canoni della
tempestivita'  e  della  non  discriminazione,  richiede di regola un
intervento  del  legislatore statale che garantisca l'esistenza di un
unitario     procedimento     sull'intero    territorio    nazionale,
caratterizzato,  inoltre, da regole che ne consentano una conclusione
in  tempi  brevi»  e,  in forza di cio', ha ravvisato nelle norme del
capo V  del  titolo  II  del Codice delle telecomunicazioni - fra cui
rientra  quindi  anche  l'art. 87  e  la normativa procedimentale ivi
delineata  -  natura di norme di principio legittimamente poste dallo
Stato alla legislazione concorrente delle regioni.
    E'  ben  vero  che la stessa Corte costituzionale ha riconosciuto
anche  che  nel  settore  in questione si intersecano diverse materie
rispetto  alle quali i titoli di competenza legislativa dello Stato e
delle Regioni non hanno tutti la stessa natura. Peraltro, anche se la
Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia ha competenza esclusiva nel
campo  dell'urbanistica  e quindi, a differenza di quanto avviene per
le  regioni a statuto ordinario in relazione alla materia di «governo
del   territorio»   non   e'   vincolata  al  rispetto  dei  principi
fondamentali  al  riguardo  posti  dalla  normativa  statale,  non va
dimenticato che anche siffatta competenza primaria incontra il limite
non  solo  delle  grandi  riforme economiche e sociali ma anche degli
obblighi  internazionali,  nel  quale genus indubbiamente vanno fatti
rientrare anche i vincoli comunitari.
    In  ogni caso il Collegio osserva che non e' possibile ricondurre
tutta  la  disciplina inerente all'installazione degli impianti per i
servizi  di  comunicazione  elettronica  unicamente  nell'alveo della
materia  urbanistica' sicche' - trattandosi di materia per cosi' dire
«mista» - anche le previsioni piu' prettamente urbanistiche devono, a
parere   del   Collegio,   mostrare   di  tener  conto  dei  principi
fondamentali  che  riguardano  l'ordinamento delle comunicazioni; del
resto,  come  gia' accennato, la Regione stessa ha mostrato di essere
apparentemente  consapevole della natura della competenza legislativa
esercitata,  avendo  espressamente  affermato  di aver armonizzato la
propria  legislazione  con  i  principi di cui alla legge 22 febbraio
2001, n. 36 ed al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (art. 1,
l.r. 28/2004).
    13)  Passando  adesso  all'esame dei singoli articoli della legge
regionale sui quali si appuntano le censure di incostituzionalita' si
evidenziano anzitutto gli artt. 3 e 4 della legge regionale 28/2004 -
laddove  viene  previsto  il  piano comunale di settore e non vengono
indicati  i  principi  e criteri cui dovra' attenersi la giunta nella
predisposizione  e  approvazione  del  regolamento, l'art. 5 - per la
previsione   della  necessita'  della  concessione  o  autorizzazione
edilizia  comunale  per l'installazione dell'impianto, per la mancata
previsione  della conferenza di servizi, per la previsione dei pareri
vincolanti  dell'Agenzia  regionale  per  la protezione dell'ambiente
(ARPA)   e  dell'Azienda  per  i  servizi  sanitari  territorialmente
competente  e  per  la  mancata  espressa previsione dell'unicita' di
procedimento   e  di  titolo  autorizzatorio  e  l'art. 8  -  per  la
previsione  delle  localizzazioni  incompatibili  e per il divieto di
installazione degli impianti nelle zone dei biotopi ma non nei parchi
e nelle riserve naturali.
    14)  In  effetti  l'art. 3  cit.  prevede  l'adozione  dei  piani
comunali  di  settore  per  la  localizzazione  degli  impianti  - da
adottarsi   previa   definizione  delle  linee  guida  da  parte  del
regolamento  oggetto  diretto  della  presente  impugnativa  -  ed il
successivo art. 4 definisce chiaramente il ruolo di tali piani che, a
prescindere  dalle  dichiarazioni  di intenti di cui ai punti a) e b)
del secondo comma, e' lo strumento che, come chiarito al punto c) del
secondo  comma,  identifica  la  «localizzazione  delle strutture per
l'installazione  di impianti fissi per telefonia mobile e ponti radio
e le loro eventuali modifiche».
    Questo  vuol  dire  che, in luogo della regolamentazione comunale
cui  l'art. 8,  comma  6,  della  l.r.  22  febbraio  2001, n. 36, si
riconosceva  il  possibile  ruolo  di  strumento  «per  assicurare il
corretto  insediamento  urbanistico  e  territoriale degli impianti e
minimizzare     l'esposizione     della    popolazione    ai    campi
elettromagnetici»,  ovviamente  mediante  la  fissazione  di  criteri
generali  per  guidare le scelte di installazione, la legge regionale
ha  previsto  il  ricorso  ad  una  pianificazione di tipo nettamente
urbanistico  esecutivo, con il conseguente vincolo della possibilita'
di  installazione  al  rispetto  delle  scelte  localizzative fatte a
priori,   indipendentemente   da   qualsiasi  accertamento  circa  la
proprieta'  e  la  disponibilita' dei siti e senza la possibilita' di
tener  conto di modifiche attinenti le necessita' tecnologiche, salvo
il  ricorso  ad  una  procedura  di modifica del piano o l'attesa del
previsto   aggiornamento   annuale,  con  buona  pace  del  principio
comunitario di tempestivita'.
    Ritiene  il Collegio che dalla procedura sopradelineata si evinca
quindi  un atteggiamento di sostanziale preclusione all'installazione
delle  infrastrutture  per  la telefonia mobile che sono ammesse solo
nelle  localizzazioni  a  tale scopo espressamente previste dal piano
che  si  spinge fino a contemplare i singoli impianti poiche' dicendo
che  il  piano  «definisce  ... la localizzazione delle strutture per
l'installazione  di  impianti  fissi  per  telefonia  mobile  ...» si
intende,  evidentemente, fare riferimento alla ubicazione dei singoli
impianti;  tale intendimento del legislatore regionale viene ribadito
anche  dalla  previsione  regolamentare  che  richiede possano essere
realizzati  solo  gli  impianti riconosciuti compatibili dal piano il
che,  come  sopra si e' visto sub 4) risponde proprio alla scelta del
legislatore  regionale di includere nel piano le localizzazioni delle
strutture. Sembra invece al Collegio che il principio fondamentale al
riguardo  fissato  in  materia di ordinamento delle comunicazioni dal
legislatore statale e da quello comunitario sia di segno opposto, nel
senso  di ritenere che tutto il territorio nazionale - e quindi anche
regionale  -  debba  essere coperto dalla rete di telefonia mobile e,
conseguentemente,   che,   anche   dal  punto  di  vista  urbanistico
territoriale,   la   regola   debba   essere  quella  della  generale
ammissibilita',  salvo l'eccezione alla base dell'esclusione. In tale
ottica   si   spiega   e   si   giustifica   la   previsione  di  una
regolamentazione  a  livello  comunale  che  permetta di enucleare le
situazioni   di   esclusione,   ma   non   l'opposta  scelta  di  una
pianificazione  puntuale,  che  quindi delinei sul territorio le sole
localizzazioni previste.
    La   scelta   regionale   pare  in  contrasto  con  il  principio
fondamentale,    fissato    in    relazione   all'ordinamento   delle
comunicazioni  elettroniche  dalla  normativa statale attuativa delle
direttive  comunitarie,  di  massimo interesse al completamento delle
reti  di  cui  trattasi,  con conseguente necessita' che la procedura
relativa   alla   realizzazione  delle  relative  infrastrutture  sia
improntata   a  criteri  di  efficienza  e  tempestivita',  che  sono
espressioni   anche  del  principio  costituzionale  di  liberta'  di
iniziativa  economica e della tutela della concorrenza, rispetto alla
quale  vi e' la riserva di competenza legislativa statale. Per quanto
attiene  alla  materia  urbanistica  tali  discrepanze si configurano
anche  come  violazioni  degli obblighi internazionali dello Stato al
cui rispetto lo Statuto subordina la suddetta competenza legislativa.
    Per tutte le considerazioni che precedono il Collegio ritiene non
manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale
degli  artt. 3,  lett. a) e 4 della l.r. 28/2004 per contrasto con il
secondo  comma  lett.  e)  ed  il  terzo  comma  dell'art. 117 Cost.,
l'art. 41 Cost. e l'art. 4, primo comma, dello statuto speciale della
Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  adottato  con  legge cost.
31 gennaio 1963, n. 1.
    15) La legittimita' costituzionale dell'art. 5 della l.r. 28/2004
viene  contestata  con riguardo a varie previsioni che attengono alla
necessita'  della  concessione o autorizzazione edilizia comunale per
l'installazione   dell'impianto,   alla   mancata   previsione  della
conferenza  di  servizi,  alla  introduzione  dei  pareri  vincolanti
dell'Agenzia  regionale  per  la  protezione  dell'ambiente  (ARPA) e
dell'Azienda  per  i  servizi sanitari territorialmente competente ed
alla  mancata  espressa previsione dell'unicita' di procedimento e di
titolo autorizzatorio. Osserva anzitutto il Collegio che dall'art. 87
del d.lgs. 259/2003 sembra effettivamente ricavarsi l'esistenza di un
principio   fondamentale  che,  nell'ottica  della  tempestivita'  ed
efficienza  procedimentale  sopra  ricordata, impone il ricorso ad un
unico  procedimento autorizzativo prodromico alla realizzazione degli
impianti  radioelettrici  di  cui  si  discute,  il  che peraltro non
esclude  di  per  se'  che  tale  procedimento - di sicura competenza
comunale  -  venga  ascritto  nell'alveo  dei  procedimenti edilizi e
quindi si concluda con il rilascio di un titolo abilitativo edilizio,
purche' questo sia effettivamente l'atto conclusivo del procedimento.
Peraltro   la  paventata  duplicazione  procedimentale  contraria  ai
principi  sopraccitati  non  scaturisce dall'art. 5 e da nessun altro
articolo della legge regionale per quanto attiene all'ottenimento del
titolo  autorizzativo  alla  realizzazione  dell'intervento; di fatto
sembra  comunque  al  Collegio che una duplicazione procedimentale vi
sia,  ma  non  derivi dall'imposizione della necessita' di munirsi di
titolo  abilitativo  edilizio quanto dalla gia' esplorata imposizione
che  tale titolo, e quindi il presupposto iter procedimentale, faccia
seguito  ad una pianificazione di tipo sostanzialmente esecutivo come
quella  precedentemente  descritta  sub  11; essa peraltro non deriva
dall'articolo  in esame ma dall'art. 4, rispetto al quale il Collegio
ha gia' formalizzato i propri dubbi di costituzionalita'.
    In  questo  modo peraltro e' innegabile che l'iter procedimentale
complessivamente  necessario per l'installazione delle stazioni radio
mobile  risulta  considerevolmente aggravato rispetto alla previsione
di  principio  di  un  procedimento snello e funzionale emergente dai
principi  ex legge statale in attuazione delle direttive comunitarie.
Si  e'  infatti  creato  un  doppio filtro: dapprima uno di carattere
pianificatorio  che,  come  si  e'  gia'  visto, la legge statale non
prevede  e  poi un ulteriore filtro di tipo concessorio. Quest'ultimo
iter   procedimentale   risulta   poi  a  sua  volta  particolarmente
aggravato,  da  un  lato,  perche'  e'  stata  introdotta la espressa
richiesta  dell'acquisizione  dei pareri vincolanti sia dell'ARPA che
dell'Azienda  per  i  servizi  sanitari,  mentre l'art. 87 del d.lgs.
259/2003   si   limitava   a  richiedere  un  unico  accertamento  di
compatibilita'  tecnica  -  previsto dall'art. 87 del d.lgs. 259/2003
con   il  parere  dell'ARPA  -  e,  dall'altro,  perche'  la  mancata
previsione  della  possibilita'  di  far  ricorso  all'istituto della
conferenza  dei servizi priva la procedura di un'importante strumento
finalizzato  a  ricondurre  i  possibili  momenti  di  dissenso ad un
particolare  tipo  di  contraddittorio,  utile sia nell'ottica di una
decisione  che  contemperi  tutti  gli  interessi  in  gioco e sia la
sintesi  di tutte istanze partecipative coinvolte, sia nell'ottica di
arrivare  a questo importante risultato di composizione di interessi,
a   volte   contrapposti,  nel  minor  tempo  possibile  e  senza  la
possibilita'  di  impasse  procedimentali.  Anche tale istituto, come
chiarito nella sentenza della Corte costituzionale n. 336/2005, e' da
ritenersi espressione di un principio fondamentale di semplificazione
e  di  celerita'  che  e'  di diretta derivazione comunitaria e, come
tale,   sembra   al   Collegio  rientrare  nell'ambito  dei  principi
fondamentali  che  la  competenza  legislativa  concorrente espletata
dalla  regione nell'ambito della competenza attinente all'ordinamento
delle  comunicazioni  doveva  rispettare  e  che costituisce comunque
principio   cardine   cui  dovrebbe  ritenersi  improntata  anche  la
legislazione  urbanistica  in  virtu'  del  rispetto  degli  obblighi
internazionali, anche per le indubbie ricadute in termini di ostacolo
al principio di liberta' di iniziativa economica ed alla tutela della
concorrenza.  A  tutto quanto sopra, con indubbie ricadute in termini
di  durata  e snellezza del procedimento, si aggiunge anche l'aumento
dell'onerosita'  dello stesso, derivante dall'imposizione al gestore,
ex  art. 5, comma 4, di farsi carico anche degli oneri finanziari dei
due pareri che gli si impone di ottenere.
    Per quanto sopra il Collegio ritiene non manifestamente infondata
l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi 2, 3,
4,  5,  6  e  7  della  l.r.  28/2004  nei termini sopraprecisati per
violazione  dei  commi  secondo lett. e) e terzo dell'art. 117 Cost.,
dell'art. 41 Cost. e dell'art. 4, primo comma, dello statuto speciale
della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia adottato con legge cost.
31 gennaio 1963, n. 1.
    16)  Per  quanto  infine  riguarda l'eccepita incostituzionalita'
dell'art. 8  della  l.r.  28 per quanto attiene alla suddivisione del
territorio  comunale  in aree a localizzazione incompatibile e per la
previsione  di  inedificabilita'  assoluta  per  gli  edifici ed aree
cosiddette sensibili indicati al comma 1 il Collegio osserva che gia'
con  la precedente sentenza della Corte costituzionale n. 307/2003 il
problema  era  stato  affrontato  e  risolto nel senso dell'affermata
competenza  regionale  a  normare  l'uso  del  territorio,  indicando
criteri di localizzazione anche in negativo, senza che cio' contrasti
con l'obbligo del rispetto dei valori soglia fissati dallo Stato.
    Quanto alla specifica scelta regionale di vietare l'installazione
nelle  zone  interessate  da  biotopi  mentre nulla viene detto per i
parchi  e le riserve naturali, che pure dovrebbero essere interessate
da  un  maggior livello di protezione, osserva invece il Collegio che
essa  appare  del  tutto  arbitraria  e  priva  di  qualsiasi  logica
giustificazione.  In quanto tale essa sembra essere un'ingiustificata
preclusione alla possibilita' di perseguire l'interesse primario alla
realizzazione  delle  reti  di  telecomunicazione che e' espressione,
come   in   precedenza   diffusamente   chiarito,   di  un  principio
fondamentale  in materia di ordinamento delle telecomunicazioni posto
dal legislatore statale in attuazione della normativa comunitaria.
    Il   Collegio   ritiene  pertanto  non  manifestamente  infondata
l'eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 8, comma 2
della  l.r.  28/2004  per  violazione degli artt. 117, secondo comma,
lett. e),  e  terzo  comma,  delIart. 41  Cost.  e dell'art. 4, primo
comma,  dello  statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia adottato con legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1.
    Pertanto,  a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
il  Tribunale  amministrativo  regionale  dispone  la sospensione del
presente  giudizio  e  la  remissione della questione all'esame della
Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
    A  norma  dell'art. 23  della legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva
questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 3, lett. a),
dell'art. 4,dell'art. 5,  commi 2,  3,  4,  5,  6  e 7 e dell'art. 8,
comma 2 della l.r. 28/2004 per violazione dei commi secondo, lett. e)
e  terzo dell'art. 117 Cost., dell'art. 41 Cost. e dell'art. 4, primo
comma,  dello  statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia adottato con legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1.
    Sospende  il  giudizio  in  corso  e  dispone  che  a  cura della
segreteria   gli   atti  dello  stesso  siano  trasmessi  alla  Corte
costituzionale  per  la risoluzione della prospettata questione e che
la  presente  ordinanza  sia  notificata  alle parti ed al presidente
della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia ed al presidente del
Consiglio regionale.
    Cosi'  deciso  in  Trieste, in Camera di consiglio, il 2 novembre
2005.
                        Il Presidente: Borea
L'estensore: Settesoldi  06C0081