N. 55 ORDINANZA 6 - 10 febbraio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte  e  tasse  - Acque e acquedotti - Canone di depurazione delle
  acque  reflue  -  Debenza anche nel caso di fognatura sprovvista di
  impianti  centralizzati di depurazione o temporaneamente inattivi -
  Denunciata  imposizione  di  tassa sine titulo, discriminazione tra
  cittadini,  danno  alla  salute  -  Insufficiente descrizione delle
  fattispecie    dei    giudizi    a    quibus,    aberratio    ictus
  nell'individuazione    della    norma    censurata    -   Manifesta
  inammissibilita' delle questioni.
- Legge 5 gennaio 1994, n. 36, art. 14, comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 32 e 97.
(GU n.7 del 15-2-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 14, comma 1,
della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse
idriche),  promossi  con  n. 11  ordinanze del 27 febbraio 2004 dalla
Commissione   tributaria   provinciale   di  Napoli,  rispettivamente
iscritte  ai  nn. 4,  5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 del registro
ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 6, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti  gli  atti  di costituzione del Comune di Meta, nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10 gennaio  2006  il  giudice
relatore Franco Gallo;
    Uditi  gli  avvocati  Ferdinando  Pinto  e  Marcello Cardi per il
Comune  di  Meta  e  l'Avvocato  dello Stato Giuseppe Albenzio per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto che, con undici ordinanze registrate ai numeri da 4 a 14
del  2005,  depositate  il  27 febbraio  2004  e pervenute alla Corte
costituzionale   il   5 gennaio   2005,   la  Commissione  tributaria
provinciale  di Napoli - sui ricorsi proposti da diversi contribuenti
nei  confronti  del  Comune  di  Meta  e dell'Azienda risorse idriche
penisola  sorrentina  (ARIPS)  -  ha  sollevato,  in riferimento agli
articoli  3,  32  e  97  della  Costituzione,  identiche  questionidi
legittimita'   costituzionale  dell'art. 14,  comma  1,  della  legge
5 gennaio  1994,  n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche),
nella formulazione originaria, in quanto esso prevede che la quota di
tariffa  riferita  al servizio di pubblica fognatura e di depurazione
sia  dovuta  dagli  utenti  anche  nel  caso  in cui la fognatura sia
sprovvista  di  impianti  centralizzati di depurazione o questi siano
temporaneamente inattivi;
        che  il  giudice  a  quo premette che i ricorrenti, ritenendo
illegittimo il pagamento dei canoni di depurazione delle acque reflue
a  fronte  di  un  servizio  non  reso, avevano proposto inizialmente
ricorso  al  giudice di pace, chiedendo la pronuncia d'illegittimita'
della  pretesa  del  comune  e  richiamando,  a  sostegno del proprio
assunto,  anche  una nota dell'ARIPS, secondo la quale alcuni comuni,
tra  i  quali lo stesso comune di Meta, «immettono i loro liquami nel
collettore  fognario  comprensoriale  che  sversa  a mare [...] senza
alcun impianto di depurazione a terra»;
        che  il giudice a quo riferisce che il giudice di pace si era
pronunciato  solo  relativamente  all'«obbligo  di  restituzione  dei
canoni  pagati  dal  3 ottobre  2000  in  poi», dichiarando invece il
proprio  difetto  di  giurisdizione  per  il  periodo  precedente, in
quanto,  in  base  alla  sentenza  della Corte di cassazione, sezioni
unite, n. 11631 del 2002, il canone di depurazione delle acque reflue
aveva  natura  di  tributo fino al 3 ottobre 2000, data di entrata in
vigore  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258 (Disposizioni
correttive  e  integrative  del  decreto  legislativo 11 maggio 1999,
n. 152,  in  materia di tutela delle acque dall'inquinamento, a norma
dell'art. 1,  comma 4, della legge 24 aprile 1998, n. 128), a partire
dalla quale esso deve considerarsi, invece, di natura privatistica;
        che,  in  ordine  a  ciascuno  dei  giudizi,  la  Commissione
tributaria  rimettente espone che il contribuente ha proposto ricorso
nei  confronti  del  comune di Meta e dell'ARIPS avverso «il silenzio
rifiuto   del   comune  di  Meta  alla  restituzione  dei  canoni  di
depurazione  delle  acque  reflue» versati nel periodo dal 1° gennaio
1999 al 3 ottobre 2000, ritenendo tali canoni non dovuti, a fronte di
un servizio di depurazione non reso;
        che  il  giudice  rimettente  riferisce,  poi,  che il comune
resiste  in  giudizio affermando che, ai sensi della norma censurata,
«l'obbligazione  e' inderogabile, indipendentemente dalla sussistenza
o  meno  di un servizio corrispettivo, proprio in virtu' della natura
pubblicistica»  e  non  contesta  in  punto  di  fatto  l'assenza  di
qualsivoglia  impianto di depurazione, pur rilevando «che l'esistenza
della   condotta   fognaria   e   di  una  griglia  d'intercettazione
costituirebbe di per se' un impianto di depurazione»;
        che  il rimettente, premessa genericamente la rilevanza della
questione,   deduce,   in   punto   di  non  manifesta  infondatezza,
«l'abnormita'  del  dettato  legislativo che impone un onere a carico
dei  cittadini,  anche  in situazioni [...] nelle quali l'impianto di
depurazione non esiste»;
        che,  in  particolare,  il  giudice  a  quo censura il citato
art. 14,  comma 1, in riferimento, in primo luogo, all'art. 97 Cost.,
perche'  consentirebbe  alla  pubblica  amministrazione «d'imporre ai
cittadini una sorta di tassa sine titulo la cui finalizzazione ad una
futura  esecuzione  degli  impianti  appare generica ed astratta»; in
secondo   luogo,   all'art. 3   Cost.,  perche'  determinerebbe  «una
discriminazione  dei cittadini che versano il tributo senza usufruire
del  servizio  di depurazione ed inquinando loro malgrado l'ambiente,
rispetto  a  coloro  che  versano  il tributo e si giovano invece del
servizio»;  infine,  all'art. 32  Cost.,  perche'  incoraggerebbe «il
lassismo degli enti locali a spese della salute dei cittadini e delle
future generazioni danneggiate dall'inquinamento che ne scaturisce»;
        che  il  Comune  di Meta si e' costituito in tutti i giudizi,
con   memorie   di   contenuto  sostanzialmente  identico,  eccependo
preliminarmente la manifesta inammissibilita' delle questioni;
        che  esso  deduce,  quale  primo profilo di inammissibilita',
l'«omessa  delibazione di questioni preliminari» da parte del giudice
a   quo,   il  quale  non  avrebbe  considerato  che  i  ricorsi  dei
contribuenti  dovevano  essere  dichiarati inammissibili, non essendo
stata  presentata  all'amministrazione  alcuna istanza di rimborso e,
dunque, mancando il rifiuto espresso o tacito previsto tassativamente
dagli  articoli  19  e  21  del decreto legislativo 31 dicembre 1992,
n. 546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in attuazione della
delega  al  Governo  contenuta  nell'art. 30  della legge 30 dicembre
1991, n. 413), quale requisito processuale di «proponibilita»;
        che,  quale  secondo  profilo  di inammissibilita', il comune
rileva  l'aberratio  ictus  in  cui sarebbe incorso il giudice a quo,
consistente nell'aver omesso di rilevare che la natura tributaria del
canone  di  depurazione  delle acque reflue per il periodo oggetto di
causa   non   deriva  dalla  norma  censurata,  ma  dalla  disciplina
legislativa ad essa previgente;
        che,  quale  terzo  profilo  di  inammissibilita',  il comune
deduce  l'«irrilevanza  della  questione  [...]  in  quanto diretta a
sindacare  una  scelta  discrezionale  del  legislatore», il quale --
prevedendo  che  il  canone  sia  dovuto  anche  nel  caso  in cui la
fognatura  sia  sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o
questi  siano  temporaneamente  inattivi,  e  che i relativi proventi
affluiscano  in  un  fondo  a  disposizione  dei gestori del servizio
idrico  integrato,  la  cui utilizzazione e' vincolata all'attuazione
del  piano  d'ambito  -- avrebbe legittimamente scisso la prestazione
del  pagamento del canone dalla controprestazione dell'erogazione del
servizio di depurazione, collocandole in due diversi momenti;
        che,  nel merito, l'ente territoriale chiede che la questione
sia dichiarata manifestamente infondata;
        che,  al  riguardo,  con  riferimento alla dedotta violazione
dell'art. 97  Cost.,  rileva  che  la  norma impugnata non si pone in
contrasto   con   i  principi  di  legalita',  imparzialita'  e  buon
andamento; con riferimento al parametro dell'art. 3 Cost., rileva che
la  norma  censurata  appare non irragionevole e, anzi, e' diretta «a
rendere  concreto,  anche  se  solo  in una prima fase, attraverso la
raccolta  dei  fondi  con  vincolo  di  destinazione,  il diritto dei
cittadini a godere di un servizio di depurazione delle acque reflue»;
con   riferimento   al   parametro   dell'art. 32  Cost.,  rileva  la
genericita'  della  censura,  osservando  che «il diritto alla salute
invocato  dal  giudice  Tributario di certo non verrebbe tutelato dal
mancato  pagamento  del  canone di depurazione da parte dei cittadini
privi di tale servizio»;
        che  e'  intervenuto  in  tutti  i  giudizi il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, con atti di contenuto sostanzialmente identico,
concludendo  per  la  manifesta  inammissibilita'  o  comunque per la
manifesta infondatezza delle questioni;
        che  l'Avvocatura sostiene, in particolare: a) che il giudice
rimettente  non  ha  fornito alcuna motivazione sulla rilevanza della
questione  ai  fini  della  decisione  del  giudizio; b) che «nessuna
rilevanza sostanziale puo', comunque, avere sull'emanando giudizio la
questione  sollevata perche' la natura di tributo dell'emolumento del
quale  si  chiede la restituzione [...] svincola la sua debenza da un
corrispettivo diretto di servizio»; c) che non sussiste la violazione
dell'art. 3  Cost.,  in quanto non esiste rapporto sinallagmatico tra
l'obbligazione   pecuniaria   del   contribuente  e  il  servizio  di
depurazione  delle  acque, il quale e' reso non ad un singolo utente,
ma  alla  collettivita'  nel  suo  complesso;  d) che non sussiste la
violazione  dell'art. 32  Cost.,  in  quanto il prelievo censurato e'
destinato  a  finanziare  opere  ed  impianti  di depurazione, per la
salvaguardia  del  patrimonio  idrico  e  dell'ambiente;  e)  che non
sussiste  la violazione dell'art. 97 Cost., in quanto il contenuto di
tale  parametro  appare totalmente estraneo alle ragioni di doglianza
espresse dal giudice a quo;
        che,  con  memoria  depositata  in  prossimita'  dell'udienza
pubblica  nel giudizio registrato al n. 4 del 2005, il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ha  sostanzialmente  ribadito  quanto  gia'
sostenuto  nell'atto  di  intervento,  prospettando,  quali ulteriori
profili  di  inammissibilita'  della  questione:  a)  la  mancanza di
motivazione  nell'ordinanza  di rimessione circa le ragioni che hanno
indotto   il  giudice  a  quo  a  non  pronunciarsi  sulle  questioni
preliminari  relative  all'inammissibilita'  del ricorso proposto; b)
l'inapplicabilita' della norma denunciata alla fattispecie sottoposta
al  giudizio  a  quo,  in quanto tale norma sarebbe entrata in vigore
solo  al  termine del periodo al quale sono inerenti i tributi di cui
si chiede il rimborso;
        che,   con   successiva   memoria,   il  comune  di  Meta  ha
sostanzialmente ribadito le argomentazioni gia' svolte nei precedenti
scritti   difensivi,   concludendo,   in   via   principale,  per  la
declaratoria di inammissibilita' della questione, in via subordinata,
per  la  restituzione degli atti al giudice a quo «affinche' provveda
ad  una  nuova  deliberazione  sulla rilevanza», in via ulteriormente
subordinata, per l'infondatezza della questione.
    Considerato    che,    con    undici   ordinanze   di   contenuto
sostanzialmente  identico, il rimettente solleva, in riferimento agli
articoli  3,  32  e  97 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma  1,  della legge 5 gennaio 1994,
n. 36  (Disposizioni  in  materia di risorse idriche), in quanto esso
prevede,  nella  formulazione  originaria,  che  la  quota di tariffa
riferita al servizio di pubblica fognatura e di depurazione e' dovuta
dagli  utenti  anche  nel  caso in cui la fognatura sia sprovvista di
impianti  centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente
inattivi;
        che  i  giudizi  devono essere riuniti, per l'identita' delle
questioni sollevate;
        che  le questioni sono manifestamente inammissibili, in primo
luogo,  per  insufficiente  descrizione delle fattispecie oggetto dei
giudizi  a  quibus,  che  si  risolve in difetto di motivazione sulla
rilevanza    e,    in    secondo    luogo,    per   aberratio   ictus
nell'individuazione della norma da censurare;
        che,  sotto  il  primo  profilo,  la  Commissione  tributaria
rimettente  si  limita  ad  esporre che i contribuenti hanno proposto
ricorso  nei  confronti  del  Comune  di  Meta e dell'Azienda risorse
idriche penisola sorrentina (ARIPS) avverso «il silenzio rifiuto alla
restituzione  dei  canoni  di depurazione delle acque reflue» versati
nel periodo dal 1° gennaio 1999 al 3 ottobre 2000, senza precisare se
i  contribuenti  medesimi  abbiano presentato domanda di restituzione
delle  somme pagate, ne' come il silenzio-rifiuto oggetto dei ricorsi
si sia formato;
        che  la  domanda  di  restituzione costituisce il presupposto
necessario  per  il  formarsi  del  silenzio-rifiuto,  disponendo gli
articoli  19  e  21  del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546
(Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
che  il  ricorso  avverso il rifiuto tacito puo' essere proposto solo
dopo  il  novantesimo  giorno  dalla domanda di restituzione e fino a
quando il diritto alla restituzione non e' prescritto;
        che  tale omissione non consente il controllo di questa Corte
sulla  proponibilita' dei ricorsi introduttivi dei giudizi a quibus e
si  risolve,  percio', in difetto di motivazione sulla rilevanza, per
insufficiente  descrizione  della fattispecie da parte del rimettente
(v., ex plurimis, ordinanza n. 396 del 2005);
        che,  sotto  il  secondo  profilo,  lo  stesso  rimettente e'
incorso  in errore nell'individuazione della disposizione applicabile
al caso concreto;
        che,  infatti,  la disciplina dei canoni di depurazione delle
acque  reflue  versati  nel  periodo  precedente al 3 ottobre 2000 --
oggetto  dei giudizi a quibus -- rientra non nell'ambito temporale di
applicazione  del  denunciato art. 14, comma 1, della legge n. 36 del
1994,  bensi'  in quello degli articoli 16 e 17 della legge 10 maggio
1976,  n. 319  (Norme  per  la tutela delle acque dall'inquinamento),
mantenuti  in  vigore per tale periodo dall'art. 62, commi 5 e 6, del
decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela
delle   acque   dall'inquinamento   e   recepimento  della  direttiva
91/271/CEE  concernente  il  trattamento  delle acque reflue urbane e
della  direttiva  91/676/CEE  relativa  alla  protezione  delle acque
dall'inquinamento   provocato   dai   nitrati  provenienti  da  fonti
agricole),  come del resto affermato dalla costante giurisprudenza di
legittimita' (ex plurimis: Cassazione, n. 14314 del 2005; n. 3078 del
2005; sezioni unite, n. 6418 del 2005).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 14,  comma  1,  della  legge
5 gennaio  1994,  n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche),
sollevate,   in   riferimento   agli   articoli  3,  32  e  97  della
Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli, con
le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2006.
                        Il Presidente: Marini
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 10 febbraio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0123