N. 114 ORDINANZA 8 - 17 marzo 2006
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Procedimento civile - Competenza e giurisdizione - Polizza di responsabilita' civile autoveicoli - Ripetizione di somme pagate in eccedenza a titolo di premio - Competenza della Corte d'appello competente per territorio, anziche' del giudice di pace (foro del consumatore) - Denunciata disparita' di trattamento tra assicurato e assicuratore, lesione dei principi di difesa e del giusto processo - Motivazione contraddittoria dell'ordinanza di rimessione, che sottende una richiesta di avallo della interpretazione preferita dal giudice a quo - Manifesta inammissibilita' della questione. - Legge 10 ottobre 1990, n. 287, art. 33, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 24 e 111.(GU n.12 del 22-3-2006 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), promosso con ordinanza del 25 marzo 2005 dal giudice di pace di Maglie, nel procedimento civile vertente tra Stifani Antonio e la Reale Mutua assicurazioni s.p.a., iscritta al n. 460 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, 1ª serie speciale, dell'anno 2005. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio dell'8 febbraio 2006 il giudice relatore Giuseppe Tesauro. Ritenuto che Antonio Stifani ha agito in giudizio nei confronti della Reale Mutua assicurazioni s.p.a., allo scopo di ottenerne la condanna alla ripetizione delle somme pagate a titolo di premio relativo ad una polizza di responsabilita' civile autoveicoli, per la parte risultata in eccedenza per effetto di una intesa tra le imprese del settore, dichiarata in violazione delle norme di concorrenza di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) dall'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, con provvedimento confermato dal giudice amministrativo, di primo e di secondo grado; che, nel corso del giudizio, il Giudice di pace di Maglie, con ordinanza del 25 marzo 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 2, della richiamata legge 10 ottobre 1990, n. 287, nella parte in cui attribuisce l'azione di risarcimento del danno, in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV di detta legge, alla Corte d'appello competente per territorio; che il rimettente - premesso che la societa' convenuta ha pregiudizialmente eccepito, tra l'altro, l'incompetenza per materia, invocando a conforto la norma impugnata - ha rilevato che «nessuna disposizione speciale possa scalfire, facendo passare il suo contenuto in secondo piano, il disposto dell'art. 7 c.p.c.»; che, nella specie, sussiste altresi' l'«esclusivo foro del consumatore, coincidente con la sua residenza»; che le controversie relative al contratto de quo devono ritenersi quindi attribuite alla competenza del giudice di pace; che, secondo l'ordinanza di rimessione, risultando definitivamente accertata la realizzazione della citata intesa anticompetitiva e, in virtu' della medesima, la percezione da parte della societa' convenuta di un premio piu' elevato, «e' evidente che non si possa negare all'assicurato il diritto di rivolgersi all'autorita' competente per territorio, secondo il principio di diritto» stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza del 1° ottobre 2003, n. 14669, e cioe' innanzi al giudice di pace, con la conseguenza che la causa, in quanto relativa ad un rapporto giuridico sorto da un contratto concluso secondo le modalita' di cui all'art. 1342, cod. civ., in forza dell'art. 113, cod. proc. civ., nel testo modificato dall'art. 1 del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 7 aprile 2003, n. 63, non puo' essere decisa secondo equita' e, quindi, la sentenza che la definisce e' impugnabile con l'appello; che, ad avviso del giudice a quo, dalle argomentazioni sopra sintetizzate «discende la natura funzionale del giudice di pace ex artt. 7 e 113 c.p.c.», in quanto «le due regole assumono una portata primaria rispetto alla pretesa della difesa della compagnia assicuratrice, che esige una declaratoria di incompetenza», in forza dell'art. 33, comma 2, della legge n. 287 del 1990, mentre tale disposizione e', a suo parere, utilizzabile solo dalle imprese concorrenti e non dai consumatori finali; che, secondo il giudice di pace, l'art. 33, comma 2, della legge n. 287 del 1990, per la parte in cui attribuisce l'azione di risarcimento del danno, in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV di detta legge, alla competenza della Corte d'appello si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., poiche' sarebbe «evidente» che l'assicurato si trova in una «situazione di inferiorita' che comprime i suoi interessi» e, conseguentemente, realizzerebbe «un trattamento di disparita' tra l'assicurato e l'assicuratore», che godrebbe di una «ingiustificata posizione di preminenza»; che, inoltre, ad avviso del giudice di pace, la norma censurata, in violazione dell'art. 24 Cost., imporrebbe all'assicurato «di agire in giudizio secondo una regola secondaria rispetto a quella primaria dei tre gradi di giudizio», benche' egli sia estraneo alle norme antitrust e sia stato anzi «succube della combine intercorsa, a sua insaputa, tra le compagnie di assicurazione incriminate», recando sotto vari profili anche vulnus all'art. 111 Cost.: non permetterebbe all'assicurato di ottenere tutela mediante «un giusto processo svolto in tempi brevissimi», avendo il processo innanzi alla Corte d'appello una durata maggiore; comporterebbe un irragionevole aggravio di lavoro per quest'ultimo ufficio giudiziario «per cause di poca entita»; costringerebbe il consumatore a sopportare costi processuali piu' elevati, anche in considerazione della disciplina del patrocinio legale stabilita per il processo innanzi al giudice di pace; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile in quanto il rimettente non ha dato conto ne' della possibilita' di offrire una diversa interpretazione della norma impugnata, ne' dell'eventuale incidenza della disciplina concernente il foro competente sulle controversie derivanti dai contratti stipulati tra professionista e consumatore, quale stabilita dall'art. 1469-bis, comma terzo, numero 19, cod. civ., ora trasfuso nell'art. 33, comma 2, lettera u), del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206. Considerato che il Giudice di pace di Maglie dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), secondo il quale l'azione di risarcimento del danno, in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV di detta legge, e' promossa davanti alla Corte d'appello competente per territorio; che, come risulta dalla precedente esposizione, la questione e' stata prospettata con motivazione caratterizzata da un evidente contrasto logico tra l'ampia premessa avente ad oggetto la disciplina ritenuta applicabile dal rimettente e quella stabilita dalla norma censurata rispetto al dispositivo dell'ordinanza, quindi in modo palesemente contraddittorio (al riguardo, ordinanze n. 246 del 2005; n. 108 del 1997); che, sotto un ulteriore profilo, siffatta evidente incongruenza logica fa chiaramente trasparire che la questione, in realta', neppure e' diretta a risolvere un dubbio di legittimita' costituzionale, ma configura piuttosto un improprio tentativo di ottenere da questa Corte l'avallo della interpretazione che il giudice a quo dimostra di condividere, cosi' rendendo chiaro un uso distorto dell'incidente di costituzionalita' (per tutte, ordinanze n. 420 del 2005; n. 193 del 2004); che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Maglie con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 2006. Il Presidente: Bile Il redattore: Tesauro Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 17 marzo 2006. Il direttore della cancelleria: Di Paola 06C0248