N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 marzo 2006

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 1° marzo 2006 (della regione siciliana)

Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della legge finanziaria 2006
  -  Contenimento  della  spesa pubblica - Limiti all'acquisizione di
  immobili  -  Riduzione  dell'ammontare  dei  trasferimenti erariali
  spettanti  alle  regioni e alle province autonome per l'acquisto da
  terzi  di  immobili  -  Obbligo  dell'invio  anche  all'Agenzia del
  territorio  della  comunicazione  trimestrale delle Regioni e delle
  province  autonome  al Dipartimento della Ragioneria generale dello
  Stato  concernente  l'informativa cumulativa degli acquisti e delle
  vendite  immobiliari  per  esigenze  istituzionali  o  abitative  -
  Previsione  che  l'Agenzia del territorio proceda a verifiche sulla
  congruita'   dei   valori   immobiliari  acquisiti  segnalando  gli
  scostamenti  rilevanti  agli  organi  competenti  per  le eventuali
  responsabilita'  -  Ricorso  della  Regione Siciliana - Illegittima
  apposizione  di  vincoli all'autonomia amministrativa e finanziaria
  regionale  -  Esorbitanza  dalle  competenze  statali in materia di
  coordinamento   della   finanza  pubblica  -  Introduzione  di  una
  illegittima  forma  di  controllo di merito a posteriori sugli atti
  regionali  -  Violazione  di  competenze  statutarie  -  Violazione
  dell'autonomia legislativa (in materia di «ordinamento degli uffici
  e degli enti regionali»), amministrativa e finanziaria regionale.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 24 e 26.
- Costituzione,   art. 119;   statuto   Regione  Siciliana,  art. 14,
  lett. p),  20  e  23;  legge  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
  art. 10.
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della legge finanziaria 2006
  -   Contenimento   della   spesa   pubblica   -   Soppressione  dei
  trasferimenti  dello  Stato  per  l'esercizio  delle  funzioni gia'
  esercitate  dagli  uffici  metrici  provinciali  e  trasferite alle
  Camere  di  commercio  -  Obbligo  per  le  Camere  di commercio di
  provvedere  all'esercizio delle funzioni con mezzi propri - Ricorso
  della  Regione Siciliana - Inosservanza delle competenze statutarie
  della  Commissione paritetica in materia di normativa di attuazione
  dello  Statuto  stesso  -  Violazione  del  principio  di copertura
  finanziaria  -  Richiamo  alla  sentenza della Corte costituzionale
  n. 417/2005.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 43 e 44.
- Costituzione  art. 81,  comma  quarto;  statuto  Regione Siciliana,
  art. 43; decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 143.
Impiego  pubblico - Norme della legge finanziaria 2006 - Contenimento
  della  spesa  per  il personale di regioni, enti locali ed enti del
  servizio   sanitario   -   Monitoraggio   dei  dati  relativi  alla
  realizzazione  del rispetto degli adempimenti di contenimento della
  spesa - Ricorso della Regione Siciliana - Lamentata predisposizione
  di  vincoli  puntuali  relativi a singole voci di spesa dei bilanci
  delle  regioni  e  degli  enti  locali - Denunciata introduzione di
  norma  statale di dettaglio, anziche' di un principio fondamentale,
  in   materia   di   «armonizzazione  dei  bilanci  pubblici»  e  di
  «coordinamento  della finanza pubblica» - Violazione dell'autonomia
  finanziaria   di   spesa  -  Richiamo  alla  sentenza  della  Corte
  costituzionale n. 417/2005.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 198 e 204.
- Costituzione,  artt. 119; statuto Regione Siciliana, art. 14, lett.
  p) e lett. q); legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10.
(GU n.13 del 29-3-2006 )
    Ricorso  della  Regione  Siciliana, in persona del presidente pro
tempore,    rappresentato    e   difeso,   sia   congiuntamente   che
disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dall'avv.
Giovanni   Carapezza   Figlia  e  dall'avv.  Paolo  Chiapparrone,  ed
elettivamente  domiciliato  presso la sede dell'Ufficio della Regione
Siciliana in Roma, via Marghera n. 36, autorizzato a proporre ricorso
con deliberazione della Giunta regionale n. 73 del 13 febbraio 2006;

    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri pro tempore,
domiciliato  per  la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli Uffici
della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  e difeso per legge
dall'Avvocatura  dello  Stato, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale  dell'art.  1,  commi 24, 26, 43, 44, 198 e 204, della
legge  23 dicembre 2005, n. 266, pubblicata nel Supplemento ordinario
alla  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n. 302 del 29
dicembre 2005, in quanto ne e' disposta la applicazione nei confronti
delle  regioni a statuto speciale, e pertanto, per quanto qui rileva,
nei confronti della Regione Siciliana.

                              F a t t o

    La  legge  23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato (legge
finanziaria   2006).»,   pur   imponendo,   all'art. 1,   comma  610,
un'applicazione   della   recata   normativa   compatibile   con   le
sovraordinate   norme   degli   statuti   speciali,  contiene  talune
disposizioni che si pongono in contrasto con la asserita salvaguardia
delle  prerogative  delle  Autonomie  speciali  e  quindi, per quanto
interessa, della Regione Siciliana.
    In  particolare,  tra  esse,  sotto  il  profilo  della  ritenuta
illegittimita'  costituzionale,  si  censurano le disposizioni recate
dai  commi  sottoelencati  dell'articolo  unico  di cui si compone la
legge:
        Commi  24  e 26. Premesso che il comma 24 correla la disposta
riduzione  di trasferimenti erariali, o comunque statali, a qualsiasi
titolo  spettanti  agli  enti  territoriali  ed  alle  regioni  - ivi
comprese,  per  espressa previsione del legislatore, quelle a statuto
speciale  -  e  province  autonome, ad una misura corrispondente alla
differenza tra la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto di immobili
e  la  spesa  media sostenuta per la stessa finalita' nel quinquennio
precedente,  il comma 26 assoggetta le stesse amministrazioni, tra le
quali  appunto  anche  la  Regione  Siciliana, ad un monitoraggio, da
parte  del  Ministero  dell'economia,  e  ad  un  controllo, da parte
dell'Agenzia  del  territorio,  sulla  congruita'  dei  valori  degli
immobili acquisiti.
        Commi  43  e  44.  Il  comma  43  prevede la soppressione dei
trasferimenti   dello  Stato  per  l'esercizio  delle  funzioni  gia'
esercitate  dagli uffici metrici provinciali e trasferite alle Camere
di  commercio,  ed  il successivo comma 44, correlativamente, dispone
che  al  finanziamento  di  dette funzioni si provvede con i proventi
derivanti  dalla gestione di attivita' e dalla prestazione di servizi
o con quelli di natura patrimoniale delle Camere.
        Commi  198  e  204.  Il comma 204 impone anche alle regioni a
statuto  speciale  l'obbligo  del rispetto degli adempimenti previsti
dal precedente comma 198 in materia di spese per il personale - e che
specificamente  si  sostanziano nella obbligatoria adozione di misure
che  garantiscano  che le spese in discorso non superino per ciascuno
degli  anni  2006,  2007 e 2008 il corrispondente ammontare dell'anno
2004  diminuito dell'1 per cento - e sottopone allo scopo le indicate
amministrazioni ad una puntuale verifica da parte dello Stato.
    Le   disposizioni   richiamate,  in  quanto  ne  e'  disposta  la
applicazione  nei  confronti della Regione siciliana, appaiono lesive
delle  attribuzioni  della  medesima  e  dell'autonomia  alla  stessa
statutariamente   riconosciuta,   e,  palesandosi  costituzionalmente
illegittime, vengono impugnate, rispettivamente per le motivazioni in
prosieguo esposte, per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    Violazione,   degli  articoli  81,  quarto  comma,  e  119  della
Costituzione,  degli  articoli 14, lettera p) e q), 20, 23 e 43 dello
Statuto  regionale,  dell'art.  10,  della  legge  costituzionale  18
ottobre  2001,  n. 3,  del decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 143,
nonche'  dei  principi  sottesi  ai commi 138/150 dello stesso art. 1
della censurata legge 23 dicembre 2005, n. 266.
    In  via  generale  si  premette che l'art. 14 dello Statuto della
Regione  Siciliana attribuisce alla medesima la potesta' esclusiva di
dettare  norme  concernenti  l'ordinamento  contabile proprio nonche'
degli  enti locali e di tutte le realta' istituzionali ricomprese nel
settore  pubblico  regionale. Orbene, anche a seguito delle modifiche
al  Titolo  V  della  parte seconda della Costituzione disposte dalla
legge  costituzionale  18 ottobre 2001, n. 3, codesta ecc.ma Corte si
e'  espressa  nel  senso  che  seppure  spetta  allo Stato, anche nei
confronti  delle  regioni  a  statuto speciale, la determinazione dei
principi  fondamentali nella materia della armonizzazione dei bilanci
pubblici  e  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario,  e'  pur  vero  che  in tale ambito lo Stato medesimo non
puo',  senza ledere l'autonomia finanziaria riconosciuta alle regioni
(e  in  particolare,  quella  esclusiva  riconosciuta in materia alla
regione  ricorrente) dettare norme di dettaglio in ordine alla natura
delle  spese  da  contenere  ne'  tanto piu' prevedere meccanismi che
sotto  l'apparenza  di  un  mero  obbligo  di  comunicazione  di dati
contabili  si traducano, invece, in un vero e proprio controllo sugli
atti  (cfr.  sentenza  26  gennaio  2004, n. 36, ed anche sentenze 30
dicembre  2003,  n. 376,  13  gennaio  2004, n. 4 e 17 dicembre 2004,
n. 390).
    In  questo delineato riparto di competenze le norme impugnate non
si  limitano  a  indicare dei limiti di spesa nel quadro di indirizzi
generali,  finalizzati al suo contenimento e coerenti con il previsto
patto  di  stabilita'  e con gli obiettivi strutturali individuati in
ambito  comunitario,  ma  -  interferendo con la potesta' legislativa
esclusiva  della  regione  in  materia  di  patrimonio e finanza - si
spingono  ad  operare  una indiscriminata riduzione sui trasferimenti
erariali  e  statali  «a  qualsiasi  titolo spettanti» (comma 24), ad
introdurre  un  controllo  da parte dell'Agenzia del territorio sulla
«congruita'  dei  valori  degli  immobili acquisiti» (comma 26), ed a
dettare  norme  incidenti  in  tema di «esercizio delle funzioni gia'
esercitate  dagli  uffici  metrici  provinciali»  (commi 43 e 44) che
contraddicono  le norme d'attuazione dello Statuto siciliano. Ancora,
viene  illegittimamente  imposta  una  indiscriminata riduzione delle
spese  di personale, sino al 2008, sulla base di quella sostenuta nel
2004;  riduzione  che  non tiene conto del naturale aumento dei costi
ormai   intervenuti   per  effetto  dell'applicazione  dei  contratti
collettivi di lavoro intervenuti dopo il 2004 e di fatto preclude sia
la possibilita' di stipularne di ulteriori che quella di applicare la
pur dovuta indennita' di vacanza contrattuale.
    Disposizione  irragionevole  e illegittima non solo perche' viola
l'autonomia  finanziaria  costituzionalmente  riconosciuta,  ma anche
perche'   interferisce  con  la  materia  dello  stato  giuridico  ed
economico  del  personale  regionale  che  l'art. 14,  lett. a) dello
Statuto  attribuisce  alla  competenza  legislativa  esclusiva  della
Regione Siciliana.
    Esaurita  tale premessa di ordine generale e' possibile procedere
all'illustrazione dei singoli motivi di gravame.
    Le  disposizioni  recate  dall'art.  1,  commi  24  e  26  ledono
l'autonomia  garantita  alla Regione dal suo Statuto di autonomia, ed
in  particolare  dall'art. 14,  lett.  p)  e  dagli artt. 20 e 23 del
medesimo  Statuto  speciale,  nonche'  l'art. 119  Cost.  in  tema di
autonomia   finanziaria   di   spesa,   e   l'art. 10   della   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
    La  previsione  di  un  monitoraggio  in  ordine  agli acquisti e
vendite  di  immobili,  palesemente  e  per  espresso  finalizzato, o
quantomeno  correlato, ad un puntuale controllo, peraltro di merito e
connotato  da  amplissima  discrezionalita'  di valutazione, circa la
«congruita'  dei  valori  degli  immobili  acquisiti», viola in primo
luogo  la  potesta' legislativa della Regione Siciliana nella materia
dell«'ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti regionali», quale e'
identificata  alla  lettera  p) dell'art. 14 dello Statuto, incidendo
pesantemente   sull'organizzazione  amministrativa  e  sull'esercizio
delle  funzioni esecutive ed amministrative ascritto alla regione dal
successivo  art.  20  dello  Statuto  di  autonomia,  e configura una
modalita'  di  controllo  estranea al sistema dell'autonomia speciale
che, ai sensi dell'art. 23 dello stesso Statuto regionale, vede nella
sola  Corte  dei  conti  il  soggetto  abilitato, nei limiti e con le
modalita',  peraltro,  sanciti  dalle  Norme di attuazione in materia
(d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655 come modificato ed integrato dal d.lgs.
18  giugno 1999, n. 200), a svolgere funzioni di controllo sugli atti
del Governo e dell'Amministrazione regionale.
    Non  si contesta in questa sede la legittimita' dell'esercizio di
un  coordinamento  finanziario statale che, come codesta ecc.ma Corte
ha  avuto  modo  di chiarire (sentenza 30 dicembre 2003, n. 376) puo'
richiedere  anche la rilevazione di dati e l'acquisizione di puntuali
elementi   fattuali,   bensi'   -   ed   anche  a  prescindere  dalla
inspiegabilita'  ed  irragionevolezza  della norma di cui al comma 24
che,  sulla  base  di un oscuro principio di equilibrio tra il flusso
dei  trasferimenti  erariali,  o comunque statali, e gli investimenti
patrimoniali,  correla  la  disposta  riduzione  di  trasferimenti «a
qualsiasi  titolo  spettanti»  agli enti territoriali ed alle regioni
(anche   a  statuto  speciale)  ad  una  misura  corrispondente  alla
«differenza  tra  la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto da terzi
di  immobili  e  la spesa media sostenuta per la stessa finalita' nel
quinquennio  precedente»  - la previsione di un controllo di merito a
posteriori, con conseguente segnalazione degli «scostamenti rilevanti
agli organi competenti per le eventuali responsabilita» che prevarica
le  riconosciute  attribuzioni regionali e determina un inammissibile
ed   illegittima,   sotto   il   profilo   costituzionale,  ingerenza
nell'esercizio delle funzioni regionali.
    Ledono   infine,   in   particolare,   l'art.   10   della  legge
costituzionale  18  ottobre  2001, n. 3, che, ponendo una clausola di
salvaguardia delle attribuzioni delle Autonomie speciali, prevede che
sino  all'adeguamento  dei rispettivi statuti, le disposizioni recate
dalla stessa legge costituzionale si applicano alle regioni a statuto
speciale   ed   alle   Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
esclusivamente «per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu'
ampie  rispetto a quelle attribuite», e violano il novellato art. 119
della Costituzione poiche' incidono sostanzialmente su di una materia
(la finanza regionale e degli enti locali e strumentali riferibili al
relativo  territorio) attribuita alla sfera di competenza legislativa
generale residuale riconosciuta in via esclusiva alle regioni.
    Le  disposizioni  di  cui ai commi 43 e 44 ledono l'art. 43 dello
Statuto  regionale, in quanto determinano una sostanziale modifica di
quanto sancito con il d.lgs. 16 marzo 2001, n. 143, recante «Norme di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana concernenti
il  trasferimento  alle  Camere  di  commercio  delle  funzioni e dei
compiti  degli  Uffici  metrici provinciali», che dunque, quale norma
interposta, viene parimenti leso, ed inducono altresi' una violazione
dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
    A tal proposito si rileva, in primo luogo, che in applicazione di
quanto  disposto dall'art. 43 dello Statuto della Regione Siciliana -
il   quale  impone  appunto  la  determinazione  della  normativa  di
attuazione  dello  Statuto  medesimo  da  parte  della  appositamente
istituita  Commissione  paritetica - e' stato emanato l'appena citato
d.lgs.  16 marzo  2001, n. 143, che, all'art. 1, comma 4, dispone che
agli oneri derivanti alle Camere di commercio, industria, artigianato
ed agricoltura delle corrispondenti province della Regione Siciliana,
per  l'esercizio  delle  funzioni  amministrative  e dei compiti gia'
esercitati   dagli  Uffici  metrici  provinciali  aventi  sede  nella
regione,  e  trasferiti  alle  stesse  Camere ai sensi del precedente
comma  1  dello  stesso  articolo,  «si  provvede  mediante  somme da
prelevarsi dagli stanziamenti di spesa del bilancio statale...».
    La  disposta  soppressione  (comma  43) dei trasferimenti statali
gia'  previsti,  modifica, con tutta evidenza ed in palese violazione
dell'art.   43  dello  Statuto  regionale,  la  vigente,  richiamata,
normativa  di  attuazione  dello  Statuto,  che,  per  effetto  della
disposizione  qui  impugnata,  subisce dunque rilevanti modificazioni
strutturali  ad  opera  di  una  norma di rango inferiore (cfr. Corte
cost., sentenza 27 luglio 2000, n. 377).
    E'  ben  nota infatti, la posizione, nella gerarchia delle fonti,
attribuita  alle  norme di attuazione dello Statuto siciliano, che si
pongono   in   posizione   intermedia   tra   le  norme  delle  leggi
costituzionali  e  quelle  delle  leggi ordinarie, ed assumono, nello
scrutinio   di   legittimita'  costituzionale,  il  valore  di  norme
interposte.
    Per quanto concerne poi la violazione dell'art. 81, quarto comma,
della  Costituzione,  si  premette  che certamente, in conformita' al
principio  asserito  da  codesta  ecc.ma  Corte  in  tema  di finanza
regionale  e  locale (cfr., sentenza 14 novembre 2005, n. 417, ed ivi
richiamata   sentenza   28  giugno  2004,  n. 196),  e'  da  ritenere
sussistente in capo alla regione la legittimazione a censurare, anche
sotto tale specifico profilo, le disposizioni in discorso, poiche' la
stretta  connessione,  in  termini  finanziari,  tra  le attribuzioni
regionali  e  quelle  delle autonomie funzionali consente di ritenere
che la lesione delle competenze delle Camere di commercio, industria,
artigianato  ed agricoltura della Sicilia sia idonea a determinare un
vulnus anche delle competenze regionali.
    Cio' preliminarmente considerato si osserva che l'art. 81, quarto
comma,  della  Costituzione impone il principio generale dell'obbligo
di copertura delle nuove o maggiori spese; obbligo che codesta ecc.ma
Corte  ha  sempre  ritenuto  estendersi oltre il bilancio dello Stato
persona  in  senso  stretto,  obbligando  viceversa  tutti  gli  enti
rientranti   nel   complesso  della  finanza  pubblica  allargata,  e
destinato   altresi'  ad  operare  non  soltanto  con  una  efficacia
circoscritta   all'interno   del   singolo   ente,   bensi'  tale  da
condizionare  anche  i  rapporti  che  intercorrono tra enti diversi,
reciprocamente ordinati.
    Il principio costituzionale sancito dal richiamato art. 81, comma
4,  non  consente  dunque  al  legislatore  nazionale - a pena di una
illegittima  elusione del principio medesimo - di addossare agli enti
rientranti  nella  cosi'  detta  finanza  pubblica allargata, nuove e
maggiori  spese  senza  contestualmente indicare i mezzi con cui fare
fronte  agli  oneri  imposti  (cfr.,  Corte  cost.  17 dicembre 1981,
n. 189,   e  8  giugno  1981,  n. 92);  cio'  anche  nel  presupposto
dell'esistente  collegamento  finanziario tra simili enti e lo Stato,
che appare in realta' «dare luogo ad un unico complesso».
    Si  osserva  peraltro  che l'obbligo della copertura appare avere
anche  la  finalita'  di  assicurare  la  razionalita'  dei  processi
decisionali;  razionalita' che esige consapevolezza delle conseguenze
indotte  sulla  situazione  finanziaria  non soltanto dello Stato, ma
anche degli enti sui quali gli oneri sono destinati a gravare.
    Inoltre,   il  medesimo  principio  costituzionale  fornisce  una
garanzia  agli enti sottoposti, salvaguardando la competenza dei loro
bilanci a determinare i relativi equilibri finanziari.
    Le  disposizioni impugnate incidono direttamente sull'autonomia e
sulle  attribuzioni  finanziarie delle Camere di commercio, imponendo
in  buona  sostanza alle medesime lo svolgimento, mediante l'utilizzo
di proventi propri - gia' invero destinati al finanziamento ordinario
delle stesse - delle funzioni ivi individuate, precedentemente invero
trasferite ma solo a fronte di appositi stanziamenti di spesa.
    La norma impugnata risulta dunque costituzionalmente illegittima,
poiche'  addossa  alle  Camere un onere in precedenza sostenuto dallo
Stato,  senza  determinare - in contrasto con l'articolo 81, comma 4,
della Costituzione - una apposita copertura finanziaria, obbligandole
ad imputare ai propri bilanci, mediante un corrispondente utilizzo di
risorse   proprie,   la   spesa   occorrente,   ed  alterando  quindi
l'equilibrio  tra  mezzi  finanziari  ed  insieme  delle funzioni e/o
competenze.
    Infine,  in  ordine  alla  previsione recata dal comma 198 la cui
osservanza  si impone anche alla Regione Siciliana giusta il disposto
del  successivo  comma  204  -  che ingiunge appunto la «verifica del
rispetto   degli  adempimenti  previsti  dal  comma  198»  anche  nei
confronti  delle regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano -
si  osserva che essa lede le attribuzioni e le potesta' della regione
ed   in  particolare  l'art. 14,  lettera  p)  e  q)  dello  Statuto,
l'art. 119  Cost.  in tema di autonomia finanziaria di spesa, nonche'
l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ponendosi
altresi'  in  contrasto  con i principi sottesi ai commi da 138 a 150
del medesimo art. 1 della legge finanziaria 2006 in commento, in tema
di patto di stabilita'.
    Ed  invero  nel  ribadire  che  anche tali norme ledono l'art. 10
della  legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - da cui deriva che
deve  escludersi  che  le  disposizioni  della  stessa  legge possano
comportare  limitazioni  alla  sfera  di competenza gia' attribuita a
ciascuna  Autonomia  speciale  per  effetto  del proprio Statuto - va
considerato  che  secondo  il principio costantemente affermato dalla
giurisprudenza   costituzionale  (cfr.  sentenza  14  novembre  2005,
n. 417)  «le  norme  che  fissano vincoli puntuali relativi a singole
voci  di  spesa  dei  bilanci  delle  regioni e degli enti locali non
costituiscono  principi  fondamentali  di coordinamento della finanza
pubblica,  ai  sensi  dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  e ledono
pertanto  l'autonomia  finanziaria  di  spesa garantita dall'art. 119
Cost.
    Secondo   tale   giurisprudenza,   il  legislatore  statale  puo'
legittimamente  imporre  agli enti autonomi vincoli alle politiche di
bilancio  [come  invero  operato,  in  via generale, per le regioni a
statuto ordinario, oltreche' per le province, i comuni e le comunita'
montane,  con  i  commi  da  138 a 150 della stessa legge finanziaria
2006,  e, per le regioni a statuto speciale e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, con il comma 148 della medesima legge n. 266 del
2005,  che  prevede  appunto  la  definizione,  entro  il 31 marzo di
ciascun anno, di un apposito accordo tra il Ministero dell'economia e
delle  finanze  e  ciascuna  regione  a  statuto speciale e provincia
autonoma,  con  il  quale  fissare  gli obiettivi e i vincoli assunti
dalle  regioni e dalle province autonome medesime quale loro concorso
alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica] (ancorche' si
traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di
spesa  degli  enti),  ma  solo,  con  "disciplina di principio", "per
ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali,
condizionati  anche  dagli  obblighi  comunitari" (sentenza n. 36 del
2004;  v.  anche le sentenze n. 376 del 2003 e nn. 4 e 390 del 2004).
Perche'  detti vincoli possano considerarsi rispettosi dell'autonomia
delle  regioni  e  degli  enti  locali  debbono  avere  ad  oggetto o
l'entita'  del  disavanzo  di parte corrente oppure - ma solo "in via
transitoria  ed  in  vista  degli specifici obiettivi di riequilibrio
della  finanza  pubblica  perseguiti  dal  legislatore  statale" - la
crescita  della spesa corrente degli enti autonomi; in altri termini,
la  legge  statale  puo'  stabilire  solo un "limite complessivo, che
lascia  agli  enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse
fra  i  diversi  ambiti  e  obiettivi  di  spesa" (sentenza n. 36 del
2004).».
    Non puo' inoltre, a tal proposito, non rilevarsi come il patto di
stabilita'   interno  che  ciascuna  regione  a  statuto  speciale  e
provincia  autonoma  dovra' - ex gia' citato art. 1, comma 148, legge
266  del  2006  -  concordare  con il Ministero dell'economia e delle
finanze costituisce un quadro unitario e complessivo, all'interno del
quale,  in  una  condivisa  visione  d'insieme,  completa e coerente,
dovra' essere fissato un livello complessivo della spesa rilevante al
fine   del  perseguimento  degli  individuati  obiettivi  di  finanza
pubblica,  risultante  dalla sommatoria di limiti quantificati per la
spesa  corrente  ed  in  conto  capitale,  anche con riferimento alle
economie  di  spesa, rispetto all'andamento tendenziale, afferenti il
personale,  secondo  quanto  puntualmente  determinato  con l'Accordo
(richiamato  dal comma 148 in commento) sancito in sede di Conferenza
unificata  il  28 luglio 2005 tra Governo, regioni e autonomie locali
al  fine  di  definire  modalita',  criteri  e limiti generali per le
assunzioni  di  personale  e  per  la determinazione delle rispettive
dotazioni organiche.
    E  dunque in tale omnicomprensiva sede va definito ogni obiettivo
cumulativo e globale di risparmio, attinente anche al personale, cui,
in autonomia, ogni regione a statuto speciale dovra' provvedere.
    Come  invero  sempre  codesta  ecc.ma Corte, nella medesima, gia'
richiamata,  sentenza  417  del 2005, ha affermato, «la previsione da
parte  della  legge statale di limiti all'entita' di una singola voce
di  spesa  non  puo'  essere considerata un principio fondamentale in
materia  di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della
finanza  pubblica,  perche'  pone  un  precetto  specifico e puntuale
sull'entita'  della  spesa  e  si  risolve  percio'  "in una indebita
invasione,  da  parte  della legge statale, dell'area [...] riservata
alle  autonomie  regionali  e  degli enti locali, alle quali la legge
statale  puo'  prescrivere  criteri  [...]  ed obiettivi (ad esempio,
contenimento  della  spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli
strumenti  concreti  da  utilizzare per raggiungere quegli obiettivi"
(sent. n. 390 del 2004).».
    Le  censurate  disposizioni  di  cui all'art. 1, commi 198 e 204,
della legge finanziaria 2006, che appunto non fissano limiti generali
al disavanzo o alla spesa corrente, ma impongono l'adozione di misure
atte  a ridurre le spese per il personale, prescrivendo una riduzione
delle   stesse  ed  introducendo  un  preciso  limite  di  spesa  non
costituiscono  principi  fondamentali  di coordinamento della finanza
pubblica,   ma,  in  contrasto  con  l'art.  119  della  Costituzione
comportano  una  inammissibile  ingerenza  nell'autonomia  degli enti
quanto alla gestione della spesa, e violano la competenza legislativa
esclusiva  della  regione  in  materia  di ordinamento degli uffici e
degli  enti  regionale  e  di  stato  giuridico  ed  economico  degli
impiegati e funzionari della regione sancita dall'art. 14, lett. p) e
q) dello Statuto regionale.
                              P. Q. M.
    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente
ricorso,  dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale  di  tutte le
norme  impugnate,  in  quanto lesive delle attribuzioni della Regione
Siciliana e dell'autonomia alla stessa statutariamente riconosciuta e
poste  in essere in violazione degli articoli 81, quarto comma, e 119
della  Costituzione,  degli  articoli  14, lett. p) e q), 20, 23 e 43
dello  Statuto  regionale, dell'art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre  2001,  n. 3,  del decreto legislativo 16 marzo 2001, n. 143,
nonche'  dei principi sottesi ai commi n. 138/150 dello stesso art. 1
della censurata legge 23 dicembre 2005, n. 266.
    Con riserva di ulteriori deduzioni.
    Si deposita con il presente atto:
        autorizzazione   a   ricorrere  (deliberazione  della  giunta
regionale n. 73 del 13 febbraio 2006).
          Palermo, addi' 22 febbraio 2006
      Avv. Giovanni Carapezza Figlia - Avv. Paolo Chiapparrone
06C0192