N. 120 SENTENZA 20 - 24 marzo 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Previdenza  e  assistenza  -  Pensioni  erogate  dall'ENPALS  - Tetto
  pensionabile  -  Determinazione  della retribuzione pensionabile in
  misura  inferiore  alla  retribuzione  effettivamente percepita e a
  quella   su   cui  vengono  calcolati  i  contributi  -  Denunciata
  disparita'  di  trattamento rispetto agli assicurati presso l'INPS,
  irragionevolezza,  lesione  del  principio  di proporzionalita' tra
  contribuzione  e  prestazioni, lesione della tutela previdenziale -
  Carente  ricostruzione del quadro normativo di riferimento, censura
  di norma inconferente - Inammissibilita' delle questioni.
- D.P.R.  31 dicembre  1971,  n. 1420,  art. 12, settimo comma; legge
  30 dicembre 1991, n. 412, art. 11, comma 2.
- Costituzione,  artt. 3, primo comma, 36, primo comma, e 38, secondo
  comma.
(GU n.13 del 29-3-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Franco  GALLO,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 12, settimo
comma,  del  d.P.R.  31 dicembre  1971,  n. 1420 (Norme in materia di
assicurazione  obbligatoria  per  l'invalidita',  la  vecchiaia  ed i
superstiti  gestita dall'Ente nazionale di previdenza e di assistenza
per  i  lavoratori  dello spettacolo), e dell'art. 11, comma 2, della
legge  30 dicembre  1991,  n. 412 (Disposizioni in materia di finanza
pubblica),  promossi  dal  Tribunale  di  Sanremo  e dal Tribunale di
Bologna  con  ordinanze  rispettivamente  dell'11 febbraio 2004 e del
18 febbraio  2004  (n. 2  ordinanze),  iscritte  ai n. 513, n. 1044 e
n. 1045  del  registro  ordinanze  2004  e  pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale  della Repubblica n. 23, 1ª serie speciale, dell'anno 2004,
e n. 3, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti  gli  atti  di costituzione di M. B. e dell'ENPALS, nonche'
gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  7 febbraio  2006  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
    Uditi  gli  avvocati  Federico Sorrentino per M. B., Maria Teresa
Franchi,  Angelo  Pandolfo  e  Rossana  Cardano  per  l'ENPALS  e gli
avvocati  dello  Stato  Francesco  Lettera  e  Giuseppe Fiengo per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. -  Nel  corso di una controversia previdenziale - promossa nei
confronti  dell'Ente  nazionale  di  previdenza e di assistenza per i
lavoratori  dello spettacolo per ottenere il ricalcolo della pensione
sulla  base della retribuzione giornaliera effettivamente percepita -
il  Tribunale  di  Sanremo,  in  funzione  di  giudice del lavoro, ha
sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 12, settimo comma, del d.P.R.
31 dicembre   1971,   n. 1420  (Norme  in  materia  di  assicurazione
obbligatoria  per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti gestita
dall'Ente  nazionale  di  previdenza e di assistenza per i lavoratori
dello  spettacolo),  sia  nel  testo  attualmente vigente - formulato
dall'art. 1, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182
-  sia  in quello precedente, la cui validita' e' stata confermata in
via  transitoria  dall'art. 13  del  decreto  legislativo 30 dicembre
1992, n. 503.
    Rileva preliminarmente il giudice a quo che la medesima questione
e'   stata   gia'   sollevata  nello  stesso  giudizio  e  dichiarata
manifestamente inammissibile da questa Corte con ordinanza n. 385 del
2002.
    Il remittente precisa, quindi, che il ricorrente, gia' dipendente
a  tempo  indeterminato  del  Casino'  municipale  di  Sanremo con la
qualifica   di  impiegato,  e'  stato  collocato  a  riposo  in  data
31 dicembre  1998  all'eta'  di sessantaquattro anni, avendo maturato
trentaquattro  anni  di  anzianita'  di  servizio, pari a complessive
10.620 giornate di contribuzione.
    La  norma impugnata prevedeva nel testo previgente, confermato in
via  transitoria  dall'art. 13  del  d.lgs.  n. 503  del 1992, che il
limite  massimo  della  retribuzione  giornaliera  pensionabile fosse
quello  di  cui  alla  penultima  classe  della tabella F allegata al
d.P.R.  27 aprile  1968,  n. 488, aumentata del 5 per cento, pari, in
concreto,  a  lire  315.000;  orbene anche nella formulazione attuale
detto  limite e' stato esplicitamente fissato in L. 315.000, sia pure
col meccanismo correttivo della rivalutazione annuale a decorrere dal
1° gennaio  1998.  Rileva  il  Tribunale che la domanda formulata dal
ricorrente  non  sarebbe  allo stato accoglibile, ma che la decisione
della  presente  questione assume carattere pregiudiziale, perche' il
giudizio  in  corso  non  puo'  essere  deciso  a  prescindere  dalla
soluzione della medesima, donde la rilevanza della stessa.
    Nel merito, la questione pare al giudice a quo non manifestamente
infondata;  mentre,  infatti,  per i lavoratori assicurati col regime
generale  gestito  dall'Istituto  nazionale  della previdenza sociale
(INPS), l'art. 21, comma 6, della legge 11 marzo 1988, n. 67, prevede
che  la  retribuzione eccedente quella fissata nel tetto pensionabile
venga   computata,   con   aliquota   decrescente,   ai   fini  della
determinazione  di un'ulteriore quota di pensione che va a costituire
parte  integrante  di  quella gia' erogata, la disposizione censurata
non  consente  analogo  meccanismo per i lavoratori assicurati presso
l'ENPALS.
    2. -  Si  e'  costituito  in  giudizio  il lavoratore ricorrente,
sollecitando l'accoglimento della prospettata questione.
    Dopo  aver  precisato  che  la  medesima, ancorche' gia' proposta
nello   stesso   giudizio,  e'  certamente  riproponibile  in  virtu'
dell'ordinanza    di    questa    Corte    che   ne   ha   dichiarato
l'inammissibilita',  la  parte  osserva  che  la  questione  e'  pure
rilevante,   poiche'   dal   suo   accoglimento   deriverebbe   anche
l'accoglimento del ricorso.
    Cio'  premesso,  il ricorrente rammenta che la pensione di quanti
sono  assicurati presso l'ENPALS viene calcolata, in base all'art. 13
del d.lgs. n. 503 del 1992, in due diverse quote, riferibili l'una al
periodo  contributivo  anteriore  al  1° gennaio  1993  e  l'altra al
periodo successivo a tale data.
    L'istituto   del  massimale  retributivo  pensionabile  e'  stato
introdotto  nel  nostro ordinamento dall'art. 5 del d.P.R. n. 488 del
1968  e  sottoposto  al  vaglio  di  questa  Corte,  la quale, con la
sentenza  n. 173 del 1986, ne dichiaro' la conformita' a Costituzione
con  l'auspicio  che  il  legislatore  istituisse  dei  meccanismi di
proporzione  tra  contributi, retribuzione e pensione. Cio' da' conto
del  successivo  passaggio  costituito  dall'art. 21,  comma 6, della
legge n. 67 del 1988, in base al quale la retribuzione imponibile che
eccede  il  tetto  pensionabile viene computata e va a costituire una
quota  aggiuntiva  di  pensione  che si somma a quella determinata in
base  al tetto. Ora, nonostante l'art. 5 del decreto-legge 18 gennaio
1993,  n. 11, convertito con modificazioni nella legge 19 marzo 1993,
abbia  stabilito  che  il  citato  art. 21, comma 6, debba applicarsi
anche  ai  lavoratori  assicurati  presso l'ENPALS, di fatto la norma
impugnata   avrebbe  reso  impossibile,  secondo  la  parte  privata,
l'operativita'  di  siffatto  meccanismo;  con  la conseguenza che la
retribuzione  giornaliera  viene assoggettata a prelievo contributivo
fino  alla  soglia di un milione di lire, mentre e' computata ai fini
di   pensione  soltanto  fino  al  massimale  previsto  dalla  legge,
rivalutato  annualmente  (pari  a lire 326.121 per l'anno 1999). Tale
sistema   si   tradurrebbe,  quindi,  in  un'evidente  disparita'  di
trattamento tra categorie omogenee di lavoratori dipendenti.
    3. -  Si  e' costituito in giudizio anche l'ENPALS, chiedendo che
la questione venga dichiarata non fondata.
    Osserva  l'ente  previdenziale  che  il  decreto  legislativo del
Capo provvisorio  dello  Stato  16 luglio  1947, n. 708 (Disposizioni
concernenti  l'Ente  nazionale  di  previdenza  e di assistenza per i
lavoratori    dello   spettacolo),   istitui'   l'ENPALS   rendendolo
sostitutivo  dell'INPS  per  una  serie  di categorie di lavoratori i
quali,  in  considerazione  della  peculiarita' della loro attivita',
spesso  saltuaria,  ben difficilmente avrebbero potuto raggiungere il
diritto a pensione secondo le regole fissate per la generalita' degli
altri  lavoratori  assicurati  presso  l'INPS. Ne consegue che non e'
possibile  istituire  un raffronto tra sistemi previdenziali diversi,
tanto  piu'  che  la normativa dei lavoratori dello spettacolo e' per
molti  versi piu' favorevole rispetto a quella degli altri lavoratori
dipendenti.
    Secondo l'ENPALS, poi, e' da tener presente che l'attuale sistema
previdenziale  e'  di  carattere solidaristico e non mutualistico, il
che  implica che i contributi versati sulla parte di retribuzione non
pensionabile vanno ad alimentare il sistema nella sua globalita'.
    4. -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile o
infondata.
    La  parte  intervenuta  evidenzia  che  l'apporto  maggiore che i
lavoratori dello spettacolo sono tenuti a versare in favore del Fondo
pensionistico gestito dall'ENPALS trova una logica corrispondenza nel
fatto  che  tali  lavoratori  godono di requisiti ridotti (rispetto a
quelli  della generalita' dei lavoratori dipendenti) per l'accesso ad
una  serie  di prestazioni previdenziali, sicche' la presenza di tali
requisiti  e'  bilanciata  dal maggiore apporto contributivo da parte
dei titolari di retribuzioni piu' elevate.
    D'altra  parte,  con  l'entrata in vigore della riforma di cui al
d.lgs.  n. 182  del  1997,  il  massimale  contributivo  e'  ormai il
medesimo   fissato   per   gli   altri   lavoratori   dipendenti,   e
sull'eccedenza deve essere versato il solo contributo di solidarieta'
nella misura del cinque per cento. Non sussisterebbe, percio', alcuna
violazione   del   principio   di   eguaglianza,  stante  la  diversa
organizzazione dei due sistemi previdenziali posti a confronto.
    5. -  Nel  corso  di due controversie previdenziali - promosse da
cantanti lirici professionisti nei confronti dell'ENPALS per ottenere
il  ricalcolo  della  pensione  loro  gia'  erogata - il Tribunale di
Bologna,  con  due  ordinanze di identico contenuto, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, primo comma, 36, primo comma, e 38, secondo
comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 11,   comma 2,   della   legge   30 dicembre  1991,  n. 412
(Disposizioni  in  materia di finanza pubblica), che ha modificato il
testo dell'art. 2, terzo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
    Il  giudice  a quo premette che identica questione era gia' stata
sollevata,  nel corso dei medesimi giudizi, dal Pretore di Bologna, e
che  questa  Corte,  con  ordinanza n. 369 del 1998, aveva provveduto
alla   restituzione   degli   atti  al  remittente  alla  luce  delle
sopravvenute modifiche normative di cui al d.lgs. n. 182 del 1997.
    Cio'  posto  il Tribunale di Bologna, nel riportare integralmente
il  contenuto  delle  due precedenti ordinanze di rimessione, ricorda
che  il sistema di contribuzione fissato prima dell'entrata in vigore
della disposizione censurata prevedeva l'obbligo per il lavoratore di
versare  l'aliquota del 14,70 per cento fino all'ammontare massimo di
lire  315.000  di  compenso  giornaliero,  ed  il  versamento  di  un
contributo   di   solidarieta'   nella   misura  del  tre  per  cento
sull'eccedenza  rispetto  a  tale  somma.  La norma impugnata, che ha
modificato il terzo comma dell'art. 2 del d.P.R. n. 1420 del 1971, ha
stabilito  che  il  prelievo  contributivo  si  applichi  ai compensi
giornalieri  fino alla concorrenza di lire un milione, innalzando nel
contempo  il  contributo di solidarieta' dal tre al cinque per cento.
Il  remittente  precisa  che i due ricorrenti sono stati collocati in
pensione  in  data  1° maggio  1994  e  che,  nel  periodo che va dal
1° gennaio  1992  (data di entrata in vigore della norma impugnata) a
quella  del  collocamento  a riposo, entrambi hanno percepito redditi
rispettivamente  per  449 e 321 giornate di retribuzione, delle quali
270  e  274  con redditi superiori ad un milione di lire. Ora, mentre
nel  periodo  che  va  dal gennaio  1972 al dicembre 1991 vi e' stata
corrispondenza  tra  massimale  contributivo  imponibile  e massimale
retributivo   pensionabile   (entrambi   fissati   in   lire  315.000
giornaliere),  per  effetto  della  norma  impugnata la situazione e'
radicalmente  cambiata  a  decorrere  dal  1° gennaio  1992;  da quel
momento  in  avanti  entrambi  i  ricorrenti hanno subito un prelievo
contributivo  calcolato sulla somma di un milione di lire senza pero'
beneficiare  di alcun aumento della retribuzione pensionabile, il cui
tetto  e'  rimasto  fermo a lire 315.000 giornaliere. Ne consegue che
per  entrambi  il  trattamento  pensionistico  sarebbe stato ben piu'
elevato di quello effettivamente loro liquidato se la disposizione in
oggetto,  anziche'  limitarsi  ad  innalzare  il  solo  limite  della
retribuzione  soggetta a contribuzione, avesse anche allo stesso modo
innalzato il tetto della retribuzione pensionabile.
    6. -  Anche  in questi due giudizi si e' costituito l'ENPALS, con
due   atti  di  contenuto  identico  ma  diversi  rispetto  a  quello
depositato  nel giudizio promosso dal Tribunale di Sanremo, chiedendo
che la questione venga dichiarata non fondata.
    L'ente  costituito,  dopo  aver  osservato che la categoria degli
artisti  lirici,  alla quale appartengono entrambi i ricorrenti, gode
di  condizioni di particolare favore nelle modalita' di calcolo delle
prestazioni  pensionistiche,  nota  che  la  stretta correlazione tra
obbligazione  contributiva  e  conseguente  erogazione di prestazioni
previdenziali  e'  ormai  superata  dalla  moderna  concezione  della
previdenza    sociale,    non    piu'    connotata    dal   carattere
contrattualistico   bensi'  da  quello  solidaristico.  Il  carattere
centrale   della   solidarieta',   intesa   come  elemento  che  puo'
giustificare  anche  talune  apparenti  sperequazioni nei trattamenti
previdenziali,   e'   stato   gia'   da   tempo   riconosciuto  dalla
giurisprudenza  costituzionale  (sentenze  n. 31  e n. 173 del 1986),
cosi' com'e' ormai pacifico che l'individuazione dell'adeguatezza del
trattamento  previdenziale  va  valutata  con  riferimento  a criteri
generali  ed  oggettivi, senza che possano assumere rilievo i singoli
casi  concreti.  Corrisponde  quindi  alla  logica  del sistema che i
contributi  versati  sulla  parte non pensionabile della retribuzione
vadano  ad  alimentare la previdenza generale, seguendo lo schema per
cui i titolari dei redditi piu' alti partecipano alla copertura delle
prestazioni in favore dei titolari di quelli piu' bassi.
    7. -  E' pure intervenuto in entrambi i giudizi il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
inammissibile o infondata.
    Osserva   l'Avvocatura   che   la   previsione  di  un  massimale
contributivo  piu'  elevato rispetto a quello fissato per la pensione
determina  un  maggior  apporto, in termini di solidarieta', a carico
dei  titolari  dei redditi piu' alti. Cio', peraltro, va a bilanciare
la  particolarita' di un sistema previdenziale - quello, appunto, dei
lavoratori  dello  spettacolo  - in cui numerosi lavoratori godono di
condizioni  di  accesso alle prestazioni particolarmente vantaggiose,
il  che  richiede  necessariamente che i redditi piu' elevati debbano
sostenere   un   onere   previdenziale   piu'  pesante.  Ne  consegue
l'infondatezza  della  questione, poiche' lo strumento utilizzato dal
legislatore,  in  se'  del  tutto  ragionevole, serve a salvaguardare
l'equilibrio generale del sistema.

                       Considerato in diritto

    1. -  Il  Tribunale  di Sanremo dubita, in riferimento all'art. 3
della     Costituzione,     della     legittimita'     costituzionale
dell'articolo 12, settimo comma, del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420
(Norme in materia di assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la
vecchiaia ed i superstiti gestita dall'Ente nazionale di previdenza e
di  assistenza  per  i  lavoratori  dello  spettacolo), sia nel testo
originario, sia in quello vigente; disposizioni entrambe determinanti
la  retribuzione  da  porre  a base del calcolo per la pensione (c.d.
retribuzione  pensionabile)  in  misura  notevolmente  inferiore alla
retribuzione  effettivamente  percepita  ed  a  quella su cui vengono
calcolati i contributi (c.d. retribuzione contributiva).
    Secondo  il  remittente  le  norme che stabiliscono il c.d. tetto
pensionabile  contrastano  con  l'invocato  parametro costituzionale,
anzitutto,  perche'  danno  luogo  ad  una  disparita' di trattamento
rispetto   agli   assicurati   presso   l'INPS  nel  regime  generale
dell'assicurazione  per  l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti;
in  secondo  luogo, perche' irragionevolmente determinano la mancanza
di   corrispondenza   tra  i  contributi  versati  e  la  prestazione
previdenziale ricevuta.
    2. -  Il  Tribunale  di  Bologna,  con due ordinanze di contenuto
sostanzialmente  analogo,  a  sua  volta  sospetta  di illegittimita'
costituzionale,  con riferimento agli artt. 3, primo comma, 36, primo
comma,  e  38,  secondo comma, Cost., l'art. 11, comma 2, della legge
30 dicembre   1991,   n. 412  (Disposizioni  in  materia  di  finanza
pubblica), «nella parte in cui, insieme alla introduzione di una piu'
elevata  contribuzione  previdenziale  sui compensi dati agli artisti
lirici  -  in  particolare  con  la  previsione  della  contribuzione
generica fino al massimo giornaliero di compenso di lire un milione -
non  ha  disposto un corrispondente proporzionale aumento del massimo
della  retribuzione  calcolabile  ai fini della pensione, rimasto non
modificato nella misura di lire 315.000 giornaliere».
    Il  giudice  a  quo  premette  che  la  questione  era stata gia'
proposta  negli  stessi  giudizi,  aventi  ad  oggetto  le domande di
artisti  lirici collocati in quiescenza prima del decreto legislativo
30 aprile  1997,  n. 182, e che, con ordinanza di questa Corte n. 369
del  1998, era stata disposta la restituzione degli atti per un nuovo
esame  della  rilevanza  e  dei  termini  della  questione  a seguito
dell'entrata in vigore del decreto citato.
    Il remittente non soltanto conferma la rilevanza della questione,
ma   soggiunge   che  il  divario  tra  retribuzione  contributiva  e
retribuzione  pensionabile  e' destinato ad aumentare perche' diversi
sono  i  criteri  di  rivalutazione  dell'una  e dell'altra e tali da
comportare un maggiore aumento della prima.
    A  sostegno  della  ritenuta  non  manifesta  infondatezza  della
questione, il Tribunale di Bologna, con riferimento all'art. 3 Cost.,
sostiene  che, mentre nell'originaria formulazione del d.P.R. n. 1420
del  1971 la retribuzione pensionabile e la retribuzione contributiva
coincidevano,  l'art. 11,  comma 2,  della  legge  n. 412  del  1991,
modificando  1'art. 2  del  medesimo  d.P.R.  n. 1420,  ha  elevato -
triplicandolo  -  il  tetto  contributivo, senza modificare la misura
della retribuzione pensionabile. Cio', ad avviso del remittente, lede
in   modo   irragionevole   il   principio  di  proporzionalita'  tra
contribuzione  e  prestazioni,  principio  cui e' informato il nostro
sistema previdenziale, secondo quanto affermato anche da questa Corte
nella sentenza n. 173 del 1986.
    Il  mantenimento  dell'originario  tetto  pensionabile  verrebbe,
inoltre,  a  ledere  i  diritti  tutelati  dagli  artt. 36 e 38 della
Costituzione.
    3. -  Deve  essere  disposta  la  riunione  dei giudizi aventi ad
oggetto  questioni  analoghe  o connesse, delle quali e' opportuna la
trattazione unitaria.
    La rilevanza delle questioni e' motivata in modo non implausibile
dai remittenti, sicche', sotto tale profilo, non si ravvisano ragioni
di inammissibilita'.
    4. - Le questioni sono invece inammissibili sotto altri aspetti.
    La  tesi sostenuta da entrambi i giudici a quibus, costituente la
base  delle  censure mosse alle disposizioni oggetto dello scrutinio,
si  fonda sul presupposto - esplicito nell'ordinanza del Tribunale di
Sanremo  e implicito in quelle del Tribunale di Bologna - che, mentre
per   i   lavoratori   assicurati   presso  l'INPS  la  misura  della
retribuzione  pensionabile  e'  stata  elevata dall'art. 21, comma 6,
della  legge  n. 67 del 1988, rendendo pensionabile anche l'eccedenza
sia  pure  con  aliquote  decrescenti,  il  limite della retribuzione
pensionabile  sarebbe  rimasto  invariato per i lavoratori assicurati
presso l'ENPALS.
    Tuttavia  entrambi  i  remittenti,  nel  prospettare le loro tesi
riguardo  alla  non manifesta infondatezza delle questioni sollevate,
non  si  sono fatti carico di esaminare, interpretare e determinare i
criteri   applicativi   della  disposizione  di  cui  all'art. 5  del
decreto-legge  18 gennaio 1993, n. 11, convertito, con modificazioni,
nella  legge  19 marzo  1993,  n. 70. Tale disposizione - che reca la
rubrica «Interpretazione autentica» - stabilisce che «le disposizioni
di  cui alla legge 11 marzo 1988, n. 67, articolo 21, comma 6, devono
essere    interpretate    nel    senso   che   si   applicano   anche
all'assicurazione   generale   obbligatoria   per  l'invalidita',  la
vecchiaia  ed  i superstiti gestita dall'Ente nazionale di previdenza
ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS)».
    La  carente  ricostruzione del quadro normativo di riferimento si
traduce  in una inidonea proposizione delle questioni di legittimita'
costituzionale  sottoposte all'esame di questa Corte, con conseguente
inammissibilita' delle medesime.
    5.- Per quanto concerne le ordinanze del Tribunale di Bologna, si
deve  anche  soggiungere  che  esse errano nella individuazione della
norma  da  impugnare.  In  giudizi  il  cui  oggetto e' la domanda di
riliquidazione   della  pensione,  sulla  base  di  una  retribuzione
pensionabile maggiore di quella posta a fondamento della liquidazione
praticata  in via amministrativa dall'ente previdenziale - quali sono
i  giudizi a quibus - le norme che il giudice adito deve applicare, e
delle quali avrebbe dovuto chiedere a questa Corte lo scrutinio, sono
quelle  concernenti  appunto  la base di calcolo della pensione e non
quelle  che  -  come la norma censurata - incidono sull'entita' della
contribuzione   senza   disciplinare   nuovamente   la   retribuzione
pensionabile.
    Ne  consegue  che la questione sollevata dal Tribunale di Bologna
va ritenuta, anche sotto tale profilo, inammissibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara    inammissibili    le    questioni    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 12,  settimo  comma, del d.P.R. 31 dicembre
1971,  n. 1420  (Norme  in  materia di assicurazione obbligatoria per
l'invalidita',   la  vecchiaia  ed  i  superstiti  gestita  dall'Ente
nazionale  di  previdenza  e  di  assistenza  per  i lavoratori dello
spettacolo),  e  dell'art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991,
n. 412  (Disposizioni  in materia di finanza pubblica), sollevate, in
riferimento agli artt. 3, primo comma, 36, primo comma, e 38, secondo
comma,  della  Costituzione, dal Tribunale di Sanremo e dal Tribunale
di Bologna con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 marzo 2006.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 24 marzo 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0262