N. 121 SENTENZA 20 - 24 marzo 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Lavoro   e   occupazione   -   Assicurazione  per  la  disoccupazione
  involontaria  -  Lavoratori occupati con contratto a tempo parziale
  verticale  su  base  annua  ultrasemestrale  che abbiano chiesto di
  essere tenuti iscritti nelle liste di collocamento per i periodi di
  inattivita'   -   Mancata   inclusione   fra   gli  aventi  diritto
  all'indennita'  di disoccupazione ordinaria - Denunciata disparita'
  di  trattamento  rispetto  ai  lavoratori  stagionali  e agli altri
  assicurati,  lesione  della  tutela del lavoratore - Non fondatezza
  della questione.
- R.d.l.  4 ottobre  1935,  n. 1827  (convertito,  con modificazioni,
  nella legge 6 aprile 1936, n. 1155), art. 45, terzo comma.
- Costituzione, artt. 3 e 38.
(GU n.13 del 29-3-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,
Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 45,  terzo
comma,    del    regio    decreto-legge   4 ottobre   1935,   n. 1827
(Perfezionamento   e   coordinamento   legislativo  della  previdenza
sociale),  convertito,  con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936,
n. 1155,  promosso con ordinanza dell'11 agosto 2003 dal Tribunale di
Roma   nel   procedimento  civile  vertente  tra  Antonella  Corsi  e
l'Istituto  nazionale  per  la previdenza sociale (INPS), iscritta al
n. 1186  del  registro  ordinanze  2003  e  pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 4, 1ª serie speciale, dell'anno 2004;
    Visti  gli  atti  di  costituzione di Antonella Corsi, dell'INPS,
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21 febbraio  2006  il giudice
relatore Franco Bile;
    Uditi  gli avvocati Giuseppe Sante Assennato e Vittorio Angiolini
per  Antonella  Corsi, Giuseppe Fabiani per l'INPS e l'avvocato dello
Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Tribunale  di  Roma,  con ordinanza 11 agosto 2003, ha
proposto la questione di costituzionalita' dell'art. 45, terzo comma,
del  regio  decreto  legge 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e
coordinamento  legislativo della previdenza sociale), convertito, con
modificazioni,  nella  legge  6 aprile  1936,  n. 1155,  secondo  cui
«l'assicurazione  per  la  disoccupazione  involontaria  ha per scopo
l'assegnazione   agli   assicurati   di   indennita'   nei   casi  di
disoccupazione  involontaria  per  mancanza  di  lavoro». La norma e'
impugnata  nella  parte  in  cui, nell'interpretazione della Corte di
cassazione,  «non  contempla tra i lavoratori disoccupati involontari
aventi  diritto,  alle  altre  condizioni di legge, all'indennita' di
disoccupazione ordinaria, i lavoratori occupati con contratto a tempo
parziale  verticale su base annua ultrasemestrale che abbiano chiesto
di  essere  tenuti iscritti nelle liste di collocamento per i periodi
di inattivita».
    L'ordinanza   e'   stata   resa  nel  giudizio  proposto  da  una
lavoratrice  a  tempo parziale verticale (che nel 1999 aveva lavorato
in  una  mensa  scolastica  nei  mesi di apertura della scuola, ossia
da gennaio a giugno e da settembre a dicembre) per ottenere dall'INPS
l'indennita'  di  disoccupazione  per  il periodo di inattivita', che
l'INPS contestava ritenendo la disoccupazione non «involontaria».
    Il Tribunale richiama anzitutto il «diritto vivente», sorto sulla
base  della  sentenza  delle  Sezioni Unite della Corte di cassazione
(n. 1732  del 2003) secondo la quale la libera accettazione, da parte
del  lavoratore,  del  tempo parziale verticale su base annua esclude
che  per  i  periodi  di  sospensione dell'attivita' lavorativa possa
ravvisarsi  disoccupazione involontaria. E ne ricava l'impossibilita'
di dare della norma impugnata una lettura diversa.
    Ma  - a suo avviso - la norma, cosi' interpretata, viola l'art. 3
della Costituzione per irragionevole disparita' fra il trattamento da
essa  riservato  ai  lavoratori  a  tempo parziale annuo e quello dei
lavoratori   stagionali   e   degli   altri   assicurati   contro  la
disoccupazione  involontaria;  e l'art. 38, secondo comma, Cost., che
garantisce  la  tutela  del  disoccupato  anche se la sospensione del
lavoro  sia  prevista,  voluta  e programmata in relazione al tipo di
rapporto instaurato.
    A  sostegno  della  non manifesta infondatezza della questione il
Tribunale  ricorda  che  la Corte costituzionale (sentenza n. 160 del
1974)  ha  dichiarato non fondata, «nei sensi di cui in motivazione»,
la questione di costituzionalita' dell'art. 76 del r.d.l. n. 1827 del
1935,  affermando  che i soggetti rimasti privi di lavoro nei periodi
di  sosta  del  lavoro  stagionale  hanno  diritto  all'indennita' di
disoccupazione,   purche'   chiedano   l'iscrizione  nelle  liste  di
collocamento  per  altre occupazioni; ed ha, poi (sentenza n. 132 del
1991),  esteso  per  analogia  tali  conclusioni  al  lavoro  a tempo
parziale   annuo,   dichiarando   incostituzionale  l'art. 17,  comma
secondo,  della  legge  30 dicembre 1971, n. 1204, nella parte in cui
escludeva,  in  alcune  ipotesi,  per le lavoratrici assunte con tale
tipo   di   contratto,   il  diritto  all'indennita'  giornaliera  di
maternita', che avrebbe dovuto sostituire quella di disoccupazione.
    2.   -  La  parte  privata  si  e'  costituita,  riservandosi  di
depositare  memoria.  Anche l'INPS si e' costituito, rilevando che il
Tribunale avrebbe dovuto censurare le norme del Capo VI, Sezione III,
del  r.d.l.  n. 1827  del  1935,  e  non l'art. 45, che non individua
direttamente  i  tipi  di lavoro subordinato cui possa conseguire uno
stato  di  disoccupazione involontaria; e, nel merito, ricordando che
la  giurisprudenza di legittimita' ha gia' dichiarato la questione di
legittimita' costituzionale manifestamente infondata.
    Prima  dell'udienza  dell'8 febbraio  2005  la  parte  privata ha
depositato una memoria.
    3.   -  A  seguito  di  tale  udienza  la  Corte,  con  ordinanza
istruttoria  del  3 marzo  2005,  ha  richiesto  alla  Presidenza del
Consiglio dei ministri la documentazione e i dati relativi: al numero
delle  controversie  promosse  nei  confronti dell'INPS da lavoratori
occupati  con  contratti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale
su  base  annua  (previsti  dall'art. 5  del decreto-legge 30 ottobre
1984,  n. 726  recante «Misure urgenti a sostegno e ad incremento dei
livelli   occupazionali»,   convertito  in  legge  19 dicembre  1984,
n. 863),    per    richiedere   il   pagamento   dell'indennita'   di
disoccupazione   per   i   periodi   di  mancato  espletamento  della
prestazione  lavorativa;  al  numero  di  lavoratori  che  potrebbero
richiedere   tale   indennita';  al  presumibile  importo  dell'onere
aggiuntivo  per  l'INPS  per l'eventuale pagamento dell'indennita' di
disoccupazione  nei  rapporti  di  lavoro  a  tempo  parziale di tipo
verticale  su base annua, per i periodi di mancato espletamento della
prestazione lavorativa.
    Acquisita   tale   documentazione  -  comunicata  dall'INPS  alla
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  e da questa trasmessa alla
Corte  con  nota  del 24 giugno 2005 - la questione e' stata chiamata
all'udienza  odierna,  in prossimita' della quale la parte privata ha
depositato una nuova memoria.

                       Considerato in diritto

    1.  -  E' sottoposta alla Corte la questione di costituzionalita'
dell'art. 45,  terzo  comma,  del regio decreto-legge 4 ottobre 1935,
n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza
sociale),  convertito,  con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936,
n. 1155,   secondo   cui   «l'assicurazione   per  la  disoccupazione
involontaria   ha   per   scopo  l'assegnazione  agli  assicurati  di
indennita'  nei  casi  di disoccupazione involontaria per mancanza di
lavoro». Il giudice rimettente ritiene che la norma violi gli artt. 3
e  38  della  Costituzione  nella  parte in cui, nell'interpretazione
delle  Sezioni  Unite della Corte di cassazione, «non contempla tra i
lavoratori   disoccupati   involontari  aventi  diritto,  alle  altre
condizioni  di  legge,  all'indennita' di disoccupazione ordinaria, i
lavoratori  occupati con contratto a tempo parziale verticale su base
annua  ultrasemestrale  che abbiano chiesto di essere tenuti iscritti
nelle liste di collocamento per i periodi di inattivita».
    2.  -  L'INPS  ha  eccepito l'inammissibilita' della questione di
costituzionalita',  sotto il profilo che il rimettente avrebbe dovuto
censurare  le  norme del Capo VI, Sezione III, del r.d.l. n. 1827 del
1935,  in  particolare  l'art. 76,  piuttosto che l'art. 45, norma di
valenza   generale,  che  non  individua  direttamente  i  lavoratori
assistibili  e le tipologie di lavoro subordinato alla cui cessazione
possa conseguire uno stato di disoccupazione involontaria.
    L'eccezione  e' infondata. Il rimettente dichiara di censurare la
«norma»  che (secondo le Sezioni Unite della Corte di cassazione) non
ravvisa «disoccupazione involontaria per mancanza di lavoro» nel caso
del  lavoratore  a  tempo  parziale verticale ultrasemestrale su base
annua  che  abbia  chiesto  di  rimanere  iscritto, per il periodo di
inattivita',  nelle  liste  di  collocamento;  e individua tale norma
nell'art. 45,  comma  terzo,  del  r.d.l.  n. 1827 del 1935. Pertanto
l'atto   avente   forza   di   legge  impugnato  e'  sufficientemente
identificato;  e la sua collocazione nella disposizione dell'art. 45,
comma terzo, del r.d.l. n. 1827 del 1935 non e' implausibile, poiche'
proprio  tale  comma  enuncia il requisito dell'involontarieta' dello
stato di disoccupazione.
    3. - Nel merito la questione non e' fondata.
    4. - L'art. 45 del r.d.l. n. 1827 del 1935, nel fissare l'oggetto
delle  assicurazioni  obbligatorie,  stabilisce,  al comma terzo, che
«l'assicurazione  per  la  disoccupazione  involontaria  ha per scopo
l'assegnazione   agli   assicurati   di   indennita'   nei   casi  di
disoccupazione  involontaria  per  mancanza di lavoro». Il successivo
art. 73   precisa   che  la  prestazione  consiste  in  un'indennita'
giornaliera  di  un  dato ammontare, e ribadisce che il diritto sorge
«in caso di disoccupazione involontaria».
    Dal  suo canto l'art. 76 dello stesso regio decreto-legge n. 1827
esclude,  al primo comma, la spettanza dell'indennita' in due casi di
lavorazioni  intermittenti, caratterizzate dall'alternanza di periodi
di  attivita' lavorativa e periodi di inattivita': «la disoccupazione
nei  periodi  di  stagione  morta,  per  le  lavorazioni  soggette  a
disoccupazione  stagionale, e quella relativa a periodi di sosta, per
le lavorazioni soggette a normali periodi di sospensione».
    La  portata  della  norma  e'  stata  innovata radicalmente dalla
sentenza  di  questa  Corte  n. 160  del  1974, che ha dichiarato non
fondata   «nei   sensi   di  cui  in  motivazione»  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 76, comma 1, ritenendo che in
base  ad  esso  «il  lavoratore, rimasto privo di lavoro durante tale
periodo   [di   sosta],   puo'   senz'altro   acquisire   il  diritto
all'indennita' di disoccupazione» purche' «chieda la iscrizione nelle
liste  di  collocamento  per  altre  occupazioni».  L'interpretazione
adeguatrice  della  Corte  si  fonda sull'affermazione che nel lavoro
stagionale   la   prevedibilita'   del   rischio  di  disoccupazione,
fisiologico  per  la  naturale  alternanza  di  periodi  di attivita'
produttiva  e periodi di sosta, non basta a rendere la disoccupazione
volontaria.
    La Corte e' poi tornata sul tema con la sentenza n. 132 del 1991,
dopo  che l'art. 5 del decreto-legge n. 726 del 1984 aveva introdotto
la  figura  del lavoro a tempo parziale. La sentenza - nel dichiarare
parzialmente  incostituzionale  l'art. 17, comma secondo, della legge
30 dicembre  1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri, con
particolare  riguardo a quelle assunte con rapporti di lavoro a tempo
parziale  di  tipo  verticale  su  base  annua  -  in  motivazione ha
richiamato  la  sentenza n. 160 del 1974, ponendo in rilievo che essa
si  era occupata della disoccupazione conseguente al periodo di sosta
nei  rapporti  di  lavoro stagionali, definiti «analoghi a quello qui
considerato».
    La  giurisprudenza  della Corte di cassazione in un primo momento
ha  ritenuto  che  il lavoratore a tempo parziale annuo abbia diritto
all'indennita'  di  disoccupazione per i periodi di sospensione della
sua  prestazione  tra  una fase di lavoro e l'altra, purche' per tali
periodi  risulti  iscritto nelle liste di collocamento. Ma in seguito
e'  sorto  sul punto un contrasto composto dalle Sezioni Unite con la
sentenza  n. 1732 del 2003. La sentenza ha affermato che l'indennita'
di  disoccupazione  non  spetta  in  nessun  caso  di  lavoro a tempo
parziale  su  base  annua,  in quanto - da un lato - la stipula di un
tale   contratto   «dipende  dalla  libera  volonta'  del  lavoratore
contraente  e  percio'  non  da'  luogo a disoccupazione involontaria
indennizzabile  nei  periodi  di  pausa»  e  -  dall'altro  -  questa
conclusione   non  contraddice  la  disciplina  della  disoccupazione
involontaria  per  i lavori stagionali, che non puo' essere estesa in
via analogica ai lavori a tempo parziale su base annua.
    5.  - Il giudice rimettente - partendo da tale sentenza - ritiene
impossibile sottoporre a interpretazione adeguatrice una norma di cui
le  Sezioni Unite hanno dato un'interpretazione divenuta poi «diritto
vivente».  Ma, a suo avviso, questa interpretazione e' contraria alla
giurisprudenza costituzionale, in particolare in quanto la scelta del
lavoratore di accettare, «liberamente e volontariamente», un lavoro a
tempo  parziale  verticale annuo non e' indice di volontarieta' della
condizione   di  non  occupazione  per  il  periodo  contrattuale  di
inattivita',  piu'  di  quanto non lo sia, di per se', l'accettazione
del  lavoro stagionale cui si e' riferita la sentenza di questa Corte
n. 160 del 1974; ed in quanto l'estensione analogica della disciplina
del  lavoro  stagionale  a  quello  a tempo parziale, rifiutata dalle
Sezioni  Unite,  e' stata invece ammessa dalla citata sentenza n. 132
del   1991.   Ne  consegue,  secondo  il  rimettente,  la  violazione
dell'art. 3  della  Costituzione,  per  irragionevole  disparita'  di
trattamento  dei  lavoratori  a  tempo parziale verticale rispetto ai
lavoratori    stagionali    e    agli    altri   lavoratori   fruenti
dell'assicurazione   contro   la   disoccupazione   involontaria;   e
dell'art. 38,  comma  secondo,  della Costituzione che garantisce una
qualche  tutela al disoccupato involontario pur se la sospensione del
lavoro  sia  prevista,  voluta  e programmata in relazione al tipo di
rapporto  instaurato, quando cio' derivi dalle condizioni del mercato
del lavoro.
    6.  -  La prima delle citate decisioni (sentenza n. 160 del 1974)
ha  fornito  un'interpretazione  adeguatrice  dell'art. 76 del r.d.l.
n. 1827 del 1935, nel senso che nel lavoro stagionale l'indennita' di
disoccupazione  spetta  nei  periodi di «stagione morta», ed ha cosi'
attratto  questo  tipo di lavoro nella regola generale secondo cui la
disoccupazione   involontaria   comporta  il  diritto  alla  relativa
indennita'.
    Ma rispetto al lavoro stagionale (soggetto a tale regola) il tipo
contrattuale del tempo parziale verticale presenta sicuri elementi di
differenziazione.  In  particolare, nel lavoro stagionale il rapporto
cessa  a  «fine  stagione»,  sia pure in vista di una probabile nuova
assunzione  stagionale;  nel lavoro a tempo parziale verticale invece
il  rapporto «prosegue» anche durante il periodo di sosta, pur con la
sospensione  delle  corrispettive  prestazioni, in attesa dell'inizio
della  nuova  fase  lavorativa. Pertanto il lavoratore stagionale non
puo'   contare  sulla  retribuzione  derivante  dall'eventuale  nuovo
contratto,   mentre   il   lavoratore  a  tempo  parziale  puo'  fare
affidamento  sulla  retribuzione  per il lavoro che prestera' dopo il
periodo di pausa.
    L'esclusione  del  diritto all'indennita' di disoccupazione per i
periodi di mancata prestazione dell'attivita' lavorativa nei rapporti
di  lavoro  a tempo parziale verticale su base annua non viola quindi
l'art. 3  della  Costituzione, per le differenze esistenti tra le due
situazioni  poste a confronto. Ne' viola l'art. 38 Cost., perche' nel
tempo  parziale  verticale  il  rapporto  di lavoro perdura anche nei
periodi  di  sosta,  assicurando  al lavoratore una stabilita' ed una
sicurezza     retributiva,    che    impediscono    di    considerare
costituzionalmente  obbligata  una  tutela previdenziale (integrativa
della retribuzione) nei periodi di pausa della prestazione.
    7.  - Questa conclusione non trova ostacoli nella sentenza n. 132
del   1991.  Con  essa  la  Corte  ha  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo  l'art. 17,  comma secondo, della legge n. 1204 del 1971,
sul   diritto   delle   lavoratrici   all'indennita'  giornaliera  di
maternita',  «nella parte in cui, per le lavoratrici con contratto di
lavoro  a tempo parziale di tipo verticale su base annua, allorquando
il  periodo di astensione obbligatoria abbia inizio piu' di 60 giorni
dopo  la  cessazione  della  precedente  fase  di  lavoro, esclude il
diritto  all'indennita' giornaliera di maternita', anche in relazione
ai previsti successivi periodi di ripresa dell'attivita' lavorativa».
Questa  esclusione  comportava, per la Corte, «una palese incoerenza,
tale  da  determinare  un'ingiustificabile disparita' di trattamento»
lesiva dell'art. 3 della Costituzione, in quanto «la lavoratrice, per
effetto  della  maternita',  viene  a perdere una retribuzione di cui
avrebbe  certamente  -  e  non  solo probabilmente - goduto se non si
fosse  dovuta  astenere  dal  lavoro  in ragione del suo stato». Tale
motivazione sorregge compiutamente ed esaustivamente la dichiarazione
di  incostituzionalita'  della  norma, onde il successivo richiamo al
lavoro  stagionale  considerato  dalla  sentenza  del 1974, ed al suo
carattere  «analogo» rispetto al lavoro a tempo parziale verticale su
base  annua,  e'  del  tutto estraneo alle ragioni che hanno condotto
alla decisione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 45,   terzo  comma,  regio  decreto-legge  4 ottobre  1935,
n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza
sociale),  convertito,  con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936,
n. 1155,  sollevata,  in  riferimento  agli  articoli 3  e  38  della
Costituzione,  dal  Tribunale  di  Roma  con  l'ordinanza indicata in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 marzo 2006.
                        Il Presidente: Marini
                         Il redattore: Bile
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 24 marzo 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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