N. 125 ORDINANZA 20 - 24 marzo 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Telecomunicazioni  -  Controversie inerenti ai rapporti tra organismi
  di   telecomunicazione   ed  utenti  -  Tentativo  obbligatorio  di
  conciliazione  dinanzi  al  Comitato regionale per le comunicazioni
  (Corecom)  competente per territorio - Condizione di proponibilita'
  dell'azione  in  sede  giurisdizionale  -  Denunciata  lesione  del
  principio  di eguaglianza, del diritto alla tutela giurisdizionale,
  del  principio  del  giudice  naturale  precostituito  per  legge -
  Censura  di norme regolamentari, formulazione apodittica e priva di
  motivazione  delle  censure  riferite  alla norma di legge, nonche'
  omessa  verifica della possibilita' di una interpretazione conforme
  a Costituzione - Manifesta inammissibilita' della questione.
- Legge  31 luglio  1997,  n. 249,  art. 1,  comma 11;  deliberazione
  dell'Autorita'  per le garanzie nelle comunicazioni 19 giugno 2002,
  n. 182/02/CONS, artt. 3, 4 e 12.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 25.
(GU n.13 del 29-3-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 11,
della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorita' per le
garanzie    nelle   comunicazioni   e   norme   sui   sistemi   delle
telecomunicazioni  e  radiotelevisivo), e degli artt. 3, 4 e 12 della
deliberazione  dell'Autorita'  per le garanzie nelle comunicazioni 19
giugno 2002,  n. 182/2002/CONS  (Adozione del regolamento concernente
la  risoluzione delle controversie insorte nei rapporti tra organismi
di  telecomunicazioni ed utenti), promosso con ordinanza del 6 agosto
2005  dal  Giudice  di  pace  di  Capaccio,  nel  procedimento civile
vertente  tra Antonietta D'Amore e la Telecom Italia s.p.a., iscritta
al  n. 510  del  registro  ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 42, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 22 febbraio 2006 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di un procedimento civile promosso da
Antonietta  D'Amore  nei  confronti  della Telecom Italia s.p.a. allo
scopo  di  ottenerne  la  condanna  alla  restituzione  di  una somma
relativa   al   pagamento  del  canone  di  abbonamento  al  servizio
telefonico,  in  ragione  della  dedotta  «vessatorieta'  della  voce
siccome  priva  di  qualsiasi servizio corrispondente», il Giudice di
pace  di  Capaccio, con ordinanza del 6 agosto 2005, ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3,  24 e 25 della Costituzione, questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 1,  comma 11,  della  legge
31 luglio  1997,  n. 249  (Istituzione dell'Autorita' per le garanzie
nelle  comunicazioni  e  norme  sui sistemi delle telecomunicazioni e
radiotelevisivo),  e  degli  artt. 3,  4  e  12  della  deliberazione
dell'Autorita'  per  le  garanzie nelle comunicazioni 19 giugno 2002,
n. 182/2002/CONS (Adozione del regolamento concernente la risoluzione
delle   controversie   insorte   nei   rapporti   tra   organismi  di
telecomunicazioni  ed  utenti),  nella parte in cui essi stabiliscono
che, per le controversie inerenti ai rapporti tra utenti ed organismi
di  telecomunicazioni,  puo'  essere proposto ricorso giurisdizionale
solo  dopo  che  sia  stato  esperito  un  tentativo  obbligatorio di
conciliazione  dinanzi  al  Comitato  regionale  per le comunicazioni
(Corecom) competente per territorio;
        che, secondo l'ordinanza di rimessione, la societa' convenuta
ha pregiudizialmente eccepito la improponibilita' dell'azione a causa
dell'omesso  esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione,
richiamando  l'art. 1, comma 11, della citata legge n. 249 del 1997 -
il   quale,  nell'attribuire  all'Autorita'  per  le  garanzie  nelle
comunicazioni  il  potere di disciplinare con propri provvedimenti le
modalita' per la soluzione non giurisdizionale delle controversie tra
utenti  ed  organismi  di telecomunicazioni, ha disposto che per tali
controversie  «non puo' proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino
a   che   non   sia  stato  esperito  un  tentativo  obbligatorio  di
conciliazione» - nonche' gli artt. 3, 4 e 12 del regolamento adottato
dalla  medesima  Autorita', in attuazione della predetta disposizione
legislativa,   con   la   deliberazione  n. 182/2002/CONS,  i  quali,
rispettivamente, stabiliscono: «gli utenti [...] ovvero gli organismi
di  telecomunicazioni,  che  lamentino  la  violazione  di un proprio
diritto o interesse protetti da un accordo di diritto privato o dalle
norme  in  materia  di  telecomunicazioni  attribuite alla competenza
dell'Autorita'  e  che  intendano  agire  in  giudizio, sono tenuti a
promuovere  preventivamente  un tentativo di conciliazione dinanzi al
Corecom    competente   per   territorio»   (art. 3);   «il   ricorso
giurisdizionale  non puo' essere proposto sino a quando non sia stato
espletato  il  tentativo  di conciliazione» (art. 4); l'utente ha «la
facolta'  di  esperire,  in alternativa al tentativo di conciliazione
presso  i  Corecom  [...], un tentativo di conciliazione dinanzi agli
organi  non  giurisdizionali  di  risoluzione  delle  controversie in
materia   di   consumo   che  rispettino  i  principi  sanciti  dalla
raccomandazione della Commissione 2001/310/CE» (art. 12);
        che,  ad  avviso  del  giudice  di  pace,  dette disposizioni
richiedono   che   l'utente   esperisca   il   previo   tentativo  di
conciliazione  e,  «di  conseguenza,  per dirimere la controversia in
atti, e' di evidente necessita' decidere la questione di legittimita'
costituzionale»;
        che,   in   particolare,  secondo  il  rimettente,  le  norme
impugnate   violerebbero   l'art. 3   della  Costituzione  in  quanto
renderebbero  «meno  uguali»  i  cittadini che intendono convenire in
giudizio  la  Telecom,  obbligandoli  ad un esperimento «dilatorio» e
«defatigante»,  anche  in  considerazione  della  localizzazione  dei
Corecom  nei  soli  capoluoghi  di regione e della complessita' della
procedura rispetto alle attese dell'utenza;
        che,  inoltre,  le  norme censurate, stabilendo l'obbligo del
preventivo  tentativo  di  conciliazione,  recherebbero  vulnus  agli
artt. 24,  25  e  3  della  Costituzione,  in quanto si porrebbero in
contrasto  sia con il principio secondo il quale «tutti possono agire
in  giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi»,
sia  con  il  principio del giudice naturale precostituito per legge,
comportando  inoltre  il mancato funzionamento dei Corecom l'aggravio
dell'esborso  di  una  somma  di  denaro,  non piu' recuperabile, per
potere accedere agli organismi di cui all'art. 12 della deliberazione
n. 182/2002/CONS dell'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile o
infondata;
        che, secondo la difesa erariale, il tentativo obbligatorio di
conciliazione, previsto dall'art. 1, comma 11, della legge n. 249 del
1997,   configurerebbe   una   condizione   di   mera  procedibilita'
dell'azione  e,  conseguentemente, non determinerebbe una lesione del
diritto  di azione e del principio del giudice naturale precostituito
per legge, in quanto l'accesso a detto giudice non e' precluso, ma e'
solo  ritardato  per  il  tempo  occorrente  all'esaurimento di detto
tentativo, senza peraltro realizzare alcuna disparita' di trattamento
fra  situazioni  soggettive  identiche, essendo applicabile a tutti i
soggetti interessati alla soluzione delle controversie indicate nella
normativa richiamata a parita' di condizioni.
    Considerato  che  il  Giudice  di  pace  di  Capaccio  dubita, in
riferimento   agli   artt. 3,  24  e  25  della  Costituzione,  della
legittimita'   costituzionale   dell'art. 1,  comma 11,  della  legge
31 luglio  1997,  n. 249  (Istituzione dell'Autorita' per le garanzie
nelle  comunicazioni  e  norme  sui sistemi delle telecomunicazioni e
radiotelevisivo),  e  degli  artt. 3,  4  e  12  della  deliberazione
dell'Autorita'  per  le  garanzie nelle comunicazioni 19 giugno 2002,
n. 182/2002/CONS (Adozione del regolamento concernente la risoluzione
delle   controversie   insorte   nei   rapporti   tra   organismi  di
telecomunicazioni  ed  utenti),  in base ai quali per le controversie
inerenti ai rapporti tra utenti ed organismi di telecomunicazione non
puo'  proporsi  ricorso  in  sede  giurisdizionale fino a che non sia
stato  esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al
Comitato  regionale  per  le  comunicazioni  (Corecom) competente per
territorio;
        che   le   censure  relative  agli  artt. 3,  4  e  12  della
deliberazione  n. 182/2002/CONS  dell'Autorita' per le garanzie nelle
comunicazioni,  recante  il  regolamento  concernente  la risoluzione
delle controversie fra organismi di telecomunicazione ed utenti, sono
inammissibili  avendo  ad  oggetto  norme regolamentari, sottratte al
sindacato   di   legittimita'  costituzionale  di  questa  Corte  (al
riguardo, di recente, ordinanze n. 193 e n. 66 del 2004);
        che le censure sollevate nei confronti dell'art. 1, comma 11,
della legge n. 249 del 1997 sono state formulate in modo apodittico e
senza  fornire  alcuna  motivazione,  in  quanto gli argomenti svolti
nell'ordinanza     riguardano    essenzialmente    le    disposizioni
regolamentari;
        che,  peraltro,  il  rimettente si e' limitato a sollevare la
questione  in relazione all'interpretazione della norma offerta dalla
societa'  convenuta,  secondo  la  quale il tentativo obbligatorio di
conciliazione    in    esame   configurerebbe   una   condizione   di
proponibilita'   dell'azione,  senza  tuttavia  fare  propria  questa
configurazione,  non  avendo  motivato in ordine all'esatto contenuto
della medesima norma ed alla qualificazione che egli stesso ha scelto
(fra le altre, ordinanze n. 372 del 1999 e n. 456 del 1992);
        che, inoltre, il giudice di pace non ha neppure effettuato il
doveroso  tentativo  di  individuare  una  interpretazione conforme a
Costituzione  della norma denunciata (per tutte, ordinanza n. 427 del
2005),  omettendo  di  verificare  la possibilita' di una lettura del
tentativo  obbligatorio  di  conciliazione  quale  condizione di mera
procedibilita' dell'azione;
        che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 1,  comma 11,  della  legge
31 luglio  1997,  n. 249  (Istituzione dell'Autorita' per le garanzie
nelle  comunicazioni  e  norme  sui sistemi delle telecomunicazioni e
radiotelevisivo),  e  degli  artt. 3,  4  e  12  della  deliberazione
dell'Autorita'  per  le  garanzie nelle comunicazioni 19 giugno 2002,
n. 182/2002/CONS (Adozione del regolamento concernente la risoluzione
delle   controversie   insorte   nei   rapporti   tra   organismi  di
telecomunicazioni ed utenti), sollevata, in riferimento agli artt. 3,
24  e  25  della  Costituzione,  dal  Giudice di pace di Capaccio con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 marzo 2006.
                        Il Presidente: Marini
                        Il redattore: Tesauro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 24 marzo 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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