N. 213 SENTENZA 17 maggio - 1 giugno 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in via principale - Legge
  finanziaria  2004  - Ricorsi regionali - Separata trattazione delle
  questioni  in  materia  di  pesca - Riserva ad altre pronunce delle
  diverse ulteriori questioni.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Pesca  -  Materia  oggetto della potesta' legislativa residuale delle
  Regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, della Costituzione -
  Limiti.
Pesca  -  Interventi  in  favore del settore ittico di cui alla legge
  n. 41  del  1982  -  Previsione,  della  realizzazione,  nelle more
  dell'adozione  dei decreti legislativi previsti dalle leggi nn. 131
  del 2003 e 38 del 2003, da parte dello Stato, delle Regioni e delle
  Provincie, limitatamente alle rispettive competenze stabilite dalla
  parte  IV  del  VI  Piano nazionale della pesca e dell'acquacoltura
  adottato  con  decreto  del  Ministro  delle  politiche  agricole e
  forestali  25 maggio  2000 - Approvazione del Piano nazionale della
  pesca  e  dell'acquacoltura  per  l'anno 2004  mediante decreto del
  Ministro  per  le  politiche  agricole  e forestali - Ricorso delle
  Regioni  Toscana  ed  Emilia-Romagna  - Denunciata violazione della
  sfera di competenza esclusiva o concorrente regionale in materia di
  pesca  ed  acquicoltura  -  Mancata  previsione  dell'intesa con le
  Regioni   interessate   -  Natura  transitoria  delle  disposizioni
  censurate   -  Attrazione  in  sussisdiarieta'  della  funzione  di
  rifinanziamento  della spesa - Omessa previsione dell'intesa con la
  Conferenza  permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
  Province   autonome   di   Trento   e   Bolzano   -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua.
- Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, commi 29 e 30.
- Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118.
Pesca  -  Regione  Marche  - Norme in materia di pesca marittima e di
  acquacoltura  -  Previsione  di  interventi volti alla salvaguardia
  delle  risorse  ittiche regionali mediante il Piano regionale della
  pesca  -  Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri -
  Denunciata  violazione  della  sfera di competenza statale relativa
  alla  disciplina  uniforme in materia, nel rispetto degli accordi e
  contratti    internazionali   -   Genericita'   delle   censure   -
  Inammissibilita' della questione.
- Legge  Regione  Marche  13 maggio  2004,  n. 11,  art. 4,  comma 1,
  lettera a).
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lettere a) ed s).
Pesca  -  Regione  Marche  - Norme in materia di pesca marittima e di
  acquacoltura - Piano regionale della pesca - Prevista articolazione
  territoriale   dei   distretti   di   pesca   per   l'attivita'  di
  pesca-produzione,   mediante  regole  obbligatorie  per  tutti  gli
  operatori  del  settore  - Ricorso del Presidente del Consiglio dei
  ministri   -   Denunciata  violazione  della  sfera  di  competenza
  esclusiva statale della disciplina unitaria della pesca nelle acque
  nazionali  e,  in  base  ad accordi internazionali, per la pesca in
  acque  di  altre  nazioni - Previsione, nella legislazione statale,
  dei distretti di pesca - Non interferenza della norma regionale con
  la   potesta'   esclusiva   dello  Stato  in  materia  di  rapporti
  internazionali  e  con  l'Unione  Europea  -  Non  fondatezza della
  questione.
- Legge  Regione  Marche  13 maggio  2004,  n. 11,  art. 4,  comma 2,
  lettera a).
- Costituzione,  art. 117, comma secondo, lettera a), in relazione al
  Regolamento  CE n. 2371/2002 (in particolare, artt. 4, 8, 9, 15, 17
  e 23) e al Regolamento CE n. 3690/1993 (artt. 2 e 3).
Pesca  -  Regione  Marche  - Norme in materia di pesca marittima e di
  acquacoltura  -  Previsione,  tra  i  componenti della Consulta per
  l'economia  ittica  e  della Commissione tecnico-scientifica, di un
  rappresentante   della   Capitaneria   di  Porto,  individuato  nel
  direttore  marittimo  o in un suo delegato - Ricorso del Presidente
  del  Consiglio  dei ministri - Denunciata violazione della sfera di
  competenza esclusiva statale in materia di ordinamento degli organi
  ed  uffici  dello  Stato - Previsione, ex art. 105, comma 6, d.lgs.
  n. 112  del  1998,  dell'avvalimento, da parte delle Regioni, degli
  Uffici delle Capitanerie di porto - Non fondatezza della questione.
- Legge  Regione  Marche  13 maggio  2004,  n. 11,  artt. 6, comma 2,
  lettera e) e 7, comma 1, lettera f).
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lettera g).
Pesca  -  Regione  Marche  - Norme in materia di pesca marittima e di
  acquacoltura - Canoni relativi alle concessioni demaniali marittime
  per  gli  usi  relativi alle attivita' di pesca - Determinazione da
  parte  della  Regione  -  Ricorso  del Presidente del Consiglio dei
  ministri   -   Denunciata  violazione  della  sfera  di  competenza
  esclusiva  statale  in  tema  di  canoni di concessione sul demanio
  marittimo  -  Incidenza  sulle  prerogative  dello Stato quale ente
  proprietario - Illegittimita' costituzionale.
- Legge Regione Marche 13 maggio 2004, n. 11, art. 9, comma 1.
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lettera e).
Pesca  -  Regione  Abruzzo - Norme in materia di pesca marittima e di
  acquacoltura  - Politiche di sostegno all'economia ittica regionale
  -  Previsione  della certificazione di qualita' del prodotto ittico
  regionale  con  istituzione di marchio regionale identificativo del
  prodotto  -  Ricorso  del  Presidente  del Consiglio dei ministri -
  Denunciata  invasione  della competenza statale relativa al divieto
  di   introduzione   di   qualsiasi   misura  idonea  ad  ostacolare
  l'importazione  da  altri  Paesi  comunitari  nonche' contrasto con
  l'art. 28   Trattato  Unione  europea  e  con  il  Regolamento  CEE
  n. 2081/92,  e  violazione  della  competenza  esclusiva statale in
  materia  di concorrenza - Disposizione non istitutiva di un marchio
  identificativo di un prodotto ma limitata alla sua incentivazione -
  Non fondatezza della questione.
- Legge  Regione  Abruzzo  5 agosto  2004,  n. 22,  art. 2,  comma 1,
  lettera f).
- Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lettera e).
Pesca  -  Regione  Abruzzo - Norme in materia di pesca marittima e di
  acquacoltura  - Politiche di sostegno all'economia ittica regionale
  -  Previsione  di  interventi volti alla salvaguardia delle risorse
  ittiche  regionali  mediante  l'istituzione  del  Fondo unico delle
  politiche  della  pesca  - Conservazione e incremento delle risorse
  attraverso  la  predisposizione  di  piani  di  gestione di aree di
  riserva   e   monitoraggio  delle  specie  ittiche  -  Ricorso  del
  Presidente  del Consiglio dei ministri - Denunciata invasione della
  competenza  statale  in  materia  di  rapporti  internazionali e di
  tutela  dell'ambiente e dell'ecosistema - Genericita' delle censure
  - Inammissibilita' della questione.
- Legge  Regione  Abruzzo  5 agosto  2004,  n. 22,  art. 2,  comma 1,
  lettera g).
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lettere a) ed s).
Pesca  -  Regione  Abruzzo - Norme in materia di pesca marittima e di
  acquacoltura  - Politiche di sostegno all'economia ittica regionale
  - Istituzione e composizione della Conferenza regionale della pesca
  -  Previsione  tra  i  componenti di un rappresentante di organismi
  statali  quali la Capitaneria di Porto - Ricorso del Presidente del
  Consiglio  dei  ministri  -  Denunciata  violazione  della sfera di
  competenza esclusiva statale in materia di ordinamento degli organi
  ed  uffici  dello  Stato - Previsione, ex art. 105, comma 6, d.lgs.
  n. 112  del  1998,  dell'avvalimento, da parte delle Regioni, degli
  Uffici delle Capitanerie di porto - Non fondatezza della questione.
- Legge Regione Abruzzo 5 agosto 2004, n. 22, art. 3, comma 2.
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lettera g).
(GU n.23 del 7-6-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 29 e
30,  della  legge  24 dicembre  2003,  n. 350  (Disposizioni  per  la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria   2004),   degli   artt. 4,  commi 1,  lettera a),  e  2,
lettera a),  6,  comma 2,  lettera e),  7,  comma 1, lettera f), e 9,
comma 1,  della  legge  della  Regione  Marche  13 maggio 2004, n. 11
(Norme in materia di pesca marittima e acquacoltura) e degli artt. 2,
comma 1,  lettere f)  e  g),  3,  comma 2,  della legge della Regione
Abruzzo  5 agosto  2004,  n. 22  (Nuove  disposizioni  in  materia di
politiche  di sostegno all'economia ittica), rispettivamente promossi
con  ricorsi  della  Regione  Toscana  e della Regione Emilia-Romagna
(ric.  n. 32  e ric. n. 33 del 2004) e con due ricorsi del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  (ric.  n. 72  e ric. n. 102 del 2004),
notificati il 26 e il 24 febbraio, il 16 luglio e il 18 ottobre 2004,
depositati  in  cancelleria  il  3  e  il  4 marzo, il 26 luglio e il
26 ottobre  2004  ed  iscritti  ai nn. 32, 33, 72, e 102 del registro
ricorsi 2004.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri, della Regione Marche e della Regione Abruzzo;
    Udito  nella  udienza  pubblica  del  4 aprile  2006  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Uditi  gli  avvocati  Lucia Bora e Fabio Lorenzoni per la Regione
Toscana,  Giandomenico  Falcon per la Regione Emilia-Romagna, Stefano
Grassi  per la Regione Marche, Sandro Pasquali per la Regione Abruzzo
e  gli  avvocati  dello  Stato Franco Favara e Giuseppe Fiengo per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  La  Regione  Toscana  (ric.  n. 32  del 2004) ha impugnato
numerose   disposizioni   della   legge   24 dicembre   2003,  n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria  2004)  censurando,  tra l'altro,
l'art. 4, commi 29 e 30, in riferimento all'art. 117 Cost.
    Il  suddetto  comma 29  dispone che, nelle more dell'adozione dei
decreti  legislativi  previsti  dalle  leggi  5  giugno 2003,  n. 131
(Disposizioni  per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della Repubblica
alla  legge  costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3) e 7 marzo 2003,
n. 38  (Disposizioni  in  materia  di agricoltura), gli interventi in
favore  del  settore ittico di cui alla legge 17 febbraio 1982, n. 41
(Piano  per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima)
sono  realizzati dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome
limitatamente  alle rispettive competenze previste dalla Parte IV del
VI  Piano  nazionale  della  pesca  e dell'acquacoltura, adottato con
decreto  del  Ministro  delle  politiche agricole e forestali in data
25 maggio 2000.
    L'art. 4,  comma 30,  della  legge  n. 350  del 2003, dispone che
entro  il  28 febbraio  2004,  in  attuazione di quanto stabilito dal
precedente comma, e in deroga alle disposizioni di cui agli artt. 1 e
2  della  legge  n. 41  del  1982,  con  decreto  del  Ministro delle
politiche  agricole e forestali e' approvato il Piano nazionale della
pesca e dell'acquacoltura per l'anno 2004.
    Secondo la ricorrente dette previsioni intervengono in materia di
pesca  ed  acquacoltura,  «ovverosia  in  ambiti  non  riservati alla
potesta'  legislativa  esclusiva  statale, ne' ricompresi nell'elenco
delle  materie  di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.» e, pertanto,
rientrano   nella  competenza  legislativa  residuale  delle  Regioni
(art. 117, quarto comma, Cost.).
    In   particolare,   la   disposizione   di  cui  al  comma 29  si
presenterebbe   limitativa   di  attribuzioni  regionali,  in  quanto
mantiene  in essere il conferimento di competenze cosi' come definito
anteriormente  alla  riforma  costituzionale  operata  con  la  legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione).
    Anche    il    comma 30   sarebbe   viziato   da   illegittimita'
costituzionale  «in  quanto  dispone  l'approvazione  del Piano della
pesca e dell'acquacoltura per il 2004 con un atto ministeriale, senza
alcun  coinvolgimento  della  Regione,  in  una  materia,  invece, di
spettanza regionale, in totale violazione dell'art. 117 Cost.».
    1.1.  -  Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  rilevando,  anzitutto, con riferimento al censurato comma 29,
che  il  VI Piano nazionale della pesca e dell'acquacoltura «e' stato
adottato  il  25 maggio  2000, prima cioe' della legge costituzionale
n. 3 del 2001». Secondo la difesa erariale dovrebbero percio' trovare
applicazione  l'art. 1,  comma 2,  e  l'art. 7,  comma 6, della legge
n. 131  del  2003,  con  la  conseguenza che il comma 29 non potrebbe
costituire oggetto di censura.
    Rispetto   all'impugnazione   dell'art. 4,  comma 30,  la  difesa
erariale  osserva  che  la  legge  n. 41  del  1982 concerne la pesca
marittima  e  l'acquacoltura  in  acque  marine e salmastre (e non la
pesca  in acque interne), non potendo quindi sostenersi, anche per la
compresenza  di  competenze dell'Unione europea, la sussistenza della
potesta' legislativa residuale delle Regioni.
    1.2.  -  La Regione Toscana ha depositato memoria con la quale ha
ribadito  l'illegittimita'  costituzionale  delle norme impugnate, in
quanto  le  stesse  interverrebbero  in  ambiti  materiali  - pesca e
acquacoltura - che l'art. 117 Cost. non riserva in via esclusiva allo
Stato,  ne' affida alla potesta' legislativa concorrente, ma rimette,
quindi, alla potesta' legislativa di tipo residuale delle Regioni.
    Cio'  troverebbe  altresi' conferma nel progressivo trasferimento
delle  funzioni  amministrative,  dallo  Stato  alle  Regioni,  nella
suddetta  materia. Ne' sono ravvisabili le condizioni per la chiamata
in sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost.
    1.3.  -  Successivamente il Presidente del Consiglio dei ministri
ha depositato due memorie a sostegno delle proprie difese.
    L'Avvocatura  generale  dello Stato osserva che la Regione non ha
analizzato  i  singoli  settori  di  intervento  elencati nel decreto
ministeriale  25 maggio  2000,  con conseguente carenza delle censure
formulate tale da determinare l'inammissibilita' del ricorso.
    Si   rileva,   quindi,   come  la  ricorrente  non  consideri  il
fondamentale   limite   territoriale   che   connota   le  competenze
legislative  delle  Regioni,  e che costituisce un antecedente logico
rispetto alle elencazioni di materie contenute nell'art. 117, secondo
e terzo comma, Cost., nonche' alle altre disposizioni contenute negli
artt. 118 e 119 Cost.
    E, infatti, ogni Regione puo' legiferare in relazione agli ambiti
che  afferiscono  al  proprio  territorio,  come  delimitato dai suoi
confini  terrestri  e - se Regione costiera - dal lido del mare. «Nel
mare  -  non  solo quello libero ma anche quello territoriale e nello
spazio  aereo  e nello spazio privo di atmosfera non sono tracciabili
confini  regionali;  e  del  resto nel mare libero e nello spazio non
atmosferico non sono tracciabili neppure confini statali».
    La  difesa  dello  Stato  argomenta la sussistenza della potesta'
legislativa    statale   in   riferimento   ai   seguenti   parametri
costituzionali:
    --   art. 117,   secondo  comma,  lettera a),  Cost.,  in  quanto
l'esercizio  della pesca marittima e' sottoposto a discipline dettate
da convenzioni internazionali anche multilaterali;
    --  art. 117,  secondo  comma, lettera e), in uno con l'art. 120,
primo   comma,   Cost.,   atteso   che   «la  produzione  legislativa
regolamentare  ed  amministrativa  delle  singole  Regioni  non  puo'
introdurre   apprezzabili  turbative  della  corretta  e  fisiologica
competizione  tra  imprenditori operanti nell'ambito nazionale e/o in
quello  dell'Unione europea, riservando trattamenti e discipline piu'
favorevoli» a coloro che sono localizzati nel territorio regionale;
    --  art. 117,  secondo  comma,  lettera s),  Cost.,  in quanto un
costante  e  organico  impegno  e' necessario per la salvaguardia del
mare e delle risorse marine;
    --  in via subordinata, art. 118 Cost., in quanto «l'attivita' di
pesca  marittima  richiede necessariamente l'esercizio unitario delle
funzioni».
    2.  -  La  Regione Emilia-Romagna (ric. n. 33 del 2004) ha, a sua
volta,  impugnato,  per  violazione  degli  artt. 117, terzo e quarto
comma,  e 118 Cost., i medesimi commi 29 e 30 dell'art. 4 della legge
n. 350 del 2003.
    La  ricorrente ricorda che, in attuazione dell'art. 1 della legge
n. 41  del  1982,  sono  stati  approvati  vari piani triennali della
pesca,  fino  al decreto ministeriale 25 maggio 2000 (Adozione del VI
Piano  nazionale della pesca e dell'acquacoltura 2000-2002). La parte
IV  di  questo  decreto riguarda il bilancio preventivo e contiene la
«ripartizione  delle risorse finanziarie tra interventi gestiti dallo
Stato  ed  interventi gestiti dalle Regioni» in materie di competenza
regionale di cui all'art. 1l7, terzo e quarto comma, Cost.
    L'art. 4,  comma 29,  recepisce la ripartizione di competenze fra
Stato  e  Regioni  operata  dal  decreto  ministeriale 25 maggio 2000
(scaduto il 31 dicembre 2003) nel contesto del vecchio Titolo V della
Costituzione, che attribuiva alla competenza regionale solo la «pesca
nelle acque interne».
    La  norma in questione non sarebbe, dunque, coerente con il nuovo
quadro  costituzionale,  nell'ambito  del  quale  (salvi  i titoli di
intervento  di  cui all'art. 117, secondo comma, Cost.) lo Stato puo'
svolgere   e   regolare  funzioni  amministrative  nelle  materie  di
competenza regionale (come la pesca e anche la ricerca e l'educazione
alimentare)  solo  qualora  cio' sia reso necessario dal principio di
sussidiarieta'.
    Comunque,  ove  si  ravvisassero  esigenze unitarie, permanenti o
transitorie,  a  sostegno  di  queste competenze statali, il comma 29
sarebbe  illegittimo  per  la  mancata  previsione dell'intesa con le
Regioni.
    Anche  con  riferimento  al  comma 30, la Regione rileva che, pur
ammettendo  che  per  l'approvazione del Piano nazionale possa essere
giustificata   la   competenza   statale,  la  suddetta  disposizione
risulterebbe illegittima per la mancata previsione dell'intesa con le
Regioni  interessate,  secondo  quanto  stabilito  dalla  sentenza di
questa Corte n. 303 del 2003.
    2.1.  -  Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  di  dichiarare  inammissibili  o  non  fondate  le
questioni  di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 29 e 30,
della legge n. 350 del 2004.
    Con  successive  memorie  la difesa dello Stato ha esposto quanto
segue.
    Preliminarmente  e'  stata  prospettata  l'inammissibilita' delle
questioni   per  l'indeterminatezza  delle  censure  formulate  dalla
ricorrente.
    Nel  merito,  l'Avvocatura  ripercorre l'iter di approvazione e i
contenuti  del  VI  Piano  nazionale della pesca e dell'acquacoltura,
richiamando anche la normativa sopravvenuta, e deduce come la materia
controversa  vada  circoscritta a tre settori: Fondo di solidarieta',
contributi  per  l'associazionismo  e  ricerca applicata alla pesca e
all'acquacoltura, per i quali e' ravvisabile la competenza statale.
    Rileva,   altresi',  come  i  commi 29  e  30  in  esame  «recano
sostanzialmente»  una  disciplina  «transitoria  «nelle  more»  della
proroga  produzione  di una nuova normativa; la concreta applicazione
dei  commi parrebbe - come desumibile dal riferimento nel comma 30 al
2004 - ormai del tutto esaurita».
    2.2. - Anche la Regione Emilia-Romagna ha depositato memoria, con
la  quale  ha  insistito nelle difese svolte. La Regione ha ribadito,
altresi',  come  le norme impugnate abbiano confermato, dopo il 2001,
la  ripartizione  di  competenze  risultante dal decreto ministeriale
25 maggio 2000, invece di adeguare la disciplina di settore al mutato
quadro  costituzionale.  Si  deduce,  altresi', come non possa essere
condiviso  il  dedotto esaurimento della normativa de qua, e comunque
l'irrilevanza   di   tale   eventualita'  ai  fini  del  giudizio  di
costituzionalita',  in  quanto la modalita' delle norme impugnate non
risultano idonee ad incidere sull'interesse alla decisione.
    3.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri (ric. n. 72 del
2004) ha impugnato gli artt. 4, commi 1, lettera a), e 2, lettera a),
6,  comma 2,  lettera e), 7, comma 1, lettera f), e 9, comma 1, della
legge  della  Regione Marche 13 maggio 2004, n. 11, recante «Norme in
materia di pesca marittima e acquacoltura».
    La  difesa  dello  Stato  premette  che  la  materia  della pesca
persegue interessi pubblici molteplici, riconducibili ad obiettivi di
tutela  dell'ecosistema  e  delle  risorse ittiche che richiedono una
gestione unitaria, attribuibile alla competenza esclusiva dello Stato
in  materia  di  tutela  dell'ambiente  e dell'ecosistema, nonche' di
rapporti  internazionali  dello  Stato  e  rapporti  dello  Stato con
l'Unione  europea,  di  cui  all'art. 117,  secondo comma, lettere s)
e a), Cost.
    3.1.  -  Le  censure  sono  quindi  specificate  come  di seguito
precisato.
    La  norma contenuta nell'art. 4, comma 1, lettera a), prevede che
il  Piano  regionale  della  pesca  contenga, tra l'altro, interventi
volti alla salvaguardia di risorse ittiche della Regione. In tal modo
la   legge  regionale  qualificherebbe  le  risorse  biologiche  come
regionali.  Ad  avviso  dell'Avvocatura  dello  Stato, in realta', le
risorse   ittiche   necessitano   di   una  disciplina  di  tutela  e
conservazione  uniforme,  nel rispetto, tra l'altro, di convenzioni e
accordi  internazionali  -  in  particolare  si  tratta  della United
Nations  Convention  on  the Law of the Sea, Montego Bay, 10 dicembre
1982,  e  del  United Nations Agreement for the Implementation of the
Provisions  of the United Nations Convention on the Law of the Sea of
10  December  1982  relating  to  the  Conservation and Management of
Straddling  Fish  Stocks  and Highly Migratory Fish Stocks, New York,
4 agosto  1995.  La  norma  impugnata si pone quindi in contrasto con
l'art. 117, secondo comma, lettere a) e s), Cost.
    L'art. 4,    comma 2,    lettera a),    prevede   l'articolazione
territoriale  dei  distretti  di  pesca, con l'introduzione di regole
obbligatorie per tutti coloro che vi operano.
    In tal modo, si determinerebbe una regionalizzazione della flotta
di pesca, in contrasto con i principi che regolano la pesca nazionale
secondo   criteri   unitari.  Pertanto  detta  norma  invaderebbe  la
competenza  esclusiva statale in materia di rapporti internazionali e
con  l'Unione europea di cui all'art. 117, secondo comma, lettera a),
Cost.,  in  relazione al regolamento CE n. 2371/2002, del 20 dicembre
2002,  recante «Regolamento del Consiglio relativo alla conservazione
e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito
della  politica comune della pesca» (artt. 4, 8, 9, 15, 17 e 23) e al
regolamento   CE   n. 3690/1993,   del   20 dicembre   1993,  recante
«Regolamento  del  Consiglio che istituisce un regime comunitario che
stabilisce  le  norme  relative  alle  informazioni minime che devono
figurare nelle licenze di pesca» (artt. 2 e 3).
    Le   norme   contenute   nell'art. 6,   comma 2,   lettera e),  e
nell'art. 7,  comma 1,  lettera f),  della legge della Regione Marche
n. 11  del 2004, stabiliscono che tra i componenti della Consulta per
l'economia  ittica  e  della  Commissione  tecnico-scientifica, nuove
strutture  regionali  che  operano nell'ambito della pesca, vi sia un
rappresentante  delle Capitanerie di porto, individuato nel direttore
marittimo  o  in  un  suo  delegato.  Tali  disposizioni sarebbero in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., in quanto
dettano norme prescrittive nei confronti di un titolare di un ufficio
periferico dello Stato (cfr. sentenza n. 134 del 2004).
    L'art. 9,  comma 1,  della  legge  della Regione Marche in esame,
affida  alla  Giunta  regionale  la determinazione dell'ammontare del
canone  da  corrispondere  per  la  concessione  dei beni del demanio
marittimo. Si invaderebbe, pertanto, la competenza esclusiva statale,
in  materia  di  sistema  tributario  e contabile dello Stato, di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
    3.2.  -  Si  e' costituita la Regione Marche chiedendo il rigetto
del ricorso. Con successiva memoria la ricorrente ha osservato che la
disciplina  de  qua e' stata adottata anche al fine di disporre di un
testo  normativo  in  linea  con  le  disposizioni  comunitarie, come
modificate  dal  regolamento  CE  n. 2792/1999, del 17 dicembre 1999,
recante   «Regolamento   del  Consiglio  che  definisce  modalita'  e
condizioni  delle  azioni  strutturali nel settore della pesca» e dal
regolamento CE n. 2371/2002.
    La  legge  impugnata,  inoltre,  ha  abrogato  la legge regionale
18 aprile 1994, n. 14 (Interventi per lo sfruttamento razionale delle
risorse  ittiche,  la qualificazione e l'ammodernamento delle imprese
di  pesca  e  la  promozione  dei consumi ittici), intervenendo in un
ambito  gia'  rimesso  alla  potesta'  legislativa  delle Regioni, in
ragione del trasferimento delle funzioni amministrative in materia.
    A  sostegno  delle  proprie  difese  la  Regione ha richiamato la
legislazione adottata in materia da altre Regioni.
    3.3.  -  In prossimita' dell'udienza pubblica, l'Avvocatura dello
Stato   ha   depositato   memoria   con   la  quale  ha  ribadito  le
considerazioni  svolte  a  sostegno  dei  profili  di  illegittimita'
costituzionale delle norme impugnate. Lo Stato ravvisa nell'interesse
alla   tutela   delle  risorse  biologiche  del  mare  una  specifica
manifestazione  del  piu' ampio interesse nazionale alla salvaguardia
dell'ambiente,  affidato  dall'art. 117,  secondo  comma, lettera s),
Cost., alle competenze esclusive del legislatore nazionale.
    D'altro   canto,   come   affermato   dalla  Corte,  nel  sistema
costituzionale  sono  presenti  meccanismi  (art. 118  Cost.) volti a
rendere   piu'  flessibile  un  disegno  che,  in  ambiti  nei  quali
coesistono,    intrecciate,    attribuzioni   e   funzioni   diverse,
rischierebbe   di   vanificare,   per   l'ampia  articolazione  delle
competenze,  le  istanze  di  unificazione presenti nei piu' svariati
contesti di vita.
    4.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri (ric. n. 102 del
2004)  ha  impugnato  la  legge  della Regione Abruzzo 5 agosto 2004,
n. 22,  recante  «Nuove  disposizioni  in  materia  di  politiche  di
sostegno  all'economia  ittica», ed in particolare l'art. 2, comma 1,
lettere f) e g), nonche' l'art. 3, comma 2, chiedendo la declaratoria
di illegittimita' costituzionale degli stessi.
    4.1.  -  La  difesa  dello  Stato ritiene che la legge presenti i
seguenti profili di illegittimita' costituzionale.
    L'art. 2,   comma 1,   lettera f),   prevede   la  promozione  di
certificazioni  di  qualita'  del  «prodotto  ittico  catturato dalla
Marineria     Abruzzese     o     allevato     in     impianti     di
acquacoltura/maricoltura dislocati in Abruzzo o nel mare antistante».
Tale   disposizione,   attuando   una   protezione  della  produzione
agroalimentare  locale,  con  l'istituzione  di  un marchio regionale
identificativo  di  prodotti provenienti da una determinata localita'
geografica,  e'  suscettibile di favorire la produzione regionale nei
confronti  di  quelle  originarie  di  altri Stati membri. Il marchio
regionale non sarebbe, pertanto, in linea con le disposizioni dettate
dal   regolamento  CEE  n. 2081/1992,  del  14 luglio  1992,  recante
«Regolamento del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni
geografiche  e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed
alimentari»   e  risulterebbe  incompatibile  con  l'articolo 28  del
Trattato   che  istituisce  la  comunita'  europea,  il  quale  vieta
l'introduzione  di  qualsiasi  misura  di  natura  pubblica che possa
ostacolare l'importazione da altri paesi comunitari.
    La norma impugnata, quindi, non rispettando le disposizioni sopra
richiamate, contrasterebbe con l'art. 117, primo comma, Cost.
    La  medesima  appare,  altresi',  lesiva,  dell'art. 117, secondo
comma,  lettera e),  Cost.,  che  attribuisce  allo Stato la potesta'
legislativa nella materia «tutela della concorrenza».
    L'art. 2, comma 1, lettera g), della legge della Regione Abruzzo,
prevedendo  tra  le  finalita' da perseguire, tramite il «Fondo unico
delle  politiche  della  pesca», quelle di conservazione e incremento
delle  risorse  alieutiche,  predisposizione  di piani di gestione di
aree   di   riserva,   nonche'   monitoraggio  di  specie  ittiche  e
dell'ambiente  marino,  attribuisce  carattere  regionale  a  risorse
biologiche,  quali  quelle ittiche, che necessitano di una disciplina
di  tutela  e  conservazione  uniforme, nel rispetto di convenzioni e
accordi  internazionali - anche in questo caso si tratta della United
Nations  Convention  on  the Law of the Sea, Montego Bay, 10 dicembre
1982,  e  del  United Nations Agreement for the Implementation of the
Provisions  of the United Nations Convention on the Law of the Sea of
10  December  1982  relating  to  the  Conservation and Management of
Straddling  Fish  Stocks  and Highly Migratory Fish Stocks, New York,
4 agosto 1995.
    La  materia  della  pesca persegue interessi pubblici molteplici,
riconducibili  ad obiettivi di tutela dell'ecosistema e delle risorse
ittiche,  che sfuggono, per la natura degli interessi da tutelare, ai
confini  territoriali  e  che  richiedono  una  gestione unitaria. La
disposizione  regionale,  quindi, invaderebbe la competenza esclusiva
statale    in   materia   di   rapporti   internazionali   e   tutela
dell'ecosistema, di cui all'art. 117, secondo comma, lettere a) e s),
Cost.
    Infine,  la  norma  contenuta nell'art. 3, comma 2, prevede tra i
componenti della Conferenza regionale della pesca e dell'acquacoltura
rappresentanti  di  organismi statali, quali le Capitanerie di porto.
Tale  disposizione,  nel  dettare  norme  cogenti  nei  confronti  di
rappresentati  di  uffici  periferici  dello  Stato,  si  porrebbe in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.
    4.2.  -  Si  e'  costituita  la Regione Abruzzo, chiedendo che le
questioni   proposte  dallo  Stato  siano  dichiarate  manifestamente
infondate.
    La  difesa  regionale  ha  dedotto  come  il  quadro normativo in
materia  di  pesca  ed acquacoltura presenti le caratteristiche di un
sistema   multilivello,   nel  quale  interagiscono  fonti  normative
comunitarie,  nazionali  e  regionali.  La riforma del Titolo V della
Costituzione  ha innovato il rapporto tra potesta' normativa statuale
e  regionale.  In  particolare, «pesca e acquacoltura» non sono state
ascritte nel novero delle materie di esclusiva competenza legislativa
statale,  ovvero  di  competenza  legislativa concorrente, sicche' le
stesse  devono  essere ricondotte alla potesta' legislativa residuale
delle Regioni ex art. 117, quarto comma, Cost.
    Con  riguardo  alle  specifiche censure la Regione osserva quanto
segue.
    L'art. 2,  comma 1,  lettera f),  della legge regionale in esame,
non  e' diretto alla creazione di un marchio regionale identificativo
di   una  produzione  agroalimentare  locale,  quanto  «al  possibile
sostegno  alla  certificazione di qualita' della Marineria abruzzese,
del   Pesce   abruzzese,   in  forza  dell'applicazione  di  rigorosi
disciplinari  in  materia  di  metodi  di cattura, modalita' di primo
trattamento  e  manipolazione,  tempi  di  trasporto a terra ed avvio
della commercializzazione».
    In relazione alle censure formulate rispetto all'art. 2, comma 1,
lettera g),  della  legge regionale dell' Abruzzo, n. 22 del 2004, la
Regione  deduce  come  la  norma  si  inserisca  nel quadro normativo
internazionale,   e   al   medesimo   si  adegui.  Ne'  sussisterebbe
l'invasione   della   competenza   statale   in   materia  di  tutela
dell'ambiente   e  dell'ecosistema  dal  momento  che  si  e'  inteso
intervenire  solo  nella  predisposizione  e  attuazione  di piani di
gestione  delle  risorse per aree di tutela biologica gia' istituite,
concorrendo, cosi', alla loro implementazione.
    In  ordine  alle  censure formulate rispetto all'art. 3, comma 2,
della  legge  della Regione Abruzzo n. 22 del 2004, la Regione rileva
che  la  previsione  della  partecipazione alla istituenda Conferenza
regionale  della  pesca  e  dell'acquacoltura,  di  un rappresentante
designato  dalle  Capitanerie  di porto, ha fondamento nell'art. 105,
comma 6,  del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento
di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli
enti  locali,  in  attuazione  del  capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59),  nonche' nell'art. 10 del decreto legislativo 26 maggio 2004,
n. 154  (Modernizzazione  del  settore  pesca  e dell'acquacoltura, a
norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38), che
richiedono un necessario raccordo con le Capitanerie di porto.
    4.3.  -  L'Avvocatura  dello  Stato  ha depositato memoria con la
quale  ha  rilevato come le disposizioni legislative introdotte dalla
Regione   Abruzzo   riguardino  essenzialmente  linee  di  intervento
pubblico a sostegno dell'economia ittica.
    Ha  affermato, quindi, come non sembri dubitabile che la Regione,
in  forza  dell'assetto  delle  competenze  delineate a seguito della
riforma  del  Titolo  V  della  Costituzione,  abbia legittimazione a
provvedere in materia di pesca e acquacoltura.
    Piuttosto,  la  questione  di legittimita' costituzionale attiene
alle  modalita' con cui la Regione Abruzzo ha inteso esercitare detta
potesta', e, in particolare, all'incidenza della disciplina regionale
sul rispetto del Trattato che ha istituito la comunita' europea e del
regolamento  CEE n. 2081/1992. Ad avviso della difesa dello Stato, la
Regione  Abruzzo puo' promuovere, nel contesto di un piano economico,
i  prodotti  e  i marchi locali, ma non puo' individuare un ambito di
delimitazione delle aree di produzione avulso dai criteri indicati in
sede  comunitaria.  La  norma  in questione, pertanto, sarebbe lesiva
dell'art. 117,  primo  comma,  Cost., nella parte in cui introduce un
criterio di tutela dei marchi d'origine diverso da quello vigente nel
territorio  nazionale e nell'area comunitaria, nonche' dell'art. 117,
secondo comma, lettera e), in quanto altererebbe la concorrenza tra i
prodotti nazionali.
    La difesa dello Stato ha ribadito l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 2,  comma 1, lettera g), della legge della Regione Abruzzo,
in  quanto  contiene  un espresso riferimento alla predisposizione ed
attuazione  di  piani  di  gestione  di  aree  di riserva e di specie
particolari,  incidendo  sulla  competenza  esclusiva  dello Stato in
materia  di  rapporti  internazionali  e  di tutela dell'ecosistema e
dell'ambiente,  di  cui all'art. 117, secondo comma, lettere a) e s),
Cost.
    Infine,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  riafferma
l'illegittimita' costituzionale dell' art. 3, comma 2, tanto piu' che
l'art. 10  del  d.lgs.  n. 154 del 2004, richiamato dalla Regione, si
esprime   in  termini  di  raccordo  tra  le  Commissioni  consultive
istituite dalle Regioni e le Capitanerie di porto.

                       Considerato in diritto

    1. - Vengono all'esame della Corte quattro ricorsi, dei quali due
sono  stati  proposti,  rispettivamente,  dalla Regione Toscana (ric.
n. 32  del 2004) e dalla Regione Emilia-Romagna (ric. n. 33 del 2004)
nei  confronti  di  talune disposizioni di una legge dello Stato, gli
altri  due,  invece, sono stati proposti dal Presidente del Consiglio
dei  ministri  (ric.  n. 72  e  ric.  n. 102  del 2004) contro leggi,
rispettivamente, della Regione Marche e della Regione Abruzzo.
    2.  -  Oggetto di esame in questa sede sono soltanto le questioni
di   costituzionalita'   prospettate   nei   suindicati  ricorsi  con
riferimento al riparto delle competenze legislative ed amministrative
tra  lo  Stato  e  le  Regioni  in  materia  di pesca. Vanno, invece,
riservate    ad    altre   pronunce   le   ulteriori   questioni   di
costituzionalita'  proposte con i ricorsi regionali n. 32 e n. 33 del
2004.
    3.  - Considerata la sostanziale identita' della materia trattata
con i quattro ricorsi sopra citati, nonche' l'analogia di parte delle
questioni  prospettate, i giudizi possono essere riuniti - nei limiti
sopra precisati - per essere decisi con unica sentenza.
    4.  -  Prima  di  procedere  all'esame delle diverse questioni di
costituzionalita'   prospettate   nei   ricorsi  de  quibus,  occorre
delineare,  sia  pure succintamente, il quadro normativo, relativo al
settore  della pesca, precedente alle modifiche apportate al Titolo V
della Parte seconda Cost. dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
    4.1.  -  Il testo originario dell'art. 117 Cost. attribuiva, come
e'  noto, alla potesta' legislativa delle Regioni a statuto ordinario
la  competenza  in materia di «pesca nelle acque interne», nei limiti
dei   principi   fondamentali  stabiliti  dalle  leggi  dello  Stato,
sempreche'  le  norme stesse non fossero in contrasto con l'interesse
nazionale e con quello di altre Regioni.
    In  base  al testo originario dell'art. 118 Cost. spettavano alle
Regioni  le  funzioni  amministrative  nella suddetta materia, tranne
quelle  di  interesse  esclusivamente  locale,  che  potevano  essere
attribuite  dalle  leggi  della  Repubblica  anche  alle Province, ai
comuni o ad altri enti locali.
    4.2.  -  A differenza di quanto disposto per le Regioni a statuto
ordinario, sin dalla costituzione delle Regioni a statuto speciale si
e'   avuta   l'attribuzione   alle   medesime   (e  con  riguardo  al
Trentino-Alto  Adige/Südtirol  alle  Province autonome di Trento e di
Bolzano)  delle  funzioni  legislative ed amministrative relative non
solo   alla  «pesca  nelle  acque  interne»,  ma  anche  alla  «pesca
marittima»,  ad  eccezione,  per  quest'ultima,  delle  Regioni Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aoste  e Trentino-Alto Adige/Südtirol, per evidenti
ragioni di ordine geografico.
    Il  richiamo  per  le  Regioni  ad autonomia speciale del termine
«pesca», senza ulteriori specificazioni (art. 2, comma 1, lettera l),
dello  «statuto  speciale  per  la  Valle  d'Aosta»; art. 3, comma 1,
lettera  i),  dello  «statuto  speciale  per  la  Sardegna»; art. 11,
comma 1,  numero  15,  dello  «statuto  speciale per il Trentino-Alto
Adige»;  art. 4,  comma 1,  numero  3,  dello «statuto speciale della
Regione  Friuli-Venezia  Giulia»; art. 14, comma 1, lettera l), dello
«statuto  della Regione siciliana»), ha fatto ritenere, fondatamente,
che  le competenze delle Regioni a statuto speciale, che hanno sbocco
sul  mare,  fossero  piu'  ampie  di  quelle  delle Regioni a statuto
ordinario,  aventi  la medesima caratteristica, come attribuite dagli
artt. 117 e 118 Cost., nei rispettivi testi originari.
    4.3.  -  Sul  punto  e'  opportuno  richiamare  la giurisprudenza
costituzionale di piu' significativo rilievo. Questa Corte, sin dalla
sentenza  n. 23  del  1957,  ritenne  legittime  alcune  disposizioni
normative  adottate  dalla  Regione Sardegna in materia di pesca, che
estendevano   la   propria   efficacia  anche  alle  acque  del  mare
territoriale,  in ragione della potesta' legislativa attribuita dallo
statuto  speciale  «senza  limitazione  alcuna,  salvo le limitazioni
delle  norme  costituzionali».  Con  la successiva sentenza n. 21 del
1968,  anch'essa  relativa  a  norme  delle  Regione Sardegna, veniva
precisato  che  «le  singole  competenze regionali debbono intendersi
rigorosamente  limitate,  cosi'  da  escludere  ogni  esorbitanza  in
materie  connesse  di  competenza  statale, e senza pregiudizio delle
implicazioni di questa competenza, la quale tutela interessi pubblici
estranei alla sfera regionale». La pronuncia n. 203 del 1974, quindi,
nel  delimitare  l'ambito  della  potesta'  legislativa della Regione
Sardegna,  affermava  che  la  «"pesca"  come  materia  di competenza
regionale,   e'  l'attivita'  diretta,  indipendentemente  dai  mezzi
adoperati  e  dal fine perseguito, a catturare esemplari di specie il
cui  ambiente  abituale  o naturale di vita siano date acque. Codesta
attivita',   in   se'   e   finalisticamente  considerata,  evidenzia
determinati  interessi  tipici, privati e pubblici; e le norme che la
disciplinano, proprio di codesti interessi integrano la tutela».
    Tuttavia,  la  Corte  rilevava  che  accanto agli stessi vi erano
«altri  interessi,  il cui perseguimento e' certamente giovevole alla
pesca,  ma  che  ha  una ben piu' ampia o generale portata» (quali la
conservazione  ed  il  miglioramento  del  patrimonio  ittico,  delle
risorse  biologiche  del  mare  e  dell'ambiente  marino  in genere),
considerati meritevoli di tutela nell'ordinamento interno e sul piano
internazionale,  e  che  la  disciplina  delle relative attivita' non
poteva  essere  compresa,  in modo immediato o meno, nelle competenze
statutarie.
    4.4.  -  Nella vigenza dell'originario art. 117 Cost., il settore
de  quo  e'  stato  oggetto  di disciplina organica per effetto della
legge  14 luglio  1965,  n. 963 (Disciplina della pesca marittima), e
della legge 17 febbraio 1982, n. 41 (Piano per la razionalizzazione e
lo  sviluppo  della pesca marittima). Proprio la legge n. 41 del 1982
introduceva,  con  la  previsione di un Piano nazionale, una gestione
programmata  e  controllata  dell'attivita'  di  pesca, allo scopo di
promuovere  lo  sfruttamento  razionale  e  la  valorizzazione  delle
risorse  biologiche  del  mare,  attraverso  uno sviluppo equilibrato
dell'attivita' considerata.
    4.5.  -  Successivamente,  in attuazione della delega legislativa
conferita  dall'art. 7  della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni
in  materia  di apertura e regolazione dei mercati), e' stato emanato
il   decreto  legislativo  18 maggio  2001,  n. 226  (Orientamento  e
modernizzazione  del settore della pesca e dell'acquacoltura, a norma
dell'art. 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57).
    Occorre  rilevare,  in  proposito,  come  l'art. 1,  comma 1, del
suddetto  decreto  abbia  assunto  nella  sfera  dei  principi  della
sostenibilita'  e  delle  responsabilita'  verso l'ambiente e verso i
consumatori, le finalita' di sviluppo economico, gestione razionale e
valorizzazione delle risorse biologiche del mare.
    4.6.  - Con riguardo al riparto delle funzioni amministrative tra
Stato  e  Regioni  a  statuto  ordinario,  in  ordine  alla  pesca  e
all'acquacoltura,    occorre,   in   primo   luogo,   richiamare   il
significativo nucleo di normazione emanato nell'anno 1972.
    4.7.  -  Con il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 (Trasferimento alle
Regioni  a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in
materia  di  agricoltura  e foreste, di caccia e di pesca nelle acque
interne  e  dei  relativi  personali  ed uffici), si operava un primo
trasferimento  di  funzioni  amministrative  alle  Regioni  a statuto
ordinario, in materia, tra l'altro, di pesca nelle acque interne, per
i  rispettivi  territori. In particolare, il trasferimento riguardava
(art. 1,  comma 2, lettera p), le funzioni amministrative concernenti
l'esercizio  della pesca nelle acque interne, le riserve di pesca, la
piscicoltura  ed  il  ripopolamento  ittico.  L'art. 4  del  suddetto
decreto  stabiliva i settori in cui, diversamente, restavano ferme le
competenze statali.
    4.8.  -  Successivamente,  per  effetto  degli artt. 79 e 100 del
d.P.R.  24 luglio  1977,  n. 616  (Attuazione  della  delega  di  cui
all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), sono state trasferite
alle  Regioni le funzioni amministrative relative alla materia «pesca
nelle acque interne», che concernono la tutela e la conservazione del
patrimonio  ittico,  gli  usi  civici,  l'esercizio  della  pesca, il
rilascio della licenza, la piscicoltura e il ripopolamento, lo studio
e la propaganda, i consorzi per la tutela e l'incremento della pesca,
nonche'  «le  funzioni  relative  alla  pesca nelle acque del demanio
marittimo  interno, cosi' come delimitato dall'art. 1, secondo comma,
del  decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639»
(in riferimento, quindi, alle zone di mare ove sboccano fiumi e altri
corsi  d'acqua,  naturali o artificiali, ovvero quelle che comunicano
direttamente con lagune e bacini di acqua salsa o salmastra).
    4.9.  -  Quindi,  il  decreto  legislativo  4 giugno 1997, n. 143
(Conferimento  alle  regioni delle funzioni amministrative in materia
di   agricoltura  e  pesca  e  riorganizzazione  dell'Amministrazione
centrale),  attuativo  della  legge  15 marzo  1997, n. 59 (Delega al
Governo  per  il  conferimento  di funzioni e compiti alle regioni ed
enti  locali,  per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione  amministrativa),  all'art. 1,  comma 2, ha conferito
alle  Regioni  «tutte  le funzioni ed i compiti svolti dal Ministero»
delle  risorse  agricole,  alimentari  e  forestali,  «relativi  alle
materie di agricoltura, foreste, pesca, agriturismo, caccia, sviluppo
rurale,   alimentazione»,   tranne   quelli  (elencati  nell'art. 2),
riservati al neo istituito Ministero per le politiche agricole.
    A   cio'   va  aggiunto  che  l'art. 105,  comma 6,  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), ha stabilito
che  «per  lo  svolgimento di compiti conferiti in materia di diporto
nautico  e  pesca marittima le regioni e gli enti locali si avvalgono
degli  uffici  delle  capitanerie di porto». In attuazione del d.lgs.
n. 143   del   1997,  sono  poi  state  emanate  leggi  regionali  di
individuazione  delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali
in materia e di quelle mantenute in capo alle Regioni stesse.
    5.  -  Con  il  nuovo  Titolo  V,  Parte  II, della Costituzione,
introdotto  dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, la pesca non e'
stata   inserita   nell'elenco   di  materie  rimesse  alla  potesta'
legislativa  dello  Stato dall'art. 117, secondo comma, Cost., ne' e'
stata  ascritta alla competenza concorrente di cui al terzo comma del
suddetto articolo.
    Cio'  ha  portato a ritenere che la mancata espressa attribuzione
della   pesca   alla   competenza  legislativa  esclusiva  statale  o
concorrente  dello  Stato  e delle Regioni, comporti la riferibilita'
della   stessa,  nella  sua  globalita',  alla  potesta'  legislativa
regionale   «residuale»,  e  dunque  piena.  In  proposito,  occorre,
tuttavia,  ricordare  come  questa  Corte  (sentenza n. 370 del 2003)
abbia   chiarito   che,   in  via  generale,  deve  essere  affermata
l'impossibilita'  di  ricondurre un determinato oggetto di disciplina
normativa  all'ambito  di  applicazione  affidato  alla  legislazione
residuale  delle  Regioni,  ai  sensi  del  quarto comma del medesimo
art. 117  Cost.,  «per  il  solo  fatto  che  tale  oggetto  non  sia
immediatamente  riferibile  ad  una  delle materie elencate nei commi
secondo  e terzo dell'art. 117 Cost.». D'altro canto, la complessita'
della  realta'  sociale  da  regolare  comporta  che  di frequente le
discipline legislative non possano essere attribuite nel loro insieme
ad  un'unica  materia,  perche'  concernono  posizioni  non  omogenee
ricomprese  in  materie  diverse  sotto  il  profilo della competenza
legislativa;  «in  siffatti  casi  di  concorso  di  competenze deve,
pertanto,  farsi applicazione, secondo le peculiarita' dell'intreccio
di   discipline,   del  criterio  della  prevalenza  di  una  materia
sull'altra  e  del  principio di leale cooperazione» (sentenza n. 231
del 2005).
    5.1.  -  Nella  vigenza  del nuovo Titolo V, con la legge 7 marzo
2003,  n. 38  (Disposizioni  in  materia  di  agricoltura),  e' stata
conferita  delega  al  Governo  per  la  modernizzazione  dei settori
dell'agricoltura,  della  pesca,  dell'acquacoltura,  agroalimentare,
dell'alimentazione e delle foreste.
    In attuazione di tale delega, con riguardo alla pesca, sono stati
adottati  piu'  decreti delegati: decreto legislativo 26 maggio 2004,
n. 153  (Attuazione  della  legge  7 marzo 2003, n. 38, in materia di
pesca   marittima);   decreto   legislativo  26 maggio  2004,  n. 154
(Modernizzazione  del  settore  pesca  e  dell'acquacoltura,  a norma
dell'art. 1,  comma 2,  della  legge  7 marzo  2003,  n. 38); decreto
legislativo  27 maggio  2005,  n. 100  (Ulteriori disposizioni per la
modernizzazione  dei settori della pesca e dell'acquacoltura e per il
potenziamento  della vigilanza e del controllo della pesca marittima,
a norma dell'art. 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38).
    5.2.  -  In  ragione  della nuova disciplina di settore contenuta
nella  legge delega e nei decreti delegati da ultimo richiamati (che,
tra  l'altro,  hanno abrogato la legge n. 41 del 1982 e, in parte, la
legge  n. 963  del  1965),  al Piano nazionale della pesca, di durata
triennale,  previsto  dall'art. 1  della  legge n. 41 del 1982 (cfr.,
altresi',  l'art. 4,  comma 29,  della  legge  n. 350  del  2003), e'
subentrato   il   Programma   nazionale   triennale   della  pesca  e
dell'acquacoltura (artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 154 del 2004; art. 5 del
d.lgs.  n. 100  del  2005),  adottato  dal  Ministro  delle politiche
agricole  e  forestali,  sentito  il  Ministro  dell'ambiente e della
tutela  del  territorio,  d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano, previa consultazione del neo istituito «Tavolo Azzurro».
    6. - Lo sviluppo legislativo segnato nel tempo dalle disposizioni
sopra  richiamate  e'  caratterizzato, nel complesso, dal venire meno
del  richiamo  alla  distinzione  tra  «pesca  nelle acque interne» e
«pesca   marittima»   quale  criterio  per  definire  l'ambito  della
competenza legislativa e amministrativa, rispettivamente, dello Stato
e  delle  Regioni in materia. Si puo', inoltre, rilevare una generale
promozione  della  funzione  di  razionalizzazione  del sistema della
pesca  in  ragione  dei  principi  di sviluppo sostenibile e di pesca
responsabile, al fine di coniugare le attivita' economiche di settore
con la tutela dell'ambiente e degli ecosistemi. Infine, la nozione di
pesca marittima - art. 1 del d.lgs. n. 153 del 2004 - quale attivita'
(diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in mare)
svolta  dagli  imprenditori  ittici,  dai  pescatori  e  dagli  altri
soggetti per i quali e' responsabile, direttamente e unitariamente lo
Stato   italiano,   secondo   le   pertinenti  norme  comunitarie  ed
internazionali,  pone  in  luce  l'assorbente  carattere di attivita'
economica  assunto  dalla pesca; a cio' consegue la previsione di una
serie  di  misure  di  sostegno  a  favore non solo dell'attivita' di
pesca,  ma  anche  delle  diverse  e  ulteriori  attivita'  (quali la
trasformazione  e  la  commercializzazione del pescato), svolte sulla
terraferma,   che   ne  costituiscono  parte  integrante  o  vi  sono
strettamente connesse.
    7.  -  In  base  alle  considerazioni  svolte,  si  deve, dunque,
rilevare  che la mancanza nell'attuale art. 117 Cost. di una espressa
attribuzione di potesta' legislativa in materia di «pesca nelle acque
interne»,  da  un lato, non consente, per le specificita' del settore
pesca,  di ritenere la stessa riconducibile o assorbita da uno o piu'
ambiti  chiaramente  rimessi  alla competenza legislativa esclusiva o
concorrente  (art. 117,  secondo  e  terzo comma, Cost.); dall'altro,
conferma  la  progressiva  generale  attribuzione  della «pesca» alle
Regioni ordinarie, senza alcuna distinzione basata sulla natura delle
acque.
    7.1.  -  La  pesca,  pertanto,  costituisce materia oggetto della
potesta' legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell'art. 117,
quarto  comma, Cost., sulla quale, tuttavia, per la complessita' e la
polivalenza delle attivita' in cui si estrinseca, possono interferire
piu'  interessi  eterogenei,  taluni  statali,  altri  regionali, con
indiscutibili    riflessi   sulla   ripartizione   delle   competenze
legislativa   ed  amministrativa.  Per  loro  stessa  natura,  talune
attivita'  e  taluni aspetti riconducibili all'attivita' di pesca non
possono,  infatti,  che  essere  disciplinati  dallo Stato, atteso il
carattere unitario con cui si presentano e la conseguente esigenza di
una loro regolamentazione uniforme.
    A  cio'  va aggiunto che per quegli aspetti, pur riconducibili in
qualche  modo  all'attivita' di pesca, che sono connessi a materia di
competenza  ripartita  tra  Stato  e  Regioni  (tutela  della salute,
alimentazione, tutela e sicurezza del lavoro, commercio con l'estero,
ricerca  scientifica  e  tecnologica e sostegno all'innovazione delle
imprese  per  il  settore  produttivo  della pesca, porti, previdenza
complementare  e  integrativa,  governo  del  territorio) sussiste la
potesta'   legislativa  statale  nella  determinazione  dei  principi
fondamentali,  ai  quali  il  legislatore  regionale,  nel dettare la
disciplina di dettaglio, deve attenersi.
    7.2.  -  L'analisi  dell'intreccio  delle  competenze deve essere
effettuata  caso  per  caso,  con  riguardo alle concrete fattispecie
normative,  facendo  applicazione  del  principio di prevalenza e del
principio   fondamentale   di   leale  collaborazione,  che  si  deve
sostanziare in momenti di reciproco coinvolgimento istituzionale e di
necessario coordinamento dei livelli di governo statale e regionale.
    8.  -  E',  pertanto, sulla base dei suindicati principi che deve
essere  effettuato  lo  scrutinio  di  costituzionalita'  sulle norme
impugnate.
    9.  -  Devono  formare  oggetto  di  esame,  in  primo  luogo, le
questioni di costituzionalita' proposte dalla Regione Toscana e dalla
Regione  Emilia-Romagna  (ric. n. 32 e ric. n. 33 del 2004) in ordine
ai  commi 29  e  30  dell'art. 4  della  legge  n. 350  del 2003, con
motivazioni  sostanzialmente identiche, basate sulla violazione degli
artt. 117,  terzo  e  quarto  comma,  e  118 Cost. In particolare, la
Regione  Toscana  lamenta  la violazione dell'art. 117, quarto comma,
Cost.,  mentre  la  Regione  Emilia-Romagna  deduce  la lesione degli
artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost.
    9.1.  -  Il  comma 29  del  citato art. 4 dispone che «nelle more
dell'adozione   dei   decreti  legislativi  previsti  dalla  legge  5
giugno 2003,   n. 131,   e  dalla  legge  7 marzo  2003,  n. 38,  gli
interventi in favore del settore ittico di cui alla legge 17 febbraio
1982,  n. 41,  sono  realizzati  dallo  Stato,  dalle regioni e dalle
province  autonome  limitatamente alle rispettive competenze previste
dalla Parte IV del VI Piano nazionale della pesca e dell'acquacoltura
adottato  con  decreto ministeriale 25 maggio 2000 del Ministro delle
politiche agricole e forestali».
    A  sua  volta, il comma 30 del medesimo art. 4 prevede che «entro
il  28 febbraio  2004, in attuazione di quanto previsto al comma 29 e
in  deroga  alle  disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 della legge
17 febbraio  1982, n. 41, e successive modificazioni, con decreto del
Ministero  delle politiche agricole e forestali e' approvato il Piano
nazionale della pesca e dell'acquacoltura per l'anno 2004».
    9.2.  -  Le  riportate  disposizioni sarebbero costituzionalmente
illegittime   in   quanto,  intervenendo  in  ambiti  materiali  -  e
precipuamente  pesca  e  acquacoltura  -  non  riservati dal medesimo
art. 117  Cost.  alla competenza esclusiva dello Stato, sussisterebbe
la  competenza residuale delle Regioni o concorrente delle stesse con
lo  Stato,  a  nulla  rilevando che tali ambiti possano avere qualche
interferenza   con   la   competenza  statale  relativa  alla  tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema e, in parte, anche con quella della
tutela della concorrenza.
    In  via  subordinata, la sola Regione Emilia-Romagna lamenta che,
comunque,   pure  a  volere  ritenere  che,  per  esigenze  unitarie,
competenze  regionali  siano  state attribuite allo Stato dalle norme
impugnate,   quest'ultime   sarebbero  egualmente  costituzionalmente
illegittime per l'assenza di adeguate forme di intesa con le Regioni.
    9.3.  -  In  via preliminare, deve essere respinta l'eccezione di
inammissibilita'    sollevata    dalla   difesa   dello   Stato   per
l'indeterminatezza delle censure poste dalle ricorrenti.
    Le  stesse, pur nella loro sinteticita', consentono di apprezzare
sufficientemente  il  contenuto sostanziale della lamentata invasione
della sfera di competenza legislativa regionale.
    9.4.  -  Nel  merito,  va  innanzitutto  rilevato  che  le  norme
impugnate  hanno  carattere  dichiaratamente  transitorio,  in quanto
relative   al   periodo   precedente   all'attuazione  delle  deleghe
legislative,  che  e'  avvenuta con l'emanazione dei relativi decreti
delegati, nei termini all'uopo previsti ed ormai scaduti.
    Tale  circostanza,  pur  non facendo venire meno l'interesse alla
caducazione  di  tali  norme,  induce  a  ritenere  che la disciplina
introdotta   dalle   disposizioni   censurate  trovi  giustificazione
nell'esigenza   di   evitare  un  vuoto  di  normazione  nel  periodo
intercorrente  tra  l'emanazione  della  legge  di  delega  e  la sua
attuazione.   D'altronde   questa  Corte,  gia'  in  altre  occasioni
(sentenze  n. 417  del  2005,  e  n. 36  del  2004),  ha  escluso  la
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale di norme statali sul
rilievo del loro carattere meramente transitorio.
    9.5. - Al di la', comunque, delle suindicate considerazioni, deve
osservarsi  che  la disposizione dell'art. 4, comma 29, nel prevedere
il citato regime transitorio, stabilisce che gli interventi in favore
del  settore  ittico,  di  cui  alla  legge  n. 41 del 1982 (abrogata
dall'art. 23  del  d.lgs.  n. 154  del  2004), «sono realizzati dallo
Stato,  dalle  regioni  e  dalle province autonome limitatamente alle
rispettive  competenze previste dalla Parte IV del VI Piano nazionale
delle  pesca  e  dell'acquacoltura  adottato con decreto ministeriale
25 maggio 2000 del Ministero delle politiche agricole e forestali».
    Orbene, la richiamata Parte IV del Piano (la cui rubrica reca «il
bilancio  preventivo»),  ripartisce  tra  lo  Stato  e  le Regioni le
risorse  finanziarie  per  i  diversi  settori di intervento che sono
riconducibili sia a competenze statali, sia a competenze regionali.
    Per  completezza  del  quadro  normativo  in materia, deve essere
ricordato  che  l'art. 69,  comma 14,  della  legge 27 dicembre 2002,
n. 289  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato - legge finanziaria 2003), con disposizione
non  impugnata  da  alcuna  Regione, ha prorogato sino al 31 dicembre
2003  il  periodo di vigenza del Piano in questione. Per l'anno 2004,
poi,  e'  intervenuto  il  decreto  ministeriale 7 maggio 2004 (Piano
nazionale della pesca e dell'acquacoltura per l'anno 2004) sulla base
di  quanto  previsto  dal comma 30 dell'art. 4 della legge n. 350 del
2003, anch'esso oggetto di impugnazione in questa sede.
    Quest'ultimo  Piano,  nel  precisare che la suddetta legge n. 350
del  2003  ha individuato gli interventi nazionali nel settore ittico
da  finanziarsi  con  dotazioni  di  bilancio  a  gestione nazionale,
secondo  il  riparto delle competenze tra Stato e Regioni fissato dal
Piano  per gli anni 2000 - 2002, ha disposto il rifinanziamento della
spesa  nei  seguenti  settori: credito peschereccio, osservatorio del
lavoro, associazionismo, cooperazione, ricerca applicata alla pesca e
l'acquacoltura,  campagna  di  educazione  alimentare, interventi sul
sistema  statistico,  finanziamento degli organi collegiali, missioni
all'estero,  iniziative  a  sostegno dell'attivita' ittica, controllo
dell'attivita' di pesca da parte delle Capitanerie di porto, Fondo di
solidarieta',   studi   di   mercato   (ISMEA),  Commissione  per  la
sostenibilita'  (INEA), campagne di promozione, polizze assicurative,
accordi di programma, ristrutturazione aziendale e ricapitalizzazione
delle cooperative.
    9.6.  -  Come appare palese, il rifinanziamento delle spese cosi'
disposto  va  ad incidere sia su ambiti di competenza statale, che su
ambiti  di  competenza  regionale.  Inoltre,  sussistono  sufficienti
elementi  per  ritenere che un intervento finanziario cosi' complesso
ed  articolato puo' giustificare, a norma dell'art. 118, primo comma,
Cost.,  l'allocazione  delle relative funzioni ad un livello unitario
che, nella specie, e' quello dello Stato.
    Deve,  quindi,  ritenersi,  tanto  con  riferimento  alla  natura
transitoria  delle  disposizioni  censurate, quanto con riguardo alla
chiamata  in  sussidiarieta',  al  livello statale, della funzione di
finanziamento  della  spesa,  che  le disposizioni medesime rientrino
nella  competenza  dello  Stato.  Nondimeno, sarebbe stato egualmente
necessario,  in  ragione  del  principio di leale collaborazione, che
deve  permeare  di  se'  i  rapporti  istituzionali tra lo Stato e le
Regioni,  il  coinvolgimento delle Regioni nella fase di ripartizione
delle  risorse  finanziarie  tra  i  vari  tipi  di impiego, mediante
intesa.
    9.7.  -  La  disposizione  del  comma 29 dell'art. 4, della legge
n. 350  del  2003  deve, dunque, essere dichiarata costituzionalmente
illegittima  nella  parte in cui non fa applicazione del principio di
leale  collaborazione,  nella  forma  dell'intesa  con  la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano.
    9.8.  -  Analogamente,  e per le stesse ragioni sostanziali, deve
essere  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale del comma 30 del
medesimo art. 4, data la mancata previsione dell'intesa nella fase di
approvazione   del  Piano  per  l'anno 2004  e  nella  consequenziale
ripartizione delle risorse finanziarie tra i vari tipi di impiego.
    10.  -  Devono  essere  esaminati  ora i due ricorsi proposti dal
Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti, rispettivamente,
della Regione Marche e della Regione Abruzzo.
    11.  -  Con  il  ricorso  n. 72 del 2004 sono stati impugnati gli
artt. 4,   commi 1,   lettera a),   e   2,  lettera a),  6,  comma 2,
lettera e),  7,  comma 1, lettera f), e 9, comma 1, della legge della
Regione  Marche  13 maggio  2004,  n. 11  (Norme  in materia di pesca
marittima e acquacoltura).
    11.1. - La difesa dello Stato premette che la materia della pesca
persegue  interessi  pubblici molteplici, che richiedono una gestione
unitaria,  attribuibile  alla  competenza legislativa esclusiva dello
Stato, in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, nonche',
di  rapporti  internazionali  dello  Stato e rapporti dello Stato con
l'Unione  europea,  di cui all'art. 117, secondo comma, lettere s) ed
a), Cost.
    11.2.  -  E'  censurato,  quindi,  l'art. 4, comma 1, lettera a),
nella  parte  in  cui  prevede  che  il  Piano  regionale della pesca
contenga,  tra l'altro, interventi volti alla salvaguardia di risorse
ittiche  della  Regione,  ritenendolo  in  contrasto  con l'art. 117,
secondo comma, lettere a) e s), Cost.
    Ad  avviso  del  ricorrente la disposizione qualificherebbe dette
risorse   come   regionali,  mentre  le  stesse  necessitano  di  una
disciplina  di  tutela e di conservazione uniforme, nel rispetto, tra
l'altro,  di  convenzioni  e  accordi  internazionali - individuabili
nella  United  Nations Convention on the Law of the Sea, Montego Bay,
10 dicembre   1982,   e   nel   United   Nations  Agreement  for  the
Implementation  of the Provisions of the United Nations Convention on
the  Law  of the Sea of 10 December 1982 relating to the Conservation
and  Management  of  Straddling Fish Stocks and Highly Migratory Fish
Stocks, New York, 4 agosto 1995.
    11.2.1. - La questione e' inammissibile.
    11.2.2.  -  Le  censure  proposte  sono  generiche  non facendosi
riferimento,  in  particolare,  con riguardo agli atti internazionali
invocati,  ad  alcuna  specifica disposizione degli stessi. Per altro
verso,  va  osservato  come la predisposizione di piani regionali sia
prevista  dall'art. 5 del d.lgs. n. 154 del 2004, il quale stabilisce
che  le  Regioni,  «entro il 31 dicembre dell'anno precedente ciascun
triennio   di   programmazione  nazionale»,  «approvano  i  programmi
regionali   della   pesca   e   dell'acquacoltura,  o  gli  eventuali
aggiornamenti,   contenenti   l'indicazione   degli   interventi   di
competenza da realizzare con le proprie dotazioni di bilancio».
    11.3.   -   Anche  l'art. 4,  comma 2,  lettera a),  della  legge
regionale  delle  Marche  in  esame,  e' sospettato di illegittimita'
costituzionale.  La  disposizione  indica  tra  i contenuti del Piano
regionale l'articolazione territoriale dei distretti di pesca «intesi
non   come   confine   ma  come  regolamentazione  dell'attivita'  di
pesca-produzione in forza di regole obbligatorie per tutti coloro che
vi  operano».  Ad  avviso  della difesa dello Stato, detta previsione
determinerebbe  una  regionalizzazione  della  flotta  di  pesca,  in
contrasto  con  i  principi  che  regolano la pesca nazionale secondo
criteri  unitari,  cosi'  ledendo  la competenza esclusiva statale in
materia  di  rapporti  internazionali  e  con l'Unione Europea di cui
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera a),  Cost.,  in  relazione al
regolamento   CE   n. 2371/2002,   del   20  dicembre  2002,  recante
«Regolamento   del  Consiglio  relativo  alla  conservazione  e  allo
sfruttamento  sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della
politica comune della pesca», in particolare articoli 4, 8, 9, 15, 17
e 23, e al regolamento CE n. 3690/1993, del 20 dicembre 1993, recante
«Regolamento  del  Consiglio che istituisce un regime comunitario che
stabilisce  le  norme  relative  alle  informazioni minime che devono
figurare nelle licenze di pesca», in particolare articoli 2 e 3.
    11.3.1. - La questione non e' fondata.
    11.3.2.  -  I  distretti di pesca, attualmente, sono disciplinati
dall'art. 4 del d.lgs. n. 226 del 2001, secondo quanto previsto dalla
legge  delega 5 marzo 2001, n. 57, «al fine di assicurare la gestione
razionale  delle  risorse  biologiche, in attuazione del principio di
sostenibilita»;  «sono  considerati distretti di pesca le aree marine
omogenee dal punto di vista ambientale, sociale ed economico».
    Orbene, la disposizione impugnata, che opera comunque nell'ambito
della  pianificazione  regionale,  non  si sovrappone alle competenze
statali  disciplinate  dal  suddetto  art. 4,  ne'  e' dato ravvisare
alcuna   interferenza  delle  disposizioni  stesse  con  la  potesta'
esclusiva dello Stato, ex art. 117, secondo comma, lettera a), Cost.
    11.4.  -  Il  ricorrente  impugna,  altresi',  le norme contenute
nell'art. 6, comma 2, lettera e), e nell'art. 7, comma 1, lettera f),
della   legge   regionale   delle   Marche  in  questione,  le  quali
stabiliscono  che  tra  i  componenti  della  Consulta per l'economia
ittica  e  della  Commissione  tecnico-scientifica  - nuove strutture
regionali   che   operano   nell'ambito  della  pesca  -  vi  sia  un
rappresentante  delle Capitanerie di porto, individuato nel direttore
marittimo  o  in  un  suo  delegato.  Tali  disposizioni sarebbero in
contrasto  con  l'art. 117,  secondo  comma,  lettera g),  Cost.,  in
materia  di  ordinamento  degli organi e degli uffici dello Stato, in
quanto  dettano  norme  prescrittive nei confronti del titolare di un
ufficio periferico dello Stato.
    11.4.1. - Le questioni non sono fondate.
    11.4.2.  -  E'  pur  vero  che  la giurisprudenza di questa Corte
ritiene  che  forme di collaborazione e di coordinamento coinvolgenti
compiti  e  attribuzioni  di  organi  dello  Stato non possono essere
disciplinati  unilateralmente  dalle  Regioni, neppure nell'esercizio
della loro potesta' legislativa (sentenza n. 429 del 2004); tuttavia,
occorre  rilevare  come  l'art. 105,  comma 6,  del d.lgs. n. 112 del
1998,  sopra  richiamato,  prevede espressamente che le Regioni e gli
enti  locali  per  lo  svolgimento di compiti conferiti in materia di
diporto  nautico  e  pesca  marittima  possono avvalersi degli uffici
delle  Capitanerie  di  porto.  Una  corretta interpretazione di tale
norma  consente  di  ritenere  legittimo  il  previsto inserimento di
rappresentanti  delle  Capitanerie  di  porto  nei predetti organismi
regionali.
    11.5.  -  Infine,  e'  censurato  l'art. 9,  comma 1, della legge
regionale  delle  Marche  n. 11  del  2004,  che  affida  alla Giunta
regionale    la   determinazione   dell'ammontare   del   canone   da
corrispondere  per  la  concessione  dei  beni del demanio marittimo.
Ritiene   il   ricorrente   che  detta  disposizione  invaderebbe  la
competenza  esclusiva  statale,  in  materia  di sistema tributario e
contabile dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost.
    11.5.1. - La questione e' fondata.
    11.5.2.  -  Questa  Corte  (sentenze n. 427 del 2004 e n. 286 del
2004)  ha  gia'  avuto  modo  di  distinguere  tra  le competenze che
spettano  alle  Regioni in determinate materie e il potere dominicale
che  spetta  allo  Stato,  quale proprietario, di disporre dei propri
beni,  che «come tale, non incontra i limiti della ripartizione delle
competenze secondo le materie» (sentenza n. 427 del 2004).
    Proprio  in  ragione  dei principi enunciati dalla giurisprudenza
richiamata,  pertanto, la norma regionale deve ritenersi illegittima,
in  quanto  essa incide su prerogative spettanti allo Stato nella sua
qualita'  di ente «proprietario» di beni del demanio marittimo, senza
che  possa  rilevare  la  asserita  corrispondenza del canone fissato
dalla Regione con quello statale.
    Va,    pertanto,   dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 9,  comma 1,  della  legge  della  Regione Marche n. 11 del
2004.
    12.  -  Con  il ricorso n. 102 del 2004, lo Stato ha impugnato la
legge  della Regione Abruzzo 5 agosto 2004, n. 22 (Nuove disposizioni
in  materia  di  politiche  di  sostegno  all'economia ittica), e, in
particolare,  l'art. 2,  comma 1,  lettera f),  e lettera g), nonche'
l'art. 3, comma 2.
    12.1.  -  L'art. 2,  comma 1,  lettera f),  prevede misure per la
promozione   di   certificazioni  di  qualita'  del  prodotto  ittico
«catturato  dalla  Marineria  Abruzzese»  o  allevato  in impianti di
acquacoltura/maricoltura  dislocati  nel  territorio  regionale o nel
«mare antistante» la Regione Abruzzo.
    Ad   avviso  del  ricorrente,  tale  disposizione,  attuando  una
protezione  della produzione agroalimentare locale, con l'istituzione
di un marchio regionale identificativo di prodotti provenienti da una
determinata localita' geografica, sarebbe suscettibile di favorire la
produzione  regionale  nei  confronti  di  quelle originarie di altri
Stati  membri  dell'Unione europea. Il marchio regionale non sarebbe,
pertanto,  in  linea  con le disposizioni dettate dal regolamento CEE
n. 2081/1992,  del 14 luglio 1992, recante «Regolamento del Consiglio
relativo  alla  protezione  delle  indicazioni  geografiche  e  delle
denominazioni  d'origine  dei  prodotti  agricoli  ed  alimentari», e
risulterebbe  incompatibile con l'art. 28 del Trattato che istituisce
la  Comunita'  europea,  il  quale  vieta l'introduzione di qualsiasi
misura  di  natura  pubblica  che  possa ostacolare l'importazione da
altri paesi comunitari.
    La norma impugnata, quindi, non rispettando le disposizioni sopra
richiamate, contrasterebbe con l'art. 117, primo comma, Cost.
    La medesima disposizione lederebbe, altresi', l'art. 117, secondo
comma,  lettera e),  Cost.,  che  attribuisce  allo Stato la potesta'
legislativa in materia di «tutela della concorrenza».
    12.2. - La questione non e' fondata.
    12.2.1. - La disposizione regionale in esame non prevede un nuovo
sistema  di certificazione di qualita', ne' istituisce e/o disciplina
un  marchio  identificativo  di un prodotto, ma si limita a prevedere
forme di incentivazione di un prodotto (il pescato abruzzese), di cui
non    vengono   indicate   o   protette   particolari   qualita'   o
caratteristiche tipologiche.
    Si  tratta, invero, di misure di sostegno ad attivita' economiche
localizzate  sul territorio regionale, che in quanto tali non violano
le   disposizioni   comunitarie   ed   internazionali  relative  alla
provenienza  geografica  e alle caratteristiche dei prodotti - volte,
tra  l'altro,  a  garantire  condizioni  di  concorrenza uguale - ne'
integrano    meccanismi    economici   idonei   ad   incidere   sulla
concorrenzialita' dei mercati.
    12.3.  -  L'art. 2, comma 1, lettera g), prevede tra le finalita'
che  devono  essere  perseguite  tramite  l'istituzione regionale del
«Fondo  unico  delle  politiche  della  pesca»,  la  conservazione  e
l'incremento delle risorse alieutiche, la predisposizione di piani di
gestione  di  aree  di  riserva,  nonche'  il  monitoraggio di specie
ittiche e dell'ambiente marino.
    La  norma,  secondo  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
attribuirebbe  una connotazione regionale a risorse biologiche, quali
quelle  ittiche, che necessitano, invece, di una disciplina di tutela
e  conservazione  uniforme, sia nel rispetto di convenzioni e accordi
internazionali  -  i gia' citati United Nations Convention on the Law
of the Sea, Montego Bay, 10 dicembre 1982, e United Nations Agreement
for  the  Implementation  of  the  Provisions  of  the United Nations
Convention  on the Law of the Sea of 10 December 1982 relating to the
Conservation  and  Management  of  Straddling  Fish Stocks and Highly
Migratory   Fish   Stocks,   New   York,   4 agosto  1995  -  sia  in
considerazione  della  natura  stessa  degli interessi da tutelare, i
quali   sfuggendo  ai  confini  territoriali  della  singola  Regione
richiedono una gestione unitaria.
    La   disposizione   regionale,   quindi,   sarebbe  lesiva  della
competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  sia  in  materia di
rapporti    internazionali    che    di    tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema, di cui all'art. 117, secondo comma, lettere a) e s),
Cost.
    12.3.1. - La questione e' inammissibile.
    Il  richiamo all'art. 117, secondo comma, lettere a) e s), Cost.,
in  riferimento  ad  atti  internazionali  nonche'  con riguardo alla
materia   «tutela   dell'ambiente  e  dell'ecosistema»  e',  infatti,
generico, sicche' le relative censure non possono trovare ingresso in
questa sede.
    13.   -  Da  ultimo,  il  ricorrente  dubita  della  legittimita'
costituzionale   dell'art. 3,  comma 2,  della  legge  della  Regione
Abruzzo n. 22 del 2004, che prevede tra i componenti della Conferenza
regionale   della   pesca   e  dell'acquacoltura,  rappresentanti  di
organismi statali, quali le Capitanerie di porto, in quanto lederebbe
l'art. 117,   secondo   comma,   lettera g),  Cost.,  in  materia  di
ordinamento degli organi e degli uffici dello Stato.
    13.1. - La questione non e' fondata.
    13.2.  -  Valgono,  anche  in questo caso, le considerazioni gia'
svolte  per  le  analoghe  disposizioni  contenute  nella legge della
Regione  Marche n. 11 del 2004 (ric. n. 72 del 2004), con riferimento
a quanto previsto dall'art. 105, comma 6, del d.lgs. n. 112 del 1998.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservata  a  separate  pronunce  la decisione delle questioni di
legittimita'  costituzionale,  proposte dalla Regione Toscana e dalla
Regione  Emilia-Romagna,  nei  confronti  di altre disposizioni della
legge  24 dicembre  2003,  n. 350 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004),
qui non espressamente esaminate;
    Riuniti i giudizi,
    dichiara  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 29 e
30,  della  legge  24 dicembre  2003,  n. 350  (Disposizioni  per  la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria   2004),  nella  parte  in  cui  non  stabilisce  che  la
ripartizione   delle   risorse   finanziarie  ivi  prevista,  nonche'
l'approvazione  del  Piano  nazionale della pesca e dell'acquacoltura
per  l'anno 2004, avvengano d'intesa con la Conferenza permanente per
i  rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento
e Bolzano;
    dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 9, comma 1,
della  legge  della  Regione  Marche  13 maggio 2004, n. 11 (Norme in
materia di pesca marittima e acquacoltura);
    dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), della predetta legge
della  Regione  Marche  n. 11  del  2004,  proposta,  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettere a) e s), della Costituzione, dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, con il ricorso indicato in
epigrafe;
    dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 2,  comma 1,  lettera g), della legge della
Regione  Abruzzo  5 agosto 2004, n. 22 (Nuove disposizioni in materia
di   politiche   di   sostegno  all'economia  ittica),  proposta,  in
riferimento   all'art. 117,  secondo  comma,  lettere a)  e  s),  dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, con il ricorso indicato in
epigrafe;
    dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 4, comma 2, lettera a), 6, comma 2, lettera e), 7, comma 1,
lettera f),   della  legge  della  Regione  Marche  n. 11  del  2004,
sollevate,  in  riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera a) -
anche  in  relazione  al regolamento CE n. 2371/2002, del 20 dicembre
2002  (Regolamento  del  Consiglio relativo alla conservazione e allo
sfruttamento  sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della
politica  comune  della  pesca) e al regolamento CE n. 3690/1993, del
20 dicembre  1993 (Regolamento del Consiglio che istituisce un regime
comunitario che stabilisce le norme relative alle informazioni minime
che devono figurare nelle licenze di pesca) - e all'art. 117, secondo
comma,  lettera g),  della Costituzione, dal Presidente del Consiglio
dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
    dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 1, lettera f), e dell'art. 3, comma 2, della legge
della  Regione  Abruzzo  n. 22  del  2004,  proposte,  in riferimento
all'art. 117,  primo  comma  -  anche in relazione al regolamento CEE
n. 2081/1992,  del 14 luglio 1992 (Regolamento del Consiglio relativo
alla  protezione  delle indicazioni geografiche e della denominazione
d'origine  dei  prodotti  agricoli  ed  alimentari) e all'art. 28 del
Trattato  che  istituisce  la  comunita'  europea  -  e all'art. 117,
secondo  comma,  lettere e)  e g), della Costituzione, dal Presidente
del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 maggio 2006.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: Quaranta
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 1° giugno 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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