N. 216 SENTENZA 17 maggio - 1 giugno 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Agricoltura  -  Delega  al governo per la modernizzazione dei settori
  agricolo,    della    pesca,   dell'acquacoltura,   agroalimentare,
  dell'alimentazione e delle foreste - Principi e criteri direttivi -
  Estensione  della  concertazione  permanente  fra  Stato  e Regioni
  all'esame  dei  progetti  regionali  rilevanti ai fini della tutela
  della   concorrenza   -  Attribuzione  al  Governo  del  potere  di
  presentare  i  progetti ritenuti conformi alle norme nazionali agli
  organismi  comunitari  -  Obbligatorieta'  della  concertazione per
  tutti  i  progetti  provinciali  (anche  di legge) rientranti nelle
  materie  oggetto  di delegazione - Ricorso della Provincia autonoma
  di  Trento  - Denunciata alterazione del procedimento legislativo e
  del   regime  delle  leggi  provinciali  nonche'  del  sistema  dei
  controlli   sugli  atti  amministrativi  delle  Province  autonome;
  contrasto  con  le  norme  statutarie  e  delle  relative  norme di
  attuazione,  con  il  principio di ragionevolezza e con l'impegno a
  promuovere  le  autonomie  locali  -  Lamentata  esorbitanza  dalla
  competenza statale in materia di rapporti delle Regioni con la UE -
  Mancata emanazione dei decreti attuativi - Scadenza del termine per
  la loro emanazione - Sopravvenuta carenza di interesse - Cessazione
  della materia del contendere.
- Legge 7 marzo 2003, n. 38, art. 1, comma 2, lettere b) e c).
- Costituzione, artt. 5 e 117, commi terzo e quarto; Statuto speciale
  per   il  Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670),
  artt. 8,  numeri  15)  e 21), e 16; legge costituzionale 10 ottobre
  2001, n. 3, artt. 8 e 10; d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305.
Agricoltura  -  Delega  al governo per la modernizzazione dei settori
  agricolo,    della    pesca,   dell'acquacoltura,   agroalimentare,
  dell'alimentazione e delle foreste - Principi e criteri direttivi -
  Estensione  della  concertazione  permanente  fra  Stato  e Regioni
  all'esame  dei  progetti  regionali  rilevanti ai fini della tutela
  della   concorrenza   -  Attribuzione  al  Governo  del  potere  di
  presentare  i  progetti ritenuti conformi alle norme nazionali agli
  organismi  comunitari  - Interventi diretti a favorire l'accesso ai
  mercati   finanziari   delle   imprese   agricole   e   a  favorire
  l'insediamento   dei  giovani  in  agricoltura  -  Revisione  della
  normativa  per  il  supporto  dello  sviluppo  dell'occupazione nel
  settore  agricolo  -  Ridefinizione  degli  strumenti relativi alla
  tracciabilita',  all'etichettatura  e alla pubblicita' dei prodotti
  alimentari  - Previsione di strumenti di coordinamento, indirizzo e
  organizzazione  delle  attivita'  di  promozione  dei  prodotti del
  sistema  agroalimentare  -  Promozione,  sviluppo  e sostegno delle
  filiere  agroalimentari  -  Disposizioni  in  materia  di  pesca ed
  acquacoltura  -  Previsione  di un regolamento per l'attuazione dei
  decreti  legislativi  sul  riassetto  delle disposizioni vigenti in
  materia  -  Procedimento  di  adozione  della  normativa delegata -
  Istituzione di un fondo per la ricerca nel settore dell'agricoltura
  biologica  e di un contributo statale per il sostegno allo sviluppo
  di  tale  produzione  -  Ricorso della Regione Toscana - Denunciata
  violazione  della  potesta'  legislativa  esclusiva,  concorrente e
  residuale  nonche'  delle  competenze amministrative delle Regioni,
  dell'autonomia  finanziaria  regionale  e  del  principio  di leale
  collaborazione  -  Genericita'  delle  deliberazioni  della  Giunta
  regionale  - Assenza di atti richiamabili per relationem - Nullita'
  dei  ricorsi  per  indeterminatezza dell'oggetto - Inammissibilita'
  delle questioni.
- Legge  7  marzo  2003, n. 38, artt. 1, commi 2, lettere b), i), l),
  m), n), r), s), v), z), aa), bb), cc), e dd), 5 e 6 e 3.
- Costituzione,  artt. 117,  commi  secondo,  quarto, quinto e sesto,
  118, 119; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 11.
Agricoltura  -  Disposizioni  in  materia  di  soggetti  e attivita',
  integrita'    aziendale   e   semplificazione   amministrativa   in
  agricoltura   -  Attribuzione  all'Agenzia  per  le  erogazioni  in
  agricoltura la realizzazione dell'Anagrafe delle aziende agricole -
  Estensione  del  silenzio assenso a tutti i procedimenti attivabili
  dall'impresa   agricola   -   Affidamento  alla  S.p.A.  Buonitalia
  dell'erogazione  di servizi alle imprese del settore agroalimentare
  -   Riduzione   del  potere  delle  Regioni  di  irrogare  sanzioni
  amministrative  per  irregolarita'  riscontrate  nell'attivita'  di
  trasformazione  delle olive - Attribuzione all'Ispettorato centrale
  repressione  frodi  del  potere di irrogare sanzioni amministrative
  nelle materie di propria competenza - Ricorso della Regione Toscana
  -  Denunciata  violazione  della competenza regionale in materia di
  agricoltura,   dei   principi   di  sussidiarieta',  adeguatezza  e
  differenziazione,  del  principio  di buon andamento della pubblica
  amministrazione  -  Lamentato eccesso di delega - Genericita' delle
  deliberazioni  delle  Giunta  regionale  della Toscana - Assenza di
  atti  richiamabili  per  relationem  -  Nullita'  dei  ricorsi  per
  indeterminatezza dell'oggetto - Inammissibilita' delle questioni.
- D.lgs.  29 marzo  2004,  n. 99, artt. 13, comma 4, 14, comma 6, 17,
  comma 1, 18, commi 2 e 4.
- Costituzione, artt. 76, 97, 117 e 118.
Pesca  -  Norme  sulla  modernizzazione  del  settore  della  pesca e
  dell'acquacoltura,  in  attuazione  della delega al Governo attuata
  con la legge n. 38 del 2003 - Istituzione del Tavolo azzurro per la
  determinazione degli obiettivi della politica nazionale della pesca
  -  Conferma della Commissione consultiva centrale per la pesca gia'
  prevista  prima  della  riforma  del  Titolo V della Costituzione -
  Definizione  degli  obiettivi del Programma nazionale della pesca -
  Indicazione,  nel  Programma, delle risorse finanziarie nazionali e
  dell'eventuale  destinazione  di  risorse  aggiuntive  - Disciplina
  degli  obiettivi  della  ricerca  scientifica in materia di pesca -
  Disciplina  delle  misure di conservazione e gestione delle risorse
  ittiche - Disciplina della comunicazione nazionale finalizzata alla
  sicurezza  e  all'educazione  alimentare - Previsione di interventi
  finanziari diretti dello Stato in materia di pesca e acquacoltura -
  Riserva   al  Programma  della  promozione  di  studi  di  settore,
  monitoraggio,  adeguamento  professionale  -  Ricorso della Regione
  Toscana   -   Denunciata   violazione  della  potesta'  legislativa
  residuale,  delle  competenze amministrative spettanti alle Regioni
  in  materia di pesca ed acquacoltura e dell'autonomia finanziaria -
  Lamentato eccesso di delega - Genericita' delle deliberazioni delle
  Giunta  regionale  della Toscana - Assenza di atti richiamabili per
  relationem - Nullita' dei ricorsi per indeterminatezza dell'oggetto
  - Inammissibilita' delle questioni.
- D.lgs.  26 maggio  2004,  n. 154,  artt. 2,  3,  4,  5,  9, 12, 15,
  comma 1, 16, 17, 18, 19 e 20.
- Costituzione, artt. 76, 117, 118 e 119.
Pesca  -  Attuazione  delle  legge  7 marzo 2003, n. 38 in materia di
  pesca  marittima - Razionalizzazione della disciplina e del sistema
  dei controlli sulla pesca marittima - Assegnazione allo Stato della
  tenuta dei registri dei pescatori marittimi e delle imprese ittiche
  e  del  rilascio  delle  licenze di pesca - Competenza del Capo del
  compartimento   marittimo   a  ricevere  il  rapporto  inerente  le
  violazioni  delle  norme  del  decreto  -  Previsione di un decreto
  ministeriale   attuativo   -   Riscorso  della  Regione  Toscana  -
  Denunciata  violazione  della  sfera  di  competenza  regionale  in
  materia  di  pesca  e  del  principio di sussidiarieta' - Lamentato
  eccesso  di  delega  - Genericita' delle deliberazioni delle Giunta
  regionale   della  Toscana  -  Assenza  di  atti  richiamabili  per
  relationem - Nullita' dei ricorsi per indeterminatezza dell'oggetto
  - Inammissibilita' delle questioni.
- D.lgs. 26 maggio 2004, n. 153, artt. 1, 2, 3, 4, 9 e 10.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
(GU n.23 del 7-6-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, commi 2,
lettere b),  i), l), m), n), r), s), v), z), aa), bb), cc) e dd), 5 e
6,  e  dell'art. 3  della  legge 7 marzo 2003, n. 38 (Disposizioni in
materia di agricoltura), dell'art. 1, comma 2, lettere b) e c), della
medesima  legge n. 38 del 2003, degli artt. 13, comma 4, 14, comma 6,
17,  comma 1, 18, commi 2 e 4, del decreto legislativo 29 marzo 2004,
n. 99,  recante  «Disposizioni  in  materia  di soggetti e attivita',
integrita' aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura,
a  norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della
legge  7 marzo  2003,  n. 38»,  degli  artt. 2,  3,  4, 5, 9, 12, 15,
comma 1, 16, 17, 18, 19 e 20, del decreto legislativo 26 maggio 2004,
n. 154  (Modernizzazione  del  settore  pesca  e dell'acquacoltura, a
norma  dell'articolo 1,  comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38), e
degli artt. 1, 2, 3, 4, 9 e 10 del decreto legislativo 26 maggio 2004
n. 153  (Attuazione  della  legge  7 marzo  2003, n. 38 in materia di
pesca  marittima),  promossi  con  n. 4 ricorsi della Regione Toscana
(n. 46  del  2003  e  nn. 61,  86,  e 87 del 2004) e un ricorso della
Provincia autonoma di Trento (n. 48 del 2003) notificati il 13 maggio
2003,  il 16 giugno e il 20 agosto 2004, depositati in cancelleria il
16  e il 21 maggio 2003, il 23 giugno e il 26 agosto 2004 ed iscritti
a  nn. 46  e  48  del registro ricorsi 2003 ed ai nn. 61, 86 e 87 del
registro ricorsi 2004;
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  udienza  pubblica  del  4 aprile  2006  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Uditi  gli  avvocati  Lucia Bora e Fabio Lorenzoni per la Regione
Toscana, Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Provincia di Trento
e  gli  avvocati  dello  Stato Franco Favara e Giuseppe Fiengo per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso n. 46 del 2003, la Regione Toscana ha proposto
questione  di  legittimita'  costituzionale  in  via  principale - in
riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, all'art. 11
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V  della  parte seconda della Costituzione), ed al principio di leale
collaborazione  -  dell'art. 1,  commi 2, lettere b), i), l), m), n),
r), s), v), z), aa), bb), cc) e dd), 5 e 6, e dell'art. 3 della legge
7 marzo 2003, n. 38 (Disposizioni in materia di agricoltura).
    1.1.  - Deduce la Regione Toscana, innanzitutto, l'illegittimita'
costituzionale  - ai sensi degli artt. 117 e 118 Cost. - dell'art. 1,
comma 2,  lettera b),  della  legge  n. 38 del 2003, norma che, tra i
principi  e  criteri  direttivi  cui  il  legislatore delegato dovra'
attenersi    nell'esercizio    della    delega    conferitagli    per
l'ammodernamento,  tra gli altri, del settore agricolo, stabilisce la
necessita'  di  dare vita ad una concertazione permanente tra Stato e
Regioni  che  investa «anche l'esame dei progetti regionali rilevanti
ai  fini  della  tutela  della concorrenza, prevedendo a tale fine un
apposito procedimento di notifica del progetto regionale al Ministero
competente».  La  norma  impugnata,  inoltre, dispone che il Governo,
«qualora   ritenga  conforme  alle  norme  nazionali  in  materia  di
concorrenza il progetto notificato», non solo «liberi» le Regioni «da
ogni  ulteriore  onere»,  ma provveda tanto a curare la presentazione
del  progetto,  quanto a seguire «il procedimento di approvazione del
medesimo presso gli organismi comunitari».
    Osserva  la ricorrente che il descritto sistema «si risolve in un
controllo  sulla  singola  azione  della Regione, che non trova alcun
supporto  costituzionale»,  in  tal  senso  non potendosi invocare il
disposto    dell'art. 117,    secondo    comma,   lettera e),   della
Costituzione,   donde  l'ipotizzata  violazione  «delle  attribuzioni
regionali   in  materia  di  agricoltura»,  e  quindi  la  violazione
dell'art. 117, quarto comma, Cost.
    In  via  di  subordine,  la  ricorrente ipotizza l'illegittimita'
costituzionale  almeno  «del  secondo  periodo  della  lettera b)  in
esame»,  il  quale  segnatamente stabilisce «che in caso di riscontro
positivo da parte del Ministro, debba essere il Governo - che in modo
ambiguo  e non richiesto «libera» le Regioni da ogni onere - a curare
la  presentazione  del  progetto  e  a  seguire  il  procedimento  di
approvazione  del  medesimo  presso  gli  organismi comunitari». Tale
specifica  previsione  comporta,  difatti,  la  «totale estromissione
delle  Regioni  dalla fase di negoziazione con la Commissione europea
in  merito  ai  progetti  regionali»  ed e', quindi, vieppiu' «lesiva
delle  attribuzioni  regionali  in materia di agricoltura», specie in
considerazione  del  fatto  «che alle Regioni spetta l'attuazione del
diritto  comunitario  nelle  materie  di propria competenza, ai sensi
dell'art. 117, quinto comma, Cost.».
    Una  censura  comune  e',  invece,  quella  che  investe le altre
lettere  -  i), l), m), n), r), s), v), z), aa), bb), cc) e dd) - del
medesimo comma 2 dell'art. 1, in quanto e' sempre il parametro di cui
all'art. 117,  quarto  comma,  Cost. ad essere evocato in relazione a
ciascuna  di  tali  disposizioni, atteso che le stesse investirebbero
materie - quelle dell'agricoltura e della pesca - oggetto di potesta'
legislativa   esclusiva   delle   Regioni   ai   sensi   della  norma
costituzionale de qua.
    Difatti,   la   previsione   secondo  cui  gli  emanandi  decreti
legislativi   interverranno   «per   favorire  l'accesso  ai  mercati
finanziari  delle imprese agricole, agroalimentari, dell'acquacoltura
e  della  pesca»,  previsione enunciata dalla lettera i) del predetto
art. 1,  comma 2,  configura un «intervento di sostegno alle imprese»
che  operano  in  ambiti materiali di competenza esclusiva regionale.
Analogamente, le previsioni di cui alle lettere l) ed m) - secondo le
quali  i  futuri  interventi del legislatore delegato dovranno essere
diretti,  da  un  lato,  a favorire l'inserimento e la permanenza dei
giovani  in agricoltura anche attraverso l'adozione di una disciplina
tributaria  e previdenziale adeguata, nonche', dall'altro, a rivedere
la  normativa  per  il  supporto  dello sviluppo dell'occupazione nel
settore  agricolo  anche  per  incentivare  l'emersione dell'economia
irregolare  e  sommersa  -  realizzerebbero, del pari, una violazione
della competenza regionale esclusiva in materia di agricoltura.
    Quanto, poi, alla previsione di cui alla lettera n), del predetto
art. 1,  comma 2, la quale prescrive la necessita' di ridefinire «gli
strumenti  relativi  alla  tracciabilita',  all'etichettatura, e alla
pubblicita'  dei  prodotti alimentari e dei mangimi», essa violerebbe
anche i commi terzo e quinto dell'art. 117 Cost.
    Infatti,  pur a volere ritenere che la etichettatura dei prodotti
debba  «rispondere  a  regole eguali, per la tutela del consumatore»,
siffatto  argomento  in  nessun  caso  «puo'  spostare  la competenza
regionale»,  giacche',  assume  la  ricorrente,  «la disciplina delle
informazioni  che i produttori danno ai consumatori e' riservata alla
Unione  europea per garantire il mercato unico europeo». Ne consegue,
pertanto,  che «la competenza delle Regioni si ripropone in quanto ad
esse  spetta  l'attuazione  del  diritto comunitario nelle materie di
propria  competenza»,  ex art. 117, quinto comma, della Costituzione.
Infine,  ammesso  che  il  titolo  idoneo a giustificare l'intervento
legislativo  statale  in  esame  possa ravvisarsi nella «tutela della
salute»,  si  dovrebbe rilevare - sempre secondo la Regione Toscana -
che  in  tale  materia  lo Stato «deve limitarsi a dettare principi»,
cio' che non si verifica, invece, nel caso di specie.
    E'  nuovamente  il  quarto  comma  dell'art. 117  Cost. ad essere
evocato,  viceversa,  quale  parametro  in relazione alle censure che
hanno investito le lettere r) ed s) dell'impugnato art. 1, comma 2.
    La  prima  di  tali  disposizioni,  difatti,  prevede  che  siano
individuati  «strumenti di coordinamento, indirizzo ed organizzazione
delle    attivita'   di   promozione   dei   prodotti   del   sistema
agroalimentare»,  la  seconda  prescrive  interventi per «favorire la
promozione, lo sviluppo, il sostegno e l'ammodernamento delle filiere
agroalimentari  gestite  direttamente dagli imprenditori agricoli per
valorizzare sul mercato i loro prodotti»; entrambe risultano adottate
dallo  Stato  in assenza di «titolo legittimante», tale non potendosi
considerare  «il  riferimento  ad  un  interesse unitario nazionale»,
sicche' ledono la competenza regionale in materia di agricoltura.
    Infine,  le  altre  censure - quelle che investono le lettere v),
z),  aa),  bb),  cc)  e  dd)  -  aventi ad oggetto l'art. 1, comma 2,
censure  proposte sempre ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.,
si   fondano  sull'assunto  che  le  disposizioni  de  quibus,  tutte
concernenti  la materia della pesca e dell'acquacoltura, violino, per
l'ampiezza   della   delega   conferita   al   legislatore  delegato,
l'esclusiva  competenza  regionale  sussistente  in  tali materie, in
quanto   l'intervento   statale   dovrebbe  «limitarsi  agli  aspetti
attinenti alla tutela dell'ecosistema».
    Quanto,  poi,  alle  censure  che  concernono  i  commi 5 e 6 del
medesimo  art. 1 della legge n. 38 del 2003, deve osservarsi come sia
il  parametro  di  cui  all'art. 117, sesto comma, della Costituzione
quello  evocato  dalla Regione Toscana nel censurare il primo di tali
commi.
    Prevedendo,    difatti,    «l'emanazione   di   regolamenti   per
l'attuazione  dei decreti legislativi di cui al comma 3», l'impugnata
disposizione  viola  la  norma  costituzionale suddetta, che consente
l'esercizio  della  potesta'  regolamentare  dello  Stato  «solo  con
riferimento  alle fattispecie rientranti nella competenza legislativa
esclusiva»  dello stesso, evenienza non ipotizzabile - per le ragioni
gia' indicate - nel caso in esame.
    Il  sesto  comma  dell'art. 1  si pone, invece, «in contrasto con
l'impianto  sostanziale  dell'art. 117  Cost.».  La  previsione della
necessita'   di   acquisire,  sugli  schemi  degli  emanandi  decreti
legislativi,  «il  parere  della Conferenza permanente per i rapporti
tra  lo Stato, le Regioni e le province autonome», darebbe vita ad un
coinvolgimento  regionale  troppo  limitato,  occorrendo  invece  «un
procedimento  di  codecisione  paritaria  con  le  Regioni»  ai sensi
dell'art. 11  della  legge  costituzionale  n. 3  del  2001, norma da
ritenersi «prescrittiva e vincolante».
    L'ultima censura formulata dalla Regione Toscana avverso la legge
n. 38  del  2003  riguarda  l'art. 3  ed  e'  proposta ai sensi degli
artt. 117 e 119 della Costituzione.
    La  disposizione impugnata - novellando il contenuto dell'art. 59
della  legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato. Legge finanziaria
2000)  -  istituisce  un  apposito  «fondo per la ricerca nel settore
dell'agricoltura  biologica  e  di qualita», stabilendo altresi' che,
con  decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, siano
«determinate  le  modalita' di funzionamento del fondo e la tipologia
dei soggetti» destinatari dei contributi.
    La  norma  impugnata, secondo la ricorrente, viola in particolare
l'art. 119    della    Costituzione,    alla    stregua   del   quale
l'amministrazione  statale  «non  puo'  continuare  a disciplinare le
modalita'  di  erogazione  diretta  dei  finanziamenti  per attivita'
inerenti  a  materie  che,  come  l'agricoltura, sono attribuite alla
competenza regionale».
    1.2.  -  Si  e'  costituito  in giudizio, in relazione al ricorso
n. 46  del  2003, il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo
che  il  ricorso  sia dichiarato in parte inammissibile e comunque in
toto infondato.
    Con  specifico  riferimento  alla  censura  che investe l'art. 1,
comma 2,  lettera b),  della legge n. 38 del 2003, la difesa erariale
assume  che  tale  disposizione  «sembra  mirare  ad  impedire  gravi
turbative della concorrenza», suscettibili di essere «determinate dai
piu'  vistosi  interventi  o progetti di singole Regioni a favore dei
«propri»  operatori  ed  in  pregiudizio  di  altre  Regioni  e degli
operatori in esse localizzati».
    In  relazione, invece, alle censure che investono le disposizioni
di  cui  alle  rimanenti  lettere  del  medesimo comma 2 del predetto
art. 1,   la  difesa  erariale  ritiene  «preferibile  attendere  gli
emanandi decreti legislativi».
    Infine,  quanto  alla  dedotta  illegittimita'  dell'art. 3 della
medesima  legge  n. 38  del  2003,  tale doglianza sarebbe «in limine
inammissibile»,  giacche'  il  «"contributo  annuale per la sicurezza
alimentare"  e'  stato  previsto  da legge anteriore alla riforma del
Titolo V» della Costituzione.
    1.3.  -  La  ricorrente ha depositato, in data 21 marzo 2006, una
memoria,  nella quale rileva che, in attuazione della disposizione di
cui  alla  lettera i)  del  comma 2 dell'art. 1 della legge n. 38 del
2003,  risulta  essere  stato emanato il decreto legislativo 29 marzo
2004,  n. 102, decreto non contestato dalla medesima Regione Toscana.
Assume,  quindi, che in relazione all'impugnazione di tale norma «non
sussiste   piu'   interesse»   alla  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale.
    Per  il  resto  la  Regione Toscana ribadisce, invece, le proprie
censure.
    2. - La Provincia autonoma di Trento, con ricorso n. 48 del 2003,
ha   proposto   questione   di  legittimita'  costituzionale  in  via
principale  - in riferimento agli artt. 8, numeri 15) e 21), e 16 del
d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670  (Approvazione del testo unico delle
leggi   costituzionali   concernenti   lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige), agli artt. 5 e 117, terzo e quarto comma, della
Costituzione,  agli  artt. 8 e 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001,  al  d.P.R.  15 luglio  1988, n. 305 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige per l'istituzione
delle  sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e Bolzano
e  per il personale ad esso addetto) e al principio di ragionevolezza
-  dell'art.  1,  comma 2, lettere b) e c) della medesima legge n. 38
del 2003.
    2.1.  -  Sul presupposto di essere titolare di «potesta' primaria
in  materia  di  "caccia e pesca" (art. 8, n. 15, dello Statuto) e di
"agricoltura,  foreste  e  Corpo  forestale, patrimonio zootecnico ed
ittico"  (art. 8,  n. 21)», potesta' soggetta ormai ai soli limiti di
cui  all'art. 117,  primo comma, Cost., ovvero «a quelli derivanti da
titoli  di  intervento  "trasversali"» ai sensi del secondo comma del
medesimo  art. 117,  la  ricorrente  deduce che l'intervento previsto
dalle  impugnate norme di legge statale, concernendo ambiti materiali
oggetto  appunto  di  potesta'  provinciale primaria, potrebbe essere
giustificato,  in  astratto,  solo  dalla  presenza  di  taluno degli
specifici titoli di legittimazione teste' indicati, la ricorrenza dei
quali e' pero' da escludere nel caso di specie.
    Cio' premesso in termini generali, per quanto concerne la censura
indirizzata  avverso la lettera b) dell'impugnato comma 2 dell'art. 1
della  legge  n. 38  del  2003,  la  ricorrente propone argomenti non
dissimili  da  quelli  svolti  dalla Regione Toscana nei confronti di
questa  stessa  disposizione. In particolare, essa si duole del fatto
che  la  norma  impugnata  -  ove  fosse  interpretata  nel  senso di
riferirsi  anche  ai  disegni  di  legge  provinciale  -  verrebbe ad
istituire  «una forma di controllo preventivo sulle leggi regionali e
provinciali»,   oltretutto   «insindacabile»,   non  compatibile  con
l'attuale  quadro  costituzionale.  D'altra  parte, poi, nell'ipotesi
contraria  (e  cioe'  ritenendo  che  i «progetti» in questione siano
soltanto   quelli  «non  aventi  carattere  legislativo»)  resterebbe
comunque  inteso  -  anche  a  voler  prescindere tanto dall'avvenuta
abrogazione   dell'art. 125   Cost.,  che  dalla  previsione  di  cui
all'art. 10  della  legge  costituzionale  n. 3  del  2001  - che «il
sistema  dei  controlli  sugli  atti  amministrativi  provinciali  e'
definito dallo Statuto e dalle norme di attuazione», sicche' esso non
puo'  essere  inciso,  come  avviene nel caso di specie, da una legge
ordinaria.
    Quanto,  invece,  alla  censura  che  investe  la  lettera c) del
medesimo   comma 2   dell'art. 1  della  legge  n. 38  del  2003,  la
ricorrente  si  duole  della  assoluta genericita' di tale previsione
normativa.  Essa,  difatti,  estende la procedura di concertazione di
cui alla precedente lettera b) - con la sola variante consistente nel
fatto  che  non  e' previsto, in questa seconda ipotesi, alcun «veto»
ministeriale  - all'esame di tutti i progetti regionali «rilevanti ai
fini  dell'esercizio  di  competenze  esclusive  dello  Stato e delle
regioni  o  concorrenti, con previsione di uno specifico procedimento
per  la  prevenzione  di controversie», attribuendo, cosi', carattere
addirittura generale a quel sistema di controllo preventivo che, come
visto, risulta privo di qualsiasi fondamento costituzionale.
    2.2.  - Anche nel giudizio instaurato dalla Provincia autonoma di
Trento, con il ricorso n. 48 del 2003, si e' costituito il Presidente
del Consiglio dei ministri.
    La   difesa   erariale  ha,  innanzitutto,  riproposto  -  quanto
all'impugnativa  concernente  la  lettera b)  del comma 2 dell'art. 1
della  legge  n. 38  del  2003 - le medesime considerazioni svolte in
relazione al ricorso proposto dalla Regione Toscana.
    In  merito  alla  previsione  di cui alla lettera c) del medesimo
comma 2, la stessa - secondo la difesa dello Stato - e' semplicemente
diretta  «a  promuovere  ulteriormente  la «concertazione»», ma cio',
beninteso,  sempre «nel rispetto dell'art. 117 della Costituzione» ed
«ovviamente  degli  Statuti  speciali», come chiarito dal comma 7 del
medesimo  art. 1,  il  quale  fa  salve  le competenze delle Province
autonome.
    2.3.  - In data 16 marzo 2006, la Provincia autonoma di Trento ha
depositato  una  memoria presso la cancelleria della Corte, sempre in
relazione  al  ricorso  da  essa  proposto  per  la  declaratoria  di
illegittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettere b) e c),
della   legge  n. 38  del  2003,  memoria  con  la  quale  ha  inteso
soprattutto  «dare  atto  della situazione attuale, in relazione alle
disposizioni legislative di delega impugnate».
    La  ricorrente,  difatti,  ha  sottolineato che sino ad oggi «non
risultano   emanati   decreti   attuativi   delle  norme  impugnate»,
evidenziando  anche  come  il  termine previsto per l'espletamento di
tale incombente risulti ormai «scaduto».
    Ricorrerebbe,  pertanto,  una  situazione in cui «potrebbe essere
venuto  meno  l'interesse  alla  decisione  o  -  dato  il  carattere
satisfattivo  della  decadenza  della delega - cessata la materia del
contendere».
    2.4.  -  Anche  l'Avvocatura  generale  dello  Stato, con memoria
depositata   in   data   21 marzo  2006,  mostra  di  condividere  la
conclusione    proposta   dalla   Provincia   autonoma   di   Trento,
relativamente  all'avvenuta  cessazione  della materia del contendere
quanto al giudizio instaurato dal ricorso n. 48 del 2003.
    3. - Con ulteriore ricorso, il n. 61 del 2004, la Regione Toscana
ha proposto questione di legittimita' costituzionale - in riferimento
agli  artt. 76,  97,  117  e 118 della Costituzione - degli artt. 13,
comma 4,  14,  comma 6,  17,  comma 1, e 18, commi 2 e 4, del decreto
legislativo 29 marzo 2004, n. 99, recante «Disposizioni in materia di
soggetti   e   attivita',   integrita'  aziendale  e  semplificazione
amministrativa   in   agricoltura,  a  norma  dell'art.  1,  comma 2,
lettere d), f), g), l), ee) della legge 7 marzo 2003, n. 38».
    3.1.  -  Premesso  che per tutte le norme impugnate e' dedotta la
violazione  dell'art. 76  Cost.,  per  avere  il legislatore delegato
ecceduto dai limiti risultanti dalla legge delega, specifiche censure
sono svolte in relazione a talune delle disposizioni impugnate.
    Gli  artt. 13,  comma 4, e 14, comma 6, del d.lgs. n. 99 del 2004
sono  sospetti  di  violare,  innanzitutto, l'art. 117, quarto comma,
Cost.
    La  prima  di tali disposizioni - nell'attribuire all'Agenzia per
le  erogazioni  in  agricoltura «la realizzazione dell'Anagrafe delle
aziende  agricole»  (nonche'  del «fascicolo aziendale elettronico» e
della  «carta  dell'agricoltore e del pescatore») - prevede, difatti,
un tipo di accertamento da parte di un organo dello Stato «che non si
fonda  su  alcuno  dei  titoli  che legittimano l'intervento statale»
(ponendosi,  invece,  «in  contrasto con le attribuzioni regionali in
materia  di  agricoltura»).  La  seconda  -  estendendo la regola del
«silenzio-assenso»  a  «tutti  i  procedimenti che l'impresa agricola
puo'  attivare»  (e  dunque  non  solo  per  quelli  finalizzati alla
erogazione di contributi) - detta, invece, «una norma generale che si
applica per tutti i procedimenti, in violazione quindi dei criteri di
riparto delle competenze di cui all'art. 117 Cost.».
    E'  dedotta, inoltre, la violazione dell'art. 118 Cost., giacche'
-  in  entrambi  i  casi  -  non  ricorrono «motivi che giustifichino
l'allocazione   in   capo allo   Stato  delle  funzioni  suddette  in
applicazione   del   principio  di  sussidiarieta»,  fermo  restando,
oltretutto,  che  anche  in  tale ipotesi la norma sarebbe egualmente
illegittima  «per  l'assenza  di  ogni  previsione  di  intesa con le
Regioni».
    Un'articolata  censura  -  proposta ai sensi degli artt. 5, 117 e
118  Cost., anche in relazione all'art. 2 del d.lgs. n. 281 del 1997,
ed  all'art. 11  della legge costituzionale n. 3 del 2001 - e' quella
che  accomuna  gli  artt. 17,  comma 1,  e  18,  commi 2  e 4 (per la
disposizione  enunciata dal comma 4 dell'art. 18 e' dedotta, inoltre,
la violazione anche dell'art. 97 Cost.).
    La   ricorrente  si  duole,  innanzitutto,  del  fatto  che  tali
disposizioni  appartengano  ad un capo - il IV dell'impugnato decreto
legislativo,  specificamente  dedicato  alla  tutela  del «patrimonio
agroalimentare»  -  che  risultava  «totalmente  mancante  nel  testo
sottoposto all'esame della Conferenza Stato-Regioni per l'espressione
del proprio parere».
    Inoltre,  con  particolare  riferimento alla previsione contenuta
nell'art. 17,  comma 1,  la Regione Toscana lamenta il fatto che essa
affidi  alla  societa'  «Buonitalia», partecipata dal Ministero delle
politiche  agricole e forestali, l'erogazione di servizi alle imprese
del  settore agroalimentare per favorire l'internazionalizzazione dei
prodotti italiani, cosi' violando sia l'art. 117 che l'art. 118 della
Costituzione,   attesa   la   competenza   regionale  in  materia  di
agricoltura  e  la  mancanza  dei presupposti idonei a legittimare lo
spostamento   della  potesta'  legislativa  in  capo allo  Stato  «in
applicazione dei criteri di sussidiarieta».
    Quanto,  poi, al comma 2 dell'art. 18, secondo cui le Regioni non
sono  piu'  competenti,  in  via  esclusiva,  ad irrogare le sanzioni
previste   per   le   irregolarita'   riscontrate  nell'attivita'  di
trasformazione  delle  olive  da  tavola e di produzione dell'olio di
oliva,  lo stesso violerebbe, innanzitutto, l'art. 117, terzo, quinto
e sesto comma, Cost.
    Difatti,    non    costituendo    la   competenza   sanzionatoria
amministrativa «una materia a se», la disposizione in esame, vertendo
«nella  materia  dell'agricoltura,  del  commercio, e delle attivita'
produttive»,  investirebbe  ambiti  materiali  tutti rientranti nella
«competenza  residuale  delle Regioni». Inoltre, qualora si ritengano
le  disposizioni  sanzionatorie  suddette  «direttamente attuative di
norme   comunitarie»,  l'attuazione  ed  esecuzione  della  normativa
comunitaria dovrebbe comunque spettare, ai sensi del quinto comma del
citato art. 117 della Costituzione, «nelle materie di loro competenza
alle  Regioni  e  Province  autonome».  Si  censura, infine, anche la
previsione - sempre contenuta nell'impugnata disposizione - in ordine
alla determinazione, da parte di apposito decreto ministeriale, delle
modalita'  di  riparto  dei  proventi  delle  sanzioni, giacche' essa
equivale    all'attribuzione    «al    Ministro   di   una   potesta'
regolamentare», non consentita dal comma sesto dell'art. 117 Cost.
    E'  infine  evocata,  per  concludere  sul punto, la violazione -
oltre   che   dell'art. 118  Cost.  (per  motivi  analoghi  a  quelli
illustrati,  tendenti  a stigmatizzare la carenza dei presupposti per
l'applicazione  del  principio di sussidiarieta) - anche dell'art. 97
della  Carta  fondamentale,  in  quanto la scelta di attribuire ad un
organo  statale  la  potesta'  di  applicare  le  sanzioni  «in  modo
concorrente  con  lo stesso compito regionale», crea i presupposti di
«possibili  vizi  di  incompetenza»,  con conseguente «violazione del
principio di buona amministrazione».
    L'ultima  censura  proposta  dalla  Regione  Toscana  investe  il
comma 4  del  medesimo art. 18, secondo cui «nelle materie di propria
competenza   spetta   all'Ispettorato   centrale   repressione  frodi
l'irrogazione  delle sanzioni amministrative». Si duole la ricorrente
della  «violazione dei criteri di riparto costituzionali», per essere
stata,   «in   una  materia  regionale»,  la  potesta'  sanzionatoria
«attribuita  ad  un  organo  statale»,  deducendosi  in  subordine la
violazione dell'art. 118 Cost. in base all'assunto gia' in precedenza
illustrato.
    3.2.-  Anche nel giudizio instauratosi per effetto del ricorso in
esame  si  e'  costituito  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
depositando una memoria articolata in tre parti.
    Nella   prima,  relativa  in  particolare  alla  censura  che  ha
investito  l'art. 13,  comma 4,  del d.lgs. n. 99 del 2004, la difesa
erariale    nega    che   l'impugnata   disposizione   realizzi   «un
«accentramento»   ed   un   «passo  indietro»»  rispetto  al  sistema
anteriormente   vigente,   del   quale,  anzi,  essa  «ha  conservato
l'esistenza».   L'infondatezza   della   censura   che  ha  investito
l'art. 14,  comma 6,  del d.lgs. n. 99 del 2004, e' motivata, invece,
in  base  al  rilievo che tale norma si riferisce, se interpretata in
chiave sistematica, unicamente alle domande di ammissione ai benefici
regionali.
    Nel secondo dei propri scritti, l'Avvocatura generale dello Stato
prende   posizione   in   merito   alla   prospettata  illegittimita'
costituzionale dell'art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 99 del 2004.
    Sul    punto,   preliminarmente   rilevato   che   il   contenuto
dell'impugnata  disposizione  «e'  chiaramente  delimitato»,  recando
«soltanto  l'individuazione  dello  "scopo"  sociale»  della societa'
"Buonitalia",  la  difesa  erariale  sottolinea  di  non  riuscire  a
scorgere    lesione   alcuna   «alle   competenze   legislative   e/o
amministrative  delle  Regioni»,  potendo  al  piu'  «aversi una sana
concorrenza  tra  le  iniziative  della  S.p.A.  Buonitalia» e quelle
«similari  di  singole  Regioni».  Rileva,  inoltre, che - a dispetto
della   doglianza   proposta   dalla  ricorrente,  secondo  cui  tale
disposizione «non sarebbe stata sottoposta all'esame della Conferenza
Stato-Regioni»   -  «non  soltanto  si  e'  avuta  una  consultazione
successiva,  ma  in  sede  di  Conferenza e' stato il 3 febbraio 2005
raggiunto  un  accordo  trilaterale»  tra  Stato,  Regioni  e  S.p.A.
Buonitalia.
    Il  terzo scritto, infine, e' dedicato a confutare le censure che
hanno investito l'art. 18, commi 2 e 4, del medesimo d.lgs. n. 99 del
2004.
    3.3.  -  Con memoria depositata presso la cancelleria della Corte
il  21 marzo  2006,  la  Regione  Toscana si e' limitata ad insistere
nelle proposte censure di illegittimita' costituzionale.
    4. - Con il ricorso n. 86 del 2004, la Regione Toscana ha inoltre
impugnato - in riferimento, nel complesso, agli articoli 76, 117, 118
e  119  Cost. - gli artt. 2, 3, 4, 5, 9, 12, 15, comma 1, 16, 17, 18,
19   e   20   del   decreto   legislativo   26 maggio   2004,  n. 154
(Modernizzazione  del  settore  pesca  e  dell'acquacoltura,  a norma
dell'articolo 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38).
    4.1.   -   La   Regione  deduce,  innanzitutto,  l'illegittimita'
costituzionale di tutte le disposizioni impugnate in base all'assunto
che  le stesse intervengano in una materia, pesca e acquacoltura, ne'
riservata  in  via esclusiva allo Stato dall'art. 117, secondo comma,
della  Costituzione,  ne'  rimessa,  dal successivo terzo comma, alla
potesta' legislativa concorrente di Stato e Regioni.
    Sussiste,  quindi, competenza legislativa di tipo residuale della
Regione  ex art. 117, quarto comma, Cost., non potendo sostenersi che
la  competenza  legislativa statale sia giustificata dall'esigenza di
dare,  in materia, attuazione a normative comunitarie, in quanto tale
attuazione compete alle Regioni negli ambiti loro attribuiti, secondo
quanto disposto dall'art. 117, quinto comma, della Costituzione.
    Rileva, inoltre, la ricorrente - sempre per escludere l'esistenza
della  potesta'  legislativa  statale - che se la materia della pesca
puo'    avere    interferenze   con   la   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema,  nonche',  in parte, con la tutela della concorrenza
dei  mercati,  detta  interferenza  non  puo'  determinare una totale
espropriazione  della  disciplina  sostanziale della materia, come si
verificherebbe, invece, nel caso di specie.
    Tutte  le  disposizioni  del  d.lgs.  n. 154 del 2004, oggetto di
impugnazione,  sono censurate anche sotto il profilo della violazione
dell'art. 118   della   Costituzione,  in  mancanza  di  esigenze  di
sussidiarieta'   che  giustifichino  lo  spostamento  della  potesta'
legislativa  dal  livello  regionale a quello statale, e comunque per
l'assenza della previsione dell'intesa con le Regioni.
    Sono,  quindi,  prospettate  alcune  specifiche censure in ordine
alle singole disposizioni impugnate.
    E'  dedotta,  in  primo  luogo,  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 2   per   violazione   degli  artt. 76,  117  e  118  della
Costituzione. Detta norma, difatti, prevede l'istituzione del «Tavolo
Azzurro»  e contrasta con gli artt. 117 e 118, della Costituzione, in
quanto  pesca e acquacoltura sono materie di competenza regionale. La
norma sarebbe in contrasto anche con l'art. 76 della Costituzione, in
quanto  il  «Tavolo  Azzurro»  e'  stato  istituito  non  solo per la
concertazione permanente tra Stato, Regioni e Province autonome, come
previsto  dall'art. 1,  comma 2,  lettera a)  della  legge delega, ma
anche  per  uno  scopo ulteriore, non previsto dalla legge delega, di
determinazione  degli obiettivi e delle linee generali della politica
nazionale in materia.
    La  violazione  degli  artt. 76,  117 e 118 della Costituzione e'
prospettata  in  relazione  all'art. 3,  norma che, nell'istituire la
Commissione   consultiva  centrale  per  la  pesca  e  l'acquacoltura
composta  da  soggetti  istituzionali  e  di categoria, riconferma la
Commissione   gia'   prevista  dalle  leggi  14 luglio  1965,  n. 963
(Disciplina  della  pesca marittima) e 17 febbraio 1982, n. 41 (Piano
per  la  razionalizzazione  e  lo  sviluppo  della  pesca marittima),
organismo   consultivo  non  piu'  legittimato  nell'attuale  assetto
costituzionale  e  che appare ultroneo rispetto alle previsioni della
legge delega.
    L'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 dell'impugnato d.lgs.
n. 154 del 2004, per violazione degli stessi parametri costituzionali
da  ultimo  menzionati,  si  fonda  sul  rilievo  che  detto articolo
definisce  gli  obiettivi  che  il  Programma nazionale della pesca e
dell'acquacoltura  deve  perseguire; in prevalenza sono obiettivi non
ricollegabili  a competenze statali e che pertanto dovrebbero esulare
da  detto  Programma,  come  sembra evincersi altresi' dalla relativa
disposizione contenuta nella legge delega.
    Il  successivo articolo 5 e' sospettato di violare gli artt. 117,
118 e 119 della Costituzione; l'impugnata disposizione prevede che il
Programma  nazionale  della  pesca  e  dell'acquacoltura  indichi  le
dotazioni finanziarie nazionali e l'eventuale destinazione di risorse
aggiuntive,  mentre  le  Regioni devono indicare nei propri programmi
gli  interventi  di competenza da realizzare con le proprie dotazioni
di  bilancio.  La  disposizione  si profila, pertanto, illegittima in
quanto  nelle  materie  non  riservate  esclusivamente  allo Stato le
risorse  finanziarie  dovrebbero essere trasferite integralmente alle
Regioni  per  la  loro  successiva  erogazione  agli  aventi diritto,
nell'ambito della disciplina della materia.
    Il  contrasto  con  gli  artt. 117  e  118  della Costituzione e'
ipotizzato  relativamente  all'art. 9,  norma secondo cui il Ministro
delle  politiche  agricole  e forestali definisce gli obiettivi della
ricerca  scientifica  in materia di pesca e acquacoltura. La medesima
disposizione,  inoltre,  stabilisce  che  a  tal fine e' istituito un
Comitato  per  la  ricerca applicata alla pesca e all'acquacoltura di
cui  fa  parte  anche  un  rappresentante  delle  Regioni  a  statuto
ordinario.  La norma non si concilia con le attribuzioni regionali in
materia  di  pesca  e  acquacoltura,  e  si  pone in contrasto con le
competenze  regionali  in  materia di ricerca scientifica, oggetto di
potesta'  legislativa  concorrente.  Qualora  fossero state ravvisate
esigenze  di  sussidiarieta' avrebbe dovuto essere prevista l'intesa,
che  non  puo'  essere sostituita dalla partecipazione al Comitato di
due rappresentanti designati dalla Conferenza Stato-Regioni.
    I  parametri  costituzionali  da ultimo menzionati sono assunti a
fondamento dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 12 del citato
d.lgs.,  che  disciplina  le misure di conservazione e gestione delle
risorse  ittiche,  allocando  le  funzioni integralmente in capo allo
Stato.
    L'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 15, comma 1, si fonda
sull'ipotizzata   violazione  sempre  degli  artt. 117  e  118  della
Costituzione.
    La  disposizione riguarda la comunicazione nazionale, che riveste
un  ruolo  strategico  nel Programma nazionale, attraverso molteplici
azioni   pubbliche   finalizzate   alla  sicurezza  e  all'educazione
alimentare. Non e' stato previsto alcun coinvolgimento delle Regioni,
mentre e' indubbia l'incidenza che le azioni in questione hanno sulle
materie  regionali,  non  solo  attinenti  alla  pesca, ma anche alla
tutela  della  salute  e  al  commercio,  posto  che  le  azioni sono
finalizzate  anche  alla  sicurezza  ed educazione alimentare ed alla
valorizzazione della produzione.
    Una  censura  unitaria  - ai sensi degli artt. 76, 117, 118 e 119
della Costituzione - investe gli artt. 16, 17, 18 e 19 dell'impugnato
decreto legislativo.
    Le  disposizioni in questione riguardano il gia' citato Programma
nazionale  e  si palesano illegittime, in quanto prevedono interventi
finanziari   diretti  dello  Stato  in  materie,  quali  la  pesca  e
l'acquacoltura,   che   l'art. 117  della  Costituzione  affida  alla
competenza  regionale.  La legge delega, infine non prevedeva - donde
l'ipotizzato  contrasto  anche con l'art. 76 Cost. - l'istituzione di
un  sistema  di finanziamenti cosi' capillare, direttamente gestito a
livello statale.
    Infine,    l'illegittimita'    costituzionale   dell'art. 20   e'
ipotizzata  evocando  quali  parametri  gli  artt. 117  e  118  della
Costituzione.
    La   norma,  che  riserva  al  suddetto  Programma  nazionale  la
promozione   di  studi,  monitoraggio,  adeguamento  professionale  e
sicurezza  del  lavoro,  politiche  del  lavoro  e forme di tutela in
favore dei lavoratori della pesca marittima, sarebbe incostituzionale
perche'  violerebbe  le  competenze  regionali  in materia di pesca e
anche  di  politiche del lavoro e formazione professionale, senza che
l'accentramento  in  capo allo  Stato sia giustificato da esigenze di
sussidiarieta'.
    4.2.  - La Regione Toscana ha depositato il 21 marzo 2006 memoria
con la quale ha insistito nelle conclusioni gia' rassegnate.
    Nella  stessa  si  rileva, inoltre, in ordine alle delibere della
Giunta  regionale,  come  esse  siano  idonee a sorreggere i ricorsi,
stante il contenuto omogeneo dei provvedimenti impugnati.
    5.  -  La Regione Toscana, infine, con il ricorso n. 87 del 2004,
ha  impugnato gli articoli 1, 2, 3, 4, 9 e 10 del decreto legislativo
26 maggio  2004 n. 153 (Attuazione della legge 7 marzo 2003, n. 38 in
materia di pesca marittima), per violazione degli artt. 76, 117 e 118
della Costituzione.
    5.1.  -  I motivi di impugnazione di carattere generale, e dunque
riferiti   a   tutte   le   disposizioni  censurate  complessivamente
considerate,  sono  analoghi a quelli rappresentati nel ricorso n. 86
del 2004.
    Sono,  quindi, prospettati specifici motivi di doglianza rispetto
alle singole norme.
    Viene   assunta,  innanzitutto,  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  evocando  quali parametri gli artt. 76, 117 e 118 della
Costituzione.  La  norma  impugnata,  nel prevedere, in ragione della
responsabilita'  unitaria  dello  Stato,  una razionalizzazione della
disciplina  e  del sistema dei controlli sulla pesca marittima svolta
dagli  imprenditori ittici, dai pescatori e dagli altri soggetti, per
i  quali  e'  responsabile  direttamente  ed  unitariamente  lo Stato
italiano,  secondo  le norme comunitarie e internazionali, violerebbe
gli  artt. 117  e 118 della Costituzione, intervenendo in una materia
di   competenza  regionale.  Inoltre,  il  rinvio  ad  un  successivo
regolamento   contrasta   con  il  sesto  comma  dell'art. 117  della
Costituzione;  ne' detta illegittimita' puo' ritenersi superata dalla
previsione che il regolamento sia adottato d'intesa con le Regioni.
    La  censura  che  investe  -  ai  sensi  dei  medesimi  parametri
costituzionali  da ultimo menzionati - gli artt. 2, 3 e 4 del decreto
legislativo  mira  all'eliminazione di disposizioni che accentrano in
capo allo  Stato  la  tenuta  dei  registri dei pescatori marittimi e
quello  delle  imprese  ittiche,  oltre  al rilascio delle licenze di
pesca,  mentre  tali aspetti dovrebbero essere disciplinati a livello
regionale  ai  sensi  dell'art. 117  della Costituzione. Ne', d'altra
parte - conclude sul punto la ricorrente - le norme impugnate possono
ritenersi  giustificate  ai sensi dell'art. 118 Cost., anche perche',
in ogni caso, non e' prevista alcun intesa con le Regioni.
    L'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 9 e' dedotta sotto il
profilo,  nuovamente,  del  contrasto  con  gli artt. 117 e 118 della
Costituzione.
    La  norma  impugnata  stabilisce  che,  per  le  violazioni delle
disposizioni  del  decreto  in  questione,  l'autorita'  competente a
ricevere  il  rapporto, ai sensi dell'art. 17 della legge 24 novembre
1981,   n. 689   (Modifiche  al  sistema  penale),  sia  il  capo del
compartimento  marittimo.  La  disposizione  sarebbe incostituzionale
perche'  la  competenza  a  disciplinare  le  sanzioni amministrative
appartiene  all'ente titolare della competenza sostanziale, e quindi,
nel  caso  in  esame,  trattandosi  della  materia  della pesca, alla
Regione.
    Infine,   e'   sempre  ai  sensi  degli  artt. 117  e  118  della
Costituzione  che viene dedotta l'illegittimita' costituzionale anche
dell'art. 10.
    La  disposizione  rinvia  ad  un  futuro regolamento ministeriale
l'adozione  delle  norme tecniche relative all'attuazione del decreto
legislativo  in esame, cio' che contrasterebbe - stante la competenza
regionale  in  materia  -  con  il  sesto  comma  dell'art. 117 della
Costituzione,  non  potendo,  del  resto,  la  dedotta illegittimita'
ritenersi superata dalla previsione della necessita' di un'intesa con
le Regioni.
    5.2.  -  La  Regione  Toscana  ha depositato una memoria anche in
relazione  al  presente ricorso, comune tuttavia al ricorso n. 86 del
2004,  insistendo  nelle conclusioni gia' rassegnate in ragione delle
argomentazioni sopra richiamate.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Vengono  all'esame di questa Corte cinque ricorsi, quattro
proposti  dalla Regione Toscana (ric. n. 46 del 2003, nn. 61, 86 e 87
del  2004),  uno  dalla  Provincia autonoma di Trento (ric. n. 48 del
2003), tutti concernenti la materia dell'agricoltura e della pesca.
    2.  -  La  comunanza  di  argomento  delle  questioni oggetto dei
predetti  ricorsi  giustifica  la  riunione,  ai  fini  di  una unica
pronuncia, dei giudizi che traggono origine dagli stessi.
    3.  -  Preliminarmente, e' necessario dare atto della intervenuta
cessazione  della  materia del contendere, quanto al ricorso proposto
dalla Provincia autonoma di Trento (ric. n. 48 del 2003), impugnativa
che  ha  investito - in riferimento agli artt. 8, numeri 15) e 21), e
16  del  d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige), agli artt. 5 e 117, terzo e quarto comma, della
Costituzione, agli artt. 8 e 10 della legge costituzionale 10 ottobre
2001,   n. 3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione),  al d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione
dello  statuto  speciale  per  la  regione  Trentino-Alto  Adige  per
l'istituzione  delle  sezioni  di  controllo della Corte dei conti di
Trento e Bolzano e per il personale ad esso addetto), ed al principio
di  ragionevolezza  - l'art. 1, comma 2, lettere b) e c), della legge
7 marzo 2003, n. 38 (Disposizioni in materia di agricoltura).
    Come riconosciuto, difatti, dalla stessa ricorrente nella memoria
depositata  in  vista  dell'udienza pubblica (e dalla stessa ribadito
nel  corso  del suo svolgimento), sino ad oggi «non risultano emanati
decreti   attuativi   delle   norme  impugnate»,  risultando  inoltre
«scaduto»  il termine previsto per l'espletamento di tale incombente,
originariamente  fissato  in  un  anno,  portato  a  due dall'art. 2,
comma 11,  della  legge 27 luglio 2004, n. 186 (Conversione in legge,
con  modificazioni, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, recante
disposizioni urgenti per garantire la funzionalita' di taluni settori
della  pubblica amministrazione. Disposizioni per la rideterminazione
di deleghe legislative e altre disposizioni connesse).
    Siffatta  evenienza,  determinando  una  sopravvenuta  carenza di
interesse,   conduce  all'esito  processuale  della  declaratoria  di
cessazione della materia del contendere.
    4.  -  I  quattro  ricorsi  proposti  dalla Regione Toscana sono,
invece, inammissibili.
    4.1.  -  Deve  precisarsi,  innanzitutto,  che  si  tratta  delle
impugnative  che hanno investito - in riferimento agli artt. 117, 118
e  119  della  Costituzione,  all'art. 11  della legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche  al  titolo V della parte seconda
della Costituzione), ed al principio di leale collaborazione - l'art.
1, commi 2, lettere b), i), l), m), n), r), s), v), z), aa), bb), cc)
e  dd),  5 e 6, e l'art. 3 della legge di delega 7 marzo 2003, n. 38,
recante  «Disposizioni  in  materia  di  agricoltura» (ric. n. 46 del
2003), nonche' - in relazione a numerosi parametri costituzionali, di
seguito  meglio  specificati  -  i  decreti  legislativi  emanati  in
attuazione della suddetta delega.
    Si tratta, segnatamente, dei ricorsi con cui sono stati impugnati
-  in relazione agli artt. 76, 97, 117 e 118 della Costituzione - gli
artt. 13,  comma 4,  14, comma 6, 17, comma 1, e 18, commi 2 e 4, del
decreto  legislativo  29 marzo  2004, n. 99, recante «Disposizioni in
materia   di   soggetti   e   attivita',   integrita'   aziendale   e
semplificazione  amministrativa  in agricoltura, a norma dell'art. 1,
comma 2,  lettere d),  f),  g),  l),  ee),  della legge 7 marzo 2003,
n. 38»   (ric.  n. 61  del  2004),  nonche'  -  in  riferimento  agli
articoli 76,  117,  118 e 119 della Costituzione - gli artt. 2, 3, 4,
5,  9,  12,  15, comma 1, 16, 17, 18, 19 e 20 del decreto legislativo
26 maggio  2004, n. 154, recante «Modernizzazione del settore pesca e
dell'acquacoltura,  a  norma  dell'articolo 1,  comma 2,  della legge
7 marzo   2003,  n. 38»  (ric.  n. 86  del  2004),  ed  infine  -  in
riferimento  agli  articoli 76,  117  e  118 della Costituzione - gli
artt. 1,  2,  3,  4,  9  e  10 del decreto legislativo 26 maggio 2004
n. 153,  recante  «Attuazione  della  legge  7 marzo  2003, n. 38, in
materia di pesca marittima» (ric. n. 87 del 2004).
    4.2.   -   Per   ciascuno   dei  quattro  ricorsi  suindicati  le
deliberazioni   della  Giunta  regionale  della  Toscana,  che  hanno
autorizzato  la  loro  proposizione,  appaiono inficiate dal medesimo
vizio  di  genericita',  cio' che si traduce in una causa di nullita'
dei medesimi ricorsi per indeterminatezza del loro oggetto.
    Tutte    le    deliberazioni,   difatti,   recano   la   generica
autorizzazione  ad  impugnare,  rispettivamente,  la  legge di delega
n. 38  del  2003  ed i decreti legislativi n. 99, n. 153 e n. 154 del
2004,  senza  che  siano  state  specificamente  individuate  ne'  le
disposizioni  asseritamente  illegittime, ne' le norme costituzionali
violate.
    In  proposito,  giova  richiamare  la  costante giurisprudenza di
questa  Corte  secondo  cui debbono ritenersi inammissibili i ricorsi
delle  Regioni  quando  la  deliberazione  della Giunta regionale, di
autorizzazione  al  Presidente  a  proporre  il  ricorso,  «omette di
indicare  specificamente  le  disposizioni  da impugnare e le ragioni
della  impugnativa  e  si  limita  ad  affermare  che la legge stessa
«appare  in  piu'  parti  invasiva  delle  competenze attribuite alla
Regione dagli artt. 117 e 118 della Costituzione»» (cosi' la sentenza
n. 50 del 2005; in senso conforme anche la sentenza n. 384 del 2005).
    Infatti,  «e'  principio piu' volte affermato» quello secondo cui
«la  delibera  di autorizzazione al ricorso di cui all'art. 127 Cost.
puo' concernere l'intera legge soltanto qualora quest'ultima abbia un
contenuto  omogeneo  e le censure siano formulate in modo tale da non
ingenerare   dubbi   sull'oggetto   e  le  ragioni  dell'impugnativa»
(sentenza n. 50 del 2005). Evenienze, queste ultime, da escludere nel
caso  di  specie,  se  si considera, da un lato, che l'intervento del
legislatore statale - il rilievo vale segnatamente per la legge n. 38
del  2003  -  ha  investito,  secondo  la stessa prospettazione della
ricorrente,  differenti  ambiti  materiali (quello dell'agricoltura e
quello  della  pesca), nonche', dall'altro, che l'eterogeneita' delle
disposizioni  censurate  e  dei  parametri  evocati  - l'osservazione
questa  volta concerne anche le impugnative dirette contro i predetti
decreti  legislativi  n. 99,  n. 153  e  n. 154  del  2004 - e' tale,
appunto, da poter ingenerare dubbi sull'esatta portata dei ricorsi, e
dunque sostanzialmente sul loro oggetto.
    4.3.  - Ne', del resto, l'esito processuale della declaratoria di
inammissibilita'  puo' essere escluso in forza delle deliberazioni di
«conferma»   delle  impugnazioni  proposte,  allegate  dalla  Regione
Toscana  alle  memorie  depositate  in  prossimita'  dell'udienza  di
discussione; deliberazioni adottate diversi mesi dopo la proposizione
dei   ricorsi   e,   dunque,  a  termini  perentori  di  impugnazione
abbondantemente scaduti. Esse, infatti, non possono avere l'efficacia
di  «sanare»  i  vizi  che inficiavano le deliberazioni «originarie»,
giacche'  cio'  si porrebbe in contrasto con la natura perentoria del
termine  previsto  per la proposizione dei ricorsi in via principale.
Ed  e'  significativa  -  nella  medesima prospettiva - la previsione
dell'art. 182  del  codice  di procedura civile (applicabile anche al
giudizio  innanzi  a questa Corte), la quale, nel consentire anche ex
officio   la   sanatoria   dei   difetti   di   rappresentanza  o  di
autorizzazione,  fa  comunque salva l'ipotesi in cui «si sia avverata
una decadenza».
    4.4.  - Quel che rileva nel caso di specie e', dunque, unicamente
la  verifica  della  idoneita'  delle  deliberazioni  «originarie»  a
«sostenere»  i  ricorsi regionali, cio' che tuttavia deve escludersi,
proprio alla luce delle considerazioni sopra svolte.
    4.5. - Ne', d'altra parte, puo' accogliersi la tesi della Regione
Toscana, secondo cui il difetto di specificita' che connota l'oggetto
delle  proposte  impugnative potrebbe comunque ritenersi superato. La
ricorrente,  difatti,  reputa  di  dover  valorizzare  la circostanza
secondo  cui  il  resoconto  di  ciascuna  delle  sedute della Giunta
regionale,  all'esito  delle quali e' stata, a suo tempo, adottata la
decisione  di  proporre i ricorsi in esame, individuava (riproducendo
integralmente  il  contenuto  della  relazione  redatta  al  riguardo
dall'Avvocatura  regionale) tanto le disposizioni legislative statali
ritenute  meritevoli di impugnazione, e poi effettivamente impugnate,
quanto  i  parametri  evocabili,  e poi realmente evocati; sicche' la
lettura complessiva di tali atti escluderebbe la ricorrenza del vizio
di genericita' sopra evidenziato.
    Tale  tesi,  a sostegno della quale la Regione invoca la sentenza
di  questa  Corte n. 134 del 2004, e' priva di fondamento, atteso che
nessuna  delle  deliberazioni,  che hanno preceduto i quattro ricorsi
regionali,    conteneva    un    espresso   rinvio   alla   relazione
dell'Avvocatura,   condizione  necessaria  e  sufficiente  per  poter
riconoscere l'esistenza di una relatio.
    Ne  consegue,  pertanto, che il riferimento alla citata decisione
di  questa  Corte  costituisce una smentita della validita' di quanto
sostenuto dalla ricorrente, visto che la predetta sentenza n. 134 del
2004  -  nell'escludere  l'inammissibilita',  per  genericita', di un
ricorso  statale - ha precisato che «tutte le altre questioni oggetto
del  ricorso»,  diverse  da  quella  puntualmente  individuata  nella
relazione  del  Ministro  per  gli  affari  regionali, erano comunque
«inammissibili,  non  potendo  essere  ritenute  validamente comprese
nella  generica determinazione di impugnare l'intera legge». Si e' in
tal  modo  chiarito,  dunque,  che  l'unica questione non affetta dal
rilevato  vizio  era  tale proprio «alla stregua dell'espresso rinvio
alla  relazione del Ministro per gli affari regionali contenuto nella
delibera del Consiglio dei ministri».
    Orbene,  mancando  invece  -  nei casi qui in esame - un espresso
rinvio  alla  relazione dell'Avvocatura regionale o a qualsiasi altro
atto   del   procedimento,  e  dunque  in  assenza  di  un  qualsiasi
riferimento  ad atti suscettibili di essere legittimamente richiamati
per  relationem, deve escludersi che il vizio di indeterminatezza che
inficia  le  deliberazioni  di  autorizzazione  alla proposizione dei
ricorsi,  e  di  riflesso  anche  questi  ultimi, possa essere sanato
ricavando aliunde gli elementi idonei ad individuare l'esatto oggetto
delle impugnative proposte.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi:
        dichiara  cessata la materia del contendere in relazione alla
questione   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  comma 2,
lettere  b)  e  c),  della legge 7 marzo 2003, n. 38 (Disposizioni in
materia  di agricoltura), proposta dalla Provincia autonoma di Trento
-  in  riferimento  agli  artt. 8,  numeri 15) e 21), e 16 del d.P.R.
31 agosto  1972,  n. 670  (Approvazione  del  testo unico delle leggi
costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige), agli artt. 5 e 117, terzo e quarto comma, della Costituzione,
agli  artt. 8  e  10 della legge costituzionale 10 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche  al  titolo  V della parte seconda della Costituzione), al
d.P.R.  15 luglio  1988,  n. 305  (Norme  di attuazione dello statuto
speciale  per  la regione Trentino-Alto Adige per l'istituzione delle
sezioni  di controllo della Corte dei conti di Trento e Bolzano e per
il  personale  ad  esso addetto), ed al principio di ragionevolezza -
con il ricorso di cui in epigrafe;
        dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 1, commi 2, lettere b), i), l), m), n), r),
s), v), z), aa), bb), cc) e dd), 5 e 6, e dell'art. 3, della medesima
legge n. 38 del 2003, proposta dalla Regione Toscana - in riferimento
agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, all'art. 11 della legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche al titolo V della
parte   seconda   della  Costituzione),  ed  al  principio  di  leale
collaborazione - con il ricorso di cui in epigrafe;
        dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 13, comma 4, 14, comma 6, 17, comma 1, 18,
commi 2  e  4,  del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, recante
«Disposizioni   in   materia  di  soggetti  e  attivita',  integrita'
aziendale  e  semplificazione  amministrativa in agricoltura, a norma
dell'art.  1,  comma  2,  lettere d),  f),  g),  l), ee), della legge
7 marzo 2003, n. 38», proposta dalla Regione Toscana - in riferimento
agli  artt. 76,  97, 117 e 118 della Costituzione - con il ricorso di
cui in epigrafe;
        dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  degli  artt. 2,  3, 4, 5, 9, 12, 15, comma 1, 16, 17,
18,   19  e  20,  del  decreto  legislativo  26 maggio  2004,  n. 154
(Modernizzazione  del  settore  pesca  e  dell'acquacoltura,  a norma
dell'articolo 1,  comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38), proposta
dalla  Regione Toscana - in riferimento agli artt. 76, 117, 118 e 119
della Costituzione - con il ricorso di cui in epigrafe;
        dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 9 e 10 del decreto legislativo
26 maggio 2004, n. 153 (Attuazione della legge 7 marzo 2003, n. 38 in
materia  di  pesca  marittima),  proposta  dalla Regione Toscana - in
riferimento  agli  artt. 76,  117  e  118 della Costituzione - con il
ricorso di cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 maggio 2006.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: Quaranta
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 1° giugno 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0475