N. 315 SENTENZA 18 - 27 luglio 2006

Giudizio su conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato -
  Ricorso  del  Tribunale  di  Como  nei  confronti  della Camera dei
  deputati  -  Eccezione  di  inammissibilita'  del conflitto perche'
  proposto  con  ordinanza  e  non  con  ricorso  -  Sussistenza  dei
  requisiti di sostanza del ricorso - Reiezione dell'eccezione.
- Deliberazione  della  Camera  dei deputati del 13 giugno 2002 (doc.
  IV-quater, n. 31).
Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato -
  Ricorso  del  Tribunale  di  Como  nei  confronti  della Camera dei
  deputati - Eccezione di inammissibilita' per omessa indicazione del
  petitum  e  dei parametri costituzionali - Inesistenza di norme che
  prescrivano l'adozione di forme obbligate per la proposizione di un
  conflitto  - Univoca deduzione della menomazione delle attribuzioni
  funzionali - Reiezione dell'eccezione.
- Deliberazione  della  Camera  dei deputati del 13 giugno 2002 (doc.
  IV-quater, n. 31).
Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico di
  un  parlamentare  per  il  reato  di  diffamazione a mezzo stampa -
  Deliberazione  di  insindacabilita'  della Camera di appartenenza -
  Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato
  proposto  dal  Tribunale  di Como - Esclusione del nesso funzionale
  tra  le  dichiarazioni  e  la  funzione  parlamentare - Irrilevanza
  dell'attivita'  di  altri  parlamentari  appartenenti  al  medesimo
  gruppo  -  Non riconducibilita' delle dichiarazioni al procedimento
  relativo alla richiesta di misura cautelare personale nei confronti
  del  parlamentare  -  Non  spettanza alla Camera dei deputati della
  potesta'    contestata    -    Annullamento   della   delibera   di
  insindacabilita'.
- Deliberazione  della  Camera  dei deputati del 13 giugno 2002 (doc.
  IV-quater, n. 31).
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.31 del 2-8-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 13
giugno 2002,  relativa  all'insindacabilita'  delle opinioni espresse
dall'on. Cesare Previti nei confronti della signora Stefania Ariosto,
promosso  con  ricorso  del  Tribunale  di  Como  -  Sezione  penale,
notificato  il  17  giugno 2003,  depositato  in  cancelleria  il  28
giugno 2003 ed iscritto al n. 25 del registro conflitti 2003.
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  20  giugno 2006  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Udito l'avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    Con  ricorso  in  data  15  giugno 2002,  il  Tribunale  di Como,
nell'ambito  del  procedimento  penale  a  carico del deputato Cesare
Previti - imputato del reato di cui agli artt. 595 del codice penale,
13  e  21  della legge 8 febbraio 1948, n. 47, 30, commi 4 e 5, della
legge  6 agosto  1990,  n. 223, per avere rilasciato, nel corso della
trasmissione televisiva «TG Sera», trasmessa dalla RAI alle ore 20,30
del   16 settembre   1997,  una  intervista,  in  cui,  tra  l'altro,
dichiarava  :«L'Ariosto e' un teste falso, fabbricato in laboratorio,
pagata  per  calunniare...», in tal modo offendendo la reputazione di
Stefania  Ariosto  -,  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione nei
confronti  della Camera dei deputati in ordine alla deliberazione del
13   giugno 2002   (doc.   IV-quater,   n. 31),   che   ha   ritenuto
insindacabili,    ai   sensi   dell'art. 68,   primo   comma,   della
Costituzione, le dichiarazioni riguardo alle quali e' stata formulata
la predetta imputazione.
    Secondo  il  Tribunale  ricorrente,  la  descritta  condotta  del
deputato  Previti  non potrebbe essere ricompresa nella previsione di
cui  al  primo comma dell'art. 68 della Costituzione, dal momento che
le  dichiarazioni  di  cui si tratta sono state pronunciate fuori dal
Parlamento  e  dal  contesto  di iniziative parlamentari tipiche, non
essendo individuabile alcuno specifico atto parlamentare adottato dal
medesimo  deputato  il  cui  contenuto esse riproducano, e potendo le
stesse,  eventualmente, essere ricollegate, secondo la prospettazione
della  Camera  dei  deputati, ad un'attivita' politica in senso lato,
quale   quella   relativa   alla   «polemica   politica  inerente  al
procedimento  penale  -  nel  quale  il  deputato  in  questione  era
coimputato  -  cosiddetto  IMI--SIR»,  in  cui figurava come teste la
predetta  Ariosto. Tale collegamento non puo', secondo il ricorrente,
costituire valido oggetto di immunita' parlamentare.
    Ne'  varrebbe,  in contrario, il richiamo alla circostanza che il
deputato  Previti,  durante l'esame della richiesta di autorizzazione
all'arresto  cautelare  inoltrata  dalla  Procura della Repubblica di
Milano  in  data  3 settembre  1997,  poi ripresentata il 12 dicembre
1997,   fosse   stato  ascoltato  in  data  8 gennaio  1998  in  sede
parlamentare,  producendo una memoria difensiva, nella quale avanzava
la  tesi  che  la  Ariosto  si  fosse  resa strumento di un complotto
politico  e di alcuni giudici contro lui stesso: si sarebbe trattato,
infatti,   di   audizione   e   di   scritti  successivi  al  momento
dell'intervista  in questione. Del resto, le dichiarazioni rese da un
membro  del Parlamento nel proprio interesse non potrebbero in nessun
caso  rientrare  tra  gli atti tipici della funzione parlamentare, in
quanto  volte ad ottenere il rigetto di una istanza di autorizzazione
a  procedere  all'applicazione  di  una  misura  cautelare nei propri
confronti.
    Pertanto,   la  richiamata  deliberazione  della  Camera  avrebbe
illegittimamente    interferito    nella   sfera   di   attribuzioni,
costituzionalmente  garantita,  dell'autorita' giudiziaria: donde, la
richiesta alla Corte di annullare la delibera.
    Il  conflitto  e'  stato  dichiarato ammissibile con ordinanza di
questa Corte n. 210 del 2003.
    Il  Tribunale  di Como ha provveduto a notificare alla Camera dei
deputati, e, successivamente, a ritualmente depositare tale ordinanza
e l'atto introduttivo del giudizio innanzi a questa Corte.
    Si e' costituita in giudizio la Camera dei deputati, eccependo la
inammissibilita'  del ricorso per la mancanza dei requisiti dell'atto
introduttivo,  e  concludendo,  nel merito, per la infondatezza dello
stesso.
    Nella imminenza della udienza pubblica, la difesa della Camera ha
depositato  memoria  con  la  quale, nel ribadire le conclusioni gia'
raggiunte,   ha   individuato   una   serie   di   interrogazioni  ed
interpellanze  presentate  da  diversi parlamentari, alcuni dei quali
appartenenti  allo  stesso  gruppo  del  deputato  Previti, aventi ad
oggetto  la  vicenda  concernente  le  deposizioni  della  Ariosto, a
dimostrazione  del  carattere politico che aveva assunto il dibattito
sull'argomento.

                       Considerato in diritto

    1.  - Il Tribunale di Como ha sollevato conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato nei confronti della Camera dei deputati, in
relazione   alla   deliberazione   adottata   dall'Assemblea   il  13
giugno 2002  (doc. IV-quater, n. 31), con la quale e' stato affermato
che  le  dichiarazioni  per  le  quali  il deputato Cesare Previti e'
imputato  per il reato di diffamazione della signora Stefania Ariosto
nel  procedimento  penale  pendente  innanzi  al  Tribunale  di  Como
concernono   opinioni   espresse   da   un   membro   del  Parlamento
nell'esercizio  delle sue funzioni e sono, pertanto, insindacabili ai
sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    2. - Preliminarmente, deve essere confermata l'ammissibilita' del
conflitto,  sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come
gia' ritenuto da questa Corte con l'ordinanza n. 210 del 2003.
    3.  -  L'eccezione di inammissibilita' dell'atto introduttivo del
conflitto  sollevata dalla difesa della Camera per l'incertezza della
forma,  in quanto l'atto si autoqualifica ricorso nell'intestazione e
ordinanza nella parte conclusiva, e' infondata.
    E',   infatti,   principio   consolidato   nella   giurisprudenza
costituzionale quello secondo cui, con riguardo ai conflitti proposti
da  un'autorita'  giudiziaria,  non  ha  rilievo  il fatto che l'atto
introduttivo   abbia,   anziche'   la   forma   del  ricorso,  quella
dell'ordinanza, qualora, al di la' del nomen iuris, l'ordinanza, come
nella  specie,  possieda  i  requisiti  di  sostanza necessari per un
valido ricorso (sentenze n. 193 del 2005 e n. 298 del 2004).
    4.  -  La  difesa  della  Camera  deduce altresi' la mancanza dei
requisiti   prescritti   per  l'atto  introduttivo,  con  particolare
riferimento  alla omessa indicazione dei parametri costituzionali nei
quali si radicherebbero le attribuzioni del ricorrente e alla mancata
menzione  della  richiesta  di  dichiarazione  di  non spettanza alla
Camera  del  potere  esercitato  e  di  annullamento  della  relativa
delibera.
    L'eccezione di omessa precisazione del petitum va disattesa sulla
base  della  costante  giurisprudenza  per  la  quale  «va  rigettata
l'eccezione   di   inammissibilita'  del  ricorso  per  conflitto  di
attribuzione  tra  poteri dello Stato, per avere il ricorrente omesso
di chiedere alla Corte una pronuncia di non spettanza alla Camera del
potere    in    contestazione,    cioe'    della   deliberazione   di
insindacabilita'  delle opinioni espresse da un parlamentare. Infatti
non  vi e' alcuna norma - costituzionale o ordinaria - che imponga di
adottare  forme  obbligate  per proporre un conflitto di attribuzione
tra  poteri,  essendo  prevalente  la  sostanza  della pretesa che il
ricorrente  introduce  nel  giudizio  davanti  alla  Corte» (sentenza
n. 164  del  2005).  Ne'  rileva che le censure non abbiano investito
nella sua totalita' la deliberazione di insindacabilita', ma si siano
concentrate  su  alcuni  profili  della  medesima  (v.,  per analoghe
affermazioni, sentenza n. 146 del 2005).
    Con    riguardo    alla    mancata   evocazione   dei   parametri
costituzionali,  l'eccezione  deve  essere  respinta in quanto, nella
specie,   risulta  chiara  ed  univoca  la  deduzione  relativa  alla
menomazione  delle  attribuzioni funzionali, come completo risulta il
petitum.
    5. - Nel merito, il ricorso e' fondato.
    Spetta  a  questa  Corte  valutare  se  le dichiarazioni rese dal
deputato  Previti,  di  cui  la  Camera  dei  deputati  ha dichiarato
l'insindacabilita'   ai   sensi   dell'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione,  siano  legate  da  nesso  funzionale  con le attivita'
svolte da tale deputato nella sua qualita' di membro della Camera, ed
in  particolare  se  esse  siano «sostanzialmente riproduttive di una
opinione  espressa  in  sede parlamentare» (v., ex plurimis, sentenze
n. 260 del 2006, n. 28 del 2005; n. 20 del 2000).
    In  tale indagine, non assumono rilievo - nonostante le contrarie
deduzioni  della  difesa  della  Camera circa l'invocabilita' di atti
posteriori alle dichiarazioni, ovvero formulate da altri membri della
Camera - ne' gli atti attribuibili ad altri parlamentari (v. sentenze
numeri  193,  164 e 146 del 2005 e n. 347 del 2004), ne' quelli posti
in essere dallo stesso deputato in data posteriore alle dichiarazioni
oggetto del presente giudizio (sentenze numeri 223, 164, 146 e 28 del
2005; numeri 347 e 246 del 2004; n. 521 del 2002 e n. 289 del 1998).
    La  circostanza,  poi, che gli altri parlamentari, ai cui atti si
collegherebbero   le   dichiarazioni  oggetto  del  giudizio  penale,
appartengano  allo  stesso  gruppo dell'on. Previti non puo' influire
sull'estensione  della  garanzia  a soggetti diversi da quello cui si
riferisce la delibera di insindacabilita'.
    Questa  Corte  ha  recentemente  affermato - ed il principio deve
essere  confermato  -  che  «e'  vero  che  le  guarentigie  previste
dall'art. 68 Cost. sono poste a tutela delle istituzioni parlamentari
nel  loro  complesso  e  non  si risolvono in privilegi personali dei
deputati  e  dei  senatori.  Da questa esatta rilevazione non si puo'
trarre tuttavia la conseguenza che [...] esista una tale fungibilita'
tra  i  parlamentari  iscritti allo stesso gruppo da produrre effetti
giuridici  sostanziali  nel campo della loro responsabilita' civile e
penale  per le opinioni espresse al di fuori delle Camere: l'art. 68,
primo  comma,  Cost.  non configura una sorta di insindacabilita' del
gruppo,  per cui un atto o intervento parlamentare di un appartenente
ad  un gruppo fornirebbe copertura costituzionale per tutti gli altri
iscritti al gruppo medesimo» (sentenza n. 249 del 2006).
    Sulla  base  di  tale  principio  deve,  pertanto,  escludersi la
rilevanza  delle  interrogazioni  e  interpellanze presentate nei due
rami   del   Parlamento  dal  5  giugno 1996  al  14 luglio  1997  da
parlamentari  diversi  dal  deputato Previti, pur se tutte relative a
valutazioni dei comportamenti della teste Stefania Ariosto.
    Con  riferimento,  poi,  alle  prime  dichiarazioni addebitate al
deputato  Previti, le stesse risalgono al 16 settembre 1997 e, cioe',
ad un'epoca anteriore alla audizione dello stesso innanzi alla Giunta
per  le autorizzazioni a procedere, in relazione alla quale lo stesso
Previti deposito' una memoria scritta, in data 8 gennaio 1998.
    L'indicata  successione degli eventi esclude l'applicabilita' dei
principi  enunciati  nella  sentenza n. 223 del 2005, che ha ritenuto
coperte  dalla  garanzia  di  insindacabilita' le dichiarazioni che -
mentre   e'  in  corso  il  procedimento  parlamentare,  disciplinato
dall'art. 18 del regolamento della Camera - il deputato, destinatario
della  misura  cautelare  da  autorizzare, renda a proposito di essa,
fuori  dalla  sede  del  Parlamento,  prima di essere ascoltato dalla
Giunta  (o di avere altrimenti esercitato al riguardo le sue funzioni
parlamentari),  in  quanto  le stesse sono collegate alla pendenza di
quel   procedimento  parlamentare,  si'  da  restarne  in  tal  senso
qualificate.
    In  conclusione, per nessuna delle dichiarazioni rese all'esterno
del   Parlamento   sussiste   il  nesso  funzionale  con  l'esercizio
dell'attivita' parlamentare.
    Le  dichiarazioni  del  deputato Previti non rientrano, pertanto,
nell'esercizio  della  funzione  parlamentare  e  non  sono garantite
dall'insindacabilita'.  Conseguentemente,  l'impugnata delibera della
Camera   dei  deputati  ha  violato  l'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione,  ledendo  le  attribuzioni  dell'autorita'  giudiziaria
ricorrente, e deve essere annullata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara che non spettava alla Camera dei deputati deliberare che
le  dichiarazioni  rese  dal  deputato  Cesare  Previti,  oggetto del
procedimento penale pendente davanti al Tribunale di Como, concernono
opinioni  espresse  da  un membro del Parlamento nell'esercizio delle
sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
    Annulla,  per l'effetto, la delibera di insindacabilita' adottata
dalla  Camera  dei  deputati  nella  seduta  del 13 giugno 2002 (doc.
IV-quater, n. 31).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 2006.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Finocchiaro
                      Il cancelliere:Fruscella
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 2006.
                      Il cancelliere:Fruscella
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