N. 317 SENTENZA 18 - 27 luglio 2006

Giudizio su conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Eccezione  di  inammissibilita'  - Denunciata carente esposizione dei
  presupposti di fatto del conflitto - Reiezione.
Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico di
  parlamentare  per  il  reato  di  diffamazione  a  mezzo  stampa  -
  Deliberazione  di  insindacabilita'  delle  opinioni adottata dalla
  camera  di appartenenza - Ricorso per conflitto di attribuzione tra
  poteri  dello  Stato proposto dal Tribunale di Roma - Insussistenza
  del  nesso  funzionale  tra  le  opinioni  espresse  e  la funzione
  parlamentare - Non spettanza alla Camera dei Deputati del potere di
  adottare  la  deliberazione  impugnata  e  conseguente annullamento
  della stessa.
- Deliberazione  della  Camera  dei  Deputati 19 settembre 2001 (doc.
  IV-quater, n. 1).
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.31 del 2-8-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
19 settembre  2001,  promosso  con  ricorso  del  Tribunale  di Roma,
sezione  VII  penale,  notificato  il  9 luglio  2004,  depositato in
cancelleria  il  16 luglio  2004  ed  iscritto  al n. 11 del registro
conflitti 2004.
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 luglio 2006 il giudice relatore
Paolo Maddalena;
    Udito l'avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  depositato il 21 marzo 2003, il Tribunale di
Roma,  sezione  VII  penale,  nel  corso  di  un  procedimento penale
instaurato  nei  confronti  del  deputato Gianfranco Micciche' per il
reato  di  diffamazione  a  mezzo stampa in danno del dott. Giancarlo
Caselli,  Procuratore  della  Repubblica  di  Palermo,  ha  sollevato
conflitto  di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della
Camera  dei  deputati,  in  relazione  alla  deliberazione,  adottata
dall'Assemblea  il 19 settembre 2001 (documento IV-quater, n. 1), con
la  quale  e'  stato  dichiarato,  in conformita' alla proposta della
Giunta  per  le autorizzazioni della Camera dei deputati, che i fatti
per  i  quali e' in corso il processo a carico del deputato Micciche'
concernono    opinioni   espresse   nell'esercizio   delle   funzioni
parlamentari, a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Il giudice ricorrente espone che le dichiarazioni per le quali e'
in  corso  il  procedimento  penale  sono  state  rese  dal  deputato
Micciche'   nel  corso  di  una  intervista  al  periodico  «Liberal»
pubblicata   in  data  17 settembre  1998.  In  quell'intervista,  il
deputato  Micciche'  avrebbe detto, tra l'altro, che il dott. Caselli
«e'  stato  mandato  in  Sicilia  per dare una spallata decisiva alla
D.C.»,  ha  fatto  «solo  politica»,  con  processi  ai  politici che
«servono  solo  a  scrivere  le verita' pagate dei pentiti», perdendo
«tempo e denaro» e cosi' senza lottare contro la vera mafia.
    Ad avviso del Tribunale ricorrente, la deliberazione della Camera
dei  deputati  sarebbe lesiva delle attribuzioni costituzionali della
giurisdizione  a  causa  della  mancanza  del nesso funzionale tra le
opinioni espresse dal deputato Micciche' e l'attivita' parlamentare.
    Secondo  il  Tribunale  di  Roma  -  ad  avviso  del quale «esula
dall'oggetto  del  presente  conflitto  sia  lo  stabilire  la natura
diffamatoria  delle affermazioni contenute nell'articolo in esame sia
la  possibilita' di configurare la scriminante del diritto di cronaca
o   di   critica,  nella  specie  politica»  -,  per  poter  definire
insindacabile    un'opinione   espressa   da   un   parlamentare   in
un'intervista  alla  stampa  non e' sufficiente una mera comunanza di
tematiche  con  il  dibattito  parlamentare, come e' insufficiente il
semplice  collegamento  di  argomento  o  di  contesto  tra attivita'
parlamentare e dichiarazione; occorre, piuttosto, che si riscontri la
identita'  sostanziale  di  contenuto,  nella  specie  mancante,  tra
l'opinione  espressa  in sede parlamentare e quella manifestata nella
sede esterna.
    Pertanto,  il  Tribunale  chiede  che  la  Corte dichiari che non
spetta  alla Camera dei deputati affermare che i fatti per i quali e'
in  corso  il  procedimento  penale  concernono opinioni espresse dal
deputato Micciche' nell'esercizio delle sue funzioni di parlamentare,
a  norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, ed annulli la
deliberazione adottata dalla stessa Camera il 19 settembre 2001.
    2.  - Con ordinanza n. 218 del 2004, depositata il 6 luglio 2004,
la   Corte  ha  dichiarato  ammissibile  il  conflitto  proposto  dal
Tribunale di Roma.
    L'ordinanza  di  ammissibilita', unitamente all'atto introduttivo
del   giudizio,  e'  stata  notificata  in  data  9 luglio  2004.  Il
conseguente deposito e' stato effettuato il 16 luglio 2004.
    3.  -  Nel  giudizio  si  e'  costituita  la Camera dei deputati,
depositando  documenti  e  svolgendo  deduzioni,  a conclusione delle
quali  ha  chiesto  che la Corte dichiari il conflitto inammissibile,
irricevibile  e  improcedibile,  e  in  subordine rigetti il ricorso,
dichiarando   che   spettava   alla  Camera  dei  deputati  affermare
l'insindacabilita',   ai   sensi  dell'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione,   delle  opinioni  espresse  nei  confronti  del  dott.
Giancarlo Caselli dal deputato Gianfranco Micciche'.
    La   difesa   della  Camera,  riservandosi,  preliminarmente,  di
identificare  compiutamente  tutte  le ragioni di irricevibilita', di
inammissibilita'  e di improcedibilita' del conflitto solo dopo avere
esaminato  gli atti e i documenti depositati dal ricorrente Tribunale
di  Roma,  osserva, nel merito, che il procedimento nei confronti del
deputato  Micciche'  riguarda  talune  sue  opinioni e valutazioni di
contenuto  schiettamente  politico  sull'operato  del dott. Giancarlo
Caselli:   in  particolare,  dichiarazioni  concernenti  la  ritenuta
distorsione  politica subita dall'attivita' della Procura di Palermo,
a  causa  delle  scelte  operate  dal  capo di  quell'Ufficio,  dott.
Caselli.
    Secondo  la difesa della Camera, simili opinioni erano state gia'
manifestate,  in  sede  parlamentare  ed  in atti tipici, prima delle
dichiarazioni del deputato Micciche' ora in contestazione.
    Nella  memoria  si  richiamano, in particolare: un'interrogazione
del  deputato Forestiere (XII Legislatura, n. 4/05334 del 16 novembre
1994);   un'interpellanza  del  deputato  Maiolo  (XIII  Legislatura,
n. 2/01335  del  30 luglio  1998);  una  dichiarazione  di  voto  del
deputato  Mancuso  del  9 luglio  1998;  un'interpellanza  con  primo
firmatario  il  deputato  Sgarbi  (XIII  Legislatura,  n. 2/00252 del
21 ottobre   1996);  un'interrogazione  del  deputato  Parenti  (XIII
Legislatura,  n. 3/02499  dell'11 giugno 1998); un'interrogazione del
deputato  Sgarbi  (XIII Legislatura, n. 3/01624 del 28 ottobre 1997);
un'interrogazione  del  deputato Maiolo (XIII Legislatura, n. 3/01517
del  30 settembre  1997);  un'interrogazione del deputato Sgarbi (XII
Legislatura,   n. 3/00009  del  29 aprile  1994);  un'interrogazione,
ancora, del deputato Sgarbi (XII Legislatura, n. 4/08683 del 21 marzo
1995);   un'interpellanza   del   senatore  Novi  (XIII  Legislatura,
n. 2/00445   del  2 dicembre  1997);  un'interpellanza  del  deputato
Tassone   (XIII   Legislatura,   n. 2/00783  del  17 novembre  1997);
un'interpellanza dei senatori Contestabile e Milio (XIII Legislatura,
n. 2/00097  del  15 ottobre  1996);  un'interrogazione  del  deputato
Sgarbi  (XIII  Legislatura,  n. 3/02766  del  30 luglio  1998); altra
interrogazione  del deputato Sgarbi (XIII Legislatura, n. 3/02843 del
15 settembre  1998);  un'interrogazione  del  deputato  Sgarbi  (XIII
Legislatura,  n. 3/02476  dell'8  giugno 1998); un'interrogazione del
deputato  Maiolo (XIII Legislatura, n. 3/01784 del 10 dicembre 1997);
un'interrogazione del deputato Fragala' (XIII Legislatura, n. 3/01801
del  15 dicembre 1997); un'interrogazione del deputato Gasparri (XIII
Legislatura,  n. 3/02201  del  14 aprile 1998); un'interrogazione con
primo  firmatario  il deputato Giuliano (XIII Legislatura, n. 3/01712
del  19 novembre 1997); un'interrogazione del deputato Saponara (XIII
Legislatura,  n. 4/05613 del 27 novembre 1996); un'interrogazione con
primo firmatario il senatore Marini (XIII Legislatura, n. 4/03013 del
20 novembre  1996);  un'interrogazione  del  deputato  Gasparri (XIII
Legislatura,  n. 3/01907  del  28 gennaio  1998); l'illustrazione, da
parte  del  deputato  Mancuso,  dell'interrogazione  n. 2-00950 nella
seduta dell'11 marzo 1998.
    Questi  atti  starebbero a dimostrare che la critica parlamentare
nei confronti della Procura di Palermo e specificamente del suo capo,
dott. Caselli, accusato di aver abusato dei suoi poteri per finalita'
puramente  politiche,  e' stata a dir poco diffusa, trovando posto in
numerosissimi   atti  di  sindacato  ispettivo  e  nelle  discussioni
parlamentari.  Le  dichiarazioni extra moenia del deputato Micciche',
pertanto,  non  avrebbero  fatto  altro  che divulgare all'esterno il
contenuto  di  atti  tipici  della  funzione parlamentare, oltretutto
senza espressioni insultanti.
    Secondo  la  difesa  della  Camera, il deputato puo' giovarsi, ai
fini della non sindacabilita' delle sue dichiarazioni, dell'attivita'
parlamentare  posta in essere sul medesimo tema da altri membri delle
Camere. La «paternita» delle dichiarazioni rese intra ed extra moenia
non avrebbe alcuna importanza al fine dell'attivazione della garanzia
di  cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione. Se, infatti, il
contenuto   sostanziale   delle   dichiarazioni   e'   il   medesimo,
l'ammissione   del  sindacato  su  quelle  «esterne»  determinerebbe,
comunque, un'interferenza su quelle «interne», e quindi la violazione
degli artt. 67 e 68, primo comma, della Costituzione, quale che fosse
l'identita' del parlamentare dichiarante.
    Questa prospettazione si imporrebbe anche in considerazione della
funzione dell'insindacabilita', che e' quella, oggettiva, di tutelare
le istituzioni rappresentative, e non i loro membri.
    Inoltre dovrebbe considerarsi che gli atti tipici sopra ricordati
provengono,  in  gran  parte,  da  appartenenti  al  medesimo  gruppo
parlamentare   del  quale  fa  parte  il  deputato  Micciche',  e  la
consentaneita'  ideologica tra appartenenti al medesimo gruppo fa si'
che non si possa immaginare una separazione netta fra le attivita' di
parlamentari diversi, ma appartenenti al medesimo gruppo.
    Secondo  la  difesa  della  Camera,  possono  aversi  tre tipi di
opinioni  di  parlamentari  manifestate  extra  moenia,  che  debbono
ricevere  trattamenti  diversi:  (a) opinioni del tutto estranee alla
sfera   della  politica;  (b)  opinioni  connesse  alla  sfera  della
politica,  ma  estranee  alla  politica  parlamentare;  (c)  opinioni
connesse  alla  politica  parlamentare.  Mentre  le prime non possono
minimamente   pretendere  alcuna  specifica  garanzia  costituzionale
diversa   da  quelle  comuni,  e  le  seconde,  a  loro  volta,  sono
assoggettate  al  regime ordinario, in forza del principio di parita'
di  trattamento  valorizzato  dalle  sentenze  n. 10 e n. 11 del 2000
della Corte costituzionale, le terze, invece, dovrebbero godere della
copertura assicurata dall'art. 68, primo comma, Cost. Cio' perche' il
fatto  che  esse  siano state manifestate extra anziche' intra moenia
sarebbe  meramente accidentale, e non potrebbe essere alla base di un
trattamento   deteriore,  che  porrebbe  a  rischio  l'autonomia  del
parlamentare.  Nella  societa'  dell'informazione  -  si sostiene - i
tempi, i mezzi e le modalita' della politica e della stessa attivita'
parlamentare  sono  profondamente  mutati,  e  l'imposizione  di  una
connessione  stretta tra singoli atti parlamentari e singole opinioni
manifestate  all'esterno determinerebbe un'eccessiva formalizzazione,
non  piu'  corrispondente  ai tempi e alle modalita' di esercizio del
mandato  parlamentare.  Una volta che si affermi il principio secondo
cui  le opinioni dei rappresentanti della Nazione sono tutelate anche
se  manifestate  al  di fuori del recinto parlamentare, il discrimine
tra  cio'  che  deve e cio' che non puo' essere tutelato non puo' che
stare  nella  oggettiva connessione delle opinioni con il complessivo
contesto  parlamentare,  e  cioe'  con i contenuti (di volta in volta
modificantisi) della politica parlamentare.
    4.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la difesa della Camera dei
deputati ha depositato una memoria illustrativa.
    4.1.  - In via preliminare, viene eccepita l'inammissibilita' del
ricorso,   in  quanto  il  Tribunale  di  Roma  avrebbe  misurato  la
sussistenza   o  meno  del  nesso  funzionale  semplicemente  su  uno
stralcio,  oltretutto  inesatto,  delle  dichiarazioni  rese  in sede
giornalistica  dal  deputato Micciche'. L'isolamento di certe frasi o
espressioni   nel   piu'   ampio  contesto  delle  dichiarazioni  del
parlamentare  avrebbe  impedito  al ricorrente di valutare appieno il
collegamento tra queste dichiarazioni e la funzione parlamentare, che
puo'  essere  apprezzato  solo  a  condizione  di  avere una completa
rappresentazione delle une e delle altre.
    Si  riprodurrebbe,  pertanto,  la situazione gia' esaminata dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 79 del 2005, con cui e' stata
dichiarata  l'inammissibilita'  del  conflitto  in un caso - ritenuto
analogo  -  nel quale l'atto introduttivo del conflitto non conteneva
una   compiuta   esposizione  dei  fatti,  non  riportando  le  frasi
pronunciate dal parlamentare.
    In  altri  termini, il Tribunale ricorrente avrebbe indebitamente
isolato   alcune   frasi  (oltretutto  inesattamente  riportate)  dal
complessivo  contesto  delle  dichiarazioni extra moenia del deputato
Micciche', e, in tal modo, non riuscirebbe nell'intento di dimostrare
la  fondatezza  delle proprie censure, perche' non avrebbe tenuto nel
debito    conto    l'intero   dire   del   menzionato   parlamentare,
indispensabile   oggetto   -  invece  -  della  valutazione  ai  fini
dell'applicazione dell'art. 68, primo comma, Cost.
    4.2.   -   Nel  merito,  la  Camera  dei  deputati  ribadisce  le
conclusioni di non fondatezza del ricorso.
    A  sostegno  della  sussistenza  del  nesso funzionale, la difesa
della   Camera   richiama  l'interrogazione  cofirmata  dal  deputato
Micciche',  XIII  legislatura,  n. 4/08769  del 1° aprile 1997, nella
quale   si  ironizza  duramente  sulla  «grande  illusione  di  mafia
sconfitta,  suscitata  dal  frastuono  e dalla passerella di molti di
coloro  che  operano  o  si aggirano nell'ambito dell'antimafia» e si
lamenta  la  «Babele delle rivelazioni dei pentiti». Invoca, inoltre,
l'interrogazione  dello  stesso deputato Micciche', XIII legislatura,
n. 3/06609   del   27 novembre   2000,  nella  quale  si  censura  il
comportamento  dell'allora  sostituto  procuratore  della  Repubblica
presso il Tribunale di Palermo Gioacchino Natoli, unitamente a quello
del  pubblico  ministero  di  Perugia Fausto Cardella, in particolare
alla  luce  di  una  denuncia,  in quanto «risulta, in sostanza dalla
descritta  denuncia  come  un  pubblico  ufficiale, cioe' il predetto
dottor  Natoli,  tenuto  per  legge  all'osservanza  del principio di
legalita',  abbia violato tale dovere, clamorosamente manifestando la
sua  assoluta  contrarieta'  allo  sviluppo  di  quelle  attivita' di
indagine  che,  invece,  stante  le  dichiarazioni di Badalamenti (il
quale  aveva  smentito  Buscetta  in  ordine  al  suo  teorema e alla
responsabilita' del senatore Andreotti nell'omicidio Pecorelli), bene
avrebbero potuto evitare anni di inutili e persecutorie indagini e di
un  altrettanto inutile dibattimento; si tratta, secondo la denuncia,
di  una  manovra intenzionalmente tendenziosa, diretta ad accreditare
la  cosiddetta  verita'  nascente  dalle  artefatte dichiarazioni del
collaborante Buscetta, manovra implicante una diretta responsabilita'
processuale  e morale del predetto dottor Natoli e verosimilmente del
predetto dottor Cardella».
    Nella  difesa  della  Camera  si  richiamano,  inoltre, ulteriori
interpellanze  ed  interrogazioni di altri parlamentari, appartenenti
allo  stesso  gruppo  del  deputato  Micciche', in cui si imputano al
dott.  Caselli  gravi violazioni deontologiche ed il perseguimento di
finalita' non attinenti a interessi oggettivi del suo ufficio.
    Ad  avviso  della Camera, gli atti tipici di funzione degli altri
parlamentari  appartenenti  al  medesimo  gruppo  non possono restare
senza  influenza  nella  ricostruzione  del nesso funzionale che lega
dichiarazione extra e dichiarazione intra moenia.
    Quanto  alla collocazione temporale delle opinioni manifestate in
sede  parlamentare,  per  rapporto a quelle manifestate extra moenia,
nella  memoria  si  rileva  che la sentenza n. 221 del 2006 di questa
Corte,  in  materia  di  insindacabilita'  di  consiglieri regionali,
avrebbe  ribadito che quel che conta non e' l'anteriorita' degli atti
di funzione rispetto alle dichiarazioni extra moenia, bensi' il nesso
di sostanziale contestualita' tra gli uni e le altre. Ad avviso della
difesa  della  Camera, peraltro, l'oggettiva divulgazione all'esterno
ben  potrebbe  essere  presente  anche quando lo spatium temporis che
separa opinioni e divulgazione e' notevole.

                       Considerato in diritto

    1. - Il Tribunale di Roma, sezione VII penale, ha sollevato - con
ricorso  depositato  il 21 marzo 2003 - conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  nei  confronti  della  Camera  dei deputati, in
relazione alla deliberazione, adottata dall'Assemblea il 19 settembre
2001  (documento  IV-quater, n. 1), con la quale e' stato dichiarato,
in conformita' alla proposta della Giunta per le autorizzazioni della
Camera  dei deputati, che i fatti per i quali e' in corso il processo
a  carico del deputato Micciche' per il reato di diffamazione a mezzo
stampa  in  danno  del  dott.  Giancarlo  Caselli,  Procuratore della
Repubblica  di  Palermo,  concernono opinioni espresse nell'esercizio
delle funzioni parlamentari, a norma dell'art. 68, primo comma, della
Costituzione.
    Le  dichiarazioni per le quali e' in corso il procedimento penale
sono state rese dal deputato Micciche' nel corso di una intervista al
periodico  «Liberal»  in data 17 settembre 1998. In quell'intervista,
il  deputato  Micciche'  avrebbe  detto,  tra  l'altro,  che il dott.
Caselli  «e'  stato mandato in Sicilia per dare una spallata decisiva
alla  D.C.», che il predetto magistrato ha fatto «solo politica», con
processi  ai  politici che «servono solo a scrivere le verita' pagate
dei  pentiti», perdendo «tempo e denaro» e cosi' senza lottare contro
la vera mafia.
    2.  - Deve, preliminarmente, essere ribadita l'ammissibilita' del
conflitto,  sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come
gia' ritenuto da questa Corte con l'ordinanza n. 218 del 2004.
    Non  puo' essere accolta in proposito l'eccezione, avanzata dalla
difesa  della  Camera  dei  deputati,  basata  sul rilievo che l'atto
introduttivo  del  presente  giudizio  sarebbe  privo  dei  necessari
requisiti  formali,  per  la mancanza di una compiuta esposizione dei
presupposti di fatto del conflitto.
    Contrariamente  a  quanto ritenuto dalla difesa della resistente,
l'atto  introduttivo  del  conflitto  riporta  sia il testo integrale
delle  dichiarazioni  rese  dal deputato Micciche' nell'intervista al
periodico  «Liberal»,  pubblicata  il 17 settembre 1998, sia l'esatto
tenore dell'imputazione per la quale e' stata disposta la citazione a
giudizio del predetto parlamentare.
    Che  l'imputazione  contestata  al deputato Micciche' non riporti
tutte  le  frasi pronunciate dal medesimo, ma soltanto alcuni stralci
delle  medesime, tratte dal piu' ampio contesto, non significa che vi
sia   stata,   nel   caso,   una   libera   rielaborazione  ad  opera
dell'autorita' giudiziaria ricorrente tale da impedire l'accertamento
del   nesso   funzionale   tra   le   frasi   pronunciate  nel  corso
dell'intervista  e  gli  eventuali atti parlamentari tipici di cui le
frasi stesse potrebbero essere la divulgazione esterna.
    3. - Nel merito, il ricorso e' fondato.
    Va  qui  ribadita  la  costante  giurisprudenza  di questa Corte,
secondo   cui,   per  l'esistenza  di  un  nesso  funzionale  tra  le
dichiarazioni  rese  extra moenia da un parlamentare e l'espletamento
delle  sue  funzioni di membro del Parlamento, e' necessario che tali
dichiarazioni    possano   essere   identificate   come   espressione
dell'esercizio  di attivita' parlamentari (cfr., tra le piu' recenti,
sentenze  n. 10  e n. 11 del 2000, n. 164, n. 176 e n. 193 del 2005).
Indipendentemente   dall'eventuale  contenuto  diffamatorio  di  tali
dichiarazioni,  il  compito di questa Corte e' limitato alla verifica
se  esse,  ancorche' rese al di fuori della sede istituzionale, siano
collegate  ad  attivita'  proprie  del  parlamentare;  costituiscano,
cioe',  espressione  della sua funzione o ne rappresentino il momento
di  divulgazione  all'esterno  (sentenza n. 508 del 2002 e n. 235 del
2005).
    Nel  caso  in esame, neppure nella delibera di insindacabilita' e
nella  proposta  della  Giunta  per  le  autorizzazioni  e' possibile
rinvenire   un  riferimento  ad  atti  tipici  del  parlamentare.  In
proposito, la proposta della Giunta, alla quale rinvia la delibera di
insindacabilita',  contiene solo un generico richiamo al collegamento
fra   le   dichiarazioni   del  deputato  Micciche'  e  il  «contesto
politico-parlamentare»,  giacche'  «le tematiche della giustizia, del
modo  in cui essa e' amministrata e del ruolo di taluni magistrati e'
oggetto  ormai da diversi anni di un vastissimo dibattito in tutto il
Paese   e   soprattutto   nelle   sedi   politico-parlamentari»,  ivi
rilevandosi   come   «l'onorevole   Micciche'   abbia  legittimamente
esercitato  il  suo  diritto di critica come parlamentare in ordine a
questioni   di  indubbio  rilievo  pubblico,  nel  quadro  di  quelle
attivita'  che possono senz'altro definirsi prodromiche o conseguenti
agli atti tipici del mandato parlamentare».
    A  tale  proposito,  non  puo'  che  ribadirsi  che  il «contesto
politico»  o comunque l'inerenza a temi di rilievo generale dibattuti
in Parlamento, entro cui tali dichiarazioni si possano collocare, non
vale  in  se' a connotarle quali espressive della funzione, ove esse,
non costituendo la sostanziale riproduzione delle specifiche opinioni
manifestate    dal    parlamentare   nell'esercizio   delle   proprie
attribuzioni, siano non gia' il riflesso del peculiare contributo che
ciascun  deputato  e  ciascun senatore apporta alla vita parlamentare
mediante  le  proprie  opinioni e i propri voti (come tale coperto, a
garanzia  delle  prerogative  delle Camere, dall'insindacabilita), ma
una   ulteriore  e  diversa  articolazione  di  siffatto  contributo,
elaborata  ed  offerta  alla  pubblica  opinione nell'esercizio della
libera  manifestazione  del  pensiero assicurata a tutti dall'art. 21
della Costituzione (sentenza n. 51 del 2002).
    La  difesa  della  Camera, a sostegno della sussistenza del nesso
funzionale,   richiama   l'interrogazione   cofirmata   dal  deputato
Micciche',   XIII   Legislatura,  n. 4/08769  del  1° aprile  1997  e
l'interrogazione  dello  stesso deputato Micciche', XIII legislatura,
n. 3/06609 del 27 novembre 2000.
    La  seconda  interrogazione  (quella  del  27 novembre  2000) non
assume  rilievo,  in quanto posta in essere dal deputato Micciche' in
data  posteriore  alle  dichiarazioni  oggetto  del presente giudizio
(cfr., da ultimo, sentenza n. 260 del 2006).
    Ma  anche il primo di tali atti, l'unico in ipotesi rilevante, in
quanto  anteriore  alle  dichiarazioni al periodico «Liberal», non e'
idoneo  a giustificare l'insindacabilita', perche' non si riscontrano
i  due  elementi  che  debbono contemporaneamente ricorrere affinche'
possa  dirsi sussistente il nesso funzionale: il legame temporale fra
l'attivita'  parlamentare  e  l'attivita' esterna, di modo che questa
assuma   una   finalita'  divulgativa  della  prima;  la  sostanziale
corrispondenza di significato tra opinioni espresse nell'esercizio di
funzioni parlamentari e atti esterni, non essendo sufficienti ne' una
mera  comunanza  di  argomenti ne' un mero contesto politico cui esse
possano  riferirsi (sentenze n. 28 e n. 176 del 2005, n. 221 e n. 258
del 2006).
    Per un verso, infatti, difetta il medesimo contesto temporale tra
atto  tipico e divulgazione extra moenia, il primo risalendo ad oltre
un anno prima.
    Per   l'altro   verso,  l'interrogazione  del  1° aprile  1997  -
riguardante  genericamente  la «grande diffusione di mafia sconfitta,
suscitata  dal  frastuono  e  dalla passerella di molti di coloro che
operano  o si aggirano nell'antimafia» e la «Babele delle rivelazioni
dei  pentiti»,  senza  alcun  apprezzamento critico nei confronti del
dott.  Giancarlo  Caselli,  Procuratore  della  Repubblica  presso il
Tribunale  di  Palermo  -  ha  un  oggetto sostanzialmente diverso da
quello  di  cui  alle  dichiarazioni  apparse su «Liberal», in cui si
imputa  proprio al dott. Caselli, nella sua qualita', di essere stato
«mandato  in  Sicilia  per  dare una spallata decisiva alla D.C.», di
avere  fatto  «solo  politica», con processi ai politici che «servono
solo  a  scrivere  le  verita' pagate dei pentiti», perdendo «tempo e
denaro» e cosi' senza lottare contro la vera mafia.
    Si  deve,  pertanto,  concludere  che  le  espressioni  usate dal
deputato  Micciche', per le quali e' stato instaurato il procedimento
penale all'origine del presente conflitto, non trovano corrispondenza
in alcun atto o intervento parlamentare dello stesso deputato.
    La difesa della Camera, invero, sia nella memoria di costituzione
che  in  quella depositata in prossimita' dell'udienza, ha richiamato
numerosi  atti  tipici  (interrogazioni  ed  interpellanze)  di altri
parlamentari,  molti  dei  quali  appartenenti al medesimo gruppo del
deputato  Micciche',  a  dimostrazione  di  quanto  fosse  diffusa la
critica  parlamentare  nei  confronti  della  Procura  di  Palermo  e
specificamente  del suo capo, dott. Caselli, accusato di aver abusato
dei  suoi poteri per finalita' puramente politiche. E sostiene che il
deputato  potrebbe  giovarsi,  ai fini della non sindacabilita' delle
sue  dichiarazioni,  dell'attivita'  parlamentare posta in essere sul
medesimo  tema da altri membri delle Camere, tanto piu' in un caso di
appartenenza al medesimo gruppo parlamentare.
    Tale tesi non puo' essere condivisa.
    Questa   Corte  ha  gia'  chiarito  che  la  verifica  del  nesso
funzionale   tra   dichiarazioni   rese  extra  moenia  ed  attivita'
tipicamente  parlamentari,  nonche'  il  controllo  sulla sostanziale
corrispondenza  tra  le  prime e le seconde, devono essere effettuati
con  riferimento  alla  stessa  persona, mentre «sono irrilevanti gli
atti  di  altri  parlamentari»  (sentenze n. 260 del 2006, n. 146 del
2005 e n. 347 del 2004).
    La  circostanza  che  gli  altri  parlamentari,  ai  cui  atti si
collegherebbero   le   dichiarazioni  oggetto  del  giudizio  penale,
appartengono  allo  stesso  gruppo  del  deputato Micciche', non puo'
influire  sull'estensione della garanzia a soggetti diversi da quello
cui si riferisce la delibera di insindacabilita'.
    E'  vero  che  le  guarentigie previste dall'art. 68 sono poste a
tutela  delle  istituzioni  parlamentari  nel loro complesso e non si
risolvono  in  privilegi  personali  dei  deputati e dei senatori. Da
questa   esatta   rilevazione   non  si  puo'  trarre,  tuttavia,  la
conseguenza  che,  come  afferma la difesa della Camera dei deputati,
esista  una tale fungibilita' tra i parlamentari iscritti allo stesso
gruppo da produrre effetti giuridici sostanziali nel campo della loro
responsabilita'  civile e penale per le opinioni espresse al di fuori
delle  Camere: «l'art. 68, primo comma, Cost. non configura una sorta
di   insindacabilita'  di  gruppo,  per  cui  un  atto  o  intervento
parlamentare  di  un  appartenente  ad un gruppo fornirebbe copertura
costituzionale  per  tutti  gli  altri  iscritti  al gruppo medesimo»
(sentenza n. 249 del 2006).
    4.  -  Deve  quindi  concludersi  che la Camera dei deputati, nel
deliberare  l'insindacabilita'  delle dichiarazioni di cui si tratta,
ha  violato  l'art. 68,  primo comma, della Costituzione e ha leso in
tal modo le attribuzioni dell'autorita' giudiziaria ricorrente.
    La  deliberazione  di  insindacabilita'  deve  essere,  pertanto,
annullata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che non spettava alla Camera dei deputati affermare che
le  dichiarazioni rese dal deputato Gianfranco Micciche', oggetto del
procedimento  penale  pendente  davanti  al  Tribunale  di  Roma, VII
sezione  penale,  costituiscono  opinioni  espresse  da un membro del
Parlamento  nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione;
    Annulla, di conseguenza, la delibera di insindacabilita' adottata
dalla   Camera  dei  deputati  nella  seduta  del  19 settembre  2001
(documento IV-quater, n. 1).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 2006.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Maddalena
                      Il cancelliere:Fruscella
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 2006.
                      Il cancelliere:Fruscella
06C0712