N. 318 ORDINANZA 18 - 27 luglio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giudizio   di   legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale  -
  Intervento di soggetto parte in un giudizio diverso da quello a quo
  - Inammissibilita'.
Elezioni  -  Legge  della  Regione  Siciliana - Elezione dei Consigli
  delle  Province  regionali  - Ripartizione dei seggi - Attribuzione
  dei  seggi  residui  -  Criteri  - Denunciata lesione del canone di
  coerenza e ragionevolezza e del principio di eguaglianza per quanto
  concerne  l'accesso  ai  pubblici  uffici e alle cariche elettive -
  Esclusione  -  Soluzione  prescelta  dal  legislatore regionale ne'
  irragionevole ne' contrastante col principio di eguaglianza ai fini
  dell'accesso  alle  cariche elettive - Manifesta infondatezza della
  questione.
- Legge  Regione  Siciliana 9  maggio  1969,  n. 14,  art. 18,  n. 3,
  comma secondo,   periodi   quarto   e   quinto,   come   modificato
  dall'art. 14, legge Regione Siciliana 1° settembre 1993, n. 26.
- Costituzione, artt. 3 e 51, primo comma.
(GU n.31 del 2-8-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 18,  comma
secondo,  n. 3,  quarto  e  quinto periodo, della legge della Regione
Siciliana 9 maggio  1969, n. 14 (Elezione dei Consigli delle Province
regionali),  come  sostituito  dall'art. 14 della legge della Regione
Siciliana  del  1° settembre  1993, n. 26 (Nuove norme per l'elezione
con  suffragio  popolare  del  presidente  della provincia regionale.
Norme  per  l'elezione  dei consigli delle province regionali, per la
composizione  ed  il funzionamento degli organi di amministrazione di
detti  enti.  Norme modificative ed integrative al T.U. approvato con
D.Lgs.P.Reg.  20 agosto 1960, n. 3, ed alla legge regionale 26 agosto
1992,   n. 7),  promosso  con  ordinanza  del  29 dicembre  2004  dal
Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di
Catania,  sul  ricorso  proposto  da Giuseppe Rao contro la Provincia
regionale  di  Messina  ed  altri,  iscritta  al  n. 275 del registro
ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 21, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti  gli  atti  di  costituzione di Calanna Francesco Concetto,
nonche'  gli  atti di intervento di Lucchese Giuseppe e della Regione
siciliana;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  20  giugno 2006  il  giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Udito  l'avvocato  dello  Stato  Maurizio Fiorilli per la Regione
Siciliana.
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un giudizio elettorale promosso da
Giuseppe  Rao  davanti  al  Tribunale  amministrativo regionale della
Sicilia,  sezione  staccata  di  Catania, per ottenere l'annullamento
delle  operazioni  elettorali  per  il  rinnovo  del  Consiglio della
Provincia  regionale  di  Messina, svoltesi nei giorni 25 e 26 maggio
2003,  l'adito  Tribunale,  con  ordinanza  del  29 dicembre 2004, ha
sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento
agli  articoli 3 e 51, comma primo, della Costituzione, dell'art. 18,
n. 3,  comma  secondo,  periodi  quarto  e  quinto, della legge della
Regione  Siciliana 9 maggio  1969, n. 14 (Elezione dei Consigli delle
Province   regionali),   e   successive   modificazioni,   introdotte
dall'articolo 14,  secondo  comma, della legge regionale 1° settembre
1993,  n. 26  (Nuove  norme per l'elezione con suffragio popolare del
presidente  della  provincia  regionale.  Norme  per  l'elezione  dei
consigli   delle  province  regionali,  per  la  composizione  ed  il
funzionamento  degli  organi  di amministrazione di detti enti. Norme
modificative  ed  integrative  al  T.U.  approvato  con  D.Lgs.P.Reg.
20 agosto  1960, n. 3, ed alla legge regionale 26 agosto 1992, n. 7),
limitatamente  alle  parole  «a  partire dal collegio con popolazione
legale  meno  numerosa» e «quindi si passa all'attribuzione dei seggi
residui  a  quei  collegi  che  seguono  il  primo  secondo  l'ordine
crescente  di popolazione fino all'esaurimento dei seggi attribuiti a
ciascuna lista provinciale»;
        che  il  giudice  rimettente  riferisce,  in  fatto,  che  il
ricorrente  ha  partecipato  alla competizione elettorale, per cui e'
insorta  controversia,  quale  candidato della lista «La Margherita -
Democrazia  e'  Liberta»  nel  collegio n. 2 (Messina Nord); che tale
lista  -  alla  quale  sono  stati  attribuiti,  in sede provinciale,
quattro  seggi  -  ha  conseguito  nel predetto collegio il quoziente
elettorale   di   0,99568129,   con  il  quale  ha  partecipato  alla
distribuzione  dei  seggi  residui; che la lista medesima, pur avendo
raggiunto nel collegio n. 2 il piu' alto quoziente tra tutte le liste
in  tutti  i  collegi, non ha conquistato alcun seggio nel menzionato
collegio, avendo ottenuto i quattro seggi in altri collegi, nei quali
ha  riportato  quozienti  di gran lunga inferiori, e cio' per effetto
del  criterio  introdotto  dall'art. 14,  secondo  comma, della legge
regionale  n. 26  del 1993; che, avendo il ricorrente dedotto, in via
principale,  l'erroneita'  del  conteggio  dei  voti  e,  quindi, del
calcolo del quoziente elettorale, e' stata disposta una verificazione
tesa  ad  appurare  l'esatto  numero  dei  voti riportati dalle liste
partecipanti   alla   competizione   elettorale  nel  collegio  n. 2,
all'esito della quale e' emerso, pur essendosi riscontrati numerosi e
gravi  errori  in  sede  di scrutinio dei voti, che la correzione dei
risultati  elettorali  non  avrebbe  portato  ad  un  incremento  del
quoziente   elettorale;   che  il  ricorrente  ha  eccepito,  in  via
subordinata,   la   incostituzionalita'   dell'art. 18,  n. 3,  comma
secondo,  della  legge  regionale  n. 14  del  1969,  come modificata
dall'articolo 14,  comma  secondo,  della  legge  regionale n. 26 del
1993,  e,  conseguentemente,  l'illegittimita' della ripartizione dei
seggi,  per  non  essere  stato  assegnato  un  seggio alla lista «La
Margherita»  nel collegio n. 2, che sarebbe a lui spettato, in virtu'
dei voti di preferenza ottenuti;
        che,  quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo
osserva   che   solo   attraverso  una  pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale  della norma censurata il ricorrente potrebbe ottenere
l'elezione a consigliere provinciale;
        che,  quanto  alla  non  manifesta  infondatezza, il medesimo
giudice  osserva  che la norma in questione - la quale, in parte qua,
stabilisce:  «Gli  eventuali  seggi  residui  verranno  attribuiti  a
partire  dal  collegio con popolazione legale meno numerosa, seguendo
la    graduatoria    decrescente   delle   parti   centesimali   fino
all'attribuzione  di  tutti  i seggi spettanti al collegio. Quindi si
passa  alla attribuzione degli altri seggi residui a quei collegi che
seguono  il  primo  secondo  l'ordine  crescente di popolazione, fino
all'esaurimento  dei  seggi  attribuiti  a  ciascuna  lista  in  sede
provinciale»  -  favorisce  i  candidati delle circoscrizioni minori,
mentre  il resto della disciplina pare salvaguardare gli interessi di
tutti i candidati;
        che  l'art. 18  della legge regionale n. 14 del 1969 prevede,
infatti,  formule  matematiche  intese  a  «omogeneizzare in un'unica
graduatoria i valori (relativi) espressi da ciascuna lista in ciascun
collegio,  attesi  i diversi parametri da comparare per ogni collegio
(numero  dei votanti, numero dei voti validi, numero dei candidati)»,
disponendo  (al n. 3, comma secondo, periodi primo e secondo) che per
calcolare  il  quoziente  di  ciascuna  lista  deve cosi' procedersi:
«[...]  si  moltiplica per cento il numero dei voti riportati in sede
collegiale  da  ciascuna  lista alla quale, in sede provinciale, sono
stati  assegnati  uno  o  piu'  seggi e il risultato si divide per il
totale   dei   voti   conseguiti   nell'ambito  della  circoscrizione
collegiale  dalle  liste  ammesse  al  riparto  dei  seggi. Quindi si
moltiplica  tale  risultato  per  il  numero  dei  seggi assegnato al
collegio diviso cento»;
        che  in  tal modo si perviene - afferma ancora il Tribunale -
«ad  una graduatoria rapportata alla medesima base percentuale (100),
con  la determinazione di un quoziente che rappresenta, per un verso,
il  valore  proporzionale  dell'apporto arrecato dai candidati di una
lista in ambito collegiale per il conseguimento dei seggi conquistati
dalla  medesima  lista su base provinciale, per altro verso il valore
elettorale  di ciascuna lista in ciascun collegio «relativizzato» con
l'analogo «valore» collegiale delle altre liste»;
        che  il  «correttivo»,  per  il quale i seggi residui vengono
attribuiti partendo dai collegi con popolazione legale meno numerosa,
toglierebbe  ogni  significato alla omogeneizzazione dei risultati di
ciascuna   lista   in  ciascun  collegio,  penalizzando  il  migliore
risultato  elettorale e premiando, invece, un risultato deteriore, di
tal  che' viene ad essere irragionevolmente depotenziato il principio
di   maggiore  rappresentativita'  (relativa),  che  deve  presiedere
all'assegnazione dei seggi;
        che   il   giudice  rimettente  non  ignora  che  su  analoga
questione,  sollevata  dallo  stesso  Tribunale in altro giudizio, la
Corte  costituzionale  si  e' gia' pronunciata con l'ordinanza n. 361
del  2004,  dichiarando la manifesta inammissibilita' della questione
stessa;
        che,  tuttavia,  il  Tribunale ritiene di dover riproporre la
questione  sulla  base  di  «una  piu'  approfondita prospettazione»,
sottolineando  che  ben  possono essere contemperate «le fondamentali
esigenze  di rispettare il valore proporzionale e di salvaguardare la
rappresentanza   territoriale»,  in  quanto  «l'elemento  da  cui  va
iniziato  nell'assegnazione  dei  seggi  e'  costituito  dal  miglior
quoziente,  in  relazione,  ovviamente, ad un duplice riferimento: un
collegio ed una lista»; sicche' «se vi e' disponibilita' di seggi nel
collegio  relativo a tale miglior quoziente, il seggio non potra' non
essere   assegnato  alla  lista  che  vanta  tale  quoziente»,  e  si
procedera',  poi,  «all'assegnazione  dei  seggi  alle liste cui sono
attribuiti quozienti immediatamente seguenti, via via decrescenti»;
        che,  al  contrario, la norma censurata introduce un criterio
che  provoca  effetti  distorsivi, e percio' essa viola - conclude il
rimettente  -  sia il principio di uguaglianza, inteso come canone di
coerenza  e  ragionevolezza imposto dall'art. 3 Cost. al legislatore,
sia  il precetto dell'art. 51, primo comma, Cost., il quale ribadisce
il principio di uguaglianza per quanto concerne l'accesso ai pubblici
uffici e alle cariche elettive;
        che   si   e'   ritualmente   costituito   nel   giudizio  di
costituzionalita'  Francesco  Concetto Calanna, controinteressato nel
giudizio  a quo, il quale ha chiesto che la questione di legittimita'
costituzionale  sia  dichiarata  inammissibile, in quanto, cosi' come
formulata  dal giudice rimettente, essa lascerebbe residuare, in caso
di accoglimento, una normativa non autosufficiente, che richiederebbe
un  successivo  intervento  del  legislatore  in  una  materia (quale
appunto  quella  elettorale)  in  cui l'esistenza di una normativa e'
costituzionalmente necessaria;
        che  le  operazioni  di  assegnazione dei seggi residui - per
soddisfare   sia  l'esigenza  della  rappresentativita'  territoriale
dell'eligendo     Consiglio     provinciale    sia    quella    della
rappresentativita'   politica  dei  risultati  elettorali  -  debbono
necessariamente avere inizio da un collegio determinato, che la legge
impugnata individua in quello con popolazione legale meno numerosa;
        che  l'eliminazione  di  siffatto  criterio non consentirebbe
l'applicazione  della  normativa residua, ben potendo accadere che in
uno  stesso  collegio si concentrino i migliori risultati percentuali
di  un  numero  di  liste  superiore  ai seggi assegnati in base alla
popolazione residente, con la conseguenza che, in caso di saturazione
del  collegio,  si  dovrebbe  assegnare  il seggio nel primo collegio
ancora  capiente, e quindi nel collegio dove la lista non ha ottenuto
il piu' elevato quoziente;
        che,  peraltro,  la  questione  e'  inammissibile sotto altro
profilo,  postulando  essa  il  sindacato  di  una scelta di politica
legislativa  rimessa  alla  discrezionalita'  del  legislatore,  come
dimostra  la circostanza che, anteriormente alle modifiche introdotte
dall'art. 14 della legge regionale n. 26 del 1993, la legge regionale
n. 14   del  1969  prescriveva  che  si  partisse  dal  collegio  con
popolazione piu' numerosa;
        che   la  questione,  in  subordine,  sarebbe  manifestamente
infondata,  in  primo  luogo,  perche'  sono omogenei tra loro solo i
quozienti riportati in ciascun collegio (e, quindi, delle varie liste
che in esso competono), non anche quelli degli altri collegi;
        che,  infatti,  il  quoziente  ottenuto  in  un collegio piu'
popoloso  e' solo apparentemente superiore, in quanto esso si ottiene
moltiplicando  la  percentuale  dei  voti  riportati  dalla lista nel
collegio per il numero dei seggi assegnati al medesimo collegio;
        che   la   ragionevolezza   della   soluzione  prescelta  dal
legislatore  regionale  e' dimostrata anche dalla circostanza che per
l'elezione  della  Camera  dei deputati l'art. 83, comma primo, n. 4,
del  d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle
leggi  recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), come
modificato dall'art. 5 della legge 4 agosto 1993, n. 277 (Nuove norme
per l'elezione della Camera dei deputati), prevede un sistema analogo
di  attribuzione  dei seggi «a partire dalla circoscrizione di minore
dimensione demografica»;
        che  e'  intervenuto  il  Presidente della Regione Siciliana,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello Stato, per
chiedere  che  la questione sia dichiarata inammissibile per mancanza
del requisito della incidentalita';
        che,  comunque,  la  questione e' manifestamente infondata in
quanto    la   norma   impugnata   tende   ad   assicurare   maggiore
rappresentativita'  ai  piccoli  partiti che ottengono risultati piu'
consistenti  (in  termini  numerici)  nei  collegi  piu' popolosi, in
quanto i partiti maggiori conseguono i seggi residui nei collegi meno
popolosi dai quali, secondo la legge, inizia l'assegnazione dei seggi
residui;
        che,  pertanto,  il  sistema elettorale delineato dalla legge
regionale,  pur  se  diverso  da  quello previsto dalla legge statale
25 marzo  1993,  n. 81  (Elezione diretta del sindaco, del presidente
della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale),
porta  a  risultati  non  sostanzialmente  difformi, sicche' non puo'
ritenersi che il legislatore regionale, nell'esercizio della potesta'
legislativa primaria in materia elettorale - giusta gli artt. 14 e 15
dello  statuto  della  Regione Siciliana (approvato con regio decreto
legislativo   15 maggio   1946,   n. 455,   convertito   nella  legge
costituzionale   26 febbraio   1948,  n. 2)  -  abbia  dettato  norme
irrazionali  in  violazione dell'art. 51 Cost. (Corte costituzionale,
sentenza n. 108 del 1969);
        che  e'  intervenuto,  altresi', Giuseppe Lucchese, candidato
non  eletto  al  Consiglio  della  Provincia regionale di Messina, il
quale  aveva  proposto  analogo  ricorso  al Tribunale amministrativo
regionale   della   Sicilia,   fondato   sull'identica  questione  di
legittimita'  costituzionale,  gia'  dichiarata  inammissibile  dalla
Corte costituzionale con l'ordinanza n. 361 del 2004.
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Sicilia,  sezione  staccata  di  Catania, dubita, in riferimento agli
artt. 3  e  51,  comma  primo, della Costituzione, della legittimita'
costituzionale  dell'art. 18,  n. 3,  comma secondo, periodi quarto e
quinto,  della  legge  della  Regione  Siciliana 9 maggio 1969, n. 14
(Elezione  dei  Consigli  delle  Province  regionali),  e  successive
modificazioni,  introdotte  dall'articolo 14,  comma  secondo,  della
legge  regionale 1° settembre 1993, n. 26 (Nuove norme per l'elezione
con  suffragio  popolare  del  presidente  della provincia regionale.
Norme  per  l'elezione  dei consigli delle province regionali, per la
composizione  ed  il funzionamento degli organi di amministrazione di
detti  enti.  Norme modificative ed integrative al T.U. approvato con
D.Lgs.P.Reg.  20 agosto 1960, n. 3, ed alla legge regionale 26 agosto
1992,  n. 7),  nella  parte  in cui «dispone l'assegnazione dei seggi
residuati  non  secondo  la  graduatoria  delle liste in funzione del
miglior  quoziente  ed  in ragione della disponibilita' dei seggi per
collegio,  ma  partendo  dai  collegi  «con  popolazione  legale meno
numerosa»  e  passando  via  via  agli  altri  in ordine crescente di
popolazione»;
        che,  preliminarmente,  deve  dichiararsi  l'inammissibilita'
dell'intervento  del  sig.  Giuseppe  Lucchese  in  quanto  parte  in
giudizio  diverso  da  quello  a  quo,  e pertanto non legittimato ad
intervenire secondo la costante giurisprudenza di questa Corte;
        che   la  questione  deve  essere  dichiarata  manifestamente
infondata,  non  essendo condivisibile quanto, in punto di merito, il
giudice  a  quo  sostiene al fine di superare le ragioni in base alle
quali  questa  Corte  si  e'  pronunciata, dichiarandone la manifesta
inammissibilita', su analoga questione con ordinanza n. 361 del 2004;
        che  non puo' concordarsi con la tesi prospettata dal giudice
rimettente  -  secondo  la  quale  l'assegnazione  dei  seggi residui
dovrebbe avvenire attribuendoli, per ciascuna lista, ai candidati che
hanno  conseguito  il  maggior  quoziente «se vi e' disponibilita' di
seggi nel collegio relativo a tale miglior quoziente» - assumendo che
essa sarebbe costituzionalmente necessitata, in quanto solo questa, e
non  anche quella accolta dal legislatore regionale, sarebbe idonea a
contemperare  «le  fondamentali  esigenze  di  rispettare  il  valore
proporzionale e di salvaguardare la rappresentanza territoriale»;
        che   ne'  l'una  ne'  l'altra  esigenza  sono,  in  realta',
soddisfatte  in  misura  maggiore  di  quanto faccia la vigente legge
regionale,  in primo luogo perche' il quoziente ottenuto da una lista
in  un  collegio e' comparabile con quelli ottenuti dalle altre liste
nel medesimo collegio, e non anche con quelli ottenuti dalla medesima
lista  in  altri collegi, ed in secondo luogo perche', ove non vi sia
capienza  di  seggi  in un collegio, in quanto attribuiti a liste con
quozienti piu' elevati, il candidato della lista pretermessa verrebbe
pur  sempre  escluso,  anche  se  il  quoziente da lui ottenuto fosse
maggiore  di quello del candidato della medesima lista che, tuttavia,
concorra in un collegio nel quale vi sia capienza di seggi;
        che,   conclusivamente,   l'esigenza   di  «salvaguardare  la
rappresentanza  territoriale»  nell'attribuzione  dei  seggi  residui
rende  inevitabile  la  possibilita'  che tale attribuzione avvenga a
vantaggio di un candidato che abbia conseguito un quoziente minore di
altro candidato della medesima lista concorrente in altro collegio;
        che  la  soluzione prescelta dal legislatore regionale con la
norma  impugnata non puo', conseguentemente, ritenersi irragionevole,
cosi'  come  deve escludersi - in ragione di quanto si e' detto circa
la  non  comparabilita'  dei  quozienti ottenuti in diversi collegi -
che,  essa  violi  il principio di uguaglianza, sancito dall'art. 51,
comma primo, Cost., per l'accesso alle cariche elettive.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 18,  n. 3,  comma  secondo,
periodi quarto e quinto, della legge della Regione Siciliana 9 maggio
1969,   n. 14  (Elezione  dei  Consigli  delle  Province  regionali),
sollevate,  in  riferimento  agli articoli 3 e 51, comma primo, della
Costituzione,  dal  Tribunale amministrativo regionale della Sicilia,
sezione staccata di Catania, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 2006.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Vaccarella
                      Il cancelliere:Fruscella
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 2006.
                      Il cancelliere:Fruscella
06C0713