N. 333 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 aprile 2006

Ordinanza  emessa  il  5 aprile 2006 dalla Corte di appello di Torino
nel procedimento penale a carico di Chaib el Ayne Youssef

Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il
  pubblico  ministero  di  proporre  appello  contro  le  sentenze di
  proscioglimento   -   Preclusione,   salvo  nelle  ipotesi  di  cui
  all'art. 603,  comma 2  -  Inammissibilita'  dell'appello  proposto
  prima  dell'entrata  in  vigore  della  novella  - Contrasto con il
  principio  di  ragionevolezza  -  Disparita'  di trattamento tra le
  parti  -  Violazione  del  principio di obbligatorieta' dell'azione
  penale.
- Codice  di  procedura  penale,  art. 593,  comma 2, come sostituito
  dall'art. 1  della legge 20 febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio
  2006, n. 46, art. 10, comma 2.
- Costituzione, artt. 3 e 112.
(GU n.39 del 27-9-2006 )
                         LA CORTE DI APPELLO

    Pronuncia la seguente ordinanza.
    Vista  l'eccezione  di  legittimita' costituzionale sollevata dal
p.g.  d'udienza dell'art. 593 c.p.p. cosi' come novellato dalla legge
20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui limita l'appello del p.m.
contro  le  sentenze  di proscioglimento alle ipotesi di cui all'art.
603,  comma 2 c.p.p., nonche' dell'art. 10, comma 2 stessa legge, per
contrasto con gli artt. 3, 111, 112 della Costituzione;
    la  Corte osserva: il testo dell'art. 593 c.p.p. cosi' come sopra
novellato  appare  in  contrasto  innanzitutto  con  il  principio di
parita'  della  parti  (art. 111  Cost.)  per effetto dell'introdotta
preclusione  all'appello  del  p.m.,  il p.m. stesso viene ridotto al
ruolo  di  mero  promotore dell'azione penale con potere estremamente
limitato  di  incidere  sulla  vicenda processuale penale quando essa
volga  alla  negazione  dell'accusa,  mentre  nell'architettura della
delega  per  l'emanazione  del  nuovo  c.p.p.  il  ruolo  del p.m. e'
identificato non come «accusatore», ma come organo di giustizia (cfr.
Direttiva 37, sentenza n. 88/2001 della Corte costituzionale).
    La   «finalita'   di  giustizia»  risulterebbe  irrimediabilmente
frustrata  se la presenza obbligatoria del p.m., stabilita' ex lege a
pena di nullita', si riducesse a vana perorazione, potendo il giudice
disattendere  le tesi di accusa senza esporsi a censure se non quelle
estremamente  limitate,  della  sopravvenienza  di  nuove  prove, e a
quelle  del  ricorso  per  cassazione  (mentre nessun limite incontra
l'appello dell'imputato quando la sentenza sia a lui favorevole).
    Appare altresi' palesemente irrazionale (art. 3 Cost.) un sistema
che  riconosce  al  p.m. il potere di appellare contro le sentenze di
condanna  se  ritenute  troppo  miti rispetto alla gravita' del fatto
contestato,  negandogli  al  contrario  il potere di proporre appello
contro  le pronunce assolutorie, persino se, eventualmente, del tutto
ingiustificate   alla   luce  delle  prove  gia'  acquisite  e  delle
circostanze  in  fatto  ed  in  diritto  gia'  emerse  dagli atti del
giudizio.
    Ulteriore  profilo  di  incostituzionalita'  del  testo novellato
dell'art.  593  c.p.p.  discende  dal  principio  di  obbligatorieta'
dell'azione  penale  (art. 112  Cost.),  trattandosi  di  precetto da
riferire  proprio  al p.m. come all'organo a cui gli artt. 73-74 ord.
giud.  conferiscono  le  attribuzioni  di  repressione dei reati e di
tutela della collettivita' dalle aggressioni della criminalita'.
    L'appello  contro  le  sentenze  di  assoluzione dell'imputato, a
torto  o a ragione ritenuto penalmente responsabile dal p.m., si pone
e  si  estrinseca  come  inequivoca espressione del potere-dovere del
p.m.  di  appellare  in vista delle attribuzioni ordinamentali di cui
sopra (cfr. sentenza n. 280/1995 Corte cost.).
    La  rilevanza della questione proposta e' altresi' incontestabile
perche'    dal    suo   accoglimento   deriverebbe   l'ammissibilita'
dell'appello  qui  proposto  dal  p.m. che il nuovo testo legislativo
esclude.
                              P. Q. M.
    Ritenuta   la   non   manifesta   infondatezza   e  la  rilevanza
dell'eccezione  di  illegittimita'  costituzionale sollevata dal p.g.
d'udienza;
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone la sospensione del procedimento in corso;
    Manda  alla  cancelleria di notificare la presente ordinanza alle
parti  ed  al  p.g.,  al  Presidente del Consiglio dei ministri ed ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Torino,  nella  Camera  di  consiglio della IV
sezione penale della Corte di appello, il 5 aprile 2005.
                      Il Presidente: Strazzuso
Il consigliere estensore: Poppa
06C0783