N. 336 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 maggio 2006

Ordinanza  emessa  il  18  maggio  2006  dal  Consiglio  di giustizia
amministrativa  per  la  Regione  Siciliana  sul ricorso proposto dal
Comune di Palermo contro Maggioli S.p.A. ed altri

Giustizia  amministrativa  -  Controversie relative alla legittimita'
  delle  ordinanze  e  dei conseguenziali provvedimenti commissariali
  adottati  in  tutte  le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
  dell'art. 5,  comma 1,  della  legge  24 febbraio  1992,  n. 225  -
  Competenza,  in  via  esclusiva,  in  primo  grado,  attribuita  al
  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma -
  Irragionevole  deroga  al  principio della competenza del Tribunale
  amministrativo  regionale  della Regione in cui il provvedimento e'
  destinato  ad  avere incidenza - Violazione del diritto di difesa -
  Lesione  del  principio  del  giudice  naturale  -  Violazione  del
  principio   del   decentramento  territoriale  della  giurisdizione
  amministrativa   -   Violazione   del   principio   statutario   di
  attribuzione  della  competenza al C.G.A. sugli «affari concernenti
  la Regione».
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione,   artt. 3,  24,  25  e  125;  Statuto  della  Regione
  Siciliana, art. 23.
In via  subordinata: Giustizia amministrativa - Controversie relative
  alla    legittimita'   delle   ordinanze   e   dei   conseguenziali
  provvedimenti  commissariali  adottati  in  tutte  le situazioni di
  emergenza  dichiarate  ai  sensi  dell'art. 5, comma 1, della legge
  24 febbraio  1992,  n. 225 - Competenza, in via esclusiva, in primo
  grado,  attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio,
  sede   di   Roma   -   Questione   di  legittimita'  costituzionale
  limitatamente   all'inciso   «e  dei  conseguenziali  provvedimenti
  commissariali» - Irragionevole deroga al principio della competenza
  del  Tribunale  amministrativo  regionale  della  regione in cui il
  provvedimento  e'  destinato  ad  avere  incidenza - Violazione del
  diritto  di  difesa  - Lesione del principio del giudice naturale -
  Violazione   del  principio  di  decentramento  territoriale  della
  giurisdizione  amministrativa - Violazione del principio statutario
  di   attribuzione   della   competenza   al  C.G.A.  sugli  «affari
  concernenti la Regione».
- Decreto-legge   30 novembre   2005,  n. 245,  art. 2,  comma 2-bis,
  limitatamente   all'inciso   «e  dei  conseguenziali  provvedimenti
  commissariali».
- Costituzione,  artt. 3,  24 e 125; Statuto della Regione Siciliana,
  art. 23.
In via   ulteriormente   subordinata:   Giustizia   amministrativa  -
  Controversie  relative  alla  legittimita'  delle  ordinanze  e dei
  conseguenziali  provvedimenti  commissariali  adottati  in tutte le
  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1,
  della   legge   24 febbraio  1992,  n. 225  -  Competenza,  in  via
  esclusiva,  in  primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma - Applicabilita' delle norme
  anche  ai  processi  in corso - Prevista efficacia temporanea delle
  misure  cautelari  adottate  da  Tribunale amministrativo regionale
  diverso  da  quello  del  Lazio  con  sede  in Roma, fino alla loro
  modificazione  e  revoca  da parte di quest'ultimo - Violazione del
  diritto di difesa e del principio del giudice naturale.
- Decreto  legge  30 novembre  2005,  n. 245, art. 3, comma 2-quater,
  introdotto dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione, artt. 24 e 25.
(GU n.39 del 27-9-2006 )
  IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso in appello
n. 235/2006,  proposto  dal Comune di Palermo, in persona del sindaco
pro  tempore,  rappresentato  e  difeso dall'avv. Carmelo Lauria, con
domicilio  eletto  presso  gli  uffici  della Avvocatura comunale, in
Palermo, piazza Marina n. 39;
    Contro  la  Maggioli S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli avv. Pier Paolo Poggi,
Salvatore  Raimondi  e  Giovanni  Immordino,  con domicilio eletto in
Palermo,  presso  lo  studio di quest'ultimo in Palermo, via Liberta'
n. 171;  e nei confronti di Presidenza del Consiglio dei ministri, in
persona  del  Presidente  pro  tempore  e  Sindaco  di Palermo, nella
qualita'  di  Commissario  delegato  dal Presidente del Consiglio dei
ministri,  giusta  ordinanza  n. 3255/2002,  rappresentati  e  difesi
dall'Avvocatura  distrettuale  dello Stato di Palermo, domiciliata ex
lege,  in Palermo, via A. De Gasperi n. 81; Poste italiane S.p.A., in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dagli  avv.  Filippo Lubrano e Gaetano Granozzi, con domicilio eletto
presso  l'avv.  Giuseppe  Bono, Direzione affari legali di Palermo di
Poste  italiane  S.p.A.,  sita  in Palermo, via Epicarmo n. 3; per la
riforma  della ordinanza cautelare n. 263, in data 1° marzo 2006, del
Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, III;
    Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio della Maggioli S.p.A.,
della  Presidenza  del Consiglio dei ministri, del Sindaco di Palermo
nella  qualita'  di Commissario delegato dal Presidente del Consiglio
dei ministri e delle Poste italiane S.p.A.;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore  il consigliere Pier Giorgio Trovato; uditi, alla Camera
di  consiglio  del  15  marzo 2006, l'avv. C. Lauria per il Comune di
Palermo,  l'avv.  S.  Raimondi  per  la Maggioli S.p.A., l'avv. dello
Stato  Pignatone  per  la  Presidenza del Consiglio dei ministri e il
Sindaco  del Comune di Palermo n.q., nonche' l'avv. F. Lubrano per la
Poste italiane S.p.A;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

                                Fatto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  richiamato
l'art. 5  della  legge  24 febbraio 1992, n. 225: con decreto in data
18 ottobre  2002  (pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 251 del
25 ottobre   2002)  dichiarava  fino  al  31 dicembre  2003  (tramite
successivamente   prorogato   piu'  volte),  lo  stato  di  emergenza
ambientale  determinatosi  nella  citta'  di  Palermo nel settore del
traffico   e   della   mobilita';  con  ordinanza  n. 3255,  in  data
29 novembre 2002 (in Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 2002, n. 288), poi
modificata  con  ordinanza n. 3342, in data 5 marzo 2004 (in Gazzetta
Ufficiale  n. 63  del 16 marzo 2004; cfr. art. 3) nominava il Sindaco
di   Palermo   quale  Commissario  delegato  per  l'attuazione  degli
interventi volti a fronteggiare l'emergenza.
    2.  -  In  tale  sede  il Sindaco di Palermo adottava l'ordinanza
n. 07/CT  in  data  22 novembre  2005,  con  la quale dava mandato al
Comandante  del  Corpo  di Polizia municipale di sottoscrivere con le
Poste  italiane  S.p.A.,  prescelta  senza  ricorso  a  procedure  di
evidenza  pubblica,  un accordo avente ad oggetto il «S.I.N. Servizio
integrato di notifica» delle contravvenzioni al codice della strada e
degli  atti amministrativi, con impegno di spesa complessiva presunta
di euro 16.240.000, sino al 31 dicembre 2007.
    Con  ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia,
Palermo, rubricato al n. 234/2006, notificato al Comune di Palermo in
data  26 gennaio  2006  e  depositato  in  data  2 febbraio  2006, la
Maggioli  S.p.A. impugnava l'ordinanza n. 07/CT, del 22 novembre 2005
e gli atti comunque collegati.
    La  societa',  dopo  avere  illustrato  il suo interesse ad agire
quale impresa operante nel settore, deduceva:
        1) violazione  del  principio  comunitario  e  interno  della
concorrenza   in   relazione  ai  canoni  di  efficienza,  efficacia,
economicita'  e  trasparenza  della  p.a.; violazione dell'art. 7 del
d.lgs.  n. 157/1995; violazione dell'art. 113 del d.lgs. n. 267/2000;
violazione   dell'art.   9   del  d.lgs.  n. 358/1992,  e  successive
modificazioni;   violazione  dell'art. 41  Costituzione;  eccesso  di
potere  per  difetto assoluto di motivazione, violazione dei principi
di  imparzialita' e par condicio, disparita' di trattamento e difetto
dei  presupposti;  violazione  dei  principi  di  buon  andamento, di
legalita'  e  di  imparzialita'  della azione amministrativa ai sensi
dell'art. 12  della  legge  n. 241/1990,  nonche'  del  principio  di
trasparenza   dell'azione   stessa;  irragionevolezza  e  illogicita'
manifesta;  eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicita'
e  incoerenza, violazione dell'art. 32 e dell'art. 34, comma 1, della
legge regionale siciliana 2 agosto 2002, n. 7;
        2) violazione  dell'art. 5 del d.lgs. n. 358/1992; eccesso di
potere;  sviamento;  violazione  dei  principi  di buon andamento, di
legalita'  e  imparzialita'  della  azione  amministrativa  ai  sensi
dell'art.  12  della  legge  n. 241/1990,  nonche'  del  principio di
trasparenza  dell'azione  stessa;  violazione  dell'art. 24, comma 5,
della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
        3) eccesso   di   potere  per  falsa  rappresentazione  della
realta',  per  difetto  dei  presupposti  e per sviamento; eccesso di
potere sotto il profilo della illogicita' e irrazionalita' manifesta;
eccesso  di  potere  sotto  il  profilo  del  travisamento dei fatti;
illogicita'  e incoerenza; violazione dei principi di buon andamento,
di  legalita'  e di imparzialita' della azione amministrativa e dalla
par condicio; disparita' di trattamento.
    La ricorrente chiedeva altresi', oltre al risarcimento del danno,
la sospensione cautelare dell'atto impugnato.
    Si  costituiva in giudizio il Comune di Palermo, che eccepiva tra
l'altro  l'incompetenza  del Tribunale amministrativo regionale della
Sicilia,  Palermo,  e la conseguente improcedibilita' del ricorso, in
relazione   alla   competenza   funzionale   demandata  al  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, dai commi 2-bis, 2-ter e 3-quater
dell'art. 3  del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245 introdotti in
sede di conversione con legge 27 gennaio 2006, n. 21.
    La   difesa  della  societa'  ricorrente  a  sua  volta  eccepiva
l'incostituzionalita' della disposizioni in parola.
    Si  costituiva anche la Presidenza del Consiglio dei ministri, il
Sindaco  di  Palermo  in  qualita' di Commissario delegato e la Poste
italiane S.p.A.
    Il  Tribunale  amministrativo regionale, con ordinanza n. 263, in
data  1° marzo  2006,  riteneva  di  essere competente a pronunciarsi
sulla  domanda  cautelare,  in  quanto  il relativo ricorso era stato
notificato e quindi proposto (il 26 gennaio 2006) prima della entrata
in  vigore  (il  29 gennaio  2006)  delle  disposizioni sopra citate,
ancorche' depositato in data successiva (il 2 febbraio 2006).
    Accoglieva  quindi  la  domanda  di  sospensione della esecuzione
degli  atti  impugnati,  ritenendo  il ricorso assistito da rilevanti
elementi  di fondatezza e la misura cautelare giustificata da ragioni
di estrema gravita' e urgenza.
    3.  -  L'ordinanza  cautelare  e'  stata  appellata dal Comune di
Palermo, il quale ha chiesto che:
        con richiamo ai commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 3 del
decreto-legge   30 novembre   2005,   n. 45  introdotti  in  sede  di
conversione   con   legge   27 gennaio   2006,  n. 21  e  in  riforma
dell'ordinanza   cautelare   appellata,  sia  ritenuta  e  dichiarata
incompetenza  funzionale del Tribunale amministrativo regionale della
Sicilia,  Palermo,  e  per  l'effetto sia dichiarato improcedibile il
ricorso ivi proposto, essendo per legge competente in materia, in via
esclusiva, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma;
        sia  riformata, in ogni caso, l'ordinanza impugnata in quanto
difettano,  nella  specie,  i  presupposti  per  l'accoglimento della
domanda cautelare.
    Si sono costituiti in giudizio:
        la   Maggioli  S.p.A.,  che  ha  chiesto  la  conferma  della
ordinanza   appellata,  se  del  caso  ritenendo  e  dichiarando  non
manifestamente    infondata    la    questione    di   illegittimita'
costituzionale   dell'art. 3,  commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater  del
decreto-legge   30 novembre   2005,  n. 245  introdotti  in  sede  di
conversione  con  legge  27 gennaio  2006,  n. 21,  in relazione agli
articoli  3,  24, 25 e 125 della Costituzione, nonche' per violazione
dell'art. 23,  primo  comma,  dello  Statuto  speciale  della Regione
siciliana,  nella parte in cui prevedono la competenza in primo grado
del    Tribunale   amministrativo   regionale   Lazio   sui   ricorsi
giurisdizionali  proposti  avverso  le  ordinanze  e  i provvedimenti
adottati  nell'ambito  delle  situazioni  di  emergenza dichiarate ai
sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
        la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri e il Sindaco di
Palermo,  nella  qualita'  di Commissario delegato del Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  giusta  ordinanza  n. 3255/2002  che hanno
svolto  tesi  adesive  a quelle del Comune di Palermo, chiedendo, con
l'accoglimento  dell'appello, l'annullamento dell'ordinanza impugnata
e   la  declaratoria  di  inammissibilita'  della  orginaria  istanza
cautelare;
        la  Poste  italiane  S.p.A.,  che  ha eccepito l'incompetenza
territoriale  del  Tribunale  amministrativo regionale della Sicilia,
Palermo,  il  difetto  di  legittimazione  attiva  e  la  carenza  di
interesse  della  societa'  Maggioli,  la  erroneita' della ordinanza
gravata  per  mancata declaratoria di inammissibilita' del ricorso in
primo  grado  (in  relazione alla mancata impugnazione dell'ordinanza
P.C.M. n. 3255/2002). Ha altresi' contestato la fondatezza nel merito
del  ricorso  in  primo  grado  e  la sussistenza dei presupposti per
l'accoglimento  della domanda cautelare. Ha quindi concluso chiedendo
la  declaratoria  della  incompetenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale  della  Sicilia,  Palermo, e, in subordine, la declaratoria
del  difetto  di  legittimazione  della  societa' ricorrente in primo
grado.  In  ulteriore subordine ha chiesto la riforma della ordinanza
appellata  per  carenza  dei  presupposti  per  l'accoglimento  della
domanda cautelare.
    Alla  Camera  di consiglio del 15 aprile 2006, l'appello e' stato
trattenuto in decisione.

                               Diritto


                                  I

    1. - Pregiudiziale rilevante e non manifestamente infondata e' la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis,
2-ter   e   2-quater   del  decreto-legge  30 novembre  2005,  n. 245
introdotti  in  sede di conversione con legge 27 gennaio 2006, n. 21,
in  relazione  agli  articoli  2,  24,  25  e 125 della Costituzione,
nonche'  per  violazione  dell'art. 23,  primo  comma,  dello Statuto
speciale  della  Regione  siciliana,  nella parte in cui prevedono la
competenza  in  primo  grado  del  Tribunale amministrativo regionale
Lazio  sui  ricorsi giurisdizionali proposti avverso le ordinanze e i
provvedimenti  adottati  nell'ambito  delle  situazioni  di emergenza
dichiarate  ai  sensi  dell'art. 5,  comma 1, della legge 24 febbraio
1992, n. 225.
    In  forza  delle  contestate disposizioni legislative, entrate in
vigore il 29 gennaio 2006:
        «2-bis.  In  tutte  le  situazioni di emergenza dichiarate ai
sensi  dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari,
al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
        2-ter.  Le  questioni  di  cui  al  comma 2-bis sono rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26 della legge
6 dicembre   1971,  n. 1034,  e  successive  modificazioni,  trovando
applicazione  i  commi  2  e  seguenti  dell'art. 23-bis della stessa
legge.
        2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    2.  -  Emerge  da  siffatte disposizioni (commi 2-bis e 2-ter) un
sistema giurisdizionale che si fonda a regime sui seguenti principi:
        e'   prevista   la   competenza   funzionale   (esclusiva   e
inderogabile)  del  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
sede  in Roma, in tutte le ipotesi di ordinanze emanate in situazioni
di  emergenza  dichiarate ex art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992, n. 225;
        tale competenza riguarda anche le procedure cautelari;
        in  particolare  il  principio  si  applica  ai provvedimenti
consequenziali posti in essere dai Commissari delegati dal Presidente
del Consiglio dei ministri;
        sul  piano processuale la incompetenza funzionale va rilevata
anche  d'ufficio  e  il giudizio si svolge con le forme accelerate di
cui  all'art. 26  della  legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive
modificazioni (sentenza in forma semplificata) e i commi 2 e seguenti
dell'art. 23-bis della stessa legge.
    3. - Di interpretazione meno agevole e' il regime transitorio che
e' accennato nel comma 2-quater.
    In base ad esso:
        le   norme   sulla   competenza   funzionale   del  Tribunale
amministrativo  regionale Lazio sono applicabili anche ai processi in
corso;
        la   efficacia  delle  misure  cautelari  eventualmente  gia'
adottate  dal  tribunale diverso da quello divenuto competente in via
funzionale,  e'  conservata fino alla loro modifica o revoca da parte
di quest'ultimo;
        la  parte  interessata  puo'  riproporre il ricorso avanti al
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma.
    Pur  nella approssimazione dei precetti transitori, ad avviso del
Collegio, sembra chiaro che la pendenza del processo al momento della
entrata  in  vigore  della  legge  n. 21/2006  impedisce al Tribunale
amministrativo  regionale  diverso  da  quello  del Lazio di adottare
misure cautelari, ostandovi il combinato disposto dal comma 2-bis che
in   materia   demanda  la  competenza  di  primo  grado  (anche  per
l'emanazione   di   misure  cautelari)  al  Tribunale  amministrativo
regionale  del Lazio, con sede in Roma e del comma 2-quater che rende
applicabili  le  norme  di  cui  al  comma 2-bis anche ai processi in
corso.
    Non   sembra  quindi  condivisibile,  come  esattamente  eccepito
dall'appellante Comune di Palermo, la tesi del giudice di primo grado
secondo  cui  il momento di incardinamento della competenza cautelare
sarebbe  determinato  dalla data di notifica e quindi di proposizione
del  gravame  (nella  specie  anteriore  alla entrata in vigore della
legge n. 21/2006).
    La  tesi  del  Tribunale amministrativo regionale, pur fondata su
corretti  principi  enunciati  dalla Corte cost. (ord. n. 382/2005) e
ispirata  all'intento  di  perseguire una interpretazione conforme al
dettato  costituzionale,  appare preclusa da dati letterali e logici,
che sembrano insuperabili.
    Il  legislatore, nell'inibire la emanazione di misure cautelari a
Tribunale  amministrativo  regionale  diverso  da  quello  del Lazio,
correla  infatti  la verifica della competenza non gia' al momento di
instaurazione del rapporto processuale, bensi' al momento di adozione
della  misura  cautelare  (nella  specie  successivo  alla entrata in
vigore  della  legge  n. 21/2006)  come  sembra potersi desumere - in
sintesi  -  dalla previsione di applicabilita' del nuovo regime anche
ai processi in corso.
    D'altra parte una volta sopravvenuta la competenza funzionale del
Tribunale amministrativo regionale Lazio, un Tribunale amministrativo
regionale  diverso  non  potrebbe piu' esercitare in modo compiuto il
potere  cautelare  (oltre che con la misura cautelare sospensiva, con
la  contestuale  fissazione  della  udienza in merito ex art. 23-bis,
comma 3 della legge n. 1034/1971).
    E'   quanto  il  Tribunale  amministrativo  regionale  ha  dovuto
rilevare  laddove  ha  previsto  che  non  si  fa  luogo a fissazione
dell'udienza  di  merito,  fermi restando i poteri delle parti di cui
all'art. 3, comma 2-quater, del citato decreto-legge n. 245 del 2005.
    Le  disposizioni  dell'art. 3,  comma 2-quater sembrano dunque da
interpretare nel senso che ove la misura cautelare non sia gia' stata
adottata dal Tribunale amministrativo regionale diverso da quello del
Lazio,  prima  dell'entrata  in  vigore  delle  disposizioni  di  cui
trattasi,  il  Tribunale  amministrativo regionale (ancorche' adibito
prima della entrata in vigore della legge n. 21/2006) sia privato del
potere cautelare e debba limitarsi a dichiarare la inammissibilita' o
la  improcedibilita'  del  ricorso,  riconoscendo  la  competenza del
Tribunale   amministrativo   regionale  Lazio,  presso  il  quale  il
ricorrente potra' riproporre il ricorso e la domanda cautelare.

                                 II

    1.   -   Vanno   a   questo   punto  esaminate  le  questioni  di
costituzionalita',   relative   ai  commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater
dell'art. 3  del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245 introdotti in
sede  di  conversione  con  legge  27 gennaio  2006,  n. 21 sollevate
dall'odierno resistente e comunque rilevabili d'ufficio.
    Tali   questioni   appaiono   preliminari   ad   ogni   ulteriore
approfondimento delle questioni poste dalle parti e sono rilevanti ai
fini del decidere.
    Esse  risultano  infatti incidenti sulla competenza del Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia, Palermo, e di conseguenza su
quella di questo Consiglio.
    In  applicazione  del  regime transitorio, come sopra ricostruito
nel   punto   qui  rilevante,  questo  Consiglio,  infatti,  dovrebbe
limitarsi  a  dichiarare  la  incompetenza  funzionale  del Tribunale
amministrativo  regionale  della  Sicilia, Palermo, a pronunciarsi in
via  cautelare  e a rimettere la causa al giudice di primo grado, per
la declaratoria con sentenza breve della improcedibilita' del ricorso
originario.
    Diversamente,    ove   risultassero   confermati   i   dubbi   di
costituzionalita'  espressi dall'odierno resistente, questo Consiglio
potrebbe  provvedere in modo pieno sull'appello cautelare, risultando
superato  l'ostacolo  della  incompetenza  funzionale  del  Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia, Palermo e di riflesso quella
di questo Consiglio.
    Le  questioni ritenute in tal modo rilevanti (quanto ai poteri di
questo   Consiglio,  adito  dopo  l'entrata  in  vigore  della  legge
n. 21/2006,  anche  nella  ipotesi in cui dovesse essere condivisa la
tesi   del  giudice  di  primo  grado)  non  appaiono  manifestamente
infondate.
    Esse  risultano gia' sollevate, sotto vari profili, dal Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia, Palermo, I (ordinanza n. 67,
in  data 6 marzo 2006) e dal Tribunale amministrativo regionale della
Sicilia,  Sezione  staccata  di  Catania,  I (ordinanza 7 marzo 2006,
n. 90).
    2.  -  Ad  avviso  del  Collegio,  la  normativa  introdotta  dal
legislatore con l'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, sopracitati,
contrasta innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, che prevede
una   organizzazione  su  base  regionale  degli  organi  statali  di
giustizia   amministrativa   di  primo  grado  («Nella  Regione  sono
istituiti  organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo
l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica»).
    La  disposizione  contempla  una  distribuzione  territoriale dei
tribunali  amministrativi  regionali, si al fine di ripartire in modo
razionale  e equiordinato l'organizzazione dei giudici amministrativi
di  primo grado, sia al fine di agevolare il ricorso delle parti alla
giustizia  amministrativa,  in  coerenza  e  continuita' logica con i
principi desumibili dall'art. 24 della Costituzione.
    In  questa prospettiva e per quel che qui rileva, gli artt. 2 e 3
della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 hanno fissato criteri generali e
derogabili  di  distribuzione  territoriale  della  competenza  tra i
tribunali  (i  criteri  della  sede  dell'autorita'  emanante e della
efficacia territoriale dell'atto).
    A  quest'ultimo  proposito  l'art. 3, comma secondo, ha stabilito
(oltre al foro speciale del pubblico impiego) che per gli atti emessi
da  organi  centrali  dello  Stato  o  di  enti  pubblici a carattere
ultraregionale,  la  cui  efficacia e' limitata territorialmente alla
circoscrizione   del   tribunale   amministrativo  regionale  ...  la
competenza e' del tribunale amministrativo regionale medesimo.
    Il  criterio  ha lo scopo di evitare una eccessiva concentrazione
di  cause presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio e di
temperare  quindi  le  conseguenze  di  una  rigida  applicazione del
criterio  della  sede dell'autorita' emanante, ove riferito ad organi
centrali.
    In  base  a tali principi, nella specie, la vertenza risulterebbe
demandata  al  Tribunale amministrativo regionale della Sicilia e, in
appello,  a  questo  Consiglio, trattandosi di situazione d'emergenza
riguardante  il  territorio  della  citta' di Palermo e, oltre tutto,
quanto  all'atto  commissariale  oggetto  specifico  di  giudizio, di
provvedimento posto in essere da una autonomia comunale, sia pure per
delega del Presidente del Consiglio dei ministri.
    E'  pur  vero  che i criteri generali sopra ricordati ben possono
essere derogati dal legislatore, con attribuzione di competenza ad un
singolo  Tribunale  amministrativo  regionale  e  in  particolare  al
Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio, vale a dire ad un organo
che fa comunque parte del complesso della giustizia amministrativa di
primo  grado, articolata su base regionale (cfr. ad esempio l'art. 33
della  legge  10 ottobre 1990, n. 287; l'art. 17 della legge 24 marzo
1958,  n. 158 come modificato dall'art. 4 della legge 12 aprile 1990,
n. 74;  l'art. 2,  comma  25  della  legge  14 novembre 1995, n. 481;
l'art. 3  del  decreto-legge  19 agosto  2003, n. 220, convertito con
legge 17 ottobre 2003, n. 280).
    Ma  e'  altrettanto vero che una tale deroga deve essere sorretta
da giustificazioni logiche risultando il diverso criterio (tanto piu'
se,  come  nella  specie,  iderogabile  dalle  parti) suscettibile di
tradursi  in un illogico aggravio per l'attivita' di alcuni tribunali
e per l'attivita' difensiva delle parti.
    A quest'ultimo riguardo nella sentenza della Corte costituzionale
n. 189/1992,   e'   stato   ritenuto   compatibile   con  il  dettato
costituzionale  l'art. 4  della  legge  12 aprile  1990,  n. 74,  che
attribuisce  al  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  la
competenza  in  materia  di  ricorsi  giurisdizionali contro atti del
Consiglio  superiore  della  magistratura  riguardanti  i  magistrati
ordinari.   Tuttavia  nella  circostanza  e'  stata  approfondita  la
logicita'   della   deroga   alla  competenza  prevista  dalla  legge
n. 1034/1971  (foro  speciale  del  pubblico  impiego)  ed  e'  stata
verificata  positivamente  avuto  riguardo alla particolare posizione
che il Consiglio superiore della magistratura occupa nell'ordinamento
costituzionale,   oltre   che  alla  peculiare  funzione  svolta  dai
magistrati ordinari, che li rendono non assimilabili o comparabili ad
altre categorie di pubblici dipendenti.
    Una deroga e' dunque possibile, ma deve rispondere ad un criterio
logico che nella specie, ad avviso del Collegio, non e' ravvisabile.
    Infatti,  mentre  nella  fattispecie esaminata la Corte la deroga
alla  ordinaria  competenza  concerne  un  settore  specifico  e  ben
delimitato   nonche'   strettamente  raccomandato  ad  una  del  pari
specifica  ragione derogatoria, non altrettanto sembrerebbe possibile
sostenere nella fattispecie in esame.
    Invero,  il  legislatore del 2006 ha fatto generico riferimento a
tutte  le  situazioni  di emergenza di cui all'art. 5, comma 1, della
legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    Orbene  tale  disposizione nel riportarsi al concetto generico di
emergenza  come  definito  dall'art. 2  ne demanda l'accertamento, la
durata,  la  estensione territoriale, nonche' l'ambito derogatorio ad
apposite   ordinanze  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri.
Trattasi  di  un  potere  che  mostra  collegamenti con le cosiddette
ordinanze  di  necessita'  in  relazione alle quali, come e' noto, e'
sorto  un ampio dibattito in relazione a vari principi costituzionali
(Corte cost. nn. 8/1956; 21/1961; 4/1977; 100/1987) e, in particolare
al  principio di legalita' sostanziale a causa della indeterminatezza
del loro contenuto.
    Tale  indeterminatezza,  poi, nel caso concreto, non si riferisce
tanto  e  soltanto  alla  situazione  di  emergenza,  quanto  anche e
soprattutto  alle  specifiche conseguenziali attivita' amministrative
ritenute  necessarie  per  prevenire,  fronteggiare  ed  ovviare alla
situazione   di  emergenza  cosi'  come  individuata  a  monte  nelle
ordinanze medesime.
    E  cosi', esemplificando, - senza alcuna pretesa di completezza -
nella  Regione  Siciliana  e' stata dichiarata la emergenza anche per
accadimenti  prima  facie  del tutto strutturali, non legati cioe' ad
eventi  eccezionali ed imprevedibili (es. emergenza idrica, emergenza
traffico,  emergenza  rifiuti,  etc.)  e  il potere conferito ai vari
commissari  straordinari  riguarda  ogni  possibile misura idonea per
fronteggiare la situazione medesima (v. ad es. il d.P.C.m. 18 ottobre
2002  riguardante  la  fattispecie in esame e l'art. 1 del successivo
d.P.C.m. 29 novembre 2002, n. 3255).
    Da  tale  previsione  risulta  evidente che la materia trasferita
alla competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio, a differenza della fattispecie in precedenza citata, lungi dal
mostrare  contorni  netti (disposizioni sulla carriera dei magistrati
adottate  dal C.S.M.) presenta contorni talmente ampi ed imprecisi da
sfuggire ad ogni possibile preventiva individuazione.
    La fattispecie in esame ne costituisce un esempio paradigmatico.
    A  monte si colloca il d.P.C.m. 18 ottobre 2002 il quale assume a
presupposto  della  dichiarazione  di  emergenza  del  traffico nella
Citta' di Palermo la tutela della salute dall'inquinamento nonche' la
incolumita' pubblica.
    A  valle si colloca la ordinanza 29 novembre 2002, n. 3255 in cui
si  individua come compiti attuativi la realizzazione di un programma
straordinario di opere.
    La  anzidetta  ordinanza  viene  poi  dichiaratamente  assunta  a
presupposto  del  provvedimento  impugnato  con il quale, per ovviare
alla  anzidetta  situazione  di  emergenza,  il  servizio di gestione
integrata   dei   verbali   di  accertamento  e  contestazione  delle
contravvenzioni  al  codice  della strada viene affidato a trattativa
privata  a  Poste  italiane S.p.A. avvalendosi dei poteri di cui alla
ordinanza medesima.
    Cio'  dimostra  ad avviso del Collegio la carenza sostanziale sul
piano  della  ragionevolezza  delle  disposizioni  qui  sospettate di
incostituzionalita', in quanto in grado di ricomprendere a differenza
della  disposizione  derogatoria  in  precedenza  citata non gia' una
singola  materia  ed  oggetto  bensi'  una  serie  indeterminabile di
materie  e  di  oggetti  la cui individuazione e' rimessa a decisioni
contingibili  ed  imprevedibili  di  organi  amministrativi ed il cui
collegamento con la situazione di emergenza originaria diviene sempre
meno stretto ed evidente.
    In  questo  contesto  l'attribuzione  al Tribunale amministrativo
regionale  Lazio  della  competenza  di  cui  trattasi  configura una
previsione   incongrua   rispetto   al   sistema   di   distribuzione
territoriale delle competenze tra tribunali amministrativi.
    Non  si  vedono  d'altra  parte ragioni logiche che giustifichino
l'inderogabile  e  sostanzialmente  indefinito  incardinamento  della
competenza  in  capo al Tribunale amministrativo regionale Lazio, non
apparendo  di per se' significativa la riconducibilita' della materia
ad  una  situazione  d'emergenza dichiarata da una autorita' centrale
ovvero l'esercizio di una attivita' per delega di detta autorita'.
    Le  disposizioni in esame, introducendo una deroga ingiustificata
al  sistema,  oltre  che  con  l'art. 125  Cost., contrastano anche e
soprattutto  con  l'art. 3 Cost. sotto il profilo della disparita' di
trattamento    in   situazioni   uguali   di   fronte   alla   tutela
giurisdizionale.
    Esse  configurano  poi,  in  particolare per la parte privata, un
aggravio all'esercizio del diritto di difesa (art. 24 Cost.).
    Il Collegio condivide al riguardo le osservazioni contenute nella
ordinanza  n. 90,  in data 7 marzo 2006, del Tribunale amministrativo
regionale  della Sicilia, Sezione staccata di Catania, I, secondo cui
l'aggravio  della tutela giurisdizionale, soprattutto ove, come nella
specie,  esso non sia giustificato da una effettiva natura accentrata
(o dell'efficacia estesa a tutto il territorio) dei provvedimenti sui
quali  deve  esercitarsi  la  cognizione del Tribunale amministrativo
regionale  Lazio,  comporta  indubbia  violazione  dell'art. 24 della
Costituzione,  in particolare della possibilita' di tutela dei propri
diritti  ed  interessi  enunciata  al  primo  comma;  detta tutela ne
risulta  minorata, per la evidente maggiore difficolta' di esercitare
le  relative  azioni presso il Tribunale amministrativo regionale del
Lazio  piuttosto  che  presso  gli  organi giurisdizionali localmente
istituiti.
    3.  - Il regime ordinario della competenza in materia di riflesso
anche  quello  transitorio  e'  altresi'  contrastante con l'art. 23,
primo   comma,   dello   Statuto  speciale  della  Regione  Siciliana
(approvato  con  regio  decreto  legislativo  15 maggio 1946, n. 455,
convertito  in legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2) in forza del quale
«Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive
sezioni per gli affari concernenti la regione».
    Si  tratta  di  norma di rango costituzionale in attuazione della
quale,   con  il  decreto  legislativo  6 maggio  1948,  n. 654  (poi
sostituito dal decreto legislativo 24 dicembre 2003, n. 373) e' stato
istituito  il  Consiglio  di  Giustizia amministrativa per la Regione
Siciliana,  che  svolge  funzioni  di  giudice d'appello per tutte le
impugnazioni   proposte   avverso   i  provvedimenti  giurisdizionali
adottati dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia.
    Il   decentramento   territoriale  degli  organi  giurisdizionali
centrali, sancito in via di principio dal citato art. 23, corrisponde
ad  un'antica  tradizione  siciliana e si ricollega alla singolarita'
dell'autonomia siciliana (cfr. Corte cost. n. 316/2004).
    In  questo  contesto  la  competenza  del  Consiglio di Giustizia
amministrativa  per  gli  affari  concernenti  la regione concreta un
assetto    (organizzativo    e    funzionale)   della   giurisdizione
amministrativa collegato alla specie autonoma della Regione Sicilia e
non   comprimibile   se  non  alla  stregua  di  prevalenti  principi
costituzionali.
    E'   stato   affermato   dalla   Corte  costituzionale  (sentenza
n. 189/1992)  che  l'art. 23 dello Statuto non implica affatto - anzi
esclude - la competenza a conoscere ogni tipo di controversie, specie
con  riguardo a questioni che non hanno alcun rapporto con la materia
regionale.
    Nella  specie  pero'  viene  in  rilievo  una  vertenza avente ad
oggetto  atti  posti  in  essere dal Sindaco del Comune di Palermo in
qualita'  di  Commissario  e  con  rilievo  limitato  alla  citta' di
Palermo.  Si  tratta  cioe'  di  atti di esclusivo rilievo regionale,
rispetto  ai quali come gia' detto appare illogica e contrastante con
i  principi  di  difesa  e di razionale organizzazione del sistema la
devoluzione  alla  competenza  del Tribunale amministrativo regionale
Lazio.
    Sul  punto  il Collegio condivide le considerazioni del Tribunale
amministrativo  regionale  della  Sicilia,  Palermo  (cfr.  la citata
ordinanza  n. 67,  in  data  6 marzo  2006)  secondo  cui  non appare
discutibile  che  i  provvedimenti  adottati  da  organo  dello Stato
centrale,   nelle   situazioni   di  emergenza  dichiarate  ai  sensi
dell'art. 5,  comma 1,  della  legge  24 febbraio  1992,  n. 225, con
efficacia territoriale limitata alla Regione Siciliana, costituiscano
«...  affari concernenti la regione», e rientrino pertanto nel novero
di  quelli  attribuiti  alla competenza del C.G.A. dall'art. 23 dello
Statuto  della  Regione  Siciliana,  cosi'  come  si verifica per gli
analoghi  provvedimenti  adottati  dagli organi ordinari dello Stato,
aventi efficacia limitata al territorio della Regione Siciliana.
    Lo  spostamento di competenza per le controversie di primo grado,
dal  Tribunale  amministrativo  regionale  della Sicilia al Tribunale
amministrativo  regionale  del Lazio, comporta conseguentemente anche
il mutamento del Giudice d'appello, e quindi la sottrazione al C.G.A.
di  alcune  delle  controversie  ad  esso attribuite dalla richiamata
disposizione  di rango costituzionale, con inevitabile violazione del
suo disposto. Non sembra superfluo ricordare, a questo riguardo, come
ormai   costituisca  jus  receptum,  sia  in  giurisprudenza  che  in
dottrina,  che  il  plesso  giurisdizionale «Tribunale amministrativo
regionale  -  Sicilia,  C.G.A. per la Regione Siciliana» costituisca,
per effetto delle norme statutarie citate, un vero e proprio comparto
dotato  di competenza funzionale a conoscere di tutte le controversie
insorgenti  nell'ambito  territoriale della Regione Siciliana e nello
stesso  ambito esaurentisi, sicche' una eventuale deroga - come nella
specie  -  non  assistita  da  adeguato  supporto  parimenti di rango
costituzionale,  allo  stato  inesistente,  non  puo'  sfuggire  alle
censure qui ipotizzate.
    Giova   a  questo  proposito  rammentare  anche  la  affermazione
contenuta  nella  decisione  n. 26/1961  della  Corte  costituzionale
secondo  cui  le  ordinanze di necessita' non potrebbero mai menomare
diritti   costituzionalmente   garantiti   e   neppure   operare   in
sostituzione della legge nei campi riservati al legislatore. E' stata
percio' esclusa la possibilita' di emanare ordinanze di necessita' in
materie coperte da riserva assoluta di legge.
    Se  cio' e' esatto, ne discende per altro verso la illegittimita'
costituzionale  delle  disposizioni dinanzi citate. Esse, invero, con
l'espresso  riferimento ai conseguenziali provvedimenti commissariali
hanno  inciso non solo sulla giurisdizione in generale, (materia gia'
di  per  se'  coperta da riserva assoluta di legge ex art. 108, primo
comma  Cost.),  ma,  in  particolare  sul  regime della giurisdizione
amministrativa   in   Sicilia  materia  coperta  da  norma  di  rango
costituzionale  e  quindi  derogabile come gia' accennato solo da una
fonte di rango equiordinato.
    4. - Alla luce delle suesposte considerazioni risultano rilevanti
e non manifestamente infondate (per violazione degli artt. 3, 24, 125
Cost.  e  dell'art. 23  dello  Statuto  siciliano)  le  questioni  di
costituzionalita'  relative  ai  commi  2-bis, 2-ter (quanto al primo
inciso,  secondo cui le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate
d'ufficio) e 2-quater.
    Non  sembrano  sussistere  dubbi,  qui rilevanti, solo per quanto
attiene  la  costituzionalita'  del  secondo  inciso  del comma 2-ter
secondo  cui (in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
dell'art. 5,  comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225), davanti
al  giudice  amministrativo  il  giudizio  e'  definito  con sentenza
succintamente  motivata  ai sensi dell'art. 26 della legge 6 dicembre
1971,  n. 1034,  e  successive  modificazioni, trovano applicazione i
commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge.
    5.  -  Le considerazioni sopra esposte valgono a maggior ragione,
ove,  in  via  subordinata,  si  prendano  in  considerazione  i soli
provvedimenti   attuativi  commissariali  (unico  oggetto  di  questo
giudizio), ove questi come nella specie abbiano carattare (soggettivo
e oggettivo) esclusivamente locale.
    E'  evidente  che,  in  tali casi, non venendo in rilievo atti di
organi  centrali  e trattandosi di atti ad efficacia territorialmente
circoscritta  alla  regione, risulta ulteriormente rafforzata la tesi
di  esclusione  di  un  nesso logico con la competenza funzionale del
Tribunale amministrativo regionale Lazio.
    In   via   subordinata   si   pone   quindi   la   questione   di
costituzionalita'  dell'art. 3,  comma  2-bis,  per contrasto con gli
artt. 3,  24  e  125 della Costituzione e con l'art. 23, primo comma,
dello   Statuto   speciale  della  Regione  Siciliana,  limitatamente
all'inciso e dei consequenziali provvedimenti commissariali.
    In   caso   di   accoglimento   di  tale  eccezione,  il  sistema
risulterebbe cosi' strutturato:
        secondo  consolidati  indirizzi  giurisprudenziali  (cfr.  da
ultimo  C.S., IV, 21 febbraio 2005, n. 528), la impugnazione di detti
provvedimenti,  quanto  alla  competenza,  risulterebbe  attratta  da
quella   delle   ordinanze   della   P.C.M.  ex  art. 5  della  legge
n. 225/1992, solo in caso di impugnativa degli atti commissariali per
vizi derivanti da quelli inficianti le ordinanze della P.C.M. oggetto
anch'esse  di  impugnativa  dei  soli provvedimenti commissariali per
vizi  propri,  la  competenza  risulterebbe incardinata nel Tribunale
amministrativo regionale competente secondo le regole generali.

                                 III

    1.  -  Uno specifico profilo di incostituzionalita' sembra infine
prospettarsi  in  relazione al regime transitorio, previsto dal comma
2-quater,  che  come  detto  rende  applicabile  il  principio  della
competenza  funzionale  del  Tribunale amministrativo regionale Lazio
anche  ai  processi  in corso e che conserva l'efficacia delle misure
cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso (in origine
competente  in  base  all'ordinario  criterio territoriale) fino alla
loro   modifica  o  revoca  da  parte  del  Tribunale  amministrativo
regionale  del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo'
riproporre il ricorso.
    Tale  previsione appare in contrasto con il principio del giudice
naturale   precostituito  per  legge  (art. 25,  primo  comma,  della
Costituzione),  in  base al quale la regola di competenza deve essere
prefissata  rispetto  all'insorgere  della  controversia  (cfr. Corte
costituzionale  n. 193/2003  e  n. 124/2005)  e che riguarda anche la
ripartizione  della  competenza  territoriale tra giudici, dettata da
normativa  nel  tempo  anteriore  alla istituzione del giudizio (cfr.
Corte costituzionale n. 41/2006).
    2.  -  Il  sistema  transitorio  appare  poi  in contrasto con il
principio  della  difesa  (art. 24  Cost.), implicante il diritto del
cittadino   ad   ottenere  una  decisione  di  merito  senza  onerose
reiterazioni» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 123 del 1987).
    Nella  specie,  il regime transitorio comporta nella sostanza una
estinzione  del giudizio avanti al Tribunale amministrativo regionale
originariamente adito, e una onerosa (quanto ingiustificata sul piano
logico)  riproposizione  del  ricorso,  ai  fini  della  pronuncia di
merito,  avanti  al Tribunale amministrativo regionale Lazio al quale
vanno  altresi'  presentate eventuali istanze di revoca o di modifica
delle misure cautelari in precedenza disposte.

                                 IV

    1.  - Per quanto sopra, visti gli artt. 1, legge cost. 9 febbraio
1948,  n. 1  e  23,  legge  cost.  11 marzo  1953, n. 87, il Collegio
ritiene  rilevanti  e  non  manifestamente infondate, le questioni di
legittimita' costituzionale:
        dell'art. 3,   comma   2-bis,   comma   2-ter  (relativamente
all'inciso   Le  questioni  di  cui  al  comma  2-bis  sono  rilevate
d'ufficio),  comma  2-quater,  del  decreto-legge  30 novembre  2005,
n. 245,  introdotto  con la legge di conversione del 27 gennaio 2006,
n. 21,  per  contrasto con gli artt. 3, 24 e 125 della Costituzione e
con  l'art. 23,  primo  comma,  dello  Statuto speciale della Regione
Siciliana  (r.d.lgs.  15 maggio  1946, n. 455, convertito nella legge
cost. 26 febbraio 1948, n. 2);
        in  via  subordinata  dell'art. 3, comma 2-bis, per contrasto
con  gli  artt. 3, 24 e 125 della Costituzione e con l'art. 23, primo
comma,  dello Statuto speciale della Regione Siciliana, limitatamente
all'inciso e dei consequenziali provvedimenti commissariali;
        in via ulteriormente subordinata dell'art. 3, comma 2-quater,
per contrasto con gli artt. 24 e 25 della Costituzione.
    Deve  pertanto  essere  disposta  la trasmissione degli atti alla
Corte  costituzionale  per  la  decisione delle predette questioni di
legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, per le ragioni
in motivazione esposte, le questioni di legittimita' costituzionale:
        dell'art. 3,  comma  2-bis,  comma  2-ter  (quanto  al  primo
inciso,  secondo cui Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate
d'ufficio),  comma  2-quater,  del  decreto-legge  30 novembre  2005,
n. 245,  introdotti  con la legge di conversione del 27 gennaio 2006,
n. 21,  per  contrasto con gli artt. 3, 24, 125 Cost. e con l'art. 23
dello  Statuto siciliano (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito
nella legge 26 febbraio 1948, n. 2);
        in    via   subordinata   dell'art. 3,   comma   2-bis,   del
decreto-legge  30 novembre  2005,  n. 245, introdotto con la legge di
conversione  del  27 gennaio  2006,  n. 21,  per  contrasto  con  gli
artt. 3,  24  e  125 della Costituzione e con l'art. 23, primo comma,
dello    Statuto    siciliano,   limitatamente   all'inciso   e   dei
consequenziali provvedimenti commissariali;
        in via ulteriormente subordinata dell'art. 3, comma 2-quater,
del  decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, introdotto con la legge
di  conversione  del  27 gennaio  2006,  n. 21, per contrasto con gli
artt. 24 e 25 della Costituzione.
    Dispone  la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale.
    Dispone,  altresi',  che  a  cura  della segreteria della Sezione
giurisdizionale  di  questo  Consiglio,  la  presente  ordinanza  sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e alle parti in
causa  e  comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento ed
ai  Presidente  della  Regione  Siciliana  e dell'Assemblea regionale
Siciliana.
    Cosi' deciso in Palermo, il 15 marzo 2006.
                       Il Presidente: Virgilio
                        L'estensore: Trovato
06C0786