N. 337 ORDINANZA 11 - 19 ottobre 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Giudizio  innanzi  ad  autorita'  giudiziaria in
  provincia  di  Bolzano - Imputato di madre-lingua tedesca - Opzione
  per  lo  svolgimento  del processo in lingua italiana, madre-lingua
  del  difensore  - Lamentata violazione dei principi di tutela delle
  minoranze   linguistiche   e   di  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione e del diritto di difesa - Insussistenza - Manifesta
  infondatezza della questione.
- D.P.R.  15 luglio  1988, n. 574, artt. 15, comma 2, e 17, commi 2 e
  3, modificati dal d.lgs. 29 maggio 2001, n. 283, artt. 2 e 4.
- Costituzione, artt. 6, 24 e 97.
(GU n.43 del 25-10-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO; Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel   giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 15,
comma 2,  e 17, commi 2 e 3, del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme
di  attuazione  dello  statuto  speciale per la Regione Trentino-Alto
Adige  in  materia  di uso della lingua tedesca e della lingua ladina
nei  rapporti  dei  cittadini  con  la pubblica amministrazione e nei
procedimenti  giudiziari), modificati rispettivamente dagli artt. 2 e
4 del decreto legislativo 29 maggio 2001, n. 283 (Norme di attuazione
dello  statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige concernenti
modifiche  e  integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica
15 luglio  1988,  n. 574, in materia di processo penale e di processo
civile,  nonche'  in  materia  di assegnazioni di sedi notarili, e in
materia  di  redazione  in  doppia  lingua  delle  etichette  e degli
stampati  illustrativi  dei  farmaci),  promosso  con  ordinanza  del
30 gennaio  2004  dal  Tribunale  di  Bolzano - sezione distaccata di
Merano,  nel  procedimento penale a carico di S.E., iscritta al n. 65
del  registro  ordinanze  2005  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 9, 1ª serie speciale, dell'anno 2005;
    Visti  gli atti di costituzione di S.E. e di N.C., nonche' l'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26 settembre  2006 il giudice
relatore Gaetano Silvestri;
    Uditi  l'avvocato  Francesco  Coran  per  S.E. e l'avvocato dello
Stato Raffaele Tamiozzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  Bolzano - sezione distaccata di
Merano,  in  composizione  monocratica,  con ordinanza del 30 gennaio
2004,  ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale degli
artt. 15,  comma 2,  e  17,  commi 2 e 3 [con erronea indicazione nel
dispositivo  dei  commi 1  e  2],  del  decreto  del Presidente della
Repubblica  15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto
speciale  per  la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della
lingua  tedesca  e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con
la  pubblica  amministrazione  e  nei  procedimenti giudiziari), come
modificati  dagli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 29 maggio 2001,
n. 283  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale della Regione
Trentino-Alto  Adige  concernenti modifiche e integrazioni al decreto
del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, in materia di
processo penale e processo civile, nonche' in materia di assegnazione
di  sedi  notarili,  e in materia di redazione in doppia lingua delle
etichette  e degli stampati illustrativi dei farmaci), in riferimento
agli artt. 6, 24 e 97 della Costituzione;
        che   nel   giudizio  a  quo,  secondo  quanto  riferito  dal
rimettente,  si  procede  per  delitto  di  calunnia  a  carico di un
cittadino  di  madre lingua tedesca, il quale, con dichiarazione resa
in  data  4 ottobre  2000,  ha  scelto di essere processato in lingua
italiana,  avendo  nominato  difensore  di fiducia anche un legale di
madre lingua italiana;
        che,  in applicazione delle disposizioni impugnate, la scelta
compiuta  dall'imputato impone la celebrazione del processo in lingua
italiana,  sebbene  anche la parte civile, oltre alla quasi totalita'
delle persone indicate come testi, appartengano al gruppo linguistico
tedesco,  con l'ulteriore conseguenza della necessaria presenza di un
interprete  per  la traduzione contestuale, al fine di garantire alle
parti  ed  ai  testi  di esprimersi nella lingua madre, ed assicurare
altresi', a tutti gli interessati, la comprensione del processo;
        che, a parere del rimettente, la predetta normativa, la' dove
rimette  alla  volonta'  dell'imputato  la  scelta  della  lingua del
processo,  senza  tenere  conto del gruppo linguistico cui l'imputato
stesso  appartiene,  conduce  a  risultati incongrui sotto il profilo
della effettivita' della tutela della minoranza linguistica, tutte le
volte  in  cui  -  come  nel caso di specie - la scelta dell'imputato
discenda  dalla  circostanza  che  il  difensore di fiducia non abbia
conoscenza della lingua tedesca;
        che,  in  tali  casi,  i  diritti della minoranza linguistica
risulterebbero  sacrificati  alle  sole  esigenze  del  difensore  di
fiducia  dell'imputato,  posto  che  tutta  l'attivita' di traduzione
degli  atti  processuali sarebbe finalizzata non gia' alla tutela del
cittadino appartenente alla minoranza linguistica, bensi' a sopperire
alla mancata conoscenza della lingua madre dell'imputato da parte del
predetto  difensore,  con l'ulteriore vulnus al diritto di difesa, in
quanto  l'imputato  sarebbe  processato  in  una lingua diversa dalla
propria;
        che,  inoltre,  il  giudice  a quo evidenzia come il criterio
soggettivo adottato dal legislatore contrasti anche con la previsione
contenuta  nell'art. 16,  comma 2,  del d.P.R. n. 574 del 1988 - come
modificato  dall'art. 3  del  d.lgs.  n. 283  del  2001  -,  la quale
consente  al  difensore  di  fiducia  di  esprimersi nella sua lingua
madre,  disponendo  che le eccezioni e le difese siano tradotte nella
lingua del processo;
        che, secondo il rimettente, tale previsione presupporrebbe la
conoscenza  «quanto meno passiva», da parte del difensore di fiducia,
della   madrelingua  del  suo  assistito,  tale  da  permettergli  di
approntare  una difesa adeguata, fermo restando l'obbligo di usare la
lingua  delle  parti e dei testi all'atto dell'escussione avvalendosi
dell'interprete;
        che,  infine, la situazione delineata violerebbe il principio
di  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,  atteso che le
carenze  linguistiche  della  difesa  di fiducia verrebbero colmate a
spese   dello   Stato,   con   riferimento  sia  all'onere  derivante
dall'attivita' dell'interprete sia alla maggiore durata del processo;
        che il giudice a quo, pertanto, sollecita la sostituzione del
criterio soggettivo, nel quale la scelta della lingua del processo si
rivela  strumentale  alle esigenze «personalissime» della difesa, con
quello  oggettivo,  ancorato  al  gruppo  linguistico di appartenenza
dell'imputato,  in  applicazione  del  concetto di «lingua presunta»,
gia'  recepito dall'art. 100, terzo comma, del d.P.R. n. 670 del 1972
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige), per disciplinare
l'ipotesi  in  cui  l'imputato  non  effettui  alcuna scelta, nonche'
dall'art. 18-ter  del  decreto del Presidente della Repubblica n. 574
del  1988,  per la nomina del difensore d'ufficio o del sostituto del
difensore, ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen;
        che  il  rimettente giudica la questione rilevante osservando
come,   nel   caso  di  accoglimento  della  questione,  il  giudizio
principale  dovrebbe  essere  celebrato  in  lingua  tedesca, essendo
questa  la  lingua  delle  parti  e dei testi, mentre il difensore di
fiducia  di  madrelingua  italiana - al quale l'art. 16, comma 2, del
d.P.R.  n. 574  del  1988,  garantisce  la possibilita' di esprimersi
nella  sua  lingua  -  potrebbe  seguire  lo svolgimento del processo
facendosi assistere da un interprete, a spese dell'imputato;
        che  nel  giudizio  si  sono costituiti l'imputato e la parte
civile,   chiedendo   che   la  questione  sollevata  sia  dichiarata
inammissibile e, comunque, manifestamente infondata;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha concluso negli stessi termini delle parti private;
        che,  ad avviso della difesa erariale, la censura prospettata
con riferimento all'art. 97 della Costituzione sarebbe inammissibile,
non  vertendosi  in  materia  di  organizzazione amministrativa degli
uffici giudiziari, bensi' di disciplina del processo;
        che, inoltre, sotto il profilo della dedotta violazione degli
artt. 6  e  24  Cost.,  le censure sarebbero del tutto infondate, la'
dove,   contrariamente  all'assunto  del  rimettente,  l'attribuzione
all'imputato  della  facolta'  di  scegliere  la  lingua del processo
risulterebbe  perfettamente  coerente con i parametri evocati, mentre
la soluzione propugnata nell'ordinanza di rimessione, di celebrare il
processo  in  ogni  caso  nella  lingua  del  gruppo  di appartenenza
dell'imputato, non assicurerebbe pienezza di difesa tutte le volte in
cui imputato e difensore di fiducia non abbiano identica madrelingua;
        che,  con  memoria  depositata  il  31 luglio 2006, la difesa
erariale  ha  ulteriormente argomentato le conclusioni rassegnate con
l'atto   d'intervento,   richiamando   la   costante   giurisprudenza
costituzionale  sulla  estraneita'  del  principio  di buon andamento
della  pubblica  amministrazione  alle  modalita'  di esercizio della
funzione  giurisdizionale,  tra  cui  rientrerebbe  la determinazione
della lingua del processo;
        che,  con  memoria  depositata l'11 settembre 2006, la difesa
dell'imputato   ha   svolto   numerosi  argomenti  a  sostegno  delle
conclusioni  assunte  nell'atto di costituzione, segnalando, in primo
luogo,  che  la  normativa  dettata  dal  d.P.R.  n. 574 del 1988, in
materia  di  uso  della  lingua  nel  processo,  e'  stata piu' volte
ritenuta  compatibile  con  i principi costituzionali (e' citata, per
tutte,  la  sentenza  n. 271  del  1994),  con  la conseguenza che la
questione sollevata risulterebbe manifestamente infondata;
        che,   in   via   preliminare,   la   parte  privata  segnala
l'erroneita'  dei  presupposti  di fatto indicati dal rimettente, con
riferimento  sia all'appartenenza dell'imputato al gruppo linguistico
tedesco,  sia  alle ragioni poste alla base della scelta della lingua
italiana  quale  lingua  del  processo,  trattandosi  di affermazioni
entrambe prive di riscontro negli atti processuali;
        che,   inoltre,  ulteriore  limite  all'ammissibilita'  della
questione  deriverebbe  dall'effetto  che la invocata declaratoria di
incostituzionalita'  sortirebbe sul processo principale, il quale, da
processo monolingue si trasformerebbe in processo bilingue, avendo la
parte  civile scelto anch'essa la lingua italiana, cosi' da provocare
un  aumento  di  oneri,  anche  connessi  alla  durata  del processo,
rispetto alla situazione che il rimettente censura;
        che,  a  parere  della  difesa  dell'imputato, il richiamo al
principio  di  cui  all'art. 97  Cost. sarebbe comunque inconferente,
alla  luce  della  costante  giurisprudenza costituzionale secondo la
quale  detto  principio  e'  estraneo  all'esercizio  della  funzione
giurisdizionale  (e' richiamata, tra le molte, l'ordinanza n. 138 del
2004);
        che, infine, in considerazione dell'evidente contrasto tra la
tesi  del  rimettente  e  i  principi cui sono ispirati sia il d.P.R.
n. 574 del 1988, sia le norme contenute negli artt. 109 del codice di
procedura  penale  e  26  delle disposizioni di attuazione cod. proc.
pen.,  in  tema di uso della lingua nel processo e tutela del diritto
di  difesa  dell'appartenente  a  minoranza linguistica, la questione
risulterebbe manifestamente inammissibile con riferimento all'art. 24
Cost.,   per  le  conseguenze  «incostituzionali»  che  deriverebbero
dall'accoglimento  della  stessa  (e'  citata  l'ordinanza  n. 68 del
2005).
    Considerato  che  il Tribunale di Bolzano - sezione distaccata di
Merano,  ha  sollevato questione di legittimita' costituzionale degli
artt. 15,  comma 2,  e  17,  commi 2  e 3, del d.P.R. 15 luglio 1988,
n. 574  (Norme  di  attuazione  dello statuto speciale per la Regione
Trentino-Alto  Adige  in  materia di uso della lingua tedesca e della
lingua   ladina   nei   rapporti   dei   cittadini  con  la  pubblica
amministrazione e nei procedimenti giudiziari), come modificati dagli
artt. 2  e 4 del decreto legislativo 29 maggio 2001, n. 283 (Norme di
attuazione  dello  statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige
concernenti  modifiche e integrazioni al decreto del Presidente della
Repubblica  15 luglio  1988,  n. 574, in materia di processo penale e
processo civile, nonche' in materia di assegnazione di sedi notarili,
e  in  materia  di redazione in doppia lingua delle etichette e degli
stampati illustrativi dei farmaci), in riferimento agli artt. 6, 24 e
97 della Costituzione;
        che  questa  Corte  ha gia' chiarito che il d.P.R. n. 574 del
1988 pone la tutela dell'imputato al centro della disciplina dell'uso
della  lingua nel processo penale: infatti, da una parte la normativa
vigente  non  impone  agli  appartenenti ad una minoranza linguistica
l'uso   nel  processo  di  una  lingua  diversa  da  quella  materna,
dall'altra  consente  all'imputato  stesso di scegliere la lingua del
processo,  anche  in  rapporto  alle  esigenze  della  propria difesa
tecnica.  In  particolare,  «la  facolta'  di scelta della lingua del
processo   come   lingua   diversa   da  quella  materna,  attribuita
all'imputato  dall'art. 17  d.P.R. n. 574 a chiusura della disciplina
generale,  raccorda [...] la tutela dell'imputato, quale appartenente
alla  minoranza  linguistica,  alla  tutela  connessa  alla garanzia,
prevista  dall'art. 24 Cost., del diritto di difesa anche come difesa
tecnica» (sentenza n. 16 del 1995);
        che,  in coerenza con quanto sopra ricordato, questa Corte ha
precisato che la tutela delle minoranze linguistiche ed il diritto di
difesa nel processo interferiscono tra loro, ma non coincidono ne' si
sovrappongono  (sentenze  n. 62  del 1992, n. 271 del 1994, n. 15 del
1996);
        che, pertanto, alla luce degli orientamenti consolidati della
giurisprudenza  costituzionale,  le  norme  censurate  realizzano  un
ragionevole  bilanciamento  dei  principi espressi negli artt. 6 e 24
Cost.;
        che, per costante ed uniforme giurisprudenza di questa Corte,
il  principio  di  buon andamento della pubblica amministrazione puo'
essere  invocato solo con riferimento all'organizzazione degli uffici
giudiziari,   mentre   non   riguarda   l'esercizio   della  funzione
giurisdizionale  (ex  plurimis,  sentenza n. 174 del 2005 e ordinanze
n. 44 del 2006, n. 122 del 2005, n. 275 del 2004);
        che  non  vi sono elementi nuovi per discostarsi, nel caso di
specie, dai sopra indicati orientamenti giurisprudenziali.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale degli artt. 15, comma 2, e 17, commi 2 e
3,  del  d.P.R.  1988,  n. 574  (Norme  di  attuazione  dello statuto
speciale  per  la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della
lingua  tedesca  e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con
la  pubblica  amministrazione  e  nei  procedimenti giudiziari), come
modificati  dagli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 29 maggio 2001,
n. 283  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale della Regione
Trentino-Alto  Adige  concernenti modifiche e integrazioni al decreto
del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, in materia di
processo penale e processo civile, nonche' in materia di assegnazione
di  sedi  notarili  e  in materia di redazione in doppia lingua delle
etichette  e  degli stampati illustrativi dei farmaci), sollevata, in
riferimento  agli  artt. 6, 24 e 97 della Costituzione, dal Tribunale
di  Bolzano  - sezione distaccata di Merano, con l'ordinanza indicata
in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 19 ottobre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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