N. 462 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 gennaio 2006

Ordinanza   emessa   il   28 gennaio   2006   (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  27 settembre  2006)  dal tribunale di Perugia nel
procedimento penale a carico di Franceschini Costantino ed altri

Reati  e  pene  -  Prescrizione  - Termini piu' brevi derivanti dalla
  novella   ex   lege   251/2005   -  Retroattiva  applicabilita'  ai
  procedimenti  pendenti  in  primo grado solo se non vi sia stata la
  dichiarazione   di  apertura  del  dibattimento  -  Violazione  del
  principio  di  eguaglianza  -  Irragionevole  differenziazione  del
  regime  transitorio  in base ad un evento processuale accidentale -
  Ingiustificata  disparita' di trattamento fra imputati del medesimo
  reato commesso prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina.
- Legge 5 dicembre 2005, n. 251, art. 10, comma 3.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.44 del 8-11-2006 )
                            IL TRIBUNALE

    Provvedendo    sull'eccezione    di   legittimita'   costituzione
dell'art. 10  comma  3  legge n. 251/2005 sollevata dai difensori di:
Franceschini Costantino, Sbernadori Franco Orso, Rossi Patrizia, Capo
Adriano,  Franceschini  Maurizio,  Ferrini  Mario, Duca Eugenia Elsa,
Scagliarini  Francesco,  Bambara  Paolo,  Cigliana Giorgio, Pazzaglia
Ludovico,   Greco   Ivo,   Cupo  Carlo,  Bilotta  Gerardo,  imputati,
nell'ambito  del  procedimento  n. 41/2002  R.G.  Dib.,  n. 1034/1999
R.GIP, n. 975/1993 R.G.N.R., dei reati previsti dagli artt. 416 c.p.,
216, 223 L.F., 373 c.p. oltre che di reati fiscali (art. 4 n. 5 legge
n. 516/1982,   attualmente   artt. 2   ed  8  d.lgs.  n. 74/2000)  ed
appropriazione indebita aggravata;
    Preso  atto  che  il dibattimento e' stato aperto all'udienza del
27 novembre 2003;
    Considerato  che  in  base  alla disciplina dettata dall'art. 157
c.p.  nella  formulazione anteriore all'entrata in vigore della legge
n. 251/2005,  i  termini  di  prescrizione ordinaria e massima sono i
seguenti:
        per il reato di bancarotta fraudolenta anni 15 e 22 e mesi 6;
        per il reato di associazione per delinquere ex art. 416 comma
1 c.p. anni 10 e 15;
        per il reato di falsa perizia anni 10 e 15;
        per  il  reato  di  appropriazione indebita con le aggravanti
contestate anni 10 e 15;
    Preso  atto  che,  applicando  la  disciplina dettata dall'art. 6
legge  n. 251/2005, i termini massimi di prescrizione piu' favorevoli
introdotti  dallo jus superveniens sarebbero interamente decorsi alla
data  odierna  per taluni dei reati ascritti (per la falsa perizia il
termine  ordinario  di prescrizione e' attualmente ridotto ad anni 6,
elevato  ad anni 7 e mesi 6 per effetto di cause interruttive; per la
bancarotta  fraudolenta  ad anni 10, elevato ad anni 12 e mesi 6; per
l'associazione  per  delinquere ad anni 7, elevato ad anni 8 e mesi 9
per l'appropriazione indebita ad anni 6, elevato ad anni 7 e mesi 6),
tenuto  conto  del  tempus  commissi  delicti  come indicato nel capo
d'imputazione;
    Considerato,  inoltre, che la norma transitoria di cui aliart. 10
comma 3 legge n. 251/2005 e' ostativa all'applicazione dei piu' brevi
termini  di  prescrizione,  in  quanto  la  stessa pone, come limite,
quello della apertura del dibattimento;
    Atteso  che viene sollevata dalle difese degli imputati questione
di  illegittimita'  costituzionale  della predetta norma transitoria,
per contrasto con gli artt. 3, 27, 111 della Costituzione;
    Ritenuto  che  il  dato  temporale  suindicato rende rilevante la
questione in relazione ai possibili esiti del procedimento;

                        Osserva quanto segue

    L'art  25 Cost. non impone la retroattivita' di norme penali piu'
favorevoli ma vieta esclusivamente la retroattivita' in malam partem.
    Si  e' discusso sulla portata di tale norma e da piu' parti si e'
ipotizzato   che   nonostante   la   mancata   enunciazione  espressa
dell'obbligo  di  retroattivita'  delle  norme  piu'  favorevoli tale
principio possa ricavarsi da una valutazione complessiva del sistema.
    E'  stato  affermato  che  cio' potrebbe, se mai, dipendere da un
mutamento  della  valutazione  sociale  del fatto tipico (Corte Cost.
n. 277/1990).
    Ne discende che, a fronte di quanto disposto dall'art 2 comma 2 e
3 c.p., non vi e' l'obbligo di sancire la retroattivita' di norme che
non  traggano  ragion  d'essere dal mutato giudizio sul disvalore del
fatto.
    Correlativamente  puo'  ammettersi  che, nonostante la previsione
generale   contenuta   nell'art   2   comma   3   c.p.   -   relativa
all'applicazione   retroattiva  di  una  disciplina  che  prevede  un
trattamento  sostanziale  piu'  favorevole  con  il  solo  limite del
giudicato  - nondimeno il legislatore possa escluderla con riguardo a
taluni reati o a talune norme.
    Ma,  nell'avvalersi  di  tale  facolta'  il  legislatore non puo'
eludere  il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. e deve
dunque assicurare il pari trattamento dei cittadini.
    Cio'   significa   che   quella   esclusione   deve   avere   una
giustificazione razionale.
    In  tale  quadro  va  privilegiata  la considerazione del tipo di
reato  e,  dunque,  una  valutazione  correlata  al fatto, mentre non
sembra  consentita  una  esclusione  che dipenda da fattori del tutto
estrinseci,  estranei  alla  logica  del trattamento sanzionatorio e,
piu' in generale della disciplina di carattere sostanziale.
    In   particolare,   mentre   alcuni  benefici  potrebbero  trarre
giustificazione  dallo  specifico  andamento  del  processo in quanto
strettamente  correlati  ad  esso  per  il  fatto di postulare scelte
processuali  dell'imputato  (come  nel  caso  della  citata  sentenza
n. 277/1990   che   si   occupo'  del  regime  transitorio  dei  riti
alternativi  al  dibattimento),  non  sembra possibile introdurre una
disciplina  transitoria  riguardante  la  entrata  in  vigore  di una
disciplina  sostanziale,  quale quella della prescrizione, che faccia
dipendere   la  esclusione  della  retroattivita'  della  norma  piu'
favorevole  solo  dall'evoluzione  del processo e dallo stadio in cui
esso  sia pervenuto ad una certa data, costituendo tale evoluzione ed
il  relativo  stadio  processuale  aspetti  irrilevanti  rispetto  al
decorso, uguale per tutti, del termine di prescrizione, che non trova
la  sua ragione d'essere nel processo ma che anzi, per certi profili,
ad esso si contrappone.
    Nel   caso   in   cui   l'effetto  retroattivo  della  disciplina
sopravvenuta  sia correlato al mero dato che il processo abbia o meno
varcato  una  certa  soglia,  puo'  prospettarsi  una  disparita'  di
trattamento  tra  coloro  che  hanno commesso il medesimo reato prima
dell'entrata  in vigore della nuova normativa, alcuni dei quali, solo
perche'  piu'  rapidamente processati, si trovino ad essere giudicati
in  base alla disciplina previgente a differenza degli altri che, per
cause  piu'  diverse, abbiano beneficiato di un iter processuale piu'
lento.
    Non possono invocarsi, per giungere a valutazioni opposte, quelle
situazioni  correlate  alla concessioni di amnistie o alla previsione
di   effetti   estintivi   derivanti   da   condoni,   in   cui   sia
specificatamente  individuato un dato temporale di riferimento che e'
all'evidenza  connaturato al tipo di beneficio e comunque ha riguardo
alla data di commissione del reato.
    Cio' posto la scelta del legislatore consacrata dall'art 10 comma
3  legge n. 251/2005 di rendere applicabile retroattivamente la nuova
disciplina   in   tema   di  prescrizione  di  cui  all'art. 6  legge
n. 251/2005  solo  nel  caso  in  cui  non sia stato ancora aperto il
dibattimento  sembra in contrasto con l'art. 3 Cost., perche' vale ad
introdurre  un differenziato regime a fronte di situazioni identiche,
rispetto  alle  quali  la  linea demarcazione individuata, costituita
dall'apertura    del   dibattimento,   appare   priva   di   concreta
giustificazione.
    Ne'   sembra   possibile  sostenere  che  le  norme  in  tema  di
prescrizione  abbiano  natura  processuale e siano dunque soggette al
diverso  principio tempus regit actum, cosi' come sembra da escludere
che   abbia   natura   processuale   la   norma  transitoria  dettata
dall'art. 10  legge  n. 251/2005,  la  quale al contrario richiama al
secondo  comma,  prima  parte,  l'art. 2 c.p. e prevede di seguito un
regime  transitorio  differenziato solo per la norma che introduce la
nuova   disciplina   in  tema  di  prescrizione,  di  fatto  erodendo
parzialmente la sfera di applicazione di quest'ultima.
    Poiche'  in  base  alla  nuova  disciplina  i reati oggetto delle
imputazioni  sarebbero  in gran parte - ad eccezione del capo sub J -
estinti per prescrizione, deve prendersi atto della rilevanza e della
non   manifesta   infondatezza   della   questione   di  legittimita'
costituzione  dell'art 10 comma 3 legge n. 251/2005 per contrasto con
l'art 3 Cost.
    Al  contrario  il Collegio non ravvisa profili di contrasto con i
segnalati  parametri degli artt. 111, comma 2 e 27, comma 2 Cost. per
i seguenti motivi.
    L'art  111,  comma 2 Cost. offre garanzia di rango costituzionale
al  diritto dell'imputato di vedere la conclusione del processo a suo
carico  in tempi ragionevoli e la tutela di tale posizione soggettiva
prescinde  dal  tempo  di  prescrizione  del reato - l'istituto della
prescrizione riflette invero l'interesse dello Stato ad esercitare la
pretesa  punitiva  rispetto  ad  un  determinato fatto - reato per un
periodo  di tempo commisurato alla valutazione del disvalore e dunque
della  gravita'  del  fatto stesso - potendo ricevere tutela anche in
situazioni   ben   piu'   anticipate   rispetto  al  maturarsi  della
prescrizione  ed  anche  in  ipotesi  di  reati  imprescrittibili. Si
tratta, invero, di istituti operanti su piani diversi.
    L'ipotizzato  contrasto con il principio costituzionale dell'art.
27,  comma  2  che  la  difesa  assume vulnerato nella misura in cui,
essendo  riconosciuta  in favore di tutti gli imputati la presunzione
di  non  colpevolezza  fino  a  pronuncia  di condanna definitiva, la
scelta  del  legislatore  di introdurre un limite temporale collegato
alla  apertura  del  dibattimento - dunque previsto a favore dei soli
imputati  in  procedimenti  di  1° grado che non abbiano superato una
determinata soglia - piuttosto che a criteri di altra portata darebbe
luogo  a  criterio  di  assoluta arbitrarieta', la suddetta questione
appare  al  Collegio doversi piu' correttamente ricondurre alla reale
problematica  del  contrasto  tra  l'art. 10  comma  3  citato  e  il
principio  di uguaglianza, atteso che il parametro dell'art. 27 Cost.
e'  stato  invocato  al  limitato fine di evidenziare la identita' di
condizione in cui si trovano, rispetto al procedimento e al principio
di  non  colpevolezza,  soggetti  rispetto  ai  quali la modifica dei
termini  di prescrizione in base alla disciplina transitoria andrebbe
ad operare in maniera differenziata.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge n. 87/1953;
    Dichiara rilevante e non manifestatainente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 10, 3 comma legge 5 dicembre
2005 n. 251 per contrasto con l'art. 3 Cost;
    Sospende il procedimento e ordina la trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale.
    Dispone  che  l'ordinanza, di cui e' data lettura in udienza alle
parti,  sia  notificata  agli  imputati,  contumaci nel procedimento,
Sbernadon  Franco  Orso,  Ferrini  Mario  e  Pazzaglia  Ludovico,  al
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti
della Camera e del Senato della Repubblica.
        Perugia, addi' 28 gennaio 2006
                      Il Presidente: Cristiani
06C0963