N. 362 ORDINANZA 25 ottobre - 7 novembre 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte  e tasse - Ritenuta di imposta sulle somme percepite a titolo
  di  indennita'  di  esproprio  a  seguito  di  cessione  volontaria
  nell'ambito   di   procedure   espropriative   relativa  alle  aree
  classificate in zona «F» - Previsione ad opera di decreti-legge non
  convertiti  -  Successiva  sanatoria  degli  effetti prodotti e dei
  rapporti  giuridici  sorti  in  base  ai  decreti  non convertiti -
  Denunciata  insussistenza  dei presupposti di necessita' ed urgenza
  per  l'adozione  dei  decreti-legge  i cui effetti sono stati fatti
  salvi  - Dedotta violazione del principio di irretroattivita' delle
  norme  impositive  - Inizio dell'espropriazione in data anteriore a
  quella in cui il terreno espropriato da agricolo e' stato destinato
  a  zona  omogenea  di  tipo  «F» - Non riconducibilita' del caso di
  specie  all'ambito  di applicazione della norma censurata - Difetto
  di rilevanza della questione - Manifesta inammissibilita'.
- Legge 24 marzo 1993, n. 75, art. 1, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 23, 53, 70, 77 e 81.
(GU n.45 del 15-11-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 2,
della   legge   24 marzo  1993,  n. 75  (Conversione  in  legge,  con
modificazioni,  del  decreto-legge  23 gennaio  1993,  n. 16, recante
disposizioni  in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di
immobili   di  civile  abitazione,  di  termini  per  la  definizione
agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione
della  ritenuta  sugli  interessi, premi ed altri frutti derivanti da
depositi  e  conti  correnti interbancari, nonche' altre disposizioni
tributarie),  promosso con ordinanza deliberata il 13 dicembre 2000 e
depositata  il 7 febbraio 2001 dalla Commissione tributaria regionale
della  Calabria, nel giudizio tributario promosso da Antonio Mauro ed
altri  nei  confronti  della Direzione regionale delle entrate per la
Calabria, Ufficio di Reggio Calabria, iscritta al n. 122 del registro
ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 18, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio dell'11 ottobre 2006 il giudice
relatore Franco Gallo.
    Ritenuto che nel corso di un giudizio di appello - riguardante il
ricorso  proposto  da alcuni contribuenti avverso il silenzio-rifiuto
formatosi  sull'istanza  di  rimborso  della  ritenuta  applicata sul
corrispettivo  della  cessione volontaria di un immobile, intervenuta
nel   corso   di  un  procedimento  espropriativo  -  la  Commissione
tributaria  regionale  della  Calabria,  con ordinanza pronunciata il
13 dicembre  2000, depositata il 7 febbraio 2001 e pervenuta a questa
Corte il 7 aprile 2006, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3,
23,  53,  70,  77  e 81 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge 24 marzo 1993, n. 75
(Conversione   in   legge,   con   modificazioni,  del  decreto-legge
23 gennaio  1993,  n. 16,  recante disposizioni in materia di imposte
sui  redditi,  sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di
termini  per  la  definizione  agevolata  delle situazioni e pendenze
tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi
ed  altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari,
nonche' altre disposizioni tributarie);
        che il giudice a quo riferisce, in punto di fatto, che: a) in
data  14 luglio  1992, i ricorrenti avevano ceduto volontariamente un
terreno  di  cui  erano  comproprietari,  «gia'  oggetto di procedura
espropriativa iniziata con decreto prefettizio del 19 marzo 1990»; b)
sul  corrispettivo  della  predetta  cessione  volontaria  era  stata
applicata  la  ritenuta ai fini dell'IRPEF del 20 per cento, ai sensi
dell'art. 11  della legge 30 dicembre 1991, n. 413; c) con istanza di
rimborso, presentata il 9 luglio 1993, i contribuenti avevano chiesto
la   restituzione  della  ritenuta  fiscale  applicata  sull'indicato
corrispettivo,  in  quanto  «il  terreno  espropriato,  a  seguito di
variazione del 18 novembre 1991 documentata dall'UTE in data 7 luglio
1992,   nonche'   di   modificazioni   degli   strumenti  urbanistici
certificati  dal  comune  di  Reggio  Calabria  il 14 luglio 1992, da
terreno  agricolo  era  stato  destinato  a zona omogenea di tipo «F»
(area  a servizio della residenza; aree a verde pubblico; aree per le
attrezzature  scolastiche  di  grado  superiore)»  e,  pertanto,  non
rientrava  nella  previsione della legge n. 413 del 1991, secondo cui
l'applicazione  della  ritenuta  IRPEF  era limitata alle plusvalenze
conseguenti   alla   percezione  di  indennita'  di  esproprio  o  di
corrispettivi  di  cessioni  volontarie  nel  corso  di  procedimenti
espropriativi   relativi   alle   sole   zone  territoriali  omogenee
classificate, in base al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444,
come «A», «B», «C» e «D», e non anche a quelle classificate come «F»,
per  le quali ultime la ritenuta era stata prevista esclusivamente da
decreti-legge    non    convertiti;   d)   i   contribuenti   avevano
successivamente   impugnato,   davanti  alla  competente  Commissione
tributaria provinciale, il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza di
rimborso,  eccependo l'illegittimita' costituzionale del sopravvenuto
art. 1,   comma 2,  della  legge  n. 75  del  1993,  il  quale  aveva
temporaneamente esteso la suddetta ritenuta con riferimento alle zone
territoriali omogenee di tipo «F», avendo dichiarato validi gli atti,
i  provvedimenti  assunti  ed  i  rapporti  giuridici  sorti sotto la
vigenza  della  norma  che  aveva  previsto  tale  estensione,  cioe'
l'art. 3  dei  decreti-legge non convertiti 28 febbraio 1992, n. 174,
27 aprile  1992,  n. 269  e 25 giugno 1992, n. 319; e) i contribuenti
avevano  quindi  proposto  appello avverso la sentenza di primo grado
che  aveva rigettato le loro domande ed avevano reiterato l'eccezione
di  illegittimita' costituzionale, evidenziando che, dopo la sentenza
impugnata, il Dipartimento delle entrate - Direzione centrale per gli
affari  giuridici e per il contenzioso tributario, con la risoluzione
n. 111/E/III-5-812   dell'11 luglio   1996   sulla  tassazione  delle
indennita'  di  esproprio,  aveva  precisato  che, per individuare il
momento  rilevante  «per  la  collocazione  del  terreno  nelle  zone
omogenee    prevista    dalla    legge    al    fine   di   stabilire
l'assoggettabilita' o meno a tassazione dell'indennita' di esproprio,
si deve fare riferimento non alla emissione del decreto di esproprio,
bensi' all'inizio della procedura esecutiva»;
        che   la   Commissione   tributaria  rimettente  dichiara  di
condividere   la   risoluzione  n. 111  del  1996,  menzionata  dagli
appellanti,  affermando che «il presupposto della imposizione e' dato
dalla  inclusione  del  terreno  in  una delle zone omogenee previste
dalle norme impositive», e che «e' esclusivamente con riguardo a tale
profilo   interpretativo   che   deve   considerarsi  il  riferimento
all'inizio  della  procedura  esecutiva,  al fine di evitare elusioni
della  norma  impositiva  attraverso  una diversa classificazione del
terreno  nel  periodo compreso tra l'inizio e la fine della procedura
esecutiva»,  mentre  «il momento temporale dell'imposizione e' invece
costituito  dalla  materiale percezione delle somme», avvenuta, nella
specie, il 14 luglio 1992;
        che  inoltre,  per  il medesimo, la legge n. 75 del 1993, nel
convertire  il  decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, ha fatto salvi,
con  il censurato art. 1, comma 2, gli effetti prodottisi, i rapporti
giuridici  sorti  ed  i  provvedimenti  adottati sotto la vigenza dei
precedenti  decreti-legge,  non  convertiti - n. 174 del 1992, n. 269
del  1992  e  n. 319 del 1992 - i quali avevano previsto l'estensione
dell'imposizione  fiscale  al  caso  dei  terreni  ricadenti  in zone
territoriali omogenee di tipo «F»;
        che, per il giudice a quo, la norma denunciata si porrebbe in
contrasto  con  gli  articoli 70  e 77 della Costituzione, perche' il
decreto-legge  n. 16  del 1993, da essa convertito, sarebbe privo dei
requisiti di necessita' e urgenza che lo dovrebbero sorreggere, anche
«in   quanto   sostitutivo  di  [...]  precedenti  decreti-legge  non
convertiti»;
        che, infatti, ad avviso del giudice rimettente, e' viziata da
incostituzionalita'  la  norma  che riproduca il «contenuto normativo
dell'intero  testo o di singole disposizioni» di un decreto-legge non
convertito,  ove  tale  riproduzione  non  sia  giustificata da nuovi
presupposti straordinari di necessita' ed urgenza; vizio, questo, che
-  contrariamente  a  quanto affermato da questa Corte nella sentenza
n. 360 del 1996 - non sarebbe sanato dalla conversione in legge, ma -
come,  invece, ritenuto dalla sentenza di questa Corte n. 29 del 1995
-  si  rifletterebbe,  come  vizio  in  procedendo,  sulla  legge  di
conversione;
        che  il  giudice  a  quo  si  sofferma  poi  a  descrivere il
meccanismo  attraverso  il  quale  opera  la  legge  di  conversione,
precisando che, a suo avviso, «nel caso in cui con l'effetto prodotto
dal  congiunto  operare  di  un  decreto  e  della  relativa legge di
conversione  si disciplinano fattispecie che resterebbero precluse ad
una   legge   retroattiva   emanata  ai  sensi  dell'art. 70  Cost.»,
«l'illegittimita'   del   provvedimento  del  Governo  non  puo'  non
riflettersi su quello delle Camere»;
        che  il  giudice  a  quo  sostiene  che, con riferimento alla
fattispecie  concreta  al  suo  esame,  la retroattivita' della norma
denunciata  non  si  giustifica  nemmeno «in ragione dell'esigenza di
coordinamento    e    razionale   sistemazione   delle   innumerevoli
disposizioni tributarie succedutesi nel tempo»;
        che,  quanto all'evocato art. 23 Cost., il rimettente ritiene
che, dal collegamento sistematico di tale articolo con gli artt. 24 e
25  Cost.,  si  desume il principio dell'irretroattivita' delle norme
tributarie  impositive  e che «nel caso di specie, di fatto, manca la
legge  impositiva,  poiche'  l'art. 1,  comma  secondo,  della  legge
n. 73/1995  ha  semplicemente  fatto  salvi  gli effetti dei d.l. non
convertiti, ma non ha imposto alcun tributo»;
        che,  anche  con  riferimento all'art. 81 Cost., il giudice a
quo afferma che «l'imposizione tributaria non puo' essere retroattiva
poiche'  violerebbe  le  specifiche  norme  relative  alla  legge sul
Bilancio  che  ha  una  durata ben determinata proprio per evitare il
verificarsi  di  effetti  retroattivi di aggiustamento delle poste di
bilancio   che   dovrebbero  essere  oggetto  di  esame  della  legge
finanziaria dell'anno successivo»;
        che,   in  punto  di  rilevanza,  la  Commissione  tributaria
rimettente  osserva  che  il  giudizio  in  corso non potrebbe essere
definito   indipendentemente   dalla   risoluzione   della  questione
sollevata;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   concludendo   per   l'inammissibilita'   o,   comunque,  per
l'infondatezza della sollevata questione;
        che, in relazione alla pretesa violazione degli artt. 70 e 77
Cost.,  la  difesa erariale rileva che la norma censurata sarebbe una
norma non gia' di conversione - come ritenuto dal rimettente -, ma di
sanatoria,   diretta   a   fare   salvi  gli  effetti  giuridici  dei
decreti-legge  reiterati  e non convertiti, con conseguente manifesta
infondatezza della questione;
        che,  in  riferimento  agli  artt. 3 e 53 Cost., la questione
sarebbe inammissibile, per mancanza di adeguata motivazione;
        che,  quanto  al  parametro  dell'art. 23 Cost., la questione
sarebbe,  invece,  infondata,  dal  momento  che  il divieto di leggi
retroattive  sarebbe stabilito, in via assoluta ed inderogabile, solo
nella materia penale;
        che,  in riferimento all'art. 81 Cost., la questione sarebbe,
infine,   infondata  o  manifestamente  infondata,  perche'  su  tale
parametro  non  potrebbe  basarsi  il divieto di retroattivita' della
norma censurata;
        che, in prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio
dei  ministri  ha  depositato  memoria,  ribadendo  le argomentazioni
svolte nell'atto di intervento.
    Considerato   che   la  Commissione  tributaria  regionale  della
Calabria  dubita, in riferimento agli articoli 3, 23, 53, 70, 77 e 81
della  Costituzione,  della  legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 2,  della legge 24 marzo 1993, n. 75 (Conversione in legge, con
modificazioni,  del  decreto-legge  23 gennaio  1993,  n. 16, recante
disposizioni  in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di
immobili   di  civile  abitazione,  di  termini  per  la  definizione
agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione
della  ritenuta  sugli  interessi, premi ed altri frutti derivanti da
depositi  e  conti  correnti interbancari, nonche' altre disposizioni
tributarie);
        che  la norma censurata prevede, in particolare, che «restano
validi  gli  atti  e  i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli
effetti   prodottisi  ed  i  rapporti  giuridici  sorti»  sulla  base
dell'art. 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge 28 febbraio 1992,
n. 174, dell'art. 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge 27 aprile
1992, n. 269 e dell'art. 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge 25
giugno 1992, n. 319;
        che  le  disposizioni  richiamate  dalla  norma censurata, di
identico  contenuto  ed  inserite  in  decreti-legge  non convertiti,
avevano  esteso  l'assoggettamento a tassazione previsto dall'art. 11
della  legge  30 dicembre 1991, n. 413, alle «plusvalenze conseguenti
alla  percezione,  da  parte  di  soggetti che non esercitano imprese
commerciali,  di  indennita'  di  esproprio  o  di  somme percepite a
seguito   di   cessioni   volontarie   nel   corso   di  procedimenti
espropriativi  nonche'  di  somme  comunque  dovute  per  effetto  di
acquisizione  coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute
illegittime relativamente a terreni destinati ad opere pubbliche o ad
infrastrutture  urbane all'interno delle zone omogenee di tipo F», di
cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
        che   la   questione   sollevata   deve   essere   dichiarata
manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza;
        che,  infatti,  il  giudice  a  quo, condividendo in punto di
diritto  l'interpretazione  dell'amministrazione finanziaria, afferma
che  ai  fini  dell'applicazione  dell'imposta si deve avere riguardo
alla  zona  territoriale  omogenea  in  cui  risulta  classificato il
terreno  alla data del primo atto della procedura espropriativa e non
alla data della emissione del decreto di esproprio;
        che,   a  quanto  riferisce  in  punto  di  fatto  lo  stesso
rimettente,  l'espropriazione  ha avuto inizio, nella specie, in data
19 marzo  1990,  e  cioe'  in  una  data anteriore a quella in cui il
terreno  espropriato, da agricolo, e' stato destinato a zona omogenea
di tipo «F» «a seguito di variazione del 18 novembre 1991 documentata
dall'UTE  in  data  07  luglio  1992,  nonche' di modificazioni degli
strumenti urbanistici certificati dal comune di Reggio Calabria il 14
luglio 1992»;
        che,  pertanto,  da  tali  assunti del rimettente in punto di
diritto   e   di  fatto  consegue  necessariamente  che  la  cessione
volontaria  del  terreno  oggetto  del  giudizio  a  quo  non rientra
nell'ambito  di  applicazione  della  norma  censurata,  la  quale  -
nell'interpretazione    del    medesimo    rimettente    -   riguarda
esclusivamente   il   diverso   caso  dei  terreni  che,  al  momento
dell'inizio  della  procedura  espropriativa,  siano  ubicati in zona
territoriale omogenea di tipo «F».
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 1,   comma 2,  della  legge
24 marzo  1993,  n. 75  (Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, recante disposizioni in materia
di  imposte  sui  redditi,  sui  trasferimenti  di immobili di civile
abitazione,  di termini per la definizione agevolata delle situazioni
e  pendenze  tributarie,  per  la  soppressione  della ritenuta sugli
interessi,  premi  ed  altri  frutti  derivanti  da  depositi e conti
correnti   interbancari,   nonche'  altre  disposizioni  tributarie),
sollevata,  in riferimento agli articoli 3, 23, 53, 70, 77 e 81 della
Costituzione,  dalla  Commissione tributaria regionale della Calabria
con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 7 novembre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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