N. 369 ORDINANZA 25 ottobre - 9 novembre 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giudizio   di   legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale  -
  Intervento  di soggetto diverso dalle parti del giudizio principale
  - Inammissibilita'.
Procreazione    medicalmente   assistita   -   Diagnosi   preimpianto
  sull'embrione  ai fini dell'accertamento di eventuali patologie (in
  specie,  malattie  genetiche  di  cui  siano portatori i potenziali
  genitori) - Possibilita' di ottenerla su richiesta dei soggetti che
  hanno  avuto  accesso  alle  tecniche  di  procreazione assistita -
  Esclusione (pur quando l'omissione della suddetta diagnosi implichi
  un  accertato  pericolo grave ed attuale per la salute psico-fisica
  della  donna)  -  Lamentata  lesione del fondamentale diritto della
  donna  alla  salute  e inadeguata tutela dell'embrione - Denunciata
  diversita'  di  trattamento  rispetto alla possibilita' di diagnosi
  prenatale  ed al diritto del genitori all'informazione sulla salute
  del  feto  in  corso  di  gravidanza  -  Questione  posta  in  modo
  contraddittorio, perche' volta alla dichiarazione di illegittimita'
  costituzionale  di una norma desumibile anche da altre disposizioni
  non   impugnate   e   dall'intero  testo  legislativo  -  Manifesta
  inammissibilita'.
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 13.
- Costituzione, artt. 2, 3 e 32.
(GU n.45 del 15-11-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 13 della legge
19 febbraio   2004,   n. 40   (Norme   in   materia  di  procreazione
medicalmente  assistita),  promosso  con ordinanza del 16 luglio 2005
dal  Tribunale  di Cagliari, nel procedimento civile promosso da M.S.
ed altro, contro l'Azienda USL n. 8 di Cagliari ed altro, iscritta al
n. 574  del  registro  ordinanze  2005  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 49, 1ª serie speciale, dell'anno 2005;
    Visti  gli  atti  di  intervento del Comitato per la tutela della
salute  della  donna,  del  Forum  delle  Associazioni familiari, del
Movimento  per  la  vita  italiano,  nonche' l'atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  24 ottobre  2006  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Uditi  gli  avvocati  Salvatore  di Mattia per il Comitato per la
tutela della salute della donna e Forum delle Associazioni familiari,
Giovanni  Giacobbe per il Movimento per la vita italiano e l'avvocato
dello  Stato  Antonio  Tallarida  per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
    Ritenuto  in  fatto che il Tribunale di Cagliari, in composizione
monocratica,  nel  procedimento promosso, con ricorso ex art. 700 del
codice  di  procedura  civile,  da una coppia di coniugi ammessi alla
procedura   di   procreazione   medicalmente   assistita  -  i  quali
domandavano  che  venisse  dichiarato  il loro diritto di ottenere la
diagnosi  preimpianto  dell'embrione  -  ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 2,  3  e 32 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 13  della  legge  19 febbraio  2004,  n. 40
(Norme  in  materia  di  procreazione  medicalmente assistita), nella
parte  in  cui  non  consente  di  accertare,  mediante  la  diagnosi
preimpianto,  se  gli  embrioni  da trasferire nell'utero della donna
ammessa  alla  procedura di procreazione medicalmente assistita siano
affetti  da  malattie  genetiche,  di cui i potenziali genitori siano
portatori, quando l'omissione di detta diagnosi implichi un accertato
pericolo grave ed attuale per la salute psico-fisica della donna;
        che   i   ricorrenti,   dei  quali  era  stata  accertata  la
sterilita',  hanno  esposto di avere gia' fatto ricorso alla medesima
procedura  a  seguito della quale la donna si era trovata in stato di
gravidanza,   ma   che   avevano  dovuto  interromperla  per  ragioni
terapeutiche,   essendosi   accertato,   attraverso  la  villocentesi
praticata  all'undicesima  settimana,  che  il  feto  era  affetto da
beta-talassemia;
        che,  avendo  tale  evento  provocato alla donna una sindrome
ansioso-depressiva,   in   occasione   della   seconda  procedura  di
procreazione  in  vitro  i  ricorrenti  avevano  chiesto  al primario
dell'Ospedale  regionale  per le microcitemie la diagnosi preimpianto
dell'embrione  gia'  formato, rifiutando l'impianto se non a diagnosi
effettuata;
        che  il  sanitario  si  era rifiutato di procedere, invocando
l'art. 13   della  legge  n. 40  del  2004,  che  consentirebbe  solo
interventi sull'embrione aventi finalita' diagnostiche e terapeutiche
volte alla tutela della salute ed allo sviluppo dell'embrione stesso;
        che  i  ricorrenti, ritenendo tale lettura inaccettabile alla
luce  dell'art. 32  Cost.,  hanno  chiesto  la  declaratoria  in  via
cautelare  -  considerato  che  gli  embrioni  erano provvisoriamente
crioconservati  e  che  il tempo necessario per la convocazione della
controparte   poteva   pregiudicare  l'attuazione  del  provvedimento
urgente  -  del  proprio  diritto ad ottenere la predetta diagnosi, e
sollecitato  l'emanazione  di un decreto, ex art. 669-sexies, secondo
comma,  cod.  proc.  civ.,  che  ordinasse  al  predetto sanitario di
procedere  alla  diagnosi, deducendo, in subordine, la illegittimita'
costituzionale del citato art. 13 per contrasto con gli artt. 2 e 32,
primo  comma,  Cost.,  nella  parte  in  cui  non prevede la diagnosi
preimpianto  ove  la  stessa  sia  giustificata  dalla  necessita' di
tutelare il diritto della donna alla propria salute;
        che  il  pubblico  ministero,  intervenuto  nel  giudizio, ha
sostenuto  che  l'art. 14 della legge n. 40 del 2004 consentirebbe il
ricorso alla diagnosi preimpianto nel caso in cui ne faccia richiesta
la  coppia ricorsa alla procreazione medicalmente assistita, la quale
intenda conoscere lo stato di salute dell'embrione;
        che  il  Tribunale  adito, ritenuto che le disposizioni degli
artt. 13,  commi 2  e  3,  e 14, n. 5, della legge n. 40 del 2004 non
possano che essere interpretate in senso restrittivo (come confermato
anche  dalla  emanazione delle linee guida previste dall'art. 7 della
stessa  legge,  approvate  con  d.m. 21 luglio 2004), ha sollevato la
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  divieto di diagnosi
preimpianto  nella  eventualita' che esso comporti il pericolo di una
lesione del diritto alla salute della donna che la richiede;
        che, premessa la rilevanza della questione nel giudizio a quo
in  ragione  dello  stato  di salute della ricorrente, documentato da
certificazione  medica,  il  rimettente  sospetta  il contrasto della
richiamata  mancata  previsione  con  gli  artt. 2 e 32, primo comma,
Cost.;
        che,   osserva  il  Tribunale  (pag.  17-18),  il  «conflitto
coinvolgente,  da un lato, la tutela della salute della ricorrente e,
dall'altro,  la  tutela  dell'embrione»  impone  di  considerare  che
«l'embrione  si trova, allo stato, sottoposto a crioconservazione, in
conseguenza  del  rifiuto  della ricorrente di procedere all'impianto
senza  previa  diagnosi»  e  che «anche la salute della donna e', nel
caso   di  specie,  seriamente  minacciata  dalla  impossibilita'  di
conoscere  lo  stato  di  salute  dell'embrione  prima  di  procedere
all'impianto»;
        che,  in  tale  situazione,  «non  solo  appare inadeguata la
tutela  della  salute  della  donna  [...]  ma  non  risulta  neppure
maggiormente   garantita   la   salute  dell'embrione,  probabilmente
condannato  a  subire,  nel tempo, danni biologici [...] (laddove) il
rischio  di  inutilizzabilita'  a causa della diagnosi preimpianto si
aggirerebbe  statisticamente  intorno  all'uno per cento, percentuale
inferiore,  quindi,  a  quella  del  rischio di aborto nelle diagnosi
prenatali (v. sul punto le dichiarazioni della dott. C.)»;
        che il rimettente, inoltre, ravvisa nella normativa de qua un
contrasto  con  l'art. 3 della Costituzione, essendo consentita, alla
stregua  del  diritto  vivente,  la  diagnosi  prenatale,  e pertanto
sussistente  in  capo ai  genitori un diritto alla informazione sulla
salute  del  feto nel corso della gravidanza, laddove analogo diritto
sarebbe  negato  nella  fase della procreazione assistita che precede
l'impianto;   cio'   che  determinerebbe  un  ingiustificato  diverso
trattamento di posizioni soggettive sostanzialmente assimilabili, con
conseguente  contrasto  della norma che vieta la diagnosi preimpianto
con l'art. 3 della Costituzione;
        che nel giudizio innanzi alla Corte ha spiegato intervento il
Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura
generale  dello Stato, la quale ha concluso per la infondatezza della
questione   di   legittimita'   costituzionale,   in  quanto  il  suo
accoglimento  comporterebbe una forma di selezione a scopo eugenetico
degli  embrioni,  a  fronte di un ipotetico rischio di compromissione
dello stato psico-fisico della donna;
        che,  per permettere scelte informate e responsabili, in caso
di  richiesta di accesso alla procreazione medicalmente assistita, e'
previsto  che alle coppie siano fornite informazioni accurate a norma
del  decreto ministeriale del Ministro della giustizia e del Ministro
della salute 16 dicembre 2004, n. 336;
        che,  ad  avviso  dell'Avvocatura  dello  Stato, la soluzione
normativa  censurata,  oltre  ad essere ragionevole e coerente con il
principio  generale,  desumibile non solo dalla legge n. 40 del 2004,
ma anche da altre disposizioni normative che configurano il concepito
come  soggetto  giuridico,  e'  la piu' idonea a bilanciare interessi
contrapposti,  tenuto  conto  che  non  esiste,  e  non  ha giuridico
fondamento,  la  pretesa  ad avere «un figlio sano», e che, pertanto,
non    puo'    assumere   alcuna   rilevanza   l'elemento   attinente
all'equilibrio psico-fisico della donna;
        che  hanno  depositato  atto  di  costituzione in giudizio il
Comitato  per  la  tutela  della  salute  della donna, il Forum delle
Associazioni  familiari  e  l'Associazione  «Movimento  per  la  vita
italiano»;
        che,  in  prossimita'  dell'udienza  (fissata  in  esito alla
camera  di  consiglio del 3 maggio 2006), il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  ha  depositato memoria illustrativa delle conclusioni
precisate   nell'atto   di  costituzione,  preliminarmente  deducendo
l'inammissibilita'   della   questione   per   carenza  di  carattere
incidentale;
        che anche gli intervenienti hanno depositato memorie.
    Considerato  che  il Tribunale di Cagliari dubita, in riferimento
agli   artt. 2,   3  e  32  della  Costituzione,  della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 13  della  legge  19 febbraio  2004, n. 40,
«nella parte in cui fa divieto di ottenere, su richiesta dei soggetti
che  hanno  avuto  accesso alle tecniche di procreazione medicalmente
assistita,    la   diagnosi   preimpianto   sull'embrione   ai   fini
dell'accertamento di eventuali patologie»;
        che,  preliminarmente,  deve  confermarsi  l'ordinanza, della
quale    si    e'    data    lettura    in    udienza,   dichiarativa
dell'inammissibilita' degli interventi spiegati nel presente giudizio
dal  Comitato per la tutela della salute della donna, dal Forum delle
Associazioni  familiari  e  dall'Associazione  «Movimento per la vita
italiano»;
        che,  a  prescindere  dall'irreversibilita' degli effetti del
provvedimento  richiesto  in  sede  cautelare  e  dall'adeguatezza di
quanto dedotto a conforto dell'asserita inconsistenza del «rischio di
inutilizzabilita'    (dell'embrione)    a    causa   della   diagnosi
preimpianto»,  la questione, cosi' come prospettata dal Tribunale, e'
manifestamente inammissibile;
        che,  infatti,  il giudice a quo osserva che il divieto della
diagnosi  preimpianto  discende  non  soltanto  dalla norma censurata
(art. 13) come «comunemente interpretata» (sia per «il suo contenuto»
che  «per la sua formulazione letterale»), ma e' «comunemente desunto
anche  dalla  interpretazione  della legge alla luce dei suoi criteri
ispiratori»  e  «dalla  disciplina  complessiva  della  procedura  di
procreazione   medicalmente  assistita  disegnata  dalla  legge»  (in
particolare,  dalla disciplina della «revocabilita' del consenso solo
fino  alla  fecondazione  dell'ovulo»,  dal  «divieto di creazione di
embrioni  in  numero  superiore  a  quello  necessario  per  un unico
impianto,  obbligatorio  quindi per tutti gli embrioni», dal «divieto
di crioconservazione e di soppressione di embrioni»);
        che,   aggiunge   il  Tribunale,  anche  l'art. 14,  comma 3,
«precisando  che la crioconservazione puo' essere mantenuta fino alla
data  del  trasferimento,  da  realizzare  non  appena  possibile, fa
evidente  riferimento  ad  ostacoli patologici all'impianto di natura
meramente transitoria», e non gia' permanente;
        che,  pertanto,  e'  evidente  la  contraddizione  in  cui il
Tribunale   incorre   nel   sollevare   una   questione   volta  alla
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  di  una  specifica
disposizione  nella  parte  relativa  ad  una  norma  (il  divieto di
sottoporre   l'embrione,   prima   dell'impianto,   a   diagnosi  per
l'accertamento  di  eventuali  patologie) che, secondo l'impostazione
della  stessa ordinanza di rimessione, sarebbe pero' desumibile anche
da   altri  articoli  della  stessa  legge,  non  impugnati,  nonche'
dall'interpretazione  dell'intero  testo  legislativo  «alla luce dei
suoi criteri ispiratori».
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 13  della  legge  19 febbraio
2004,   n. 40   (Norme   in   materia  di  procreazione  medicalmente
assistita),  sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 2, 3 e 32 della
Costituzione, dal Tribunale di Cagliari con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 9 novembre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
                                                             Allegato
                      Ordinanza letta all'udienza del 24 ottobre 2006

                              Ordinanza

    Rilevato  che  nel  giudizio di legittimita' costituzionale hanno
presentato  atto  di  costituzione  in  giudizio  il «Comitato per la
tutela  della  salute  della  donna»  e  il «Forum delle Associazioni
Familiari»,  ed  atto  di intervento l'Associazione «Movimento per la
vita italiano», nessuno dei quali e' stato parte nel giudizio a quo;
        che  sulla  questione dell'ammissibilita' dell'intervento nel
giudizio incidentale di legittimita' costituzionale la giurisprudenza
di questa Corte e' nel senso che l'intervento e' ammissibile solo nel
caso di soggetti titolari di un interesse qualificato, immediatamente
inerente  al  rapporto  sostanziale  dedotto  in giudizio (v., tra le
altre,  sentenze  n. 172  del 2006, n. 345 del 2005, ordinanza n. 389
del 2004);
        che  tale  principio implica che l'incidenza sulla situazione
sostanziale  vantata dall'interveniente derivi dall'immediato effetto
che la pronuncia della Corte produce nel rapporto sostanziale oggetto
del giudizio principale;
        che,  alla  stregua  dei  richiamati  criteri,  la  posizione
sostanziale  fatta  valere  dai  predetti  intervenienti nel presente
giudizio  non  e'  qualificata in rapporto alla questione oggetto del
giudizio stesso.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibili  gli atti di costituzione in giudizio del
«Comitato  per la tutela della salute della donna» e del «Forum delle
Associazioni  familiari»  e  l'atto  di  intervento dell'Associazione
«Movimento per la vita italiano».
                         Il Presidente: Bile
06C0987