N. 479 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 aprile 2006

Ordinanza  emessa  il  20  aprile  2006  dalla Commissione tributarie
provinciale  di  Napoli  sul  ricorso  proposto  da  COSIDA S.p.A. di
Assicurazioni  e  Riassicurazioni  in  L.C. Amm. contro Agenzia delle
Entrate - Ufficio di Napoli 1

Imposte  e  tasse  -  Imposte  sui redditi - Ritenute d'acconto sugli
  interessi dei depositi finanziari effettuati da sostituti d'imposta
  -  Esonero  in  caso  di  assoggettamento a procedure concorsuali -
  Mancata  previsione - Irragionevolezza - Incidenza sul principio di
  retribuzione  proporzionata  ed adeguata - Lesione del principio di
  capacita' contributiva.
- Decreto  del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
  art. 26, commi secondo e quarto.
- Costituzione, artt. 3, 36 e 53.
(GU n.45 del 15-11-2006 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha emesso la seguente ordinanza.

                              F a t t o

    Con istanza notificata in data 12 novembre 2004 all'Agenzia delle
Entrate,  Ufficio  di  Napoli  1, la Cosida S.p.a. di assicurazioni e
riassicurazioni  in  liquidazione  coatta  amministrativa chiedeva il
rimborso  delle  ritenute  d'acconto  da  essa subite sugli interessi
attivi  su  depositi finanziari per gli anni 2000, 2001, 2002, 2003 e
2004,  per il complessivo importo di Euro 169.918,98, oltre interessi
e   rivalutazione  monetaria.  Cio'  sul  presupposto  che  esse  non
avrebbero  dovuto essere effettuate sulla base del combinato disposto
degli  artt. 26,  comma  4,  decreto  del Presidente della Repubblica
n. 600/1973;  5  decreto del Presidente della Repubblica n. 322/1998;
183  T.U.  imposte  redditi  n. 917/1986;  artt. 18  e 31 decreto del
Presidente  della  Repubblica  4  febbraio  1988, n. 42; 111, comma 1
legge   fallimentare   in   quanto,  in  presenza  di  una  procedura
concorsuale,  le stesse costituirebbero un onere a carico della massa
fallimentare  con  danno  al  ceto creditorio, ritenuto che l'acconto
d'imposta  non  e' previsto tra le spese di massa di cui all'art. 111
legge fallimentare la cui elencazione ha natura tassativa.
    Contro il silenzio diniego dell'Agenzia delle Entrate la predetta
societa'  propone ricorso a questa Commissione sollevando le seguenti
questioni.:
1)  Violazione  degli  artt. 26, comma 4 decreto del Presidente della
Repubblica  n. 600/1973;  5  decreto  del Presidente della Repubblica
322/1998;  183  TU  imposte  redditi  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  917/1986: 18 e 31 decreto del Presidente della Repubblica
4 febbraio 88, n. 42; 111, comma 1 Legge fallimentare.
    Ai  sensi  dell'art. 26,  comma  4,  decreto del Presidente della
Repubblica   n. 600/1973,  le  ritenute  operate  nei  confronti  dei
soggetti  all'IRPEG  sono da considerarsi a titolo di acconto di tale
imposta.
    L'art. 125   (ora  183)  del  Testo  Unico  imposte  sul  reddito
stabilisce per le procedure concorsuali la rilevazione dell'eventuale
reddito  d'impresa  soltanto  dopo  la  chiusura del procedimento e a
condizione  che  risulti una differenza tra il patrimonio netto della
societa'   sottoposta   a   liquidazione   coatta   all'  inizio  del
procedimento  e  il  residuo  attivo  derivante  dalle  operazioni di
liquidazione.  Da cio' deriva che l'eventuale IRPEG (poi IRES) potra'
essere   calcolata  soltanto  dopo  la  chiusura  della  procedura  e
costituira'  direttamente  un  debito  del soggetto sottoposto a tale
procedura,  ritornato in honis, come si desume dal combinato disposto
degli  artt. 18,  commi  3  e  5  del  decreto  del  Presidente della
Repubblica  n. 42/1988  e 5, comma 4 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 322/1998, in base ai quali la dichiarazione dei redditi
va presentata dal curatore o commissario liquidatore soltanto dopo la
chiusura  del  procedimento  e  l'imposta  va versata direttamente da
detto organo sulla base delle relative risultanze.
    In questo contesto il secondo e quarto comma dell'art. 26 decreto
del  Presidente  della  Repubblica  n. 600/1973  non  possono  essere
interpretati  in modo del tutto avulso dalle disposizioni particolari
che disciplinano la materia delle procedure concorsuali, sia sotto il
profilo  tributario che civilistico, ma vanno adeguati alla finalita'
di  non  gravare  la  massa  fallimentare di un onere futuro che, per
scelta  normativa, non e' stato stabilito a carico della stessa e che
risultera'  dovuto  soltanto  dopo  la chiusura del procedimento se e
nella misura in cui risultera' una differenza positiva tra situazione
patrimoniale iniziale e residuo attivo.
    Se  cosi'  non  fosse,  le  ritenute  alla  fonte finirebbero per
costituire,  del  tutto  inspiegabilmente,  un  onere  di gestione da
pagare  in  prededuzione,  pur  non avendone la natura, in violazione
dell'art. 111 legge fallimentare.
2) Illegittimita' costituzionale della norma.
    Nell'  ipotesi  in cui si ritenesse che la formulazione letterale
dell'art. 26,  commi  2  e 4, decreto del Presidente della Repubblica
n. 600/1973,  che  non  prevede  alcuna  espressa  deroga  in caso di
procedure concorsuali, rispetto all'obbligo di effettuare il prelievo
alla  fonte,  non  sia superabile in via interpretativa, risulterebbe
evidente  illegittimita'  costituzionale  della  norma  stessa, nella
parte  in  cui essa non prevede una distinta e derogatoria disciplina
con riferimento alla tassazione dei redditi emergenti dalle procedure
concorsuali.
    Essa  contrasterebbe, infatti, con il disposto dell'art. 3 Cost.,
nella  parte  in cui contiene un indiscriminato trattamento paritario
di  situazioni  palesemente diseguali. Infatti,mentre il soggetto non
sottoposto  a  procedura concorsuale potrebbe beneficiare annualmente
della  compensazione  delle  ritenute  col debito fiscale,il soggetto
fallito  o  in  liquidazione  coatta, non sussistendo l'obbligo della
dichiarazione  periodiche,  si  vedrebbe  privato  del  diritto della
compensazione  delle  ritenute subite che andrebbero solo a beneficio
del  soggetto  tornato  in  bonis  con  conseguente danno per il ceto
creditorio.
    Contrasterebbe inoltre con l'art. 53 Cost. in quanto sarebbe gia'
certo,  sin  dall'inizio,  che il provvisorio prelievo alla fonte non
potra'   mai   essere,   neppure  indirettamente,  collegato  ad  una
manifestazione  di  capacita' contributiva in capo al ceto creditorio
nei  cui  confronti  e' effettuato, attesi la dissociazione tra detta
massa passiva ed il patrimonio del soggetto fallito tornato in bonis.
Il prelievo dell'eventuale imposta e' dovuto soltanto successivamente
alla  chiusura  delle  operazioni  di  liquidazione,  se ed in quanto
risulti  una  differenza  positiva in base ai criteri stabiliti dalla
legge.
    Infine la citata disposizione contrasterebbe con l'art. 24 Cost.,
non  concedendo essa alcuna forma di tutela preventiva al commissario
liquidatore  per  evitare  di  subire  un  onere  che sicuramente non
ricadra' mai a carico della procedura concorsuale.
    Con  memoria  di  costituzione del 22 luglio 2005 l'Agenzia delle
Entrate,Ufficio  di  Napoli  1,  eccepisce  che  quanto  dedotto  dal
contribuente  nel  ricorso non trova fondamento in nessun riferimento
legislativo ne' giurisprudenziale. Infatti l'art. 26 comma 2, decreto
del Presidente della Repubblica n. 600/1973 non prevede alcuna deroga
all'obbligo  di effettuare le ritenute in caso di assoggettamento del
sostituito a liquidazione coatta, amministrativa o a fallimento.

                         I n  d i r i t t o

    La  questione sollevata dal ricorrente si ritiene vada sottoposta
al   vaglio  del  giudice  delle  leggi  perche'  si  pronunci  sulla
legittimita'  costituzionale  dell'art. 26 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 600/1973 nella parte in cui non prevede l'esonero
dall'obbligo  delle  ritenute  fiscali sugli interessi maturati nelle
procedure concorsuali.
    Vero  e'  che  la  ritenuta  alla  fonte  deve  essere  operata a
prescindere  dal  fatto che al momento della sua effettuazione ci sia
la  certezza  che  il sostituito possa poi conseguire un utile. Ma e'
altrettanto  vero che tale principio non assume rilevanza nel momento
in  cui  gia' all'atto del prelievo provvisorio si ha la certezza che
il  soggetto che ha subito la ritenuta non sara' mai nel possesso del
reddito colpito in quanto per legge non ne e' titolare.
    Nella  fattispecie  non  puo'  affermarsi  che  la verifica della
debenza  dell'imposta possa esser effettuata prima che il commissario
liquidatore  presenti  la dichiarazione finale dei redditi, in quanto
quest  ultima, a norma del combinato disposto degli artt. 18, comma 3
e  5  decreto del Presidente della Repubblica n. 42/1988 e 5, comma 4
decreto del Presidente della Repubblica n. 322/1998, va effettuata in
data  successiva  alla  chiusura  della  procedura,  in  epoca  cioe'
successiva  alla gia' effettuata distribuzione finale dell'attivo tra
i  creditori,  i quali potrebbero, percio', risultare danneggiati dal
mancato  soddisfacimento  dei  propri  in dipendenza del fatto che la
procedura  e' stata impropriamente gravata da un onere tributario che
non  e'  di competenza della massa dei creditori ma del solo soggetto
posto in liquidazione coatta ritornato in bonis.
    Ne' puo' sostenersi che l'eventuale successivo accertamento di un
reddito  negativo possa generare un diritto al rimborso, in quanto la
restituzione della ritenuta potrebbe materialmente avverarsi soltanto
in  epoca  successiva  alla  chiusura  del  fallimento,  sicche' tale
sopravvenuta  ragione  di  credito nei confronti dell'Amministrazione
finanziaria  non  potrebbe  giovare  ad  alcun  soggetto,  se  non al
fallito,  in  contrasto con l'intento del legislatore di sollevare la
massa  creditoria  da qualsiasi onere tributario ai fini dell'imposta
personale  sul  reddito,  come  risulta  dalla  differenza del regime
previsto  dai  commi  3  e 5 dell'artt. 18 del decreto del Presidente
della  Repubblica  n. 42/1988  tra IRPEG (poi IRES) ed ILOR (ora ICI:
cfr.  art. 10,  comma  6.  decreto  del  Presidente  della Repubblica
n. 504/1992).
    D'altro  canto non e' previsto nella normativa fallimentare, dopo
la chiusura della procedura, all'atto
    del  rimborso  delle ritenute, verificati i presupposti di legge,
la riapertura della stessa per procedere
    ad  ulteriore  ripartizione  di  attivo  tra  i creditori rimasti
incapienti.
    Di  qui l'evidenziarsi di un'intrinseca contraddittorieta' tra la
genericita'  della  previsione  di  cui  al quarto comma dell'art. 26
decreto  del  Presidente  della Repubblica n. 600/1973 e la presenza,
nell'ambito dell'ordinamento delle imposte dirette, di una disciplina
speciale  prevista  dagli  art. 125  (poi  183)  TUIR  per il caso di
liquidazione  coatta  dell'  impresa  nonche'  la  conseguente palese
irragionevolezza  della  disposizione contenuta nel medesimo art. 26,
con  conseguente  sospetto  d'incostituzionalita', oltre che sotto il
profilo  dell'art. 3  Cost.  anche  sotto  quello degli artt. 54 e 36
invocati dalla ricorrente Societa'.
    Non  e'  dunque dubbia, innanzitutto, la rilevanza - nel giudizio
in  oggetto - della questione di legittimita' costituzionale relativa
al  combinato  disposto  delle norme innanzi richiamate, ove si tenga
presente che l'eventuale dichiarazione di illegittimita' dell'art. 26
condurrebbe  all'annullamento  del rifiuto di rimborso invocato dalla
ricorrente    societa',   che   trova   il   proprio   fondamento   e
giustificazione  proprio  nella  normativa  di  cui si avanzano dubbi
d'incostituzionalita'.
    Diversamente  troverebbe  ragione  la  tesi  dell'Amministrazione
finanziaria   laddove  non  lascia  alcuno  spazio  per  una  diversa
interpretazione della medesima norma ad essa favorevole.
    Da  tutto  quanto  osservato  puo',  dunque,  concludersi  che va
devoluta   alla  Corte  costituzionale  la  questione  relativa  alla
legittimita'  costituzionale  dell'art. 26,  commi  2 e 4 decreto del
Presidente  della  Repubblica n. 600/1973 nella parte in cui la norma
stessa non prevede uno specifico regime di esonero dalla ritenuta per
le procedure concorsuali.
    Per  l'effetto,  il  presente  giudizio  resta  sospeso  fino  al
sopraggiungere della pronuncia della Corte. La Commissione,
                              P. Q. M.
    Sciogliendo la riserva espressa in data 20 febbraio 2006,
    Visti  gli  artt. 1 l. cost. 9 febbraio 1948, nonche' 23 e ss. l.
11 marzo 1983, n. 87;
    Dichiara   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
legittimita'  costituzionale  del  combinato disposto dei commi 2 e 4
dell'art. 26  decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973 per
contrasto  con  gli  artt. 3, 53 e 36 Cost. nella parte in cui non e'
prevista  una  specifica  disposizione  derogatoria  per le procedure
concorsuali.
    Dispone  la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti
alla  Corte  costituzionale,  perche'  si pronunci sulla legittimita'
costituzionale della predetta norma.
    Ordina,  altresi',  che  la  presente ordinanza sia notificata, a
cura  della  Segreteria,  alle  parti  in  causa ed al Presidente del
Consiglio  dei ministri nonche' comunicata al Presidente della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica.
        Cosi'  deciso  in  Napoli,  nella  Camera di consiglio del 20
marzo 2006.
                       Il Presidente: Cardone
Il relatore: Barretta
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