N. 585 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 giugno 2006

Ordinanza   emessa  l'8  giugno  2006  dal  tribunale  amministrativo
regionale  della  Sicilia  - Sezione staccata di Catania, sul ricorso
proposto   da   Scopelliti   Maurizio   ed   altri  contro  Ministero
dell'economia e delle finanze ed altri

Giustizia  amministrativa  -  Controversie relative alla legittimita'
  delle  ordinanze  e  dei conseguenziali provvedimenti commissariali
  adottati  in  tutte  le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
  dell'art. 5,  comma 1,  della  legge  24 febbraio  1992,  n. 225  -
  Competenza,  in  via  esclusiva,  in  primo  grado,  attribuita  al
  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma -
  Irragionevole  deroga  al  principio della competenza del Tribunale
  amministrativo  regionale  della Regione in cui il provvedimento e'
  destinato  ad  avere incidenza - Violazione del diritto di difesa e
  del principio del giudice naturale - Violazione del principio della
  ragionevole  durata  dei  processi  -  Violazione del principio del
  decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa.
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione, artt. 24, 25, 111, primo comma, e 125.
(GU n.1 del 3-1-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 6170/2004
RG.,   proposto  da  Scopelliti  Maurizio,  Della  Foresta  Vincenzo,
Dell'Aversana  Giuseppe,  rappresentati  e difesi dall'avv. Antonello
Leone,   presso  il  cui  studio  in  Catania,  via  Fimia  35,  sono
elettivamente domiciliati;
    Contro il Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del
Ministro  pro  tempore, il Comando generale della Guardia di finanza,
in  persona  del  Comandante  generale pro tempore, la Presidenza del
Consiglio  dei  ministri,  in  persona  del  Presidente  pro tempore,
rappresentati  e  difesi  ex  lege dall'Avvocatura distrettuale dello
Stato  di  Catania,  presso  cui domiciliano, in Catania, via Vecchia
Ognina  n. 149; e nei confronti (con i motivi aggiunti) dell'Istituto
nazionale   di   previdenza  per  i  dipendenti  dell'amministrazione
pubblica,  non  costuito;  per  il  riconoscimento  del diritto, e la
conseguente    condanna    delle   amministrazioni   intimate,   alla
restituzione  delle  somme  illegittimamente  trattenute  a titolo di
ritenute  previdenziali  ed assistenziali sulle retribuzioni relative
al  periodo  dal  novembre  2002  fino  al  termine  del  periodo  di
sospensione  normativamente previsto, nonche' per l'annullamento, con
motivi  aggiunti,  della  ordinanza  del Presidente del Consiglio dei
ministri  n. 3442,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17
giugno  2005, e di ogni altro atto antecedente o successivo, comunque
connesso, presupposto o conseguente.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti i motivi aggiunti al ricorso introduttivo;
    Visto  l'atto  di  costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello
Stato per le amministrazioni intimate;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Relatore,  all'udienza  pubblica  del  24 marzo 2006, la dott.ssa
Giuseppa Leggio;
    Uditi  altresi'  gli  avvocati  delle  parti,  come  da  relativo
verbale;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                              F a t t o

    Con   il  ricorso  in  epigrafe  gli  odierni  ricorrenti,  tutti
finanzieri  in  servizio  a Catania, hanno adito questo tribunale per
ottenere  il  riconoscimento  del loro diritto alla sospensione delle
ritenute  previdenziali  ed  assistenziali  sulle retribuzioni per il
periodo  dal  novembre  2002 fino al 31 marzo 2004, e per la condanna
delle   intimate   amministrazioni   alla  restituzione  delle  somme
ilegittimamente trattenute sulle retribuzioni relative al periodo dal
novembre 2002 al marzo 2004, ai sensi dell'art. 4 del d.l. 4 novembre
2002  n. 245,  conv.  in  legge 27 dicembre 2002 n. 286 e dell'art. 5
dell'o.P.C.m. n. 3254 del 29 novembre 2002
    Hanno dedotto censure di violazione e/o falsa applicazione art. 4
del  d.l.  4 novembre 2002 n. 245 conv. con modificazioni nella legge
27  dicembre  2002  n. 286;  art. 1  del  decreto  del Presidente del
Consiglio  dei  ministri  29 ottobre  2002;  comma  uno  dell'art.  5
dell'ordinanza  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri del 29
novembre   2002   n. 3254;  art.  14  comma  due  dell'ordinanza  del
Presidente  del  Consiglio  dei ministri 18 aprile 2003 «disposizioni
urgenti  di protezione civile» (Ordinanza n. 3282); eccesso di potere
per  erroneita'  sui  presupposti  di  fatto e di diritto; eccesso di
potere  per  contraddittorieta'  con  circolari esplicative dell'Ente
previdenziale(Nota operativa Inpdap n. 66 del 27 gennaio 2004).
    A  seguito dell'adozione della ordinanza Presidente del Consiglio
dei  ministri  n. 3442  del  10  giugno  2005,  che  ha modificato la
precedente ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 29
novembre  2002  nei  suoi  destinatari  e nell'ambito territoriale di
riferimento,  i  ricorrenti  hanno  altresi' proposto motivi aggiunti
contro  tale provvedimento, chiedendone l'annullamento per i seguenti
motivi di diritto:
        1.   Eccesso  di  potere  per  disparita'  di  trattamento  e
ingiustizia   manifesta.  Violazione  del  canone  costituzionale  di
uguaglianza e di quello di ragionevolezza.
        2.  Violazione  dell'art. 5,  comma 5, legge 24 febbraio 1992
n. 225.   Eccesso   di   potere   per  motivazione  insufficiente  ed
irrazionale  e  per  difetto  di presupposti. Violazione art. 3 legge
n. 241/1990.
        3.   Violazione  dell'art. 5,  comma  2,  legge  n. 225/1992;
violazione di un principio fondamentale dell'ordinamento giuridico.
        4.  Incompetenza.  Violazione  dell'art. 5,  comma  1,  legge
n. 225/1992.
        5. Eccesso di potere per contrasto con analoghi provvedimenti
dello stesso organo.
    Si e' costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato, avversando
il gravame e chiedendone il rigetto.
    Questo  tribunale,  con  le sentenze nn. 95 97 e 98, tutte del 26
gennaio  2006,  ha annullato la predetta ordinanza del Presidente del
Consiglio   dei   ministri  n. 3442/2005;  l'Avvocatura  erariale  ha
proposto   appello  avverso  le  sentenze  della  Sezione  n. 95/2006
(ricorso  n. 456/2006),  n. 97/2006 (ricorso n. 455/2006), n. 98/2006
(ricorso n. 457/2006).
    Alla  pubblica  udienza  del  24  marzo  2006 il ricorso e' stato
trattenuto in decisione.

                            D i r i t t o

    Con  il  ricorso in epigrafe i ricorrenti chiedono che siano loro
applicati  i  benefici  relativi  alla sospensione dei versamenti dei
contributi  previdenziali  ed  assistenziali  dei  lavoratori  per il
periodo  indicato,  in  ossequio  alle  ordinanze  e provvedimenti di
Protezione civile meglio indicati e richiamati in narrativa.
    Con i motivi aggiunti al ricorso impugnano l'ordinanza Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  n. 3442/2005,  con  la  quale e' stata
ridotta  soggettivamente  ed oggettivamente l'estensione dei benefici
di protezione civile concessi con i provvedimenti prima indicati.
    Questo   tribunale,  con  riferimento  a  fattispecie  del  tutto
analoghe  a  quella  in  decisione,  ha  gia'  annullato  la predetta
ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3442/2005, con
le  sentenze  an. 95, 97 e 98, tutte del 26 gennaio' 2006, avverso le
quali l'Avvocatura erariaie ha proposto appello dinanzi al C.G.A.R.S.
con  i  ricorsi  n  456/2006  (n.  95/2006) n. 455/2006 n. (97/2006),
n. 457/2006 (n. 98/2006).
    Rileva   inoltre   il  Collegio  che  e'  sopravvenuta  la  legge
n. 21/2006,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio
2006, che, all'art. 3, per quel che qui rileva dispone:
        ...  omissis  ... «2-bis. In tutte le situazioni di emergenza
dichiarate  ai  sensi  dell'art.  5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  la  competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della
legittimita'   delle   ordinanze   adottate   e   dei  consequenziali
provvedimenti  commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche  per
l'emanazione   di   misure  cautelari,  al  tribunale  amministrativo
regionale del Lazio, con sede in Roma.
      2-ter.  Le  questioni  di  cui  al  comma  2-bis, sono rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con  sentenza  succintamente  motivata  ai  sensi dell'art. 26, della
legge  6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi  2  e  seguenti  dell'art. 23-bis della stessa
legge.
      2-quater.  Le  norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    Pertanto,  ai  sensi  della suddetta normativa, entrata in vigore
dopo  la  pubblicazione  delle sentenze n. 95, 97 e 98/2006 di questa
sezione,  la  materia  oggetto  della presente causa e' attratta alla
competenza  funzionale del Tribunale amministrativo regionale Lazio -
Roma,  posto  che per la decisione della lite e' necessario conoscere
della  legittimita'  della ordinanza del Presidente del Consiglio dei
ministri n. 3442/2005, adottata con i poteri di cui all'art. 5, comma
1, della legge n. 225/1992.
    Ritiene  il  Collegio  che  si  imponga  al  riguardo l'esame dei
profili   di   sospetta  illegittimita'  costituzionale  della  norma
introdotta  dall'art.  3,  commi  da  2-bis  a  2-quater, della legge
n. 21/2006,  introducendosi  la  relativa  questione  sulla  base  di
autonomo rilievo d'ufficio del tribunale.
    La  questione e' rilevante ai fini della decisione da assumere in
ordine   alla   predetta   trasmissione   degli   atti  al  Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio,  ed  ai  fini della decisione della
presente  controversia,  atteso  che  la norma introdotta dalla legge
n. 21/2006 si applica anche ai giudizi in corso e, dunque, ove questo
giudice  non  dubitasse  della  incostituzionalita'  della  normativa
sopravvenuta,  sarebbe  tenuto  a  trasmettere  gli atti al Tribunale
amministrativo regionale Lazio.
    La  questione  si  presenta,  poi,  ad  avviso  del Collegio, non
manifestamente  infondata,  donde  la  sospensione  della  causa e la
rimessione degli atti al giudice delle leggi.
    In   precedenti   analoghi,   di  impugnazione  di  provvedimenti
emergenziali  adottati ai sensi e con i poteri di cui al sopra citato
art.  5,  comma 1, della legge n. 225/1992 (cfr. ordinanza n. 90/2006
della  I  Sez.  di  questo  Tribunale  amministrativo  regionale), il
tribunale  e'  gia'  pervenuto  alle  suddette  conclusioni,  che non
possono che valere identicamente anche per il caso in esame.
    Vari sono i parametri della Carta costituzionale che il tribunale
ritiene  invocabili al fine di dimostrare l'incostituzionalita' della
norma   che   pone   il   Collegio   nella  descritta  situazione  di
impossibilita' di decidere la questione ad esso sottoposta.
    Ad  avviso  del Collegio, la normativa introdotta dal legislatore
con  l'art.  3,  comma  2,  da  bis a quater, della legge n. 21/2006,
contrasta   innanzitutto   con   l'art.  125  della  Costituzione,  e
segnatamente  con  il principio della articolazione su base regionale
degli  organi  statali di giustizia amministrativa di primo grado ivi
espressa   «Nella   regione   sono   istituiti  organi  di  giustizia
amministrativa  di  primo  grado,  secondo l'ordinamento stabilito da
legge  della  Repubblica».  Tale  previsione  implica il rilievo e la
garanzia  costituzionale della sfera di competenza dei singoli organi
predetti,  sfera  di competenze costituzionalmente garantita, che non
ha ragione di subire deroghe nella materia di cui trattasi, in cui le
singole  situazioni  di emergenza hanno rilievo spiccatamente locale,
con  conseguente efficacia locale dei relativi provvedimenti adottati
dai soggetti delegati alla cura delle varie situazioni emergenziali.
    In  secondo  luogo, il Collegio rileva il contrasto con l'art. 24
della    Costituzione,    a   motivo   dell'aggravio   della   tutela
giurisdizionale   che   la   norma  sospetta  di  incostituzionalita'
comporta,   soprattutto   ove,   come  nella  specie,  esso  non  sia
giustificato  da  una  effettiva  natura accentrata (o dall'efficacia
estesa  a  tutto  il  territorio)  dei  provvedimenti  sui quali deve
esercitarsi  la  cognizione  del  Tribunale  amministrativo regionale
Lazio;  in  particolare ne risulta minorata la possibilita' di tutela
dei  propri  diritti  ed  interessi  enunciata al primo comma, per la
evidente maggiore difficolta' di esercitare le relative azioni presso
il  Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso
gli  organi  giurisdizionali localmente istituiti. Accade infatti che
chi   abbia   gia'   un   giudizio,  pendente  davanti  al  Tribunale
amministrativo  regionale  locale,  ed addirittura abbia ottenuto una
decisione   cautelare,   debba   proseguire   altrove  nella  propria
iniziativa  giudiziaria,  rimanendo  esposto ad una seconda pronuncia
cautelare  sollecitata  dalla  parte  soccombente  davanti al giudice
adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione.
    Altro profilo di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre, nella
violazione  del  principio  del  giudice  naturale  precostituito per
legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma costituzionale
ora  citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice
naturale  precostituito  per  legge»,  esclude,  come la stessa Corte
costituzionale  afferma,  «che vi possa essere una designazione tanto
da  parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole
generali,  quanto  da  altri  soggetti,  dopo che la controversia sia
insorta  (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967;
il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti,
richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002).
    Come   la  Corte  ha  insegnato,  perche'  tale  principio  possa
considerarsi   rispettato  occorre  quindi  che  «...  la  regola  di
competenza  sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia»
(sentenza n. 193 del 2003).
    Tale  profilo  di  incostituzionalita'  emerge in particolare, ad
avviso del Collegio, nella parte della disciplina in questione (comma
2-quater),  che  non  solo  ne  dispone  l'applicazione  ai  processi
pendenti,  ma  addirittura  consente  una  riforma  dei provvedimenti
assunti  in  sede cautelare in tali giudizi pendenti, e cio' ad opera
di un organo giurisdizionale pariordinato a quelli di provenienza.
    Cosi'  facendo,  in  sostanza,  il  legislatore  ha introdotto un
rimedio  inedito,  che  non  e'  di  secondo  grado e che finisce per
costituire  un  doppione  del  gia' espletato giudizio (cautelare) di
primo  grado, senza alcuna possibilita' di inquadramento tra i rimedi
noti e tipizzati (appello, revocazione, reclamo).
    Una  conferma  che  la  norma denunciata costituisca un vulnus al
principio  del  giudice  naturale precostituito per legge, si trae da
una  recente  decisione  della  Corte costituzionale, che, sebbene in
relazione a disciplina totalmente diversa, ha avuto modo di affermare
un  principio  generale,  che  e'  quello  della  appartenenza  della
competenza   territoriale   alla   nozione   del   giudice   naturale
precostituito  per  legge.  Precisamente,  la sentenza n. 41 del 2006
afferma  che  «alla  nozione  del  giudice naturale precostituito per
legge  non  e'  affatto  estranea  "la  ripartizione della competenza
territoriale  tra  giudici,  dettata da normativa nel tempo anteriore
alla  istituzione  del  giudizio", richiamando le precedenti sentenze
n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005».
    Rileva,  infine,  il  Collegio  che  la  norma  in  esame integra
altresi'  violazione  del  principio  del  «giusto  processo», di cui
all'art.   111,   comma   primo,   della   Carta  costituzionale  «La
giurisdizione  si  attua  mediante  il giusto processo regolato dalla
legge».  La  regola  e',  infatti,  che ad un giudizio di primo grado
segua,  ove  la  parte  soccombente  appelli,  un giudizio di secondo
grado,  sia che si tratti di giudizio cautelare, sia che si tratti di
giudizio  di  merito;  giammai e' prevista una doppia pronuncia sulla
stessa  materia  da  parte di due diversi giudici di primo grado, uno
dei quali abilitato a riformare la decisione del primo giudice.
    Con  la norma denunciata in questa sede accade invece che, sempre
con  riferimento  ai  processi  pendenti,  la  parte  soccombente nel
giudizio  cautelare  verrebbe  ad  essere  fornita  di  uno strumento
giurisdizionale  anomalo e atipico a tutela della propria (legittima,
ma  da  esercitare  in  modi  conformi  ai  principi  costituzionali)
aspirazione ad ottenere una pronuncia favorevole in secondo grado, in
quanto,  in  effetti,  non  di  un vero e proprio giudizio di secondo
grado  si  tratta,  quanto  piuttosto di un duplicato del giudizio di
primo grado.
    Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio
del  ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla
Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale
principio del «giusto processo» teste' richiamato.
    Alla  luce  delle suesposte considerazione deve dunque sollevarsi
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma  2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 24, 25, 111 e 125 della Costituzione. Il presente processo deve
essere  sospeso,  disponendosi  la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  3, comma 2-bis, comma 2-ter,
comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 24, 25,
111 e 125 della Costituzione.
    Ai  sensi  dell'art.  23 della legge 12 marzo 1953 n. 87, dispone
l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale e
sospende il giudizio fino alla restituzione degli atti da parte della
Corte.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa,  al  Presidente del Consiglio dei
ministri, nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in Catania, nella Camera di consiglio del 24 marzo
2006.
                         Il Presidente: Leo
L'estensore: Leggio
06C1178