N. 588 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 2006

Ordinanza   emessa   il   10   aprile   2006  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  l'8  novembre  2006) dalla Corte di appello di Torino
nel procedimento penale a carico di Rovere Mirco

Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il
  pubblico  ministero  di  proporre  appello  contro  le  sentenze di
  proscioglimento   -   Preclusione,   salvo  nelle  ipotesi  di  cui
  all'art. 603,  comma 2  -  Inammissibilita'  dell'appello  proposto
  prima  dell'entrata  in  vigore  della  novella  - Contrasto con il
  principio  di  ragionevolezza  -  Lesione  del principio di parita'
  delle   parti   -   Violazione  del  principio  di  obbligatorieta'
  dell'azione penale.
- Codice  di  procedura penale, art. 593, come sostituito dall'art. 1
  della legge 20 febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46,
  art. 10, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 111 e 112.
(GU n.1 del 3-1-2007 )
                         LA CORTE DI APPELLO

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Vista  l'eccezione  di  legittimita' costituzionale sollevata dal
p.g.  d'udienza dell'art. 593 c.p.p. cosi' come novellato dalla legge
20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui limita l'appello del p.m.
contro  le  sentenze  di proscioglimento alle ipotesi di cui all'art.
603, comma secondo c.p.p., nonche' dell'art. 10, comma secondo stessa
legge, per contrasto con gli artt. 3, 111, 112 della Costituzione;
    La  Corte osserva: il testo dell'art. 593 c.p.p. cosi' come sopra
novellato  appare  in  contrasto  innanzitutto  con  il  principio di
parita'   della  parti  (art. 111  della  Costituzione)  per  effetto
dell'introdotta  preclusione  all'appello  del  p.m.,  il p.m. stesso
viene  ridotto  al  ruolo  di  mero  promotore dell'azione penale con
potere  estremamente  limitato  di incidere sulla vicenda processuale
penale   quando   essa   volga  alla  negazione  dell'accusa,  mentre
nell'architettura  della  delega per l'emanazione del nuovo c.p.p. il
ruolo  del p.m. e' identificato non come «accusatore», ma come organo
di  giustizia  (cfr.  direttiva  37,  sentenza n. 88/2001 della Corte
costituzionale).
    La   «finalita'   di  giustizia»  risulterebbe  irrimediabilmente
frustrata  se la presenza obbligatoria del p.m., stabilita' ex lege a
pena di nullita', si riducesse a vana perorazione, potendo il giudice
disattendere le tesi di accusa senza esporsi a censure se non quelle,
estremamente  limitate,  della  sopravvenienza  di  nuove  prove, e a
quelle  del  ricorso  per  cassazione  (mentre nessun limite incontra
l'appello dell'imputato quando la sentenza sia a lui favorevole).
    Appare    altresi'    palesemente   irrazionale   (art. 3   della
Costituzione) un sistema che riconosce al p.m. il potere di appellare
contro  le sentenze di condanna se ritenute troppo miti rispetto alla
gravita'  del  fatto contestato, negandogli al contrario il potere di
proporre   appello   contro  le  pronunce  assolutorie,  persino  se,
eventualmente,  del  tutto  ingiustificate alla luce delle prove gia'
acquisite  e  delle  circostanze  in  fatto ed in diritto gia' emerse
dagli atti del giudizio. Ulteriore profilo di incostituzionalita' del
testo  novellato  dell'art. 593  c.p.p.  discende  dal  principio  di
obbligatorieta'  dell'azione  penale  (art. 112  della Costituzione),
trattandosi di precetto da riferire proprio al p.m. come all'organo a
cui  gli  artt.  73-74  ord.  giud.  conferiscono  le attribuzioni di
repressione   dei   reati  e  di  tutela  della  collettivita'  dalle
aggressioni della criminalita'.
    L'appello  contro  le  sentenze  di  assoluzione dell'imputato, a
torto  o a ragione ritenuto penalmente responsabile dal p.m., si pone
e  si  estrinseca  come  inequivoca espressione del potere-dovere del
p.m.  di  appellare  in vista delle attribuzioni ordinamentali di cui
sopra (cfr. sentenza n. 280/1995 Corte costituzionale).
    La  rilevanza della questione proposta e' altresi' incontestabile
perche'    dal    suo   accoglimento   deriverebbe   l'ammissibilita'
dell'appello  qui  proposto  dal p.g., che il nuovo testo legislativo
esclude.
                              P. Q. M.
    Ritenuta   la   non   manifesta   infondatezza   e  la  rilevanza
dell'eccezione  di  illegittimita'  costituzionale sollevata dal p.g.
d'udienza;
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone la sospensione del procedimento in corso;
    Manda  alla  cancelleria di notificare la presente ordinanza alle
parti  ed  al  p.g.,  al  Presidente del Consiglio dei ministri ed ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso,  nella Camera di consiglio della IV Sezione penale
della Corte di appello, in Torino, il 10 aprile 2006.
                      Il Presidente: Strazzuso
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