N. 591 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 febbraio 2006

Ordinanza   emessa   il   13  febbraio  2006  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale   l'8  novembre  2006)  dalla  Commissione  tributaria
regionale  di  Genova sul ricorso proposto da Agenzia delle entrate -
Ufficio  di  Genova  1  contro  Arti Grafiche Sobrero S.a.s. di Mauro
Sobrero & C.

Imposta  sul  valore  aggiunto  (IVA) - Ritardato versamento dell'IVA
  trimestrale - Irrogazione di sanzione amministrativa pari al trenta
  per   cento  dell'importo  non  versato  -  Inapplicabilita'  della
  sanzione   ridotta   prevista   per  il  «ravvedimento  operoso»  -
  Irragionevole  identita' di trattamento sanzionatorio rispetto alle
  ipotesi  di  omesso  o parziale pagamento - Non graduabilita' della
  sanzione pur in presenza di minimo ritardo - Manifesta sproporzione
  della  stessa nel caso di ritardo di un sol giorno dovuto ad errore
  commesso  dal  contribuente  in  buona  fede -  Incongruita'  della
  mancata  assimilazione  di  tale  ipotesi  a quella del consapevole
  «ravvedimento operoso».
- Decreto  legislativo  18 dicembre  1997,  n. 471, art. 13, comma 1;
  decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13, commi 1 e 2;
  decreto  del  Presidente  della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,
  artt. 44, comma secondo, e 48, primo comma.
- Costituzione, art. 3, commi primo e secondo.
(GU n.1 del 3-1-2007 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

    Ha   emesso   la   seguente   ordinanza  sull'appello  n. 1553/04
depositato  il  2  novembre  2004,  avverso la sentenza n. 55/03/2004
emessa  dalla  Commissione  tributaria provinciale di Genova proposto
dall'ufficio:  Agenzia  Entrate  Ufficio  Genova 1, controparte: Arti
Grafiche  Sobrero  S.a.s.  di Mauro Sobrero e C. socio accomandatario
Sobrero Mauro, salita del Prione 14 16R - 16123 Genova.
    Atti impugnati: cartella di pagamento n. 04820010155879751 I.V.A.
1995.

                      Svolgimento del processo

    Con  ricorso  in  data  8  maggio  2001 la societa' Arti Grafiche
Sobrero   di  Mauro  Sobrero  &  c.  S.a.s.,  in  persona  del  socio
accomandatario  e  legale  rappresentante  Sobrero Mauro, ha adito la
Commissione    tributaria    provinciale    di    Genova,   chiedendo
l'annullamento  della  cartella  di  pagamento  in epigrafe indicata,
recante  l'importo di L. 1.786.000 a titolo di sanzione per ritardato
pagamento  dell'IVA dovuta relativamente al primo trimestre dell'anno
1995.
    Premesso  di  avere  effettuato il versamento dell'imposta con un
solo  giorno  di  ritardo  rispetto  alla  scadenza  legale (4 maggio
anziche'  3  maggio  1995), invocata la propria buona fede in ragione
del  convincimento  che  il termine di scadenza fosse il giorno 5 del
mese,  come  previsto  per  il saldo annuale, e rilevata l'assenza di
qualsiasi  apprezzabile  danno  per l'Erario, la ricorrente lamentava
l'eccessiva  entita'  dell'importo  della  sanzione,  pari al 30% del
dovuto, chiedendone la rideterminazione nella misura del 5%, ai sensi
dell'art. 13 del d.lgs. n. 472/1997, in forza del principio del favor
rei.
    Con  sentenza  n. 55  del  3  maggio 2004 la commissione adita ha
accolto  il  ricorso, condividendo le argomentazioni della ricorrente
in  punto  assenza  di  danno  erariale, buona fede del contribuente,
minima   entita'   dell'infrazione  commessa  ed  eccessivita'  della
sanzione  applicata, e riducendo l'importo della cartella alla misura
del  5%  della  somma  versata con ritardo, al sensi dell'art. 13 del
d.lgs.   n. 472/1997,  in  dichiarata  applicazione  della  normativa
sopravvenuta,  in quanto piu' favorevole rispetto a quella vigente al
momento della commessa violazione.
    Ricorre  in appello l'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Genova 1,
chiedendo  la  riforma  della sentenza gravata e deducendo i seguenti
motivi d'impugnazione:
        1)  Violazione dell'art. 13 del d.lgs. n. 471/1997, in quanto
la   sentenza  di  primo  grado,  dopo  aver  correttamente  ritenuto
applicabile  alla fattispecie il principio del favor rei, comportante
l'applicazione  della normativa sanzionatoria sopravvenuta rispetto a
quella  vigente  all'epoca della commessa violazione, ha erroneamente
determinato  la  misura  della  sanzione  nel  5%  anziche'  nel  30%
dell'importo  non  versato,  come  previsto  dalla  norma indicata in
rubrica,  piu'  favorevole  rispetto  a  quella  previgente (art. 44,
secondo   comma   d.P.R.   n. 6331/1972),  che  contemplava  la  pena
pecuniaria da due a quattro volte l'imposta non versata;
        2)   Violazione   dell'art. 13   del   d.lgs   n. 472/l997  e
dell'art. 48, primo comma, del d.P.R. n. 633/1972, avendo la sentenza
impugnata    erroneamente   ritenuto   applicabile   l'istituto   del
ravvedimento   operoso   (determinando   peraltro,  erroneamente,  la
sanzione  irrogabile  nella misura del 5% gia' prevista dall'art. 48,
primo  comma  del  d.P.R. n. 633/1972, anziche' nella piu' favorevole
misura  del  3,75%  prevista  dal  sopravvenuto  art. 13  del  d.lgs.
n. 472/1997),  in  difetto  del  presupposto  relativo al contestuale
versamento  della  sanzione ridotta insieme alla regolarizzazione del
pagamento  del  tributo  e  al  pagamento degli interessi moratori al
saggio legale, calcolati giorno per giorno.
    Si  e'  costituito  in  giudizio  il  contribuente,  che  resiste
all'appello, chiedendone il rigetto, eccependo altresi' la tardivita'
nell'emissione  della  cartella  di  pagamento,  in quanto notificata
oltre  il  termine  di  decadenza  di  cinque  anni  dalla data della
commessa  violazione, ed instando in subordine per l'invio degli atti
«alla  suprema  Corte»,  perche'  voglia  dichiarare  illegittima per
mancanza di ragionevolezza la sanzione comminata.

                       Motivi della decisione

    Preliminarmente  la  commissione  reputa  insuscettibile di esame
l'eccezione  di  decadenza  nell'emissione della cartella esattoriale
impugnata,  per  decorso  del  termine  quinquennale dalla data della
commessa violazione, trattandosi di eccezione nuova, formulata per la
prima volta in grado di appello e come tale inammissibile, non avendo
il contribuente fatto valere la relativa doglianza con rituale motivo
d'impugnazione  entro  il  termine  di  decadenza  di cui all'art. 21
d.lgs. n. 546 del 1992.
    Nel merito, la sentenza di primo grado appare chiaramente erronea
sotto due diversi profili.
    In  primo luogo, risulta incongruo, ai fini della definizione del
presente  giudizio, il richiamo operato dal giudice di primo grado al
principio  di  derivazione  penalistica  del  favor  rei, comportante
l'applicazione  della  norma  sanzionatoria  sopravvenuta,  ove  piu'
favorevole al contribuente rispetto a quella vigente al momento della
commessa    violazione,   dal   momento   che   di   tale   principio
l'amministrazione  finanziaria  ha  nella  specie fatto applicazione,
commisurando  la  sanzione  irrogata  alla  misura  (pari  al 30% del
tributo  non  versato)  prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 471/1997,
piu' favorevole rispetto a quella contemplata dal previgente art. 44,
secondo  comma  del  d.P.R.  n. 633/1972  (da  due  a  quattro  volte
l'imposta non versata).
    In  secondo  luogo,  la  sentenza  impugnata non ha neppure fatto
corretta  applicazione  del  principio  del  favor  rei  dalla stessa
richiamato,  avendo  erroneamente determinato la sanzione applicabile
nella  misura  del 5% «ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 472/1997»,
laddove  la  norma  richiamata  prevede  invece  la  riduzione  della
sanzione per omesso versamento ad un ottavo del minimo edittale (pari
al  3,75%)  qualora  il versamento venga eseguito entro il termine di
trenta  giorni  dalla  data  della commessa infrazione e prima che la
stessa  sia stata contestata, modificando in senso piu' favorevole al
contribuente  la  misura  della  sanzione  (pari al 5%) gia' prevista
dall'art. 48, comma 1, del d.P.R. n. 633/1972.
    Tanto  premesso,  rimanendo entro i limiti definiti dalla domanda
introduttiva  del  giudizio  di  primo  grado,  in  applicazione  del
principio di corrispondenza tra petitum e decisum di cui all'art. 102
c.p.c.,  ed  esclusa  la  rilevanza  del  principio del favor rei, la
questione  di  merito  devoluta  all'esame  di  questa commissione si
riduce ai seguenti termini: se nella fattispecie in esame (ritardo di
un  solo  giorno  nel  versamento  dell'IVA trimestrale rispetto alla
scadenza  legale) sia o meno applicabile la sanzione ridotta prevista
sia dall'art. 48, primo comma del d.P.R. n. 633/1972 che dall'art. 13
del  d.lgs.  n. 472/1997  per  il  caso di «ravvedimento operoso», in
luogo  dell'ordinaria  sanzione  amministrativa  prevista a carico di
«chi  non  esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze... i
versamenti  periodici»,  applicata  dall'ufficio nella misura del 30%
dell'importo   non   versato,   ai   sensi  dell'art. 13  del  d.lgs.
n. 471/1997.
    A  tale quesito il collegio ritiene debba darsi risposta negativa
alla  stregua  della  vigente legislazione ordinaria, atteso che, pur
risultando  soddisfatta  la  duplice condizione prevista dal 1° comma
dell'art. 13  del  d.lgs.  n. 472,  sopra  citato  (effettuazione del
versamento dell'imposta entro trenta giorni dalla data della commessa
violazione e prima che la stessa sia stata contestata), non e' invece
adempiuta  l'ulteriore condizione di cui al successivo secondo comma,
a  mente  del quale il pagamento della sanzione ridotta deve avvenire
contestualmente  al  pagamento  del  tributo  e  al  pagamento  degli
interessi  moratori  calcolati al tasso legale con maturazione giorno
per giorno.
    La  commissione,  peraltro  (in tal senso sollecitata anche dalla
parte  appellata,  sia  pure  con  l'impropria formulazione lessicale
riportata   nella   premessa  esposizione  in  fatto),  dubita  della
legittimita'  costituzionale  del quadro legislativo sopra delineato,
in  relazione all'art. 3, primo e secondo comma della Costituzione, e
ritiene pertanto di dover devolvere alla Corte costituzionale l'esame
pregiudiziale  della  relativa  questione,  sussistendo  nella specie
ambedue  le  condizioni  di  rilevanza  e  non manifesta infondatezza
all'uopo richieste dalla legge.
    Quanto  alla  rilevanza,  discende  dalle  considerazioni fin qui
svolte  che, alla stregua della vigente legislazione ordinaria, ed in
particolare  del  combinato  disposto  dell'art. 13,  primo comma del
d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 e dell'art. 13, primo e secondo comma
del  d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (nonche', per quanto di ragione,
del  combinato  disposto  degli  artt. 44  e 48 del d.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633, vigenti all'epoca della commessa violazione), l'appello
dell'ufficio dovrebbe trovare integrale accoglimento, con correlativa
reiezione   dell'originario  ricorso  e  conferma  del  provvedimento
sanzionatorio  recato  dall'impugnata  cartella di pagamento. Solo in
forza  dell'eventuale  declaratoria  di illegittimita' costituzionale
della   normativa  sanzionatoria  applicata  dall'amministrazione  si
potrebbe pertanto addivenire all'accoglimento dell'originario ricorso
e   alla  conferma,  pur  con  diversa  motivazione,  della  sentenza
impugnata.
    Oltre  che  rilevante  ai  fini del decidere, la questione appare
altresi' non manifestamente infondata per le seguenti considerazioni.
    Attraverso  l'istituto  del «ravvedimento operoso» il legislatore
ordinario  ha  inteso  mitigare  l'ordinario  regime sanzionatorio in
favore   del   contribuente   che   sua  sponte  abbia  provveduto  a
regolarizzare  la  propria  posizione  fiscale entro un breve termine
(trenta  giorni)  dalla data della commessa infrazione, sempre che la
stessa  non gli sia gia' stata formalmente contestata. Il presupposto
indefettibile, di natura soggettiva, per l'operarivita' dell'istituto
e'  rappresentato  dalla  consapevolezza  che  il  contribuente abbia
dell'irregolarita'  commessa, non essendo altrimenti ipotizzabile che
egli  sia  tenuto  a  versare,  contestualmente al tributo, anche gli
interessi  legali  nel  frattempo  maturatisi  de  die  in  diem,  e,
soprattutto,  ad  autoliquidarsi  la  sanzione  nella  misura ridotta
prevista  dalla  legge  e a procedere, sempre in modo contestuale, al
relativo versamento.
    Orbene,  proprio  in  tale  limitazione  di  indole soggettiva si
annida,   ad   avviso   della   commissione,   un  profilo  di  grave
irragionevolezza  del  vigente sistema sanzionatorio, suscettibile di
ridondare  in  violazione  dell'art. 3 della Costituzione che di tale
principio costituisce fondamentale espressione.
    Pur  nella  discrezionalita'  che  contraddistingue le scelte del
legislatore, appare innanzitutto irragionevole la mancata graduazione
della     sanzione,     prevista    dalla    legge    ed    applicata
dall'amministrazione  nella  misura  fissa  del  30% dell'importo non
tempestivamente  versato,  con  riferimento  alle tre diverse ipotesi
congiuntamente  contemplate  dall'art. 13,  primo  comma  del  d.lgs.
n. 471/1997   (omesso,   parziale   o  ritardato  pagamento),  dotate
intuitivamente di diversa gravita' sia sotto il profilo oggettivo del
danno    cagionato    all'erario,   sia   sotto   quello   soggettivo
dell'atteggiamento  psicologico del contravventore. E' appena il caso
di rilevare come la fattispecie all'esame presenti, sotto ambedue gli
aspetti,  connotati  di minima entita', non essendo configurabile nel
ritardo  di un solo giorno la lesione di alcun apprezzabile interesse
pubblico  ed  apparendo  del  tutto plausibile l'allegazione di buona
fede  da  parte  del  contribuente, che assume semplicemente di avere
confuso   tra   il   termine  di  scadenza  del  versamento  dell'IVA
trimestrale  con  quello previsto per il versamento dell'IVA annuale.
Sotto questo profilo, la misura della sanzione irrogata appare quindi
manifestamente   sproporzionata   sia   in   termini   assoluti,  sia
soprattutto  in  termini  relativi,  stante la previsione di un unica
misura percentuale, da applicarsi sulla medesima base di calcolo, sia
in  caso  di  totale  omissione del versamento sia in caso di ritardo
anche minimo nell'effettuazione del versamento stesso.
    In   secondo   luogo,   appare  egualmente  inconrua  la  mancata
assimilazione   all'ipotesi   di  consapevole  ravvedimento  operoso,
prevista  dall'art.13  del d.lgs. n. 472, della fattispecie in cui il
ritardato o irregolare pagamento sia dovuto a mero errore commesso in
buona  fede  dal  contribuente,  che,  proprio  in  ragione  di  tale
situazione  psicologica,  non  abbia  provveduto  contestualmente  al
pagamento  di  interessi  e  sanzioni  di  cui ignora la debenza. Ne'
sembra  ragionevole l'atteggiamento premiale adottato dal legislatore
a  favore  del  contribuente  che  scientemente ritardi fino a trenta
giorni  il  versamento  a  cui e' tenuto, regolarizzando a posteriori
l'irregolarita'   commessa   attraverso  il  versamento  di  tributo,
interessi  e  sanzione  ridotta,  a  fronte della linea rigorosamente
punitiva  applicata  nei  confronti  del  contribuente che, avendo in
buona  fede  tardato  il  versamento  di un solo giorno rispetto alla
scadenza  legale,  si  veda  colpito da una sanzione di importo quasi
dieci volte superiore all'atto della contestazione dell'infrazione da
parte dell'ufficio.
    Ritenuta  pertanto  la  rilevanza e la non manifesta infondatezza
della  questione di legittimita' costituzionale degli artt. 13, primo
comma del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 e 13, primo e secondo comma
del  d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, nonche', per quanto di ragione,
degli artt. 44, secondo comma e 48, primo comma del d.P.R. 26 ottobre
1972,   n. 633,  vigenti  all'epoca  della  commessa  infrazione,  in
relazione  all'art. 3,  primo  e  secondo  comma  della  Costituzione
(principio  di ragionevolezza nella determinazione della misura della
sanzione   amministrativa   in  relazione  alle  diverse  fattispecie
sussunte dalle norme richiamate), la commissione sospende il presente
giudizio   e   dispone   la   trasmissione   degli  atti  alla  Corte
costituzionale.
                              P. Q. M.
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 13, primo comma del d.lgs. 18
dicembre  1997,  n. 471  e  13,  primo  e secondo comma del d.lgs. 18
dicembre   1997,  n. 472,  nonche',  per  quanto  di  ragione,  degli
artt. 44, secondo comma e 48, primo comma del d.P.R. 26 ottobre 1972,
n. 633,   in  relazione  all'art. 3,  primo  e  secondo  comma  della
Costituzione,  sospende  il  giudizio  e  rimette la causa alla Corte
costituzionale,  mandando  alla  segreteria  per  tutti  i  necessari
adempimenti.
        Genova, addi' 13 febbraio 2006
                    Il Presidente: Gomez De Ayala
Il relatore: Marmo
06C1208