N. 602 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 ottobre 2005

Ordinanza   emessa   il   14   ottobre  2005  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  22  novembre  2006)  dal  tribunale di Genova nel
procedimento penale a carico di Momen Otman

Straniero   e  apolide  -  Espulsione  amministrativa  -  Delitto  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato  in  violazione  dell'ordine  di allontanamento impartito dal
  questore  -  Reclusione  da  uno  a  quattro  anni - Violazione del
  principio  di  ragionevolezza  e  di  proporzionalita' della pena -
  Lesione del principio della finalita' rieducativa della pena.
- Decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-ter,
  come   sostituito   dall'art. 1,   comma 5-bis,  del  decreto-legge
  14 settembre  2004,  n. 241,  convertito con modificazioni in legge
  12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3, primo comma, e 27, comma terzo.
(GU n.2 del 10-1-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti  gli  atti del procedimento a carico di Momen Otman nato in
Marocco  il  1°  gennaio  1978 ed elettivamente domiciliato presso lo
studio del difensore avv. Sabrina Musumeci del foro di Genova.

                            O s s e r v a

    Il sedicente Momen Otman e' stato tratto a giudizio direttissimo,
previa convalida dell'arresto, per rispondere del seguente delitto:
        reato  p.  e p. dall'art. 14, comma 5-ter prima parte, d.lgs.
n. 286/1998   cosi'   come   modificato   dall'art. 13   della  legge
n. 189/2002  e  dall'art. 1  della legge n. 271/2004, perche' - senza
giustificato  motivo  -  si  tratteneva nel territorio dello Stato in
violazione   dell'ordine   impartito   dal   questore   di   Piacenza
(provvedimento  in  data 9 maggio 2005 notificatogli in pari data) di
lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni.
    In Genova accertato il 25 maggio 2005.
    L'imputato,  identificato  in sede di arresto a mezzo dei rilievi
fotodattiloscopici,  ha  proposto personalmente richiesta di giudizio
abbreviato.  Disposto  il  rito alternativo prescelto ed acquisito il
fascicolo del p.m., le parti hanno formulato le conclusioni su cui il
giudice e' chiamato a pronunziarsi.
    La   fattispecie   sottoposta   a   giudizio  e'  l'ipotesi,  ora
delittuosa,  prevista  dall'art. 14, comma 5-ter prima parte, decreto
legislativo  25  luglio  1998,  n. 286 e disciplina la condotta dello
straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio
dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi
del comma 5-bis.
    Nel  caso  di  specie  la  condotta  di cui all'imputazione e' da
inquadrare  nella  norma  indicata  poiche'  si  propetta appunto che
l'attuale  imputato  si  sia indebitamente trattenuto in Italia senza
osservare  l'ordine  dato  dal questore di Piacenza ex art. 14, comma
5-bis, d.lgs. n. 286/1998, fattispecie al presente punita con la pena
della reclusione da uno a quattro anni.
    Se all'esito del giudizio fosse ritenuta la colpevolezza di Momen
Otman  per  il  fatto  prospettato  a  suo  carico,  dovrebbe  essere
applicata,   in  assenza  di  un  giustificato  motivo  (estremamente
limitato   nell'applicazione  secondo  l'orientamento  interpretativo
espresso  da  Cass., sez. un., 29 ottobre/27 novembre 2003 n. 45801),
il  trattamento  sanzionatorio  della  reclusione che la disposizione
prevede nella misura minima di un anno e massima di quattro anni.
    Come  e'  noto,  in  precedenza  la  condotta  illecita  ascritta
costituiva  ipotesi  di  reato  meno  grave  in  quanto  aveva natura
contravvenzionale ed era punita con l'arresto da sei mesi ad un anno.
    Tuttavia,  a seguito dell'entrata in vigore del d.l. 14 settembre
2004,  n. 241, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre
2004,   n. 271,   si  e'  pervenuti  all'attuale  formulazione  della
disposizione  mentre la sanzione prima applicabile e' stata mantenuta
solo  per  la  meno grave ipotesi in cui il permesso di soggiorno sia
scaduto  da  piu'  di  sessanta  giorni e non ne sia stato chiesto il
rinnovo.
    Il  legislatore ha introdotto l'innovazione in questione dopo che
la  Corte costituzionale aveva, con pronunzia n. 223/2004, dichiarato
l'illegittimita'   costituzionale  dell'art. 14,  comma  5-quinquies,
d.lgs.  n. 286/1998 rilevando che l'arresto obbligatorio era privo di
sbocco  sul terreno processuale e rappresentava una misura fine a se'
stessa,  mai  trasformabile nella custodia cautelare in carcere od in
una  qualsiasi altra misura coercitiva, e quindi carente di copertura
costituzionale.
    Su  tale presupposto sono state introdotte le modifiche che hanno
portato   all'elevazione   del   limite   edittale  a  seguito  della
conversione  del d.l. 14 settembre 2004, n. 241, operata con legge 12
novembre  2004, n. 271 e, di conseguenza, alla possibile applicazione
di  misure  cautelari, ove ritenute necessarie, per condotte del tipo
di quella oggetto del presente giudizio.
    In  realta' la ratio originaria del d.lgs. n. 286/1998 era quella
di  privilegiare  l'allontanamento  dello  straniero, in presenza dei
presupposti di legge, dal territorio dello Stato.
    Anche la disciplina relativa al nulla-osta, rilasciato di ufficio
in  sede  di  convalida  dell'arresto  e denegato solo in presenza di
preclusive esigenze processuali tali da giustificare il trattenimento
dell'extracomunitario,  denota  la finalita' di favorire l'espulsione
dello straniero irregolarmente presente sul territorio dello Stato.
    Ne'   sembrerebbe   esservi   stata,   nell'ambito  del  fenomeno
dell'immigrazione  clandestina,  alcuna  modificazione  significativa
atta  a  giustificare, sul piano criminale, la maggiore afflittivita'
del trattamento sanzionatorio da ultimo introdotto.
    Ove  si  considerino  poi  i  presupposti da cui era scaturita la
decretazione  d'urgenza di cui al d.l. 14 settembre 2004, n. 241, non
puo'  sottacersi  che  la  motivazione  addotta  nella  premessa  del
provvedimento  era  stata  quella di adeguare l'attuale disciplina in
materia  di  espulsioni  a  seguito  della sentenza n. 222/2004 della
Corte  costituzionale  rivolta  ad  assicurare  le  garanzie previste
dall'art. 13  Cost.  anche  agli  stranieri  per  i quali fosse stato
disposto l'accompagnamento alla frontiera.
    Prendendo  spunto  da cio' l'iniziativa legislativa, adottata con
la  normativa di cui al d.l. n. 241/2004 conv. con legge n. 271/2004,
ha  di  fatto  introdotto  in  sede  di  conversione  un  piu'  grave
trattamento sanzionatorio per alcuni reati, fra cui quello sanzionato
dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998.
    Nell'ipotesi  in  esame  ritiene  questo  giudice che la pena ivi
prevista,  in particolare quella minima che dovrebbe essere applicata
all'imputato  in  caso  di  condanna trattandosi di soggetto privo di
precedenti  dattiloscopici  e  di  pendenze  giudiziarie, risulti nel
sistema innovato non conforme al disposto degli artt. 3, primo comma,
e 27, terzo comma, della Costituzione.
    Invero  emerge  che,  per  altre  ipotesi  similari  (ad  esempio
l'art. 650 c.p. o l'art. 2, legge n. 1423/1956), il fatto illecito ha
connotazioni  contravvenzionali  ed  e' punito con una pena di specie
diversa e piu' contenuta.
    Vi   e'   anche   da   evidenziare   che  il  pregresso  apparato
sanzionatorio  distingueva  nettamente  l'ipotesi dell'art. 14, comma
5-ter, d.lgs. n. 286/1998 punita con l'arresto da sei mesi a un anno,
il cui presupposto era l'inosservanza dell'ordine di cui all'art. 14,
comma   5-bis,   d.lgs.   n. 286/1998,   dalla  fattispecie  prevista
dall'art. 14,  comma  5-quater,  d.lgs. n. 286/1998 sanzionata con la
reclusione  da  uno  a  quattro  anni, ritenuta piu' grave, in quanto
riguardante lo straniero gia' espulso ai sensi del comma 5-ter.
    Nell'attuale  sistema le due ipotesi, differenti fra loro perche'
caratterizzate  da  condotte  non  omologabili  sul piano oggettivo e
soggettivo,  si  trovano  invece equiparate con la previsione comune,
nel  minimo  edittale,  di una pena, per entrambi gli illeciti, di un
anno di reclusione.
    Al  riguardo  il  legislatore,  che  pure ha previsto per il piu'
grave   reato   contemplato   dall'art. 14,  comma  5-quater,  d.lgs.
n. 286/1998,  una pena maggiore quanto al massimo (fino a cinque anni
di reclusione) rispetto a quella irrogabile per la fattispecie di cui
all'art. 14,  comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 (fino a quattro anni di
reclusione),  non  ha  invece  inteso  differenziare  il  trattamento
sanzionatorio  minimo  che  risulta  determinato, in entrambi i casi,
nella misura di un anno mentre, sul piano repressivo e preventivo, le
esigenze   punitive,   per  le  caratteristiche  dei  fatti,  non  si
presentano omogenee.
    Ritiene  questo  giudice,  condividendo la richiesta della difesa
cui  ha  aderito  il p.m., che il sistema normativo introdotto con le
norme  sopra  richiamate  si ponga in contrasto, oltre i limiti della
ragionevolezza,  con  le disposizioni costituzionali poiche' condotte
illecite   diverse   per  il  disvalore  sociale  vengono  ad  essere
parificate  in  termini  punitivi,  il  che  configura  la violazione
dell'art. 3, primo comma della Costituzione.
    Peraltro  la  sanzione  cosi'  prevista per la fattispecie di cui
all'art. 14,  comma  5-ter,  d.lgs. n. 286/1998, oggetto del presente
giudizio, non sembra neppure conforme al criterio posto dall'art. 27,
terzo   comma   della   Costituzione  che  prevede  il  principio  di
proporzione  tra  qualita'  e quantita' della sanzione, da un lato, e
offesa dall'altro.
    Viene percio' ad essere vanificato il fine rieducativo della pena
che  non  pare  idonea  a  svolgere, in concreto, la funzione ad essa
assegnata.
    La  questione  sottoposta al vaglio della Corte costituzionale e'
rilevante  ai  fini  della  decisione  nel giudizio pendente avanti a
questo  ufficio  chiamato a valutare la congruita' della pena entro i
limiti   posti  dall'art. 132  c.p.  e  secondo  i  criteri  indicati
dall'art. 133 c.p.
    Ove   il   rilievo   sottoposto   alla   cognizione  della  Corte
costituzionale  fosse  condiviso, l'imputato potrebbe beneficiare, in
caso di condanna, di un piu' favorevole trattamento sanzionatorio.
    Consegue  la  sospensione del giudizio e l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma  5-ter  del  d.lgs.  n. 286/1998,  come sostituito dall'art. 1,
comma  5-bis,  legge  12 novembre 2004, n. 271, per contrasto con gli
artt. 3,  comma  primo,  e 27, comma terzo, della Costituzione, nella
parte  in  cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni
per  lo  straniero  che  senza  giustificato  motivo si trattiene nel
territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine  impartito  dal
questore ai sensi del comma 5-bis.
    Dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio  e  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Manda  alla  cancelleria per la notifica della presente ordinanza
al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' per la comunicazione
della stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Genova, addi' 14 ottobre 2005
                         Il giudice: Minici
07C0001