N. 612 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2006

Ordinanza   emessa   il   31   gennaio  2006  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  24  novembre  2006)  dal  tribunale di Napoli nel
procedimento  civile promosso da Magno Giovanni contro Presidenza del
Consiglio dei ministri ed altro

Terrorismo  ed  eversione  -  Elargizioni in favore delle vittime del
  terrorismo  -  Procedimento  per  il  riconoscimento  dei  benefici
  innanzi  al  Tribunale in composizione monocratica - Termine di sei
  mesi   dalla   data  di  entrata  in  vigore  della  legge  per  la
  presentazione  dell'istanza  -  Ingiustificata  diversa  disciplina
  rispetto  al procedimento per la richiesta della stessa elargizione
  in   via  amministrativa  (attivabile  senza  limiti  temporali)  -
  Incidenza sul diritto di azione.
- Legge 3 agosto 2004, n. 206, art. 11.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.3 del 17-1-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
al  numero  di ruolo generale 10098/2005, promossa da Giovanni Magno,
elettivamente  domiciliato  in Napoli, viale Gramsci n. 16, presso lo
studio dell'avv. Sergio Turturiello, che lo rappresenta e difende per
mandato a margine dell'atto di citazione, ricorrente;
    Contro   Presidenza   del  Consiglio  dei  ministri  e  Ministero
dell'interno,  rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura distrettuale
dello  Stato  di Napoli, presso i cui uffici per legge domiciliano in
Napoli,  alla  via Armando Diaz n. 11, resistenti, avente ad oggetto:
riconoscimento dei benefici ex legge n. 106/2004.
    Il giudice, letti gli atti, osserva.

                              In fatto

    Con ricorso depositato in 22 marzo 2005, Giovanni Magno, premesso
che  il  23 dicembre  1984  si  trovava a bordo del treno rapido 904,
oggetto   di   un   attacco   terroristico   nella   grande  galleria
dell'appennino  tra  Verino  e  S. Benedetto  nel  corso del quale 15
persone persero la vita e ne rimasero ferite altre 268; che a seguito
di  tale  evento, in data 29 settembre 1992, per il persistere di una
dolenzia al rachide dorsale e di una sindrome ansiosa depressiva, era
stato sottoposto a visita medica collegiale dalla CMO di Caserta, che
gli  aveva  riconosciuto  il persistere di turbe ansiose con esiti di
contusione  del rachide dorsale, accertando un'invalidita' lavorativa
pari  al  30%; che tale valutazione era stata confermata dal collegio
medico  legale  del  Ministero della difesa il 16 giugno 1994; che su
tali   basi   aveva   ottenuto   il   riconoscimento  della  speciale
elargizione,   pari   a  circa  26.000  euro,  prevista  dalla  legge
n. 302/1990;  che,  tuttavia,  tali  somme  non  erano  adeguatamente
riparatorie; che la legge n. 206/2004 aveva riconosciuto alle vittime
del  terrorismo  ulteriori  benefici,  tra  cui  la  possibilita'  di
ottenere  l'elargizione prevista dalla legge n. 302/1990 commisurando
l'invalidita'  riportata  in  ragione di Euro 2.000,00 per ogni punto
percentuale,  e  la  possibilita'  di ottenere la rivalutazione delle
percentuali  di invalidita' riconosciute tenendo conto dell'eventuale
aggravamento  fisico  e  del  riconoscimento  del  danno  biologico e
morale;  che nel caso di specie occorreva tener conto anche del danno
esistenziale;  cio'  premesso,  ha  chiesto che il tribunale, fissata
l'udienza,  accertasse il diritto della Angelini a percepire la somma
prevista  dalla  legge n. 302/1990 a seguito del ricalcolo effettuato
secondo  i parametri previsti dalla legge n. 206/2004, dichiarando il
diritto ad ottenere le somme che fossero risultate dovute per effetto
della  rivalutazione  in  considerazione  anche  del danno biologico,
morale   ed  esistenziale,  e  che  condannasse,  per  l'effetto,  la
Presidenza  del  Consiglio  dei ministri ed il Ministero dell'interno
alla  corresponsione delle somme dovute, oltre che al pagamento delle
spese di lite.
    Fissata   l'udienza   di  comparizione,  si  sono  costituite  le
amministrazioni   resistenti   che,   premesso  che  il  ricorso  era
inammissibile,  in  quanto  tardivo,  essendo stato proposto oltre il
termine di sei mesi fissato dalla legge n. 206/2004; che, ancora, nel
merito,  mancavano i presupposti previsti dalla citata normativa, dal
momento  che  il  ricorrente  non  aveva  prodotto  la documentazione
indicata   dall'art. 11,   presupposto  per  il  conseguimento  della
rivalutazione, rendendo di conseguenza non agevole neanche il diritto
di  difesa  delle  amministrazioni;  che  infine in alcun caso poteva
essere  accolta  la  richiesta di rivalutazione delle somme dovute in
forza  del  c.d.  danno  esistenziale,  posto  che  la  legge  n. 206
contempla   unicamente  il  danno  biologico  e  morale;  tutto  cio'
premesso,  ha  concluso  per  la declaratoria di inammissibilita' del
ricorso,  perche'  tardivo;  in  subordine, per il rigetto nel merito
dell'avverso ricorso.
    Nel  corso  della prima udienza il giudice, ritenute le eccezioni
preliminari  sollevate dalle amministrazioni resistenti astrattamente
idonee   a   definire  il  giudizio,  ha  fissato  l'udienza  per  le
conclusioni,  nel  corso  della  quale  le parti si sono riportate ai
rispettivi    atti,    eccependo    tra    l'altro    la   ricorrente
l'incostituzionalita'   della   legge  n. 206/2004  relativamente  al
termine  per  la  proposizione della domanda; il giudice si e' quindi
riservato  di  decidere,  assegnando  alle parti termini per memorie,
applicando analogicamente il disposto dell'art. 190 c.p.c.

                             In diritto

    Va    sollevata    questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 11 della legge n. 206/2004.
    La  legge in oggetto attribuisce alle vittime del terrorismo o ai
loro  congiunti una serie di benefici, ad integrazione di quelli gia'
riconosciuti  da  precedenti  leggi.  Tra  gli altri, gli artt. 5 e 6
fissano la misura delle elargizioni previste dalla legge n. 302/1990,
determinano  l'entita'  di uno speciale assegno vitalizio, consentono
l'erogazione  in  favore dei congiunti superstiti aventi diritto alla
pensione   di   reversibilita'  di  due  annualita'  di  pensione  ed
attribuiscono  il  diritto  alla  rivalutazione di tutti i precedenti
benefici  tenendo conto dell'eventuale intercorso aggravamento fisico
e del riconoscimento del danno biologico e morale.
    Gia'  da un punto di vista sostanziale, non pare del tutto chiaro
il  senso  di  una  rivalutazione  (che  parrebbe una mera operazione
aritmetica  di  adeguamento)  che implichi anche la considerazione di
ulteriori voci di danno.
    Il dubbio di legittimita' costituzionale, pero', sorge, ad avviso
di  questo giudice, in relazione alle modalita' che il legislatore ha
fissato  per  la  realizzazione  dei diritti che ha inteso attribuire
alle vittime del terrorismo.
    Ed  infatti,  la  citata  legge  configura  un  doppio binario di
tutela,    l'uno   amministrativo   (artt. 13   e   14)   e   l'altro
giurisdizionale (artt. 11 e 12).
    In  via  amministrativa,  la  legge  prevede innanzitutto che «la
competente  amministrazione  dello  Stato, anche prima dell'inizio di
azioni  giudiziarie  o  amministrative,  d'ufficio  o su richiesta di
parte,  puo' offrire alla vittima... agli eredi una somma a titolo di
definitiva  liquidazione  che, in caso di accettazione, e' preclusiva
di  ogni  altra  azione,  costituendo  ad  ogni  effetto transazione»
(art. 13).  In  ogni  caso, ed a prescindere dunque dai tentativi per
giungere   ad   una   bonaria   soluzione  «il  riconoscimento  delle
infermita',   il   ricalcolo   dell'avvenuto  aggravamento  ai  sensi
dell'art. 6  e delle pensioni, nonche' ogni liquidazione economica in
favore  delle  vittime  di  atti di terrorismo e delle stragi di tale
matrice devono essere conclusi entro il termine di quattro mesi dalla
presentazione   della  domanda  da  parte  dell'avente  diritto  alla
prefettura - ufficio territoriale del Governo...» (art. 14).
    Dunque,  se  ben  si  intende,  gli interessati, a prescindere da
eventuali  soluzioni  transattive, possono presentare, e senza limiti
di  tempo,  formali  domande  alle Prefetture che dovranno rispondere
entro quattro mesi.
    Nulla  dice  la  legge in relazione ad eventuali controversie che
possano  originare  da  possibili dinieghi o accoglimenti parziali ad
opera  dell'ufficio  territoriale  di  Governo: ma cio' non rileva in
questa sede.
    Cio' che importa, invece, e' che gli artt. 11 e segg. dettano (in
modo  anche  qui non del tutto chiaro) un procedimento (che configura
un  ennesimo  rito  civile  a  se  stante,  con  regole  sue proprie)
evidentemente  per il riconoscimento di quegli stessi benefici, ed in
particolare  -  come nel caso di specie - per il riconoscimento della
rivalutazione  delle prestazioni gia' in precedenza accordate secondo
quanto  previsto  dagli  artt. 5  e  6.  Ma,  a  differenza di quanto
previsto  per le richieste in via amministrativa, per il procedimento
giurisdizionale  e'  fissato  un  termine  di  sei mesi dalla data di
entrata in vigore della legge.
    La  questione  che  si  intende sottoporre a codesta Corte appare
rilevante    nel    caso    di    specie,   in   quanto   la   difesa
dell'amministrazione  convenuta ha ritualmente eccepito la tardivita'
dell'azione  instaurata, dal momento che, pubblicata la legge in data
11 agosto  2004  ed  entrata  in  vigore  il successivo 26 agosto, il
ricorso  e'  stato  depositato  in cancelleria il successivo 22 marzo
2005, e dunque oltre il termine di legge (anche a voler far decorrere
il termine con esclusione del periodo di sospensione feriale).
    A  nulla  vale  osservare,  come  fa  il ricorrente negli scritti
conclusivi,  che  il  termine  in  questione non e' qualificato dalla
legge come perentorio la distinzione fissata dal codice di rito, agli
artt. 152  e  segg.  tra termini perentori ed ordinatori e', infatti,
finalizzata  solo a determinare l'improrogabilita' dei primi a fronte
della  prorogabilita' dei secondi, ma solo prima della loro scadenza,
caso che qui, evidentemente, non ricorre.
    Cio' di cui si dubita e' che la previsione di un sistema a doppio
binario,   con   due   strumenti   alternativi   di   tutela,   l'uno
amministrativo,   da   instaurare   senza   termini   espliciti   per
l'interessato,  e  l'altro  giurisdizionale,  sottoposto invece ad un
ristrettissimo  termine  per l'instaurazione del procedimento innanzi
al giudice civile, sia compatibile con gli artt. 24 e 3 Cost.
    In  particolare,  poiche'  non  pare desumersi dalla legge alcuna
graduazione  tra  gli  strumenti attribuiti per conseguire i benefici
accordati;  e  poiche'  in  particolare  non  pare  dubitabile che le
vittime  delle  stragi  terroristiche  o  i  loro  congiunti  possano
rivolgersi  direttamente  al  giudice, senza percorrere un preventivo
iter  amministrativo (cosa che del resto sarebbe impossibile a fronte
di  termini  di  azione  cosi' ridotti); sussiste ad avviso di questo
giudice un dubbio circa la non manifesta infondatezza della questione
di   legittimita'   costituzionale   del  meccanismo  congegnato  dal
legislatore in ordine ai tempi di accesso al giudice civile.
    In sostanza, il legislatore si e' indotto a riconoscere una serie
di  benefici ad una categoria di cittadini particolarmente provati da
tristi  e  gravi  vicende  che,  a  partire dal 1° gennaio 1961 (cfr.
art. 15), hanno sconvolto la vita civile e democratica del Paese; ma,
con  una  legge approvata in pieno periodo estivo ed a distanza anche
di  43  anni  dai  fatti,  ha subordinato la possibilita' concreta di
riconoscimento  di  siffatti  benefici  ad un'azione da intraprendere
entro  un  termine  irragionevolmente  breve  (da cio' il riferimento
anche all'art. 3 Cost. ed al canone generale di ragionevolezza), tale
da  rendere di fatto, se non impossibile, quanto meno molto difficile
la  proposizione  della  domanda e, dunque, la tutela giudiziaria dei
propri diritti.
    Tanto   premesso   in   fatto  e  diritto,  non  ravvisandosi  la
possibilita'  di  superare,  in via interpretativa, il cennato dubbio
attraverso  diverse soluzioni, vista l'univocita' del termine fissato
dal  legislatore,  va disposta la sospensione del presente giudizio e
la  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisone
sulla questione pregiudiziale di legittimita' costituzionale, siccome
rilevante e non manifestamente infondata.
    Alla cancelleria vanno affidati gli adempimenti di competenza, ai
sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
                              P. Q. M.
    Dichiara   rilevante   per   il  giudizio  e  non  manifestamente
infondata,  in  relazione  agli  artt. 3  e 24 della Costituzione, la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 11 della legge
3 agosto  2004,  n. 206,  nella parte in cui consente l'instaurazione
del   procedimento   civile  innanzi  al  tribunale  in  composizione
monocratica  per il riconoscimento dei diritti accordati dalla stessa
legge  nel  termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della
legge stessa;
    Manda  alla  cancelleria  di  notificare la presente ordinanza al
Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' di darne comunicazione
al  Presidente  del  Senato  della  Repubblica ed al Presidente della
Camera dei deputati e alle parti del presente giudizio;
    Dispone  l'immediata  trasmissione  degli atti, comprensivi della
documentazione   attestante   il   perfezionamento  delle  prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.
    Sospende il giudizio in corso.
    Si comunichi a cura della cancelleria.
        Napoli, addi' 30 gennaio 2006
                         Il giudice: Cataldi
07C0011