N. 20 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 luglio 2006

Ordinanza  emessa  il  15  luglio  2006  dal  G.I.P. del Tribunale di
Catania nel procedimento penale a carico di Litteri Rosario

Reati  e  pene  -  Circostanze  del  reato  - Concorso di circostanze
  aggravanti  e  attenuanti - Divieto di prevalenza delle circostanze
  attenuanti  sulle  circostanze  inerenti alla persona del colpevole
  nel  caso  previsto dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. (recidiva
  reiterata) - Contrasto con il principio di ragionevolezza - Lesione
  del principio della funzione rieducativa della pena.
- Codice  penale, art. 69, comma quarto, modificato dall'art. 3 della
  legge 5 dicembre 2005, n. 251.
- Costituzione, artt. 3, primo comma, e 27, comma terzo.
(GU n.8 del 21-2-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    A scioglimento della riserva,

                            O s s e r v a

    In  data  24 marzo  2006 Litteri Rosario e' stato arrestato nella
flagranza  del  reato previsto dall'articolo 73, d.P.R. n. 309/1990 e
citato  davanti  al  giudice  innanzi al quale, a seguito di giudizio
immediato, ha richiesto il giudizio abbreviato.
    All'imputato  viene  contestata  la  detenzione  di  grammi 12 di
cocaina   (con  principio  attivo  pari  a  grammi  2,5  circa),  non
finalizzata  all'uso personale e senza autorizzazione. Ritiene questo
giudice  che,  alla  luce  delle  modalita'  della  detenzione, delle
condizioni  soggettive  dell'imputato e del quantitativo esiguo della
sostanza   detenuta,   qualora  non  appaia  dimostrata,  secondo  il
giudicante,   la  sussistenza  della  detenzione  per  esclusivo  uso
personale, pare chiara la configurabilita', nel caso di specie, della
circostanza  attenuante  ad  effetto  speciale  prevista  dal comma 5
dell'art. 73,  d.P.R.  n. 309/1990  (fatto  di  lieve  entita), avuto
particolare   riguardo  alla  modesta  quantita'  dello  stupefacente
detenuto,  in  parte  verosimilmente  acquistato  dal Litteri per uso
personale:  l'episodio  delittuoso,  nel  suo insieme, in riferimento
alla  consistenza  qualitativa  e  quantitativa  della  droga oggetto
dell'addebito,  presenta  connotati  tali da poter essere definito di
minore,  minima offensivita' per la collettivita' (in proposito cfr.,
fra  le ultime, Cassazione 19 ottobre 2004, Bassi e altri; Cassazione
3 novembre  2004, Nwbodo e altri; Cassazione 2 dicembre 2004, Grado e
altri;  Cassazione  3 febbraio  2005,  Pronest;  Cassazione 21 giugno
2005, Lantani e altro).
    In  diritto,  va ricordato l'orientamento della giurisprudenza di
legittimita',  cosi'  costante da costituire diritto vivente, secondo
il   quale,   con   la   previsione   dell'art. 73,  comma 5,  d.P.R.
n. 309/1990,  non  si e' introdotta una fattispecie autonoma di reato
bensi'  una  circostanza attenuante ad effetto speciale (cosi', anche
da  ultimo,  Cassazione  24 febbraio 2005, Cianchetta e Cassazione 21
dicembre  2004, D'Aquilio), soggetta ovviamente, nel caso di concorso
con  una  o  piu' circostanze aggravanti, al giudizio di comparazione
previsto dall'art. 69, comma 4 c.p., (in questo senso, espressamente,
cfr.  Cassazione  15  ottobre 2002 Mazzei; Cassazione 17 aprile 1998,
Piccardi; Cassazione 12 dicembre 1997, Vassalli; Cassazione 16 aprile
1997,  Bettoschi;  Cassazione  8 luglio  1933,  Cappelli;  Cassazione
4 novembre  1992, Pezzolet), con l'ulteriore conseguenza che, in caso
di  ritenuta equivalenza, la pena e' determinata senza tener conto di
alcuna delle circostanze, ai sensi dell'art. 69, comma 3 c.p.
    Il  comma 4  dello  stesso  art. 69  prescrive  che  il  suddetto
giudizio  di  comparazione (o di bilanciamento) delle circostanze sia
esteso anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole.
    Tuttavia, detto comma e' stato modificato dall'art. 3 della legge
n. 251/2005,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 7 dicembre 2005
ed  entrata  in  vigore il giorno successivo: a seguito della novella
(consistita  nell'aggiunta  della locuzione: «esclusi i casi previsti
dall'art. 99,   comma 4,  nonche'  dagli  art. 111  e  112,  comma 1,
numero 4),  per  cui  vi  e'  divieto di prevalenza delle circostanze
attenuanti  sulle  ritenute  circostanze  aggravanti»),  nel  caso di
recidiva reiterata, eventuali circostanze attenuanti potranno tutt'al
piu' essere valutate equivalenti rispetto alla recidiva medesima.
    Nella fattispecie l'imputato e' recidivo reiterato, atteso che lo
stesso ha riportato altre condanne.
    La  recidiva  reiterata  puo' essere ritenuta, pur in mancanza di
una  precedente  apposita  dichiarazione  giudiziale  dello status di
recidivo,  dichiarazione  che  non  ha natura costitutiva (Cassazione
16 marzo 2004, Marchetta e Cassazione 6 maggio 2003, Andreucci).
    La  finalita'  del giudizio di comparazione previsto dall'art. 69
c.p.,  che  attribuisce  al giudice la valutazione della prevalenza o
equivalenza  in  caso  di  concorrenza  fra circostanze aggravanti ed
attenuanti,  e'  quella  risultante  dallo schema dell'art. 133 c.p.,
dovendosi  cosi'  valutare  il  fatto  delittuoso, nell'esercizio del
potere   discrezionale   riconosciuto   da   tale  norma,  nella  sua
complessita',  avuto  anche  riguardo  alle  circostanze  inerenti la
persona  del  colpevole,  dando  poi  rilievo  a  quello  od a quegli
elementi  positivi o negativi qualificanti il reato ed il suo autore,
ritenuti  maggiormente  significativi  o di valore decisivo; in altri
termini,  si  tratta  di  apprezzare  la personalita' del colpevole e
l'identita'  del fatto, onde conseguire il perfetto adattamento della
pena al caso concreto (in questo senso cfr., da ultimo, Cassazione 28
giugno 2005, Matti).
    Nel caso di specie, va evidenziato che la gravita' del fatto e la
conseguente pericolosita' della condotta risultano di modesta entita'
(avuto  riguardo alla detenzione di un piccolo quantitativo di droga)
e che l'imputato non ha precedenti specifici.
    In  considerazione  di  questi  elementi,  prima  della ricordata
novella,  la circostanza attenuante ad effetto speciale sarebbe stata
ritenuta senz'altro prevalente sulla contestata recidiva, valutazione
ora preclusa dalla formulazione dell'art. 69 ultimo comma c.p.
    Nel   caso  di  specie,  dunque,  concessa  detta  attenuante  in
equivalenza  con la contestata recidiva, la pena minima da infliggere
all'imputato  prima  della  applicazione della diminuente per il rito
sarebbe  quella  di  anni  sei reclusione e 26.000 di multa, prevista
dall'art. 73,   comma 4,   d.P.R.   n. 309/1990,   pena   che  appare
manifestamente  sproporzionata  e non adeguata rispetto alla condotta
posta in essere dall'imputato, il quale se non fosse recidivo ex art.
99, comma 4 c.p., potrebbe essere condannato ad una pena prevista nel
minimo  di  anni  uno  e  3000 euro cosi' come previsto dal novellato
art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
    L'attuale   formulazione   dell'art.   69,  comma  4  c.p.,  come
modificato  dall'art. 3 della legge n. 251/2005, appare in contrasto,
innanzitutto, con l'art. 3, primo comma della Costituzione e, quindi,
con  il  principio  di ragionevolezza quale accezione particolare del
principio di uguaglianza.
    E'  noto  che la Corte costituzionale ha piu' volte affermato che
rientra  nella  discrezionalita'  del  legislatore  la determinazione
della quantita' e della qualita' della sanzione penale; nel contempo,
pero',  il  giudice  delle leggi ha evidenziato in numerose pronunzie
(cfr.,  ad  es., le ordinanze 438/2001, 207/1999, 368/1995, 435/1998,
456/1997)  che  l'esercizio  di  tale  discrezionalita'  puo'  essere
sindacato  quando  esso non rispetti il limite della ragionevolezza e
dia  luogo,  quindi,  a  una  disparita'  di  trattamento palesemente
irragionevole.   Anche   da   ultimo,   il  Giudice  delle  leggi  ha
opportunamente  ribadito  che  a  prescindere  dal  rispetto di altri
parametri,  la  normativa deve essere anzitutto conforme a criteri di
intrinseca ragionevolezza (Cost. sentenza n. 78/2005).
    La    sproporzione    e    l'irragionevolezza   del   trattamento
sanzionatorio  per  casi  quali  quello  in esame, avente una modesta
offensivita',  confliggono  anche  con  il  principio  della funzione
rieducativa della pena (art. 27, terzo comma della Costituzione), non
apparendo soddisfacente, per motivare eventualmente la compatibilita'
della  norma  in  esame  con  detta funzione, la mera possibilita' di
avvalersi,  solo  in  sede  esecutiva,  delle misure alternative alla
detenzione previste dall'ordinamento.
    La  preclusione  imposta al giudice di formulare eventualmente un
giudizio  di prevalenza di una o piu' circostanze attenuanti rispetto
alla   recidiva   reiterata,  senza  eccezione  alcuna,  comporta  un
appiattimento   del  trattamento  sanzionatorio  per  situazioni  che
potrebbero  essere  assai diverse e potrebbe imporre come nel caso di
specie  l'applicazione  di  una pena manifestamente sproporzionata ed
irragionevole,   l'espiazione   della  quale  non  consentirebbe  una
rieducazione del condannato.
    Certamente,  sono  ipotizzabili altri casi ove l'irragionevolezza
della  norma contestata sarebbe ancora piu' evidente. Volendo fare un
solo  esempio  (ma  ve ne potrebbero essere tanti analoghi), si pensi
all'imputato,  in  precedenza  condannato  per  un'ingiuria e per una
minaccia  (fatti  commessi  in due diverse occasioni, non avvinti dal
vincolo  della  continuazione,  giudicati  con separati processi), il
quale  ceda  una  dose  di  eroina  ad una terza persona: configurata
l'ipotesi  attenuata  di  cui all'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/1990
(necessariamente)  equivalente  alla  recidiva  reiterata, l'imputato
dovrebbe   essere  condannato  alla  pena  minima  di  otto  anni  di
reclusione e 25.822 euro di multa!
    La  questione  proposta, dunque, appare rilevante nel giudizio de
quo  (dovendo  il giudicante emettere una sentenza di condanna ad una
pena  non  inferiore  a quella prevista dall'art. 73, comma 4, d.P.R.
n. 309/1990)   e   manifestamente  non  infondata  (alla  luce  delle
valutazioni sommariamente espresse).
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art.  69,  comma  4  c.p.,  come
modificato  dall'art.  3  della  legge 5 dicembre 2005, n. 251, nella
parte in cui vi e' divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti
sulle  circostanze  inerenti  alla  persona  del  colpevole, nel caso
previsto dall'art. 99 quarto comma codice penale.
    Dispone  la  trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale e
sospende il giudizio in corso.
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
comunicata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti
delle due Camere del Parlamento.
        Catania, addi' 15 luglio 2006
           Il giudice per le indagini preliminari: Ferrara
07C0165