N. 39 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 maggio 2006

Ordinanza   emessa   il   5   maggio   2006   (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  17 gennaio  2007)  dal  tribunale  di Gorizia nel
procedimento penale a carico di Adirou Ugochkwu Paschal ed altro

Straniero  -  Espulsione amministrativa - Accompagnamento coatto alla
  frontiera  disposto  dal  questore  -  Immediata  esecutivita'  del
  provvedimento  stesso  -  Convalida  da  parte del giudice di pace,
  ovvero,   in   alternativa,   convalida   di  un  provvedimento  di
  trattenimento   presso   un  centro  di  permanenza  temporanea  ed
  assistenza, ovvero analoga tutela giurisdizionale incidente in modo
  diretto   sull'intimazione  del  questore  -  Omessa  previsione  -
  Violazione  di  diritto  fondamentale  -  Lesione  del principio di
  uguaglianza  - Violazione del principio di inviolabilita' personale
  -  Lesione  del  diritto  di  difesa  - Violazione del principio di
  estensione  agli stranieri presenti sul territorio della Repubblica
  dei  principi fondamentali di uguaglianza di fronte alla legge e di
  pari dignita' sociale.
- Decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-bis,
  aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 2, 3, 10, 13 e 24.
(GU n.8 del 21-2-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza, dell'arresto eseguito addi'
4  maggio  2006 d'iniziativa della Stazione Carabinieri di Monfalcone
(Gorizia),  ai  sensi  dell'art. 14,  comma  5-quinquies  del  d.lgs.
n. 286/1998 come modificato dalla legge 12 novembre 2004, n. 271, nei
confronti  dei  cittadini  stranieri extracomunitari sedicenti Adirou
Ugochkwu  Paschal  e  Okoro Wisdom (di nazionalita' nigeriana) per il
reato  di  cui  all'art.  14,  comma 5-quater d.lgs. n. 286/1998 come
sost. dalla legge 12 novembre 2004, n. 271;
    Rilevato  che  il p.m. ha richiesto la convalida dell'arresto del
solo  Adirou Ugochkwu Paschal ed invece la non convalida dell'arresto
di Okoro Wisdom sotto il profilo che agli atti non e' stata acquisita
la  notifica  a  quest'ultimo dell'ordine del Questore di Venezia con
cui al predetto veniva intimato di lasciare il territorio nazionale;
    Ritenuto  che  dall'esame  degli atti del fascicolo trasmesso dal
p.m.  risulti  sufficientemente  documentata,  a fini della convalida
dell'arresto  obbligatorio dei due cittadini stranieri la conformita'
ai  vigenti  presupposti  di legge dei provvedimenti del Questore non
ottemperati,  emergendo  comunque  che  in  nessuno dei casi in esame
l'emanazione  dell'ordine  era  stato preceduto dalla convalida di un
decreto  di  accompagnamento  alla  frontiera  ai sensi dell'art. 13,
comma 5-bis,  d.lgs.  n. 286/1998  -  come  sostituito  dal  d.l.  14
settembre  2004,  n. 241  convertito con modificazioni nella legge 12
novembre  2004,  n. 271  o,  in  alternativa  dalla  convalida  di un
provvedimento   di  trattenimento  presso  un  centro  di  permanenza
temporanea ed assistenza ai sensi dell'art. 14, commi da 1 a 5 d.lgs.
n. 286/1998;
    Ritenuto  che  pertanto  sia  senz'altro  rilevante rispetto alla
decisione la questione di legittimita' costituzionale - che si reputa
non  manifestamente  infondata e percio' da sollevarsi d'ufficio - in
rel.  all'art. 14,  comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 - come sostituito
dalla legge 12 novembre 2004, n. 271 - nella parte in cui prevede che
il  questore possa dare immediata esecuzione al decreto di espulsione
intimando  allo  straniero  espulso  di  lasciare il territorio dello
Stato  entro  il  termine  di cinque giorni, senza necessita' che sia
previamente  richiesta e concessa dal giudice di pace la convalida di
un  decreto  di accompagnamento alla frontiera ai sensi dell'art. 13,
comma  5-bis,  d.lgs.  n. 286/1998  -  come  sostituito  dal  d.l. 14
settembre  2004,  n. 241  convertito con modificazioni nella legge 12
novembre  2004,  n. 271  (tale previsione essendo stata introdotta in
conseguenza  della  sentenza  8-15  luglio  2004,  n. 222 della Corte
costituzionale) o, in alternativa la convalida di un provvedimento di
trattenimento presso un centro di permanenza temporanea ed assistenza
ai  sensi  dell'art. 14,  commi  da  1 a 5 d.lgs. n. 286/1998, ovvero
senza  che  sia  prevista analoga tutela giurisdizionale incidente in
modo diretto sull'intimazione del questore;
Sulla rilevanza della questione.
    1.  -  Dagli  atti  risulta  in  primo  luogo  la sussistenza nei
confronti  del  Adirou Ugochkwu Paschal del provvedimento emanato dal
Questore   di  Udine  ai  sensi  dell'art. 14,  comma  5-bis,  d.lgs.
n. 286/1998,  con  il  quale  al  destinatario,  immediatamente  dopo
l'emissione del decreto di espulsione, era stato ordinato di lasciare
il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni.
    Lo  stesso  Adirou,  sorpreso  in  Monfalcone dai Carabinieri che
pertanto procedevano al relativo arresto ai sensi dell'art. 14, comma
5-quinquies  del  d.lgs.  n. 286/1998  come modificato dalla legge 12
novembre  2004,  n. 271  ha  oggi  riconosciuto come propria la firma
sulla  notifica  dell'ordine  notificatogli  e,  pur allegando di non
averlo letto al momento della sottoscrizione, ha riconosciuto che era
a conoscenza della prescrizione impartitagli di abbandonare lo Stato.
    Per  quanto  invece concerne l'Okoro, anch'egli tratto in arresto
nelle medesime circostanze, come correttamente messo in luce dal p.m.
non  vi  e'  agli  atti  la notifica all'interessato dell'intimazione
emessa  ai  sensi  dell'art. 14,  comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 dal
Questore   di   Venezia   in   data  22  marzo  2006  con  la  quale,
immediatamente  dopo  l'emissione  del  decreto di espulsione di pari
data  del  Prefetto di Venezia, al destinatario era stato ordinato di
lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni.
    In  proposito  va  peraltro  rilevato  che  secondo  la  costante
giurisprudenza  della  Corte  di cassazione (Sez. 1, sentenza n. 3870
del  20  gennaio  2004 Cc. Rv. 227501, Sez. 1, sentenza n. 8068 del 3
febbraio  2004  Cc.  Rv.  227121,  Sez.  1,  sentenza n. 41432 del 10
ottobre  2003  Cc. (dep. 30 ottobre 2003) Rv. 225754) nel giudizio di
convalida   dell'arresto   dello   straniero  che,  non  ottemperando
all'ordine  del questore di lasciare il territorio dello Stato, abbia
commesso  il  reato  di  cui  all'art. 14,  comma  5-ter  del  d.lgs.
25 luglio  1998, n. 286, il giudice deve valutare la legittimita' del
provvedimento  restrittivo  sulla  base degli elementi indicati dalla
polizia  giudiziaria,  in  particolare  del  verbale  di  arresto che
costituisce  prova  delle  attivita'  e  degli  accertamenti  svolti,
verbale che puo' costituire anche l'unica documentazione ostensibile,
tenuto  conto  che  i ristretti limiti di tempo in cui l'arresto deve
essere  convalidato non consentono l'acquisizione delle dichiarazioni
rese  dalle  persone  informate  dei  fatti  o  la  produzione  della
necessaria documentazione amministrativa».
    In  applicazione  di detto principio e' stato cosi' affermato tra
l'altro dalla S.C. nelle succitate pronunce:
        che   «la   materiale  mancanza,  in  atti,  del  decreto  di
espulsione   dello  straniero,  emesso  dal  prefetto  e  debitamente
notificato  al  destinatario,  non  giustifica la disapplicazione, da
parte  del,  del  susseguente ordine di allontanamento dal territorio
dello  Stato  impartito  dal  questore  ai  sensi dell'art. 14, comma
5-ter, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 inserito dall'art. 13, primo
comma,  lett.  b)  legge  30 luglio  2002,  n. 189, e non puo' quindi
incidere  sulla legittimita' dell'arresto (previsto come obbligatorio
dal  comma  5-quinquies del medesimo art. 14) dello straniero che, in
violazione di detto ordine, si sia trattenuto in territorio italiano;
        che deve procedersi alla convalida dell'arresto per l'ipotesi
di reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 anche in
mancanza della prova della notifica del provvedimento di espulsione e
della   traduzione   dell'atto   in  una  lingua  comprensibile  allo
straniero,   quando  dal  verbale  di  arresto  risulti  la  notifica
dell'espulsione,   la   verifica   dell'avvenuta  traduzione  dovendo
considerarsi oggetto di prova nel dibattimento;
        che  ai  fini  della  validita'  dell'ordine  impartito  allo
straniero di lasciare entro il termine di cinque giorni il territorio
nazionale,    e'    sufficiente   che   detto   provvedimento   rechi
nell'originale  la  sottoscrizione autografa del questore o di un suo
delegato,  ben  potendo  la  copia  notificata all'interessato recare
soltanto  l'indicazione  della  esistenza  di  detta sottoscrizione e
della qualifica che soggetto che l'ha apposta».
    Si  impone  dunque  il  rilievo  che  il caso odierno (dato dalla
mancata   acquisizione   della  notifica  dell'ordine  all'Okoro  nel
fascicolo  processuale  della  convalida)  e' del tutto omogeneo alle
situazioni    affrontate   da   tale   costante   giurisprudenza   di
legittimita',  posto  che - pur in mancanza del riscontro documentale
della  notifica  dell'ordine  (essendovi  comunque  prova documentale
della notifica del decreto di espulsione al destinatario) la p.g. che
ha  eseguito  l'arresto  ha  attestato  nel  relativo verbale di aver
verificato  la  circostanza  che l'ordine del Questore di Venezia era
stato  debitamente  notificato  all'Okoro in data 22 marzo 2006, cio'
precludendo  al  giudice della convalida il potere di disapplicare il
provvedimento ai fini di un'eventuale non convalida dell'arresto come
in stato dal p.m. Resta solo da aggiungere che lo stesso arrestato ha
comunque   confermato   in   aula   di   essere   stato  reso  edotto
dell'intimazione a lasciare lo Stato di cui si verte.
    Sotto altro profilo va quindi rilevato che - dalle risultanze del
fascicolo  processuale  confermate  in udienza dall'Ufficiale di p.g.
relatore  m.llo  Dissegna - emerge il dato che l'Okoro era gia' stato
tratto in arresto dallo stesso organo di p.g. in data 9 novembre 2005
per  aver  omesso  di  ottemperare  ad  altra  intimazione  emessa ex
art. 14, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 nei di lui confronti in data
10 ottobre  2005  dal  Questore  di  Trieste  a seguito di decreto di
espulsione di pari data di quel prefetto.
    Tale circostanza parrebbe in effetti suscettibile di valutazione,
sotto  il  profilo  dell'insussistenza del reato alla luce della piu'
recente  giurisprudenza  della  S.C. (Sez. 1, sentenza n. 1052 del 14
dicembre  2005,  Rv.  232382, Sez. 1, sentenza n. 580 del 14 dicembre
2005, Rv. 232381) secondo cui «in tema di disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e  la  condizione  dello  straniero,
l'art. 14, comma 5-ter, ultima parte, d.lgs. n. 286/1998, prevedendo,
dopo  la  prima  violazione dell'intimazione a lasciare il territorio
nazionale,  in  ogni  caso  l'accompagnamento coattivo alla frontiera
dello  straniero, esclude che il Questore abbia il potere di emettere
una  ulteriore  intimazione  ai  sensi  del  comma 5-bis, finalizzata
all'abbandono   volontario   del  territorio  nazionale,  mentre,  in
presenza di difficolta' dovute alla identificazione dello straniero o
alla   mancanza  di  documenti  per  il  viaggio,  e'  consentito  il
trattenimento  presso  i centri di accoglienza. Ne consegue che, dopo
la  commissione  di  un primo reato ex art. 14, comma 5-ter, non puo'
esserne  commesso  un  secondo  analogo,  dovendo la nuova espulsione
essere eseguita solo mediante accompagnamento alla frontiera.».
    La lettura per esteso di tali due pronunce evidenzia peraltro che
la preclusione ad emettere nuova intimazione ex art. 14, comma 5-bis,
d.lgs. n. 286/1998 e' stata ravvisata dalla S.C. - alla luce del dato
normativo  -  nelle  sole  ipotesi  in  cui  sia gia' stata accertata
dall'A.G.   (con   sentenza  di  condanna  o  di  patteggiamento)  la
violazione  della  precedente intimazione e quindi la commissione del
reato  di  cui  all'art. 14, comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998, il che -
nel  caso  del  fatto ascritto all'Okoro a seguito dell'arresto dd. 9
novembre 2005 non risulta essere avvenuto.
    Ed  infatti  in  quel fascicolo processuale incardinato innanzi a
questo  stesso ufficio (n. 1127/2005 R.G. - n. 3558/2005 R.G.N.R.) il
procedimento   per   la   convalida   dell'arresto   ed  il  giudizio
direttissimo nei confronti dell'Okoro e' attualmente sospeso ai sensi
dell'art. 23   della   legge  11 marzo  1953,  n. 87,  essendo  stata
sollevata  da  questo  stesso  giudicante  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 - come
sostituito  dalla  legge  12 novembre  2004,  n. 271  -  fondata  sui
medesimi   profili  oggetto  del  presente  provvedimento,  cio'  con
ordinanza  dd.  24  novembre 2005 pubblicata sub n. 33 nella Gazzetta
Ufficiale  -  1ª serie speciale - n. 7 del 15 febbraio 2006, gli atti
essendo stati quindi trasmessi alla Corte costituzionale innanzi alla
quale  la  sollevata  questione  e'  tuttora  pendente,  in attesa di
definizione.
    Ne  consegue  ad  avviso  di  questo  giudice  che  non  sembrano
ravvisabili  i  presupposti per escludere la sussistenza del reato (e
quindi  negare  la  convalida dell'arresto) sotto il profilo ritenuto
dalle recenti pronunce della S.C. sopra citate.
    Deriva  da  tutto quanto precede che in relazione ad entrambi gli
arrestati,  sulla  base  della  normativa  oggi vigente che delinea i
presupposti  ed i contenuti della condotta punita dall'art. 14, comma
5-ter,  d.lgs.  n. 286/1998,  prevedendo l'arresto obbligatorio degli
autori   di   detta  condotta,  questo  giudice  dovrebbe  senz'altro
convalidare la misura nei confronti di entrambi gli arrestati.
    La  questione  che  si solleva risulta pertanto rilevante ai fini
della  decisione  demandata  a  questo  giudice  sulla  richiesta  di
convalida  dell'  arresto dei due cittadini extracomunitari verso cui
si procede, atteso che il reato per cui e avvenuto l'arresto ha quale
elemento  costitutivo  la  trasgressione  dell'intimazione emessa dal
Questore  ai  sensi dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 con
cui agli arrestati era stato ordinato di lasciare il territorio dello
Stato  entro cinque giorni (cio' immediatamente dopo l'emanazione del
decreto  prefettizio  di  espulsione  e quindi  senza che fosse stato
esperito  l'uno  o  l'altro  dei  procedimenti  di convalida previsti
dall'art. 13,  comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 come sost. dal d.l. 14
settembre  2004,  n. 241 conv. nella legge 12 novembre 2004, n. 271 e
rispettivamente dall'art. 14, commi da 1 a 5 d.lgs. n. 286/1998).
    Ed  invero  la  norma  incriminatrice  di  cui all'art. 14, comma
5-ter,  d.lgs.  n. 286/1998  nel  testo  oggi vigente sanziona con la
reclusione  da uno a quattro anni condotta dello straniero che «senza
giustificato  motivo  si  trattiene  nel  territorio  dello  Stato in
violazione   dell'ordine   impartito   dal   questore  ai  sensi  del
comma 5-bis»     essendo    altresi'    previsto    dal    successivo
comma 5-quinquies che per tale reato si proceda con rito direttissimo
nonche' l'obbligatorieta' dell'arresto dell'autore del fatto.
Sulla non manifesta infondatezza della questione - Premessa.
    2. - Cio' posto, ai fini di delineare compiutamente il profilo di
incostituzionalita'  che  si ritiene non manifestamente infondato nei
termini   enucleati   in  premessa,  sembra  opportuno  svolgere  nei
paragrafi successivi una breve disamina degli antefatti, giusta cui -
in  base alla normativa introdotta dalla legge 30 luglio 2002, n. 189
ed  alla prassi applicativa instauratasi a seguito di detta normativa
-  si  e' pervenuti per un verso all'attuale configurazione del reato
per  cui  si  procede,  per  l'altro  alla perdurante interpretazione
favorevole  a riconoscere il potere del questore di adottare de plano
(vale a dire immediatamente dopo l'espulsione) l'intimazione ai sensi
dell'art. 14,   comma  5-bis,  d.lgs.  n. 286/1998,  quale  modalita'
esecutiva  immediata dell'espulsione, anziche' ricorrendo alla misura
del  accompagnamento  alla frontiera con la conseguente instaurazione
del previo giudizio di convalida in contraddittorio e con le garanzie
della  difesa, introdotto a seguito della pronuncia n. 222/2004 della
Corte costituzionale.
    Si deve anche rimarcare sin d'ora come detta interpretazione, per
quanto  constatato fin dall'entrata in vigore della legge n. 189/2002
a tutt'oggi, sulla base di tutti gli analoghi casi concreti trattati,
sia  praticamente pacifica nella prassi amministrativa adottata dalle
Questure,  nonche' confortata - quanto alla disciplina delle sanzioni
penali  -  dall'orientamento  degli  uffici  requirenti di richiedere
comunque  la  convalida  degli arresti operati dalla p.g. e quindi la
declaratoria di responsabilita' dei cittadini stranieri che risultino
aver  trasgredito  l'intimazione del Questore, pur emanata in assenza
di  qualsiasi previa convalida di un provvedimento di accompagnamento
alla frontiera (o in alternativa di un provvedimento di trattenimento
temporaneo).
    Consegue  da  cio', quali che siano i dubbi formulabili in ordine
alla  correttezza di tale interpretazione (sui cui v. infra, par. 8),
di  doverne prendere atto come «norma vivente», ricostruendone in tal
modo  il  significato precettivo su cui sono da valutare i profili di
illegittimita' costituzionale di cui alla presente ordinanza.
    Cio'  premesso  si passa a sintetizzare gli sviluppi normativi ed
applicativi relativi all'istituto in esame.
L'evoluzione  normativa  ed  applicativa  dell'istituto dopo la legge
n. 189/2002.
    3. - Va cosi' osservato in primis che sulla base della disciplina
delle   espulsioni   intr.   con  la  legge  30 luglio  2002,  n. 189
(disciplina  alla quale si fara' d'ora in poi riferimento per lo piu'
con  indicazione,  non  accompagnata  da  altre  precisazioni,  delle
disposizioni  del d.lgs. n. 286/1998 come modificate dalla cit. legge
n. 189/2002)  ai  sensi  del  comma 4,  dell'art. 13 «l'espulsione e'
sempre  eseguita  dal  questore  con accompagnamento alla frontiera a
mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5».
    A  fronte di detta modifica, di rilevante e sostanziale incidenza
rispetto  al regime normativo previgente (nel quale l'accompagnamento
alla  frontiera dello straniero espulso costituiva modalita' prevista
per   casi   particolari,   l'ordinaria   forma   di  esecuzione  del
provvedimento  essendo  l'intimazione  a lasciare il territorio dello
Stato  entro  il  termine  di  15 giorni), la sola forma di controllo
giurisdizionale  gia'  introdotta  (poco  tempo prima dell'entrata in
vigore della legge n. 189/2002 dall'art. 2 del decreto-legge 4 aprile
2002,   n. 51,   convertito,   con   modificazioni,   nella  legge  7
giugno 2002,  n. 106) rispetto all'accompagnamento alla frontiera era
disciplinata  dal  successivo  comma 5-bis,  a  norma  del  quale era
prevista,  per  detta  misura,  una  procedura  di convalida ex post,
meramente  cartolare nonche' priva delle garanzie difensive, rispetto
ad  un provvedimento immediatamente esecutivo, con la conseguenza che
restava    esclusa    qualsiasi    possibilita'   di   partecipazione
dell'interessato (gia' allontanato coattivamente dal territorio dello
Stato) alla convalida stessa.
    Nessuna  sanzione  di  perdita di efficacia del provvedimento era
quindi  prevista per l'ipotesi di mancata convalida (un tanto essendo
evidentemente    coerente   con   la   immediata   esecutivita'   del
provvedimento   e  quindi  con  la  circostanza  che,  quand'anche  a
posteriori  fosse  intervenuta  sullo  stesso  una  decisione  di non
convalida,  l'ordine  di  accompagnamento  alla  frontiera aveva gia'
spiegato integralmente e definitivamente la propria efficacia).
    4.  -  La  stessa legge n. 189/2002 aveva peraltro rimodellato in
termini  sostanziali anche l'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 regolante
l'esecuzione   dell'espulsione,   segnatamente   intervenendo   sulla
procedura,  gia'  anteriormente  prevista,  del  trattenimento  dello
straniero presso un centro di permanenza temporanea ed assistenza.
    Veniva  cioe'  previsto  dall'art. 14,  comma 1,  che il questore
possa   disporre   che  lo  straniero,  di  cui  e'  stata  decretata
l'espulsione  sia  trattenuto  per  il  tempo strettamente necessario
presso  il  piu'  vicino centro di permanenza temporanea e assistenza
«quando  non  e'  possibile  eseguire  con  immediatezza l'espulsione
mediante  accompagnamento  alla  frontiera  ovvero  il respingimento,
perche'  occorre  procedere al soccorso dello straniero, accertamenti
supplementari  in  ordine  alla  sua identita' o nazionalita', ovvero
all'acquisizione   di   documenti   per   il   viaggio,   ovvero  per
l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo».
    I  successivi commi da 2 a 5 regolavano la procedura di convalida
di  tale  misura  demandata al tribunale in composizione monocratica,
convalida  che  comportava la permanenza nel centro per un periodo di
complessivi  trenta  giorni; essendo prevista l'eventuale proroga del
termine   di   ulteriori   trenta   giorni   (qualora  l'accertamento
dell'identita'   e   della  nazionalita',  ovvero  l'acquisizione  di
documenti  per  il viaggio presenti gravi difficolta', il giudice, su
richiesta  del  questore,  puo' prorogare il termine), nonche', anche
prima  di  tali  termini,  la  possibilita'  del questore di eseguire
l'espulsione  o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo
al giudice.
    In aggiunta a tali previsioni veniva peraltro introdotta ex novo,
in  stretta  correlazione  ai  medesimi presupposti del trattenimento
presso  il  centro  di  permanenza  temporanea  (e  cioe' l'accertata
impossibilita'  di  eseguire  con  immediatezza l'espulsione mediante
accompagnamento   alla   frontiera)   nonche'   a   quello  ulteriore
dell'impossibilita'  di  trattenere  lo straniero presso un centro di
permanenza  temporanea,  ovvero  in  alternativa  quello  dell'essere
trascorsi  i  termini  di  permanenza  presso  il  centro  senza aver
eseguito  l'espulsione  una  modalita'  residuale di esecuzione dell'
espulsione  invero disciplinata dal comma 5-bis nei termini seguenti:
-  «Quando  non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un
centro  di permanenza temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di
permanenza  senza  aver  eseguito l'espulsione o il respingimento, il
questore  ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato
entro il termine di cinque giorni. L'ordine e' dato con provvedimento
scritto,  recante  l'indicazione  delle  conseguenze penali della sua
trasgressione.»
    Venivano  quindi  introdotti  tre  successivi  commi  (da 5-ter a
5-quinquies)  che  prevedevano  le  conseguenze  «a  catena» sotto il
profilo  penale  ed  amministrativo della violazione dell'ordine dato
dal questore ai sensi del comma 5-bis.
    5  .  - A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 189/2002,
emergeva  peraltro,  sin dalle prime applicazioni di detta normativa,
l'adozione  ed il consolidarsi da parte dei questori di una prassi in
virtu'  della  quale (nonostante una delle novita' piu' rilevanti che
quel  legislatore aveva inteso introdurre, rispetto al passato, nella
disciplina  delle  espulsione  amministrative,  fosse  stata  proprio
quella   di  prevedere  che,  salvo  tassative  eccezioni,  il metodo
ordinario  di  esecuzione delle stesse sia «sempre» l'accompagnamento
alla frontiera) il meccanismo dell'intimazione prevista dall'art. 14,
comma 5-bis  (avente  nell'impianto  normativo  natura  evidentemente
residuale) assurgeva di fatto a modalita' ordinaria di esecuzione dei
decreti  di espulsione, cui veniva invero fatto ricorso nella maggior
parte dei casi, cio' in luogo di disporre l'accompagnamento immediato
alla  frontiera  o  le procedure di trattenimento temporaneo previste
dall'art. 14, comma 1.
    6.  -  A  fronte di tale prassi, si deve a questo punto dare atto
come (al di la' del rilievo, che la stessa comportava una sostanziale
vanificazione  dello  scopo  principale  perseguito dalla riforma, di
garantire   l'effettiva   esecuzione   delle   espulsioni   da  parte
dell'Autorita'  amministrativa),  nell'impianto  normativo risultante
dalla   legge  n. 189/2002  non  erano  obiettivamente  individuabili
elementi  tali  da  evidenziarne un qualche profilo di incongruita' e
disparita'   di   trattamento  pregiudizievole  verso  i  destinatari
dell'intimazione  rispetto  al  sistema  regolante  in via principale
l'esecuzione delle espulsioni.
    Tale   valutazione  trovava  in  effetti  conforto  dalla  stessa
giurisprudenza  della  S.C.,  laddove (Sez. I, sentenza n. 9609 del 2
marzo  2004,  Rv.  227224) veniva osservato che «in presenza del gia'
esistente decreto motivato di espulsione emesso dal prefetto ai sensi
dell'art. 13,  comma  terzo,  del  T.U., da eseguirsi normalmente, in
base   al   successivo   comma  quarto  dello  stesso  articolo,  con
accompagnamento  coattivo alla frontiera, salvi i casi in cui debbasi
disporre  il  trattenimento,  parimenti coattivo, presso un centro di
permanenza, l'ordine emanato ex art. 14, comma 5-bis rappresenta, tra
le  soluzioni normativamente (e tassativamente) previste, quella piu'
favorevole  all'interessato,  il  quale,  pertanto, non ha titolo per
dolersene».
    In   sostanza,   in   un   sistema  incentrato  sulla  previsione
dell'immediata  esecutivita'  del decreto di accompagnamento coattivo
alla  frontiera  previsto come generale modalita' di esecuzione delle
espulsioni  (e,  si e' visto, senza possibilita' per l'interessato di
poter  svolgere  le  proprie  deduzioni difensive in una qualche sede
giurisdizionale,  prima  dell'esecuzione  dell'  accompagnamento), la
circostanza  che  il  questore,  comunque  obbligato a dare immediata
esecuzione  al  decreto  di espulsione, si avvalesse a tal fine dello
strumento  previsto  dall'art. 14, comma 5-bis, ravvisando sulla base
di  valutazioni  comunque  discrezionali l'impossibilita' di eseguire
immediatamente   l'accompagnamento,  costituiva  sostanzialmente  uno
degli «sbocchi obbligati» della procedura di espulsione, profilandosi
anzi  nell'ambito  di  essi  come  quello,  in  ultima  analisi, meno
affettivo  per il destinatario, in quanto non comportante restrizioni
fisiche   alla   di   lui  liberta'  personale  (a  differenza  dell'
accompagnamento ma anche del trattenimento).
    Vero  che,  dall'inosservanza dell'ordine de quo conseguivano per
l'interessato  sanzioni penali (per altro di natura contravvenzionale
e   quindi   insuscettibili   di  fondare  l'applicazione  di  misure
cautelari)   ed   anche   (almeno  fino  all'intervento  della  Corte
costituzionale  di  cui  alla  sentenza  n. 223/2004)  la  previsione
dell'arresto  obbligatorio  in  flagranza,  ma  tali  esiti non erano
sostanzialmente difformi da quelli che sarebbero derivati ex art. 13,
comma 13 al soggetto espulso mediante accompagnamento alla frontiera,
cosicche'   anche  sotto  tale  profilo  non  era  individuabile,  in
conseguenza  dell'adozione  della  procedura ex art. 14, comma 5-bis,
alcun  effettivo  pregiudizio  per  l'interessato  maggiore di quello
suscettibile di derivare dalla procedura esecutiva ordinaria prevista
ex art. 13, comma 4 o da quella disciplinata dall'art. 14, comma 1.
    D'altra  parte,  neppure  il rilievo che la procedura ex art. 14,
comma  5-bis  comportava  per  l'interessato  la non applicazione del
procedimento  giurisdizionale  di  convalida  previsto, con la di lui
obbligatoria  presenza  e  facolta' di controdedurre, dai commi 3 e 4
dello  stesso  art. 14, procedimento avente per oggetto la cognizione
anche  di parte degli stessi presupposti supportanti l'intimazione (e
cioe'  l'impossibilita'  di  immediata  esecuzione  delle  espulsione
mediante  accompagnamento  coattivo)  poteva  determinare una diversa
valutazione in tema di legittimita' della procedura de qua.
    Ed  infatti, nell'impianto normativo della lagge n. 189/2002 quel
procedimento  di convalida era stato ritenuto necessario unicamente a
fronte della necessita' di disporre nei confronti dell'interessato la
misura  del  trattenimento,  in  ordine alla quale soltanto era stato
ravvisata da quel legislatore l'esigenza di garantire una immediata e
piena tutela giurisdizionale.
    Tale  scelta  legislativa  era stata evidentemente adottata sulla
valutazione  che  la  sola  misura  del trattenimento, implicando una
restrizione   della  liberta'  personale  di  durata  prevedibilmente
apprezzabile,   richiedesse   le   previste   garanzie   (non   pero'
l'assistenza  del difensore), invece non reputate necessarie rispetto
all'accompagnamento coattivo, di per se' comportante, almeno sotto il
profilo  della  restrizione  fisica  del destinatario, una piu' breve
coazione  in  quanto circoscritta al solo allontanamento immediato di
costui  dal  territorio nazionale e quindi destinata ad esaurirsi, in
quanto tale, una volta eseguito materialmente detto allontanamento.
    E'  ben  vero  che  oggetto  della convalida de qua erano anche i
presupposti  di  cui  all'art. 13  (in  cio'  la  relativa cognizione
coincidendo  con  quella  che  sarebbe stata altrimenti oggetto della
convalida  ex  post  dell'  accompagnamento  coattivo  immediatamente
eseguito)  ma detta previsione poteva allora spiegarsi con ragioni di
mera  economia  processuale  tali  da rendere opportuna, allorche' si
doveva   procedere   al   trattenimento   e   quindi   al   controllo
giurisdizionale  della  relativa  legittimita', un'anticipazione (non
comportante  alcun  indugio  rispetto  all'esigenza di dare immediata
attuazione   all'espulsione,   gia'   esclusa   nella   sua  concreta
fattibilita'  dal  ricorso  alla procedura ex art. 14, comma 1) anche
del vaglio concernente la legittimita' dell'accompagnamento coattivo,
costituente  comunque  uno  degli  esiti espressamente previsti della
stessa  procedura di trattenimento (pertanto anchessa tendenzialmente
prodromica  ad  un  futuro  accompagnamento  coattivo, da attuarsi de
plano  una  volta  venute  meno le ragioni che ne avevano determinato
all'inizio la non fattibilita).
    Era  quindi  coerente con tale impianto che, una volta scartato -
pur  nell'ambito dei presupposti di cui all'art. 14 - il ricorso alla
misura  del  trattenimento,  nessuna  necessita' fosse prevista di un
qualsiasi  vaglio  preventivo  dei requisiti previsti dagli art. 13 e
14,  per  emanare  l'intimazione  ex  art.  14, comma 5-bis e cio' in
quanto:
        rispetto  a quelli di cui all'art. 13 era gia' escluso in via
ordinaria  un  tale  vaglio  preventivo,  sussistendo  unicamente  la
procedura cartolare di convalida ex post;
        rispetto a quelli ulteriori di cui all'art. 14 il legislatore
aveva    evidentemente    ritenuto    che   il   relativo   controllo
giurisdizionale,   nel   contraddittorio   con  l'interessato,  fosse
richiesto  unicamente  quando  gli  stessi  (di per se' estranei alla
sfera  di  valutazione  circa la legittimita' dell'espulsione e della
relativa  esecuzione, in quanto pertinenti essenzialmente ad esigenze
organizzative  ravvisate  dall'amministrazione  procedente) venissero
fatti  valere per supportare la misura restrittiva del trattenimento,
ma  non  anche  in  vista  della  sola  intimazione, misura esecutiva
dell'espulsione  insuscettibile di recare al destinatario (per quanto
si  e'  ampiamente evidenziato in precedenza) un pregiudizio maggiore
di  quello  derivante  dall'accompagnamento coattivo, a propria volta
sottratto ad ogni verifica preventiva di legittimita'.
    L'intervento  della  Corte  costituzionale  di  cui alla sentenza
n. 222/2004 ed i conseguenti interventi del legislatore.
    7.  -  Tale  essendo  il  quadro  normativo derivante dalla legge
n. 189/2002  e la prassi consolidatasi in vigenza della stessa, sulla
materia  e'  venuta  ad incidere - per quanto interessa ai fini della
presente  decisione - la sentenza 8-15 luglio 2004 n. 222 della Corte
costituzionale  che  ha  dichiarato  «l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 13,  comma 5-bis,  del  decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286,  nella  parte in cui non prevede che il giudizio di convalida
debba   svolgersi   in   contraddittorio  prima  dell'esecuzione  dei
provvedimento  di  accompagnamento  alla  frontiera,  con le garanzie
della difesa».
    A   seguito   di  detta  pronuncia  il  legislatore,  allo  scopo
esplicitamente  dichiarato  nei  lavori  preparatori,  di adeguare la
normativa vigente alla pronuncia della Corte costituzionale (peraltro
avente   immediata   efficacia   abrogativa   dell'istituto  ritenuto
illegittimo)  interveniva  sull'impianto del d.lgs. n. 286/1998 (come
risultante   a   seguito   delle   modifiche  apportate  dalla  legge
n. 189/2002)  con  il d.l. 14 settembre 2004, n. 241 pubblicato nella
Gazzetta   Ufficiale   del  14  settembre  2004,  n. 216  che  veniva
successivamente  convertito con modificazioni nella legge 12 novembre
2004,  n. 271  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale del 13 novembre
2004, n. 267.
    Per effetto di tale intervento legislativo la materia concernente
le  modalita'  di  esecuzione  dell'espulsione amministrativa e' oggi
regolata dalla nuova stesura dell'art. 13, comma 5-bis che si riporta
testualmente di seguito:
        «Nei  casi  previsti  ai  commi 4  e  5  il questore comunica
immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione,
al  giudice  di pace territorialmente competente il provvedimento con
il  quale  e' disposto l'accompagnamento alla frontiera. L'esecuzione
del  provvedimento  del  questore  di  allontanamento  dal territorio
nazionale  e'  sospesa fino alla decisione sulla convalida. L'udienza
per   la   convalida  si  svolge  in  camera  di  consiglio,  con  la
partecipazione  necessaria di un difensore tempestivamente avvertito.
L'interessato  e'  anch'esso tempestivamente informato e condotto nel
luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano le disposizioni
di  cui  al  sesto  e  al  settimo  periodo  del  comma 8,  in quanto
compatibili.   Il   giudice  provvede  alla  convalida,  con  decreto
motivato,   entro   le   quarantotto   ore   successive,   verificata
l'osservanza  dei  termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal
presente  articolo  e  sentito  l'interessato, se comparso. In attesa
della definizione dei procedimento di convalida, lo straniero espulso
e'   trattenuto  in  uno  dei  centri  di  permanenza  temporanea  ed
assistenza,  di  cui  all'art. 14,  salvo  che  il procedimento possa
essere  definito  nel luogo in cui e' stato adottato il provvedimento
di  allontanamento  anche  prima  del trasferimento in uno dei centri
disponibili.  Quando  la  convalida  e' concessa, il provvedimento di
accompagnamento alla frontiera diventa esecutivo. Se la convalida non
e'  concessa  ovvero non e' osservato il termine per la decisione, il
provvedimento  del  questore perde ogni effetto. Contro il decreto di
convalida  e' proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso
non   sospende   i  `esecuzione  dell'allontanamento  dal  territorio
nazionale. Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice di
pace  deve  provvedere  alla  convalida  decorre  dal  momento  della
comunicazione del provvedimento alla cancelleria.».
    Con  la stessa legge, sono state apportate ulteriori modifiche al
testo  normativo,  evidentemente  funzionali  ad adeguarne l'impianto
complessivo alla nuova disciplina dell'esecuzione dell' espulsione.
    Di   particolare  significativita',  nel  quadro  della  presente
valutazione  (per  quanto si avra' modo di evidenziare infra) risulta
peraltro  la  modifica  apportata  alla  procedura di convalida della
misura del trattenimento, evidentemente volta ad uniformare, ma anche
a  coordinare  detta  procedura con quella, divenuta obbligatoria nei
termini   previsti   dalla   Corte   costituzionale   e  recepiti  da
legislatore,  modifica  che risulta dalla nuova stesura dell'art. 14,
comma 4 che si riporta testualmente di seguito:
    L'udienza  per  la convalida si svolge in camera di consiglio con
la   partecipazione   necessaria   di  un  difensore  tempestivamente
avvertito.  L'interessato  e'  anch'esso  tempestivamente informato e
condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano in
quanto  compatibili  le  disposizioni  di  cui  al sesto e al settimo
periodo del comma 8 dell'art. 13. Il giudice provvede alla convalida,
con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata
l'osservanza  dei  termini,  la  sussistenza  dei  requisiti previsti
dall'art. 13  e  dal  presente  articolo,  escluso il requisito della
vicinanza del centro di permanenza temporanea ed assistenza di cui al
comma 1, e sentito l'interessato, se comparso. Il provvedimento cessa
di  avere  ogni  effetto  qualora non sia osservato il termine per la
decisione. La convalida puo' essere disposta anche in occasione della
convalida  del  decreto di accompagnamento alla frontiera, nonche' in
sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione».
L'interpretazione  dell'istituto  previsto dall'art. 14, comma 5-bis,
nella  prassi  amministrativa  e  negli  orientamenti degli organi di
polizia  giudiziaria  e  requirenti,  dopo  l'intervento  della Corte
costituzionale.
    8 . - Tale essendo la normativa oggi vigente in materia, non puo'
sfuggire, a giudizio dello scrivente, che la stessa, nel suo impianto
complessivo,  sia  oggi  radicalmente  modificata  rispetto  al testo
anteriore,  e  cio'  in  virtu'  di  interventi  la cui perentorieta'
risalta  per  essere  derivati gli stessi, prima che da un'iniziativa
del  legislatore,  da  una pronuncia di illegittimita' costituzionale
incentrata   sulla   necessita'  di  assicurare  garanzia  a  diritti
fondamentali  della  persona  quali il diritto alla liberta' e quello
alla difesa.
    In  detto  contesto  risalta  pero'  il  dato  che  -  come  gia'
evidenziato in premessa - il sistema delle espulsioni risulta tuttora
fortemente  caratterizzato,  nei  fatti,  da  una modalita' esecutiva
(quella   cioe'   prevista   dall'art. 14,  comma  5-bis)  la  quale,
nonostante   nell'impianto   della   legge  abbia  natura  senz'altro
residuale, continua a venire adottata quale strumento sostanzialmente
ordinario di esecuzione delle espulsioni.
    Un  tanto  puo'  anche  spiegarsi con l'oggettiva difficolta' che
l'amministrazione incontra, per i motivi piu' svariati, ad attuare la
misura dell'accompagnamento alla frontiera, senonche' cio' che rileva
ai  fini  della presente valutazione e' la circostanza che l'art. 14,
comma  5-bis, anche dopo le modifiche apportate alla disciplina delle
espulsioni  conseguenti  all'intervento  della  Corte costituzionale,
viene  interpretato  nel senso che ai fini di emanare l'intimazione a
lasciare  lo  Stato  immediatamente  dopo  l'espulsione,  non  vi sia
necessita'  ex  lege di un provvedimento di convalida dell'A.G. (oggi
giudice  di  pace) adottato secondo le forme vigenti per le procedure
previste dall'art. 13 e 14.
    In  sostanza,  mentre  e' incontrovertibile, dal tenore letterale
della  norma,  che  nessun  procedimento  di  convalida  e'  previsto
espressamente  con riguardo all'intimazione in se', l'interpretazione
«vivente»   dell'istituto  esclude  altresi'  la  necessita'  che  il
questore  prima  di  provvedere  ai  sensi dell'art. 14, comma 5-bis,
debba  comunque promuovere una delle due procedure garantite previste
per   la  convalida  dell'  accompagnamento  alla  frontiera  (misura
esecutiva    «tipo»   delle   espulsioni)   o   rispettivamente   del
trattenimento  (misura  temporanea prodromica all'accompagnamento nei
casi  in cui quest'ultimo non sia immediatamente attuabile, tanto che
la  relativa convalida ricomprende anche la valutazione dei requisiti
per  l'accompagnamento)  in modo da far precedere anche l'intimazione
(come  e'  oggi  per  le  altre  modalita'  esecutive dell'espulsione
disciplinate  dagli  artt. 13  e 14) da una pronuncia giurisdizionale
sulla  sussistenza  dei  requisiti  per  dare  esecuzione  al decreto
prefettizio.
    Con riguardo a tale interpretazione, si e' gia' accennato come la
disamina  del  sistema  normativo ben potrebbe dare adito a dei dubbi
circa  la  relativa  correttezza,  essendo  in  effetti individuabili
diversi  elementi  significativi  su  cui  poter  fondare una diversa
lettura  della norma in oggetto. In particolare potrebbe giungersi ad
una  interpretazione  opposta (sul profilo teste menzionato) a quella
oggi  consolidata  valorizzando,  con  diverse argomentazioni e sotto
svariati   profili,   la   pacifica  natura  di  modalita'  esecutiva
sussidiaria   dell'espulsione   che   caratterizza  l'intimazione  ex
art. 14,  comma 5-bis e cosi' concludendo nel senso che il potere del
questore  di  intimare  lo  straniero  nei  termini e con gli effetti
previsti  dalla  norma  de  qua  sorga  solo  quando l'espulsione sia
divenuta  giuridicamente  eseguibile  (a  seguito  della convalida) e
pero'     non    materialmente    attuabile    con    lo    strumento
dell'accompagnamento,  ma invece non sussista fino a che l'espulsione
non e' eseguibile per mancato esperimento della procedura di garanzia
giurisdizionale.
    In    una   tale   ottica,   la   necessita'   che   l'esecuzione
dell'espulsione   (quali  che  saranno  poi  le  modalita'  esecutive
adottate  dal questore), sia comunque condizionata dalla convalida di
un   decreto  di  accompagnamento  coattivo  potrebbe  anche  trovare
conforto   dal   tenore  letterale  del  nuovo  testo  normativo,  in
particolare   laddove  nel  ridisegnare  la  procedura  di  convalida
prevista  per  la  misura  del  trattenimento temporaneo (ed avente i
medesimi presupposti dell'ordine previsto dal successivo comma 5-bis)
il  legislatore  ha  inserito  la previsione giusta cui «la convalida
puo'  essere  disposta anche in occasione della convalida del decreto
di  accompagnamento  alla frontiera», dalla quale parrebbe desumibile
la  necessita'  di  incardinare  comunque  il  procedimento garantito
previsto  dall'attuale  art. 13,  comma 5-bis, anche quando sono gia'
emerse   le   condizioni   ostative   alla   materiale  eseguibilita'
dell'accompagnamento   coattivo,  salva  sempre  la  possibilita'  di
convertire  in itinere la procedura ex art. 13, comma 5-bis in quella
prevista   dall'art. 14,   comma 4  e  strumentale  all'adozione  del
trattenimento temporaneo.
    Senonche',   nonostante   la   pluralita'   degli   elementi  ben
valorizzabili  a  riscontro  di  una  tale  interpretazione, non puo'
nascondersi  come  il  tenore  letterale della norma di cui si tratta
renda   quantomeno   incerta   la   possibilita'  di  ricostruire  il
significato  nel  senso  da  ultimo  prospettato,  cosicche' anche le
ulteriori e piu' specifiche argomentazioni che potrebbero supportarne
una  tale  lettura  non  paiono  di per se' dirimenti, in particolare
dinanzi   alla   consolidata   adesione   (da   parte  dell'autorita'
amministrativa  competente,  degli  organi  di  polizia giudiziaria e
degli  uffici requirenti) all'interpretazione giusta cui il potere di
intimazione  previsto  dall'art. 14,  comma 5-bis in capo al questore
sia  tuttora disegnato come avulso da qualsiasi necessita' del previo
esaurimento   di  uno  dei  due  procedimenti  garantiti  piu'  volte
menzionati.
    Preso  atto  di un tanto, si deve pero' rilevare come la norma in
esame, una volta recepitane l'interpretazione oggi prevalente, presti
il  fianco  a  plurimi  dubbi  di  illegittimita' costituzionale, sia
rispetto ai medesimi parametri di cui alla sentenza n. 222/2004 della
Corte  costituzionale,  sia  alla  luce della stessa disciplina delle
espulsioni  oggi  vigente, nel cui contesto l'istituto in esame svela
evidenti  e  plurimi  profili  di irragionevolezza ed incongruita', a
loro    volta   comportanti   ulteriori   dubbi   di   illegittimita'
costituzionale  per  disparita'  di trattamento rispetto a situazioni
soggettive   qualificate  (sotto  i  medesimi  profili  di  rilevanza
costituzionale gia' posti a fondamento della pronuncia appena citata)
da contenuti e caratteristiche sostanziali tra loro identiche.
I profili di ritenuta illegittimita' costituzionale.
    9.  -  Si  deve  cosi'  in  primo luogo rilevare come la norma in
esame,  nella parte in cui prevede la possibilita' per il questore di
procedere  ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis in assenza di un previo
vaglio  giurisdizionale  in ordine alla sussistenza dei requisiti per
eseguire l'espulsione (vaglio dato oggi dal procedimento di convalida
dell'accompagnamento  coattivo  e  comunque  ricompreso  anche  nella
convalida  del trattenimento) presenti risvolti di evidente contrasto
con i medesimi parametri costituzionali gia' posti a fondamento della
declaratoria  di illegittimita' della normativa che prevedeva la sola
convalida  cartolare  ex  post.  del provvedimento di accompagnamento
coattivo, di cui alla sentenza n. 222/2004.
    In   proposito  pare  di  dover  senz'altro  escludere  qualsiasi
decisiva   valenza   in   senso   contrario  a  quanto  qui  ritenuto
dell'argomento  secondo  cui  la  misura dell'intimazione non sarebbe
affatto  equiparabile  a  quella  dell'accompagnamento  coattivo, non
comportando  essa  una  diretta  restrizione  fisica  della  liberta'
personale  del  destinatario,  ma  ponendo  soltanto  a suo carico un
obbligo di condotta.
    Ed  invero  non  puo'  sfuggire  come  l'intimazione  de  qua sia
comunque caratterizzata da una intensissima efficacia coartante della
libera  determinazione  del  destinatario,  il  quale, per il caso di
trasgressione all'ordine:
        non  solo  (come  gia'  avveniva  anteriormente  alle  ultime
modifiche  fino alla sentenza n. 223/2004 della Corte costituzionale)
incorre nell'arresto obbligatorie in flagranza;
        ma  e'  altresi'  esposto  a  penale  responsabilita'  per un
delitto punito nel minimo con un anno di reclusione e nel massimo con
quattro   anni   di   reclusione,   da  cio'  derivando  altresi'  la
possibilita'  di  emettere  a  suo  carico  la misura cautelare della
custodia   in   carcere   (possibilita'  destinata  a  divenire  alta
probabilita'  di  concreta  applicazione  quantomeno nelle ipotesi di
successive  violazioni  della  medesima  norma,  di fronte alle quali
l'autorita'  giudiziaria, in un'ottica di corretta applicazione della
legge, non potrebbe esimersi dalla valutazione che comporta, sotto il
profilo  cautelare, la reiterazione di delitti della medesima indole,
puniti  con  pene edittali di simile gravita), ed inoltre, in caso di
pluralita' di condanne, la preclusione ad ottenere il beneficio della
sospensione condizionale;
        ed   e'  infine  esposto  alla  reiterazione  «a  catena»  di
provvedimenti   di   espulsione   anch'essi  eseguibili  nella  forma
dell'art. 14,   comma 5-bis   oltreche'   comportanti  a  loro  volta
conseguenze  penali  «a  catena»,  il  tutto  con il rischio che mai,
neppure  in  prosieguo,  gli  sia  data la possibilita' di difendersi
innanzi ad un giudice prima dell'esecuzione dei provvedimenti;
tutte  tali conseguenze e sanzioni essendo essenzialmente le medesime
che  la legge fa derivare dalla condotta di rientro nello Stato senza
autorizzazione da parte del soggetto espulso mediante accompagnamento
alla  frontiera  p.  e  p. dall'art. 13, comma 13, d.lgs. cit., detta
circostanza   facendo  vieppiu'  risaltare  la  natura  di  modalita'
esecutiva  dell'espulsione  propria  dell'intimazione  del  questore,
anche   sotto  il  profilo  dell'equipollenza  dei  relativi  effetti
pregiudizievoli, penali ed amministrativi, a carico del destinatario,
a quelli che conseguono da un eseguito accompagnamento.
    In   proposito   va   anche   rilevato   come   la  stessa  Corte
costituzionale  nella  sentenza  n. 5/2004,  dd.  18 dicembre 2003 ha
esplicitamente rilevato che «l'ordine di allontanamento viene emesso,
in   surroga   dell'accompagnamento,  proprio  nei  casi  in  cui  il
destinatario  versa  in  una  situazione  di rilevante difficolta' ad
adempierlo».
    Ora,   a   fronte   di   tali   conseguenze  della  trasgressione
dell'ordine,  non  si vede come poter escludere che lo stesso incida,
in   termini   oltremodo   penetranti,   sulla   liberta'   personale
dell'intimato,  il  che  rende  evidente  come,  in  presenza  di una
normativa   che  oggi  garantisce  il  controllo  giurisdizionale  in
contraddittorio  con  l'interessato  ed  il  diritto  di difesa prima
dell'accompagnamento  coattivo,  l'esistenza  nel  sistema di un tale
«buco»  nella  disciplina  dell'esecuzione dell'espulsione, entro cui
sono   totalmente   varificate   le   garanzie  di  liberta'  sancite
dall'intervento  della  Consulta,  comporta  in  primo luogo di dover
sollevare  eccezione  di costituzionalita' della norma in esame nella
parte  de  qua,  fondata  sui  profili  gia'  accolti  dalla sentenza
n. 222/2004   concernenti   appunto   la  violazione  della  liberta'
personale e del diritto di difesa.
    In  effetti,  anche a prescindere dall'incidenza innegabile della
misura  dell'intimazione  pure  sulla  liberta'  personale  in  senso
stretto, la declaratoria di illegittimita' della precedente normativa
e'  stata  fondata, per quanto emerge dalla motivazione, non solo sul
ravvisato  contrasto  della  disposizione travolta con le garanzie di
liberta'   personale  previste  dall'art. 13  della  Costituzione  ma
altresi' sulla individuata violazione che ne derivava per il «diritto
di  difesa  dello  straniero nel suo nucleo incomprimibile» garantito
dall'art. 24 della Costituzione.
    E  preso  atto  di un tanto, pare quantomeno di dover individuare
(comunque  si  opini  rispetto  all'art. 13  Cost.) la violazione del
diritto di difesa in un meccanismo come quello previsto dall'art. 14,
comma 5-bis,  d.lgs.  n. 286/1998, in quanto azionabile, in esenzione
del   controllo   giurisdizionale   dato  oggi  dalla  convalida,  in
contraddittorio   e  con  le  garanzie  della  difesa,  prevista  per
l'accompagnamento alla frontiera.
    10.  -  Al  di  la' dei dubbi di costituzionalita' della norma in
esame  che  si  ricollegano direttamente ai principi desumibili dalla
sentenza   n. 222/2004,   nell'attuale   assetto   complessivo  della
disciplina  delle espulsioni (quella cioe' risultante dall'intervento
della  Consulta  e  da  quello successivo del legislatore della legge
n. 271/2004)  pare  altresi'  di  dover  segnalare ulteriori dubbi in
ordine   alla  legittimita'  costituzionale  della  norma  in  esame,
incentrati sulla disparita' di trattamento cui sono oggi assoggettate
situazioni  identiche,  sulla  base  della mera scelta dell'autorita'
amministrativa  di  eseguire  l'espulsione  con l'una o l'altra delle
modalita' esaminate.
    In  proposito  si  sono  gia' messi in evidenza al par. prec. gli
elementi che assimilano grandemente l'incidenza formale e sostanziale
dell'intimazione a quelle spiegate dall'accompagnamento coattivo alla
frontiera.
    Ad  ulteriore  riprova  dell'irragionevolezza della divaricazione
che  oggi caratterizza i due istituti esecutivi dell'espulsione sotto
il  profilo della tutela giurisdizionale, merita pero' rimarcare come
nell'impianto  normativo  oggi  vigente  (ma,  sotto tale aspetto, la
situazione  era  identica  anche rispetto al precedente meccanismo di
convalida  cartolare  ex  post) il procedimento di convalida previsto
dall'art.  13,  pur  traendo impulso dall'emanazione di un decreto di
accompagnamento  coattivo,  non  comporti  alcuna  delibazione  dello
strumento  esecutivo  in  se' (la cui individuazione, quale contenuto
tipico  del  provvedimento da sottoporre al giudice di pace e' invero
predeterminata   ex   lege,  ed  e'  quindi  sottratta  al  sindacato
giurisdizionale)  ma abbia invece come oggetto la sola verifica della
legittimita'  dell'esecuzione  dell'espulsione, accertata la quale (e
quindi  rimosso  l'ostacolo  a  detta esecuzione derivante oggi dalla
pendenza  della procedura di convalida) ogni ulteriore valutazione se
dar  corso  al  convalidato  accompagnamento  o  invece  intimare  lo
straniero  ex  art. 14,  comma 5-bis  resta  demandata  all'autorita'
amministrativa  procedente  sulla base delle valutazioni previste dal
complesso normativo in esame.
    Da  tale rilievo deriva l'evidente disparita' di trattamento oggi
esistente  rispetto a situazioni tra loro identiche, sotto il profilo
che mentre e' prevista una forma di tutela giurisdizionale garantita,
in  ordine  alla  eseguibilita'  del  decreto  prefettizio (sindacato
esteso anche alla sussistenza delle condizioni previste dall'art. 13,
d.lgs.   n. 286/1998   per  disporre  l'espulsione  medesima)  quando
l'autorita'  amministrativa  si  risolva  a  darvi  esecuzione con la
modalita'  dell'accompagnamento coattivo (ipotesi nella quale e' oggi
e'  espressamente  previsto  che  «l'esecuzione del provvedimento del
questore  di  allontanamento dal territorio nazionale e' sospesa fino
alla  decisione sulla convalida» ed altresi' che «se la convalida non
e'  concessa  ovvero  non  e'  osservato termine per la decisione, il
provvedimento  del  questore  perde ogni effetto») ovvero ricorra, in
vista dell'accompagnamento, alla misura temporanea del trattenimento,
il  destinatario  dell'espulsione  e'  invece del tutto privo di tale
tutela  nell'ipotesi  in  cui  il  questore  reputi di dover eseguire
l'espulsione  medesima  mediante  l'intimazione  di  cui all'art. 14,
comma 5-bis.
    Ora,  e' ben vero che tale ultima modalita' esecutiva sussidiaria
e'  prevista  dalla  legge  in presenza di determinate condizioni (in
particolare l'assenza o l'incompletezza dei documenti per l'espatrio,
l'indisponibilita'  di vettore aereo ed altresi' la mancanza di posti
in  un  centro di permanenza temporanea) cosicche' la scelta se adire
tale  strumento  in  luogo di quelli previsto in via principale anche
«saltando» il trattenimento temporaneo non sarebbe, a stretto rigore,
rimessa alla semplice discrezionalita' dell'autorita' procedente.
    Con  riguardo  a  tali  presupposti  si deve pero' in primo luogo
rilevare  come la giurisprudenza della S.C. si sia finora pronunciata
assai  restrittivamente  circa la sindacabilita' da parte del giudice
penale  del  merito  della  motivazione  adottata dai questore, ed in
proposito  si  richiama la gia' citata Cass. Sez. 1, sentenza n. 9609
del  2  marzo  2004 Rv. 227224 che ha invero escluso la necessita' di
apposita   e  specifica  motivazione  del  provvedimento  emanato  ex
art. 14,  comma  5-bis  in ordine alle ragioni per le quali non fosse
stato   possibile   trattenere  lo  straniero  presso  un  centro  di
permanenza    temporanea    ovvero    eseguirne    l'espulsione   con
accompagnamento alla frontiera.
    Deriva   da  cio'  che,  in  concreto,  le  motivazioni  di  tali
provvedimenti  ben  possono  essere,  come  lo  sono  anche  nel caso
dell'odierna   imputata,   sostanzialmente   tautologiche  in  quanto
circoscritte  alla mera riproduzione della formula di legge, senza la
concreta  possibilita'  di  un controllo a posteriori delle stesse da
parte  del giudice penale investito della cognizione del reato di cui
all'art. 14, comma 5-ter).
    A prescindere da tali profili si deve comunque evidenziare come i
presupposti  contemplati  dall'art. 14, comma 5-bis a giustificazione
del  potere  del  questore  di  provvedere ai sensi di tale norma non
hanno,  evidentemente,  alcuna  attinenza ai diritti fondamentali del
destinatario  del provvedimento (in particolare la liberta' personale
ed  il  diritto di difesa) a tutela dei quali la sentenza n. 222/2004
ha  ritenuto  l'illegittimita'  costituzionale  del  sistema  ad essa
previgente,  incentrato sull'immediata eseguibilita' dell'espulsione,
e  si rivelano pertanto del tutto inidonei a poter fondare una valida
compressione  di  quei  diritti,  tanto  piu'  oggi in presenza della
tutela   giurisdizionale  garantita  dinnanzi  alle  altre  modalita'
esecutive dell'espulsione.
    11.  -  Del  resto,  anche  limitando  la  disamina dell'istituto
nell'ambito sistematico della procedura prevista dall'art. 14, quella
cioe'  incentrata  sul trattenimento provvisorio, nel cui contesto e'
stata  sussidiariamente  prevista  al  comma 5-bis  l'intimazione del
questore, si evince oggi che detta intimazione puo' essere emanata:
        sia  quando  non  sia stato possibile trattenere lo straniero
presso un centro di permanenza temporanea;
        sia quando siano trascorsi i termini di permanenza senza aver
eseguito l'espulsione o il respingimento;
e,  cio'  fa  risaltare  come, delle due ipotesi previste, la seconda
consegua  strutturalmente  all'esperimento del procedimento garantito
di  convalida  ex  art. 14  (che  - lo si rammenta ancora una volta -
investe    ex    lege    anche    i    requisiti    di   legittimita'
dell'accompagnamento  coattivo  ex  art. 13,  oltre  alle  condizioni
necessarie  per  supportare  il trattenimento), cosicche' anche sotto
tale  profilo,  risulta  del  tutto  irragionevole  una cosi' vistosa
disparita'  di  presupposti  tra  le  due  possibilita'  di applicare
l'identica  misura  esecutiva  (comportante  in  entrambi  i  casi di
identici   effetti   amministrativi   e   penali  nei  confronti  del
destinatario);
        una   delle   quali   (consequenziale   alla   procedura   di
trattenimento)   ha   come   presupposto  una  procedura  qualificata
dall'intervenuto vaglio della convalida;
        mentre  l'altra, prevista immediatamente prima dalla medesima
disposizione  ed  in  alternativa  ad essa (e cioe' quella incentrata
sull'impossibilita'     materiale    del    trattenimento    valutata
discrezionalmente dall'autorita' amministrativa), risulta contemplata
a  titolo  di  immediata  esecuzione  dell'espulsione  ed  in difetto
qualsiasi previo controllo giurisdizionale.
    12.  -  Ulteriore  riprova dell'irragionevolezza della previsione
cui  all'art. 14,  comma 5-bis  (nella  parte  oggetto della presente
ordinanza)  si ricava dal rilievo che nel vigente sistema non' sembra
sostenibile  (comunque  si  opini sull'interpretazione della norma in
esame)   che,  una  volta  rigettata  la  convalida  del  decreto  di
accompagnamento  coattivo  che  abbia  pertanto perduto ogni effetto,
possa  permanere  in  capo al  questore  la  possibilita' di eseguire
comunque l'espulsione mediante l'intimazione ex art. 14, comma 5-bis.
    Ed  invero  risalta  come  una tale possibilita' comporterebbe il
totale svuotamento delle garanzie inserite nella disciplina normativa
all'esito  della declaratoria di illegittimita' costituzionale, visto
che  sarebbe  cosi'  consentito  all'autorita' amministrativa di dare
comunque   esecuzione   all'espulsione   -  pur  in  presenza  di  un
provvedimento  giudiziario  che  abbia  accertato l'insussistenza dei
presupposti  per eseguirla - mediante una modalita' esecutiva affatto
non  prevista  in  via  autonoma,  ma  invece  sul  presupposto della
possibilita' giuridica di dare attuazione all'accompagnamento.
    Ora,  argomentando  a contrario da tale ultimo rilievo, si giunge
vieppiu'   ad   apprezzare  come  l'attuale  previsione,  giusta  cui
l'emanazione  del  decreto  di  accompagnamento  coattivo  e  la  sua
successiva  sottoposizione  al  controllo  giurisdizionale  non  sono
condizioni   necessarie   a   che   il   questore   possa  provvedere
immediatamente ex art. 14, comma 5-bis (cosi' evitando l'eventualita'
di  un  effetto  preclusivo  ad eseguire l'espulsione derivante da un
provvedimento  di  diniego della convalida), porti - al solo esito di
valutazioni concernenti profili di natura eminentemente organizzativa
dell'amministrazione   procedente   -   a   conseguenze  pratiche  di
irragionevole disparita' di trattamento tra soggetti tutti accomunati
dall'essere destinatari di un provvedimento di espulsione.
    Detto  altrimenti,  la  norma  della  cui legittimita' si dubita,
comporta che l'attivazione delle garanzie, attinenti alla sfera della
liberta'   personale   e  del  diritto  di  difesa  individuate  come
perentorie   dalla   Corte   costituzionale,   siano   in  definitiva
subordinate,  dinanzi a situazioni identiche (per la parte che rileva
rispetto   a   tali   garanzie)  alla  scelta  (di  fatto  ampiamente
discrezionale)  dell'autorita'  amministrativa  di esperire o meno la
procedura  diretta  ad  eseguire (previa convalida) l'accompagnamento
coattivo  (individuato  dalla legge come modalita' «istituzionale» di
esecuzione  dell'espulsione,  tanto  da  dover essere necessariamente
prescritto  nel  decreto prefettizio, tutte le altre essendo previste
in via del tutto subordinata ad esso e - oggi - sul presupposto della
accertata legittimita' di quest'ultimo nel caso concreto).
    13.  -  Tutto  quanto  precede comporta, conclusivamente di dover
segnalare  la  norma  in  esame  anche  alla luce della disparita' di
trattamento   che  essa  svela  (violando  quindi  l'art. 3  in  rel.
all'art. 10  della  Costituzione  che estende agli stranieri presenti
sul  territorio della Repubblica la vigenza dei principi fondamentali
di uguaglianza davanti alla legge e pari dignita' sociale), sotto gli
svariati   profili   teste   esaminati,  quanto  ad  incidenza  sulle
situazioni   soggettive   dei  destinatari  di  un  provvedimento  di
espulsione.
    Ed  invero, per effetto della norma segnalata, la fruizione della
tutela   giurisdizionale   data   dalla   fase   della  convalida  e'
riconosciuta  o  negata  al  soggetto  destinatario  di un decreto di
espulsione  (prima  che  in un modo o nell'altro il provvedimento sia
immediatamente  eseguito  con  tutte le conseguenze di legge gravanti
sul destinatario in caso di violazione degli obblighi derivanti a suo
carico  dalla  modalita'  esecutiva adottata dall'amministrazione), a
seconda  che,  per  eseguire  l'espulsione  venga scelta la modalita'
individuata  in  via principale dalla legge nell'accompagnamento alla
frontiera  previa  convalida  del giudice, ovvero quella disciplinata
dall'art. 14,    comma    5-bis    (avente    natura    di   «surroga
dell'accompagnamento»,  secondo l'espressione di cui alla gia' citata
sent.  n. 5/2004  della  Corte  costituzionale)  in  virtu' del quale
l'intimato  e'  -  in sostanza - immediatamente obbligato a dare egli
stesso  attuazione alla propria espulsione, senza possibilita' alcuna
di  potersi  previamente  difendere  innanzi ad un giudice, in ordine
alla sussistenza dei presupposti di legge supportanti detto obbligo.
    14.  -  Resta  solo  da aggiungere come non sembri poter spiegare
alcuna  rilevanza  contraria  a  quanto qui ritenuto (nel senso cioe'
della   sostanziale   e   formale   equipollenza   tra   gli  effetti
dell'intimazione   del  questore  e  quelli  scaturenti  dalle  altre
modalita'  esecutive  dell'espulsione)  la  previsione quale elemento
costitutivo  del  reato  p.  e  p.  dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs.
n. 286/1998,  dell'assenza  di un giustificato motivo alla base della
condotta  dello  straniero  espulso  trattenutosi nello Stato dopo il
termine di cinque giorni.
    Ed  infatti (anche a prescindere dal rilievo che detta previsione
concerne  esclusivamente  la disciplina del reato per cui si procede,
ma  non  investe  affatto  il  complesso  sistema  delle  conseguenze
amministrative   e  penali  «a catena»  dell'eventuale  trasgressione
all'intimazione   previste   dai   commi  successivi  dell'  art. 14,
oltreche'  -  per il caso di rientro dello straniero nello Stato dopo
che abbia ottemperato all'intimazione - dalla norma incriminatrice di
cui   all'art. 13,   comma 13),   va  osservato  che  la  valutazione
concernente  l'assenza o l'esistenza di giustificato motivo alla base
del  mancato  adempimento  non  ha  alcuna  attinenza ai requisiti di
legittimita'  dell'espulsione  e  della relativa esecuzione immediata
(profili  costituenti  oggetto  del  giudizio  di  convalida), invece
inerendo  a tutt'altra sfera, vale a dire (per quanto ancora un volta
puntualizzato  dalla Corte costituzionale, nella gia' citata sentenza
n. 5/2004   d.d.   18   dicembre  2003)  a  «situazioni  ostative  di
particolare   pregnanza,   che  incidano  sulla  stessa  possibilita'
soggettiva  od  oggettiva, di adempiere all'intimazione, escludendola
ovvero  rendendola  difficoltosa  o  pericolosa»  (ma  «non  anche ad
esigenze  che riflettano la condizione tipica del «migrante economico
«sebbene   espressive   di  istanze  in  se'  e  per  se'  pienamente
legittime»).
    15.  -  Gli  argomenti che precedono, confermando la rilevanza ai
fini  del  decidere  della  questione  proposta  e  la  non manifesta
infondatezza  della  stessa,  inducono questo giudice a rimettere gli
atti alla Corte costituzionale per le valutazioni di competenza.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritiene   che  ai  fini  del  presente  procedimento  non  appare
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 14,  comma  5-bis.,  d.lgs.  n. 286/1998  - come sostituito
dalla legge 12 novembre 2004, n. 271 - nella parte in cui prevede che
il  questore possa dare immediata esecuzione al decreto di espulsione
intimando  allo  straniero  espulso  di  lasciare il territorio dello
Stato  entro  il  termine  di cinque giorni, senza necessita' che sia
previamente  richiesta e concessa dal giudice di pace la convalida di
un  decreto  di accompagnamento alla frontiera ai sensi dell'art. 13,
comma 5-bis,  d.lgs.  n. 286/1998  -  come  sostituito  dal  d.l.  14
settembre  2004,  n. 241  convertito con modificazioni nella legge 12
novembre   2004,   n. 271  o,  in  alternativa  la  convalida  di  un
provvedimento   di  trattenimento  presso  un  centro  di  permanenza
temporanea ed assistenza ai sensi dell'art. 14, commi da 1 a 5 d.lgs.
n. 286/1998,   ovvero   senza   che   sia   prevista  analoga  tutela
giurisdizionale   incidente  in  modo  diretto  sull'intimazione  del
questore,  per  contrasto  con  gli  articoli 2, 3, 10, 13 e 24 della
Costituzione secondo quanto esposto nella motivazione;
    Ritiene che la stessa sia rilevante ai fini del decidere;
    Sospende  il  procedimento in corso per la convalida dell'arresto
ed il giudizio direttissimo, nei confronti di Adirou Ugochkwu Paschal
e Okoro Wisdom;
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale;
    Ordina  altresi'  che,  a  cura  della  cancelleria,  la presente
ordinanza sia notificata agli imputati, al difensore, al p.m. in sede
nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei ministri; inoltre che la
stessa   venga   comunicata   ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.
        Cosi' deciso in Gorizia, il 5 maggio 2006
                         Il giudice: Nicoli
07C0184